Sentenza 227/2023 (ECLI:IT:COST:2023:227)
Massima numero 45885
Giudizio GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
Presidente BARBERA  - Redattore PETITTI
Udienza Pubblica del  23/11/2023;  Decisione del  23/11/2023
Deposito del 28/12/2023; Pubblicazione in G. U. 03/01/2024
Massime associate alla pronuncia:  45881  45882


Titolo
Parlamento - Immunità parlamentari - Guarentigia dell'organo di appartenenza, e solo indirettamente dei parlamentari - Intercettazioni di conversazioni di parlamentari - Tipologia - Intercettazioni occasionali e indirette (o mirate) - Criteri identificativi e differenziatori - Diversa disciplina dell'autorizzazione, comunque necessaria - Tutela estesa alla corrispondenza elettronica (nel caso di specie: non spettanza alla Procura della Repubblica, al GIP e al GUP indicati di disporre, effettuare e utilizzare, senza l'autorizzazione della Camera di appartenenza, le intercettazioni svolte tra il 3 agosto 2015 e il 22 marzo 2018, né di utilizzare le intercettazioni effettuate sino alla data del 2 agosto 2015, che hanno coinvolto Stefano Esposito, né di acquisire e utilizzare i suoi messaggi WhatsApp, prelevati il 19 marzo 2018; annullamento, per l'effetto, limitatamente alla posizione di Stefano Esposito, della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto che dispone il giudizio nell'ambito dell'indicato procedimento penale). (Classif. 172005).

Testo

La garanzia di cui all’art. 68, terzo comma, Cost. non mira a tutelare un diritto individuale, ma a proteggere la libertà della funzione che il soggetto esercita, in conformità alla natura stessa delle immunità parlamentari, volte primariamente alla protezione dell’autonomia e dell’indipendenza decisionale delle Camere rispetto ad indebite invadenze di altri poteri, e solo strumentalmente destinate a riverberare i propri effetti a favore delle persone investite della funzione. Di conseguenza, l’individuazione degli ambiti di applicazione dell’uno e dell’altro regime autorizzatorio previsti dagli artt. 4 e 6 della legge n. 140 del 2003 discende dalla ratio di garanzia dell’art. 68, terzo comma, Cost., che consiste nel porre a riparo il parlamentare da illegittime interferenze giudiziarie sull’esercizio del suo mandato rappresentativo, quali quelle derivanti da intenti persecutori associati a strumenti di particolare invasività come le intercettazioni. L’autorizzazione preventiva, pertanto, deve essere richiesta non solo se l’atto d’indagine sia disposto direttamente nei confronti di utenze intestate al parlamentare o nella sua disponibilità (intercettazioni c. d. “dirette”), ma anche tutte le volte in cui la captazione si riferisca a utenze di interlocutori abituali del parlamentare, o sia effettuata in luoghi presumibilmente da questo frequentati, al precipuo scopo di conoscere il contenuto delle conversazioni e delle comunicazioni del parlamentare stesso. Ai fini della richiesta preventiva dell’autorizzazione, ciò che conta non è la titolarità dell’utenza o del luogo, ma la direzione dell’atto d’indagine. A restare escluse dalla necessità del placet preventivo della Camera di appartenenza del parlamentare, e a ricadere quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 6 della legge n. 140 del 2003, sono le intercettazioni “occasionali”, per le quali l’impossibilità di munirsi dell’autorizzazione preventiva discende dall’assenza di preordinazione all’obiettivo di accedere alle comunicazioni del parlamentare e, di conseguenza, dal carattere fortuito dell’ingresso dei materiali captati nel recinto dell’attività d’indagine (Precedenti: S. 157/2023 - mass 45657; S. 38/2019 - mass. 42192; S. 390/2007 - mass. 31835; O. 129/2020 - mass. 43535).

Al fine di sceverare le intercettazioni occasionali da quelle indirette bisogna tenere conto, sebbene in via solamente esemplificativa, dei rapporti intercorrenti tra parlamentare e terzo sottoposto a intercettazione, avuto riguardo al tipo di attività criminosa oggetto di indagine; del numero delle conversazioni intercorse tra il terzo e il parlamentare; dell’arco di tempo durante il quale tale attività di captazione è avvenuta, anche rispetto ad eventuali proroghe delle autorizzazioni e al momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare. Tali indici, per quanto rilevanti, possono tuttavia non essere da soli sufficienti a rivelare il carattere mirato dell’attività di indagine, essendo a tal fine dirimente la circostanza che, a carico del parlamentare, emergano elementi idonei a dimostrare l’intenzione delle autorità procedenti di approfondire, tramite l’attività di intercettazione, la sua posizione in vista del possibile esercizio dell’azione penale; cosicché, dal momento che le intercettazioni diventassero “mirate” (e, con ciò, “indirette”), sarebbe necessaria l’autorizzazione preventiva della Camera, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003. (Precedenti: S. 114/2013 - mass. 4489; S. 113/2010 - mass. 34486; O. 263/2010 - mass. 34859).

L’art. 68, terzo comma, Cost. tutela la corrispondenza dei membri del Parlamento – ivi compresa quella elettronica – anche dopo la ricezione da parte del destinatario. Tale garanzia si traduce, per gli organi inquirenti che abbiano appreso i contenuti di conversazioni scambiate dal parlamentare con il terzo proprietario del dispositivo di telefonia mobile oggetto di sequestro, nell’obbligo di sospendere l’estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo (o dalla relativa copia) e chiedere l’autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare, a norma dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003, al fine di poterli coinvolgere nel sequestro, a prescindere da ogni valutazione circa la natura “mirata” o “occasionale” dell’acquisizione dei messaggi del parlamentare. (Precedente: S. 170/2023 - mass. 45717).

(Nel caso di specie, è dichiarato che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, al GIP e al GUP presso il medesimo Tribunale, disporre, effettuare e utilizzare, nell’ambito dei procedimenti penali confluiti nel procedimento iscritto al n. 24047/2015 R.G.N.R., le intercettazioni che hanno coinvolto Stefano Esposito nel periodo intercorrente tra il 3 agosto 2015 e il 22 marzo 2018; né che spettasse alle medesime autorità utilizzare, nell’ambito degli stessi procedimenti, le intercettazioni che hanno coinvolto Stefano Esposito, effettuate sino alla data del 2 agosto 2015; né che spettasse alle medesime autorità acquisire e utilizzare quali elementi di prova, nell’ambito degli stessi procedimenti, i messaggi WhatsApp scambiati tra Stefano Esposito e G. M., prelevati il 19 marzo 2018 tramite copia forense dei dati contenuti nello smartphone in uso a quest’ultimo; e sono annullati, per l’effetto, limitatamente alla posizione di Stefano Esposito, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino il 29 luglio 2021 nell’ambito del procedimento penale indicato e il decreto che dispone il giudizio, adottato dal GUP il 1° marzo 2022 in relazione al medesimo procedimento. Lo svolgimento anomalo dell’attività di intercettazione, e del successivo utilizzo del materiale così acquisito – senza aver mai richiesto, lungo l’intero corso delle indagini e del procedimento penale, alcuna autorizzazione: né quella successiva, ex art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, né quella preventiva ex art. 4 della medesima legge – determina la violazione dell’art. 68, terzo comma, Cost., sia pure nelle distinte forme introdotte dagli artt. 4 e 6 citati. Il nome dell’allora senatore Esposito, infatti, affiora nell’ambito di un’attività di indagine sull’attività di G. M., iniziata nel febbraio 2015 e protrattasi fino al settembre dello stesso anno, da cui risulta che fin dal 25 marzo 2015 le scelte imprenditoriali di G. M. trovavano un riferimento costante nella persona di Stefano Esposito, i cui rapporti venivano ulteriormente approfonditi in un’informativa di polizia giudiziaria depositata il 3 agosto 2015. L’anomala effettuazione e acquisizione agli atti del procedimento di un numero assai cospicuo di intercettazioni che vedono coinvolto un parlamentare in carica, nel corso di un’attività di indagine che si è dispiegata, nell’ambito di una pluralità di procedimenti tra loro variamente collegati, per più anni, senza che sia stata richiesta alcuna autorizzazione, denota come tale complessiva attività di indagine fosse univocamente diretta a captare le comunicazioni del senatore Esposito, quanto meno a far data dall’informativa di polizia giudiziaria del 3 agosto 2015, data dalla quale alle intercettazioni deve essere attribuita natura “indiretta”. L’anomalia decisionale e operativa che ha contraddistinto il modus procedendi delle autorità giudiziarie torinesi si riverbera su tutte le attività poste in essere da queste ultime sulla base delle intercettazioni illegittimamente autorizzate, effettuate a far data dal 3 agosto 2015. Quanto alle attività di captazione delle conversazioni del parlamentare in epoca antecedente al 3 agosto 2015, alle stesse deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003. Ne consegue che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, prima, e il GUP del medesimo Tribunale, poi, non avrebbero potuto porre quelle captazioni a fondamento, rispettivamente, della richiesta di rinvio a giudizio di Stefano Esposito e del decreto che dispone il giudizio, in assenza della richiesta di autorizzazione di cui al citato art. 6, comma 2. Restano viceversa esenti dalla necessità di qualsivoglia autorizzazione le intercettazioni delle conversazioni di Stefano Esposito effettuate dopo il 22 marzo 2018, data di conclusione della legislatura nella quale l’Esposito ha ricoperto la carica di senatore della Repubblica).



Atti oggetto del giudizio

 29/07/2021  n.   art.   co. 

 01/03/2022  n.   art.   co. 

Parametri costituzionali

Costituzione  art. 68  co. 3

Altri parametri e norme interposte