Legalità (principio di) - In genere - Legalità dell'azione amministrativa - Fondamento costituzionale - Necessità di assicurare l'imparzialità della PA - Portata formale e sostanziale del principio - Elasticità della sua applicazione (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni aventi ad oggetto le procedure di emersione di rapporti di lavoro che rinviano a decreto ministeriale per la fissazione del requisito reddituale richiesto in capo al datore di lavoro per l'accoglimento dell'istanza). (Classif. 140001).
Nel nostro ordinamento vige il principio di legalità dell’azione amministrativa desumibile oltre che nell’art. 97 Cost. – laddove istituisce una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della p.a., la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge –, anche negli artt. 23, 103 e 113 Cost. Esso caratterizza, qualifica e limita tutti i poteri amministrativi e va letto non solo in senso formale, come attribuzione legislativa del potere, ma anche in senso sostanziale, come determinazione del suo ambito, e cioè dei fini, del contenuto e delle modalità del suo esercizio. Tuttavia, il principio di legalità sostanziale può ritenersi violato solamente qualora sia assente, o eccessivamente generica, la determinazione del presupposto di esercizio e del contenuto del potere conferito, in modo da dover escludere qualsiasi, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa. (Precedenti: S. 195/2019 - mass. 42769; S. 45/2019 - mass. 41237; S. 69/2018 - mass. 40784; S. 115/2011 - mass. 35551; S. 32/2009 - mass. 33161; S. 307/2003 - mass. 28226).
(Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Umbria, sez. prima, in riferimento agli artt. 97 e 113 Cost., dell’art. 103, commi 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, come conv., che disciplinano la procedura di regolarizzazione del lavoratore straniero irregolare in presenza di determinati limiti di reddito del datore di lavoro, la cui fissazione è demandata, a un decreto interministeriale. Nel caso di specie, ancorché il censurato comma 6 non indichi, espressamente e specificamente, i criteri per la fissazione dei limiti di reddito del datore di lavoro, essi possono agevolmente desumersi dall’impianto complessivo dello stesso art. 103, cosicché esso, complessivamente considerato, non solo costituisce la base legale del potere interministeriale di determinare i limiti di reddito che devono sussistere in capo al datore di lavoro per l’accesso alla procedura di emersione e per la sua positiva definizione, ma lo delimita adeguatamente, indicando, in modo ragionevolmente sufficiente, i parametri a cui l’esercizio di detto potere deve conformarsi. La fissazione di un requisito che solamente l’autorità amministrativa può determinare, avvalendosi di dati tecnico-economici, come il costo del lavoro sotto il profilo retributivo, contributivo e fiscale fa sì inoltre che, nella specie, non si abbia il conferimento di un potere “in bianco”, indeterminato nel contenuto e nelle modalità, bensì l’attribuzione all’amministrazione del compito di dettare, in termini uniformi e generali per tutte le procedure di emersione, un requisito di carattere meramente tecnico, sulla base di ben specifici obiettivi da perseguire e di parametri a cui conformarsi).