Trattati e convenzioni internazionali - In genere - Eventuale contrasto con norme interne - Possibilità di disapplicare le disposizioni interne, se necessario previo rinvio pregiudiziale, ovvero sollevare questione di legittimità costituzionale - Possibilità ammessa anche in materia penale - Effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma di favore - Riespansione della disciplina penale generale e della punibilità - Possibile violazione del principio democratico alla base della supremazia della legge nazionale - Esclusione. (Classif. 254001).
Il principio per cui la violazione degli obblighi unionali e internazionali da parte della legge, statale o regionale che sia, produce l’illegittimità costituzionale della stessa – salva naturalmente la possibilità per il giudice comune, rispetto al solo diritto dell’Unione europea dotato di effetto diretto, di disapplicare la legge nazionale o regionale che risulti con esso incompatibile – vale anche nel diritto penale. In tal caso, la illegittimità costituzionale della disposizione derogatoria nazionale provoca la riespansione della disciplina penale generale: con un effetto, dunque, espansivo della punibilità (e dunque in malam partem). Lo stesso meccanismo ben può operare anche nei confronti degli obblighi derivanti dal diritto internazionale pattizio, equiparati dallo stesso art. 117, primo comma, Cost. ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Infatti, se non è dubbio che il principio di legalità in materia penale costituisca un principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale, idoneo a operare quale “controlimite” rispetto alle stesse limitazioni di sovranità acconsentite dallo Stato italiano ai sensi dell’art. 11 Cost., nessun contrasto con il principio di legalità in materia penale si verifica però allorché una norma di diritto dell’Unione o di diritto internazionale pattizio si limiti a imporre un obbligo di criminalizzazione. In tale ipotesi, infatti, la responsabilità penale di un individuo non discenderà direttamente dall’atto di diritto dell’Unione o dall’obbligo internazionale, ma si fonderà, invece, unicamente sulla legge nazionale attuativa dell’obbligo internazionale, una volta che questa sia stata effettivamente introdotta nell’ordinamento dal legislatore nazionale. E nemmeno può ritenersi che la ratio anche “democratica” della riserva di legge in materia penale venga svuotata laddove si riconosca alle fonti unionali e internazionali una legittimazione a dettare indicazioni vincolanti per il legislatore nazionale in materia penale. Gli obblighi di criminalizzazione stabiliti dal diritto internazionale pattizio sono infatti liberamente accettati dallo stesso Parlamento per il tramite della legge che autorizza la ratifica dei singoli trattati. Né potrebbe predicarsi una sorta di “tirannia” degli obblighi internazionali sul principio di legalità penale, o di “espropriazione” della riserva di legge: vero è, infatti, che dopo la ratifica di un trattato il legislatore italiano è vincolato agli obblighi dallo stesso derivanti, ma ciò non preclude allo Stato di discostarsi in seguito da tali obblighi con le modalità previste dallo stesso diritto internazionale. (Precedenti: S. 7/2025 - mass. 46662; S. 1/2025 - mass. 46620; S. 181/2024 - mass. 46445; S. 150/2021 - mass. 44041; S. 25/2019 - mass. 41560; S. 120/2018 - mass. 40505; S. 115/2018 - mass. 41256; O. 24/2017 - mass. 39721).