Riserva di legge - Riserva relativa - Riserva di legge a tutela della salute - Possibilità che la disciplina oggetto della riserva venga integrata da atti normativi secondari - Necessità che la legge definisca contenuti e modalità della discrezionalità amministrativa (nel caso di specie: non fondatezza della questione avente ad oggetto la norma che dispone, in materia di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario anti SARS-CoV-2, che le indicazioni e i termini dell'obbligo in caso di intervenuta guarigione dal virus siano regolati mediante circolari del Ministero della salute). (Classif. 226003).
L’art. 32 Cost. pone una riserva di legge relativa, sicché la Costituzione non fa ricadere sul legislatore l’obbligo di introdurre una disciplina in tutto compiuta, ma ammette che questa sia variamente integrata da atti normativi secondari, così come consente all’amministrazione di adottare atti chiamati a specificare e concretizzare il complesso dei precetti normativi. Nei casi di riserve relative, pertanto, ciò che la legge è tenuta a fare, quando conferisca poteri amministrativi, è definire contenuti e modalità del loro esercizio, che delimitino la discrezionalità dell’amministrazione, la cui attività deve sempre trovare una, pur elastica, copertura legislativa. (Precedenti: S. 25/2023 - mass. 45343; S. 5/2021 - mass. 43193; S. 174/2017 - mass. 40336; S. 115/2011 - mass. 35551; S. 258/1994 - mass. 20856).
La particolare intensità della tutela che certamente l’art. 32 Cost. accorda al diritto alla salute – il trattamento sanitario potendo essere determinato e reso obbligatorio per legge al ricorrere di stringenti requisiti – non esclude che la legge, una volta individuata la misura sanitaria imposta, preveda un puntuale intervento dell’amministrazione nell’ambito di una discrezionalità da esercitarsi sulla base di valutazioni soggette al sindacato di attendibilità tecnico-scientifica esperibile dall’autorità giurisdizionale. (Precedenti: S. 25/2023 - mass. 45343; S. 15/2023 - mass. 45317; S. 14/2023 - mass. 45311).
(Nel caso di specie, è dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Padova in funzione di giudice del lavoro in riferimento all’art. 32 Cost., dell’art. 4, comma 5, del d.l. n. 44 del 2021, come conv. e sostituito, nella parte in cui attribuisce a una circolare del Ministero della salute l’onere di dettare la disciplina delle indicazioni e dei termini per la vaccinazione cui devono sottoporsi gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, sia in generale sia in caso di intervenuta guarigione dal virus SARS-CoV-2. L’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione è imposto dalla legge, in attuazione di un non irragionevole bilanciamento tra le due confliggenti dimensioni, individuale e collettiva, della salute, così come è ancora la legge a individuare quando gli operatori sanitari sono esenti dall’obbligo vaccinale e a prescrivere la procedura da seguire per accertarne l’adempimento. È sempre la fonte primaria, infine, a determinare le conseguenze derivanti dall’inadempimento di detto obbligo, consistenti nella sospensione dall’attività lavorativa e dalla retribuzione, misure che la Corte costituzionale ha ritenuto strettamente funzionali a perseguire la finalità di riduzione della circolazione del virus. È nella sede legislativa, pertanto, che risiede interamente la disciplina concernente l’obbligo vaccinale. Né rileva, nel contesto delineato, definire la natura giuridica dell’atto dell’amministrazione – del quale la circolare costituisce, com’è noto, mero contenitore – se di natura normativa o meramente amministrativa, giacché è dirimente considerare che, nella descritta cornice di rango primario, al Ministero della salute non era demandato l’esercizio di discrezionalità amministrativa – che implica valutazione, ponderazione e bilanciamento di interessi comunque coinvolti nel procedimento – ma una mera valutazione di ordine tecnico da condurre alla stregua del dato scientifico e della sua rapida evoluzione. L’eventuale scorretto esercizio del potere attribuito all’amministrazione, laddove si ritenesse non attendibile la valutazione tecnico-scientifica che ne è necessariamente alla base, non si riverbera in un vizio della norma di legge, ma determina, semmai, l’illegittimità della circolare amministrativa, che potrà essere conosciuta dai giudici comuni, cui pure ne è rimessa l’interpretazione).