Processo civile - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Procedimenti regolati dalla legge n. 89 del 2001 - Applicazione dei termini previsti in generale per l'ordinario processo di cognizione ai giudizi in materia di riconoscimento della protezione internazionale - Asserita necessità di individuare un termine di durata ragionevole più breve in riferimento al principio di ragionevolezza, al principio del giusto processo, nonché all'obbligo di osservanza dei vincoli internazionali - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 197009).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalle Corti d’appello di Napoli e di Bologna in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001, introdotto dall’art. 55, comma 1, lett. a), n. 2), del d.l. n. 83 del 2012, come convertito, nella parte in cui – prevedendo che si considera rispettato il termine ragionevole di durata del processo se non eccede la durata di tre anni in primo grado – si applica anche ai processi in materia di riconoscimento della protezione internazionale. I rimettenti, nel denunciare l’illegittimità costituzionale dell’equiparazione della ragionevole durata di tali processi a quella di ogni altro procedimento civile di cognizione, non ne individuano un termine congruo di durata, né soccorre un reiterato ed uniforme esercizio della giurisprudenza della Corte EDU che possa ritenersi preclusivo di una disciplina che preveda la detta equiparazione; piuttosto, la Corte di giustizia UE manifesta l’esigenza che i giudizi in materia di protezione internazionale non siano talmente celeri da vanificare l’effettività della tutela giurisdizionale. La celerità di trattazione richiesta per i processi in materia di riconoscimento della protezione internazionale non impone di individuare per essi un termine più breve di ragionevole durata. Non si rinviene, infine, nemmeno nella giurisprudenza di legittimità un orientamento che possa univocamente indurre a ritenere che per i più volti citati processi sia possibile individuare una durata specifica, diversa da quella degli altri giudizi civili. (Precedente citato: S. 36/2016 - mass. 38738).