SENTENZA N. 205
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 16, 18, 18-bis e 19 del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187, promossi dalla Corte d’appello di Lecce, in composizione monocratica, con otto ordinanze del 2, 7, 9 maggio e 7 agosto 2025, iscritte ai numeri 102, 103, 104, 105, 112, 113, 114 e 177 del registro ordinanze 2025 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 23, 25 e 39, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nella camera di consiglio del 17 novembre 2025 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;
deliberato nella camera di consiglio del 17 novembre 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanze del 2 maggio 2025 (iscritte ai numeri 102 e 103 reg. ord. del 2025), del 7 maggio 2025 (iscritte ai numeri 104 e 105 reg. ord. del 2025), del 9 maggio 2025 (iscritte ai numeri 112, 113 e 114 reg. ord. del 2025) e del 7 agosto 2025 (iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025), la Corte d’appello di Lecce, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, 18, 18-bis e 19 del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187.
1.1.– L’art. 16, al comma 1, lettera b), ha modificato il decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale), convertito, con modificazioni, nella legge 13 aprile 2017, n. 46, inserendovi l’art. 5-bis, ai sensi del quale «[p]er i procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, adottato a norma degli articoli 6, 6-bis e 6-ter del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, e dell’articolo 10-ter, comma 3, quarto periodo, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché per la convalida delle misure adottate ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo n. 142 del 2015 è competente la corte d’appello di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida».
Lo stesso art. 16, al comma 2, ha disposto che in detti procedimenti la corte d’appello giudica in composizione monocratica.
L’art. 18 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, al comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), ha, poi, replicato la sostituzione della corte d’appello al tribunale sede della sezione specializzata nelle previsioni in cui il giudice della convalida era individuato in dette sezioni.
L’art. 18-bis, alla lettera a) del comma 1, ha completato l’adeguamento della disciplina del procedimento di convalida alle innovazioni introdotte dall’art. 16, mentre, alla lettera b), numeri 1) e 2), del medesimo comma, ha modificato il processo di cassazione avverso i decreti di convalida del trattenimento delle persone straniere non richiedenti protezione internazionale, apportando aggiunte all’art. 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), per effetto delle quali il citato comma 6 dell’art. 14 attualmente recita: «[c]ontro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale. Il relativo ricorso non sospende l’esecuzione della misura. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 6».
L’art. 18, comma 1, lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha esteso tale disciplina ai procedimenti di convalida del trattenimento delle persone straniere richiedenti protezione internazionale, inserendo nell’art. 6 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale) il comma 5-bis, secondo il quale «[c]ontro i provvedimenti adottati ai sensi del comma 5 è ammesso ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».
Infine, l’art. 19 ha stabilito che le disposizioni processuali introdotte dal medesimo d.l. n. 145 del 2024, come convertito, si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge.
1.2.– I giudici rimettenti ritengono che le previsioni oggetto di censura, nella parte in cui attribuiscono la competenza a decidere sulla convalida della proroga del trattenimento della persona straniera richiedente protezione internazionale alla corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, la quale giudica in composizione monocratica, «in luogo della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituita presso il Tribunale distrettuale», si pongano in contrasto con gli artt. 77, secondo comma, 3, 25 e 102, secondo comma, della Costituzione.
1.2.1.– Gli artt. 18 e 18-bis del medesimo d.l. n. 145 del 2024, come convertito, sono censurati anche nella parte in cui prevedono che il provvedimento emesso dalla corte d’appello è impugnabile con ricorso per cassazione proponibile entro cinque giorni dalla sua comunicazione solo per i motivi di cui all’art. 606, comma 1, lettere a), b) e c), del codice di procedura penale e che «si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 22, commi 3 e 4 della legge n. 69/2005 (come attualmente previsto per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 39/2025), e non come in precedenza semplicemente con ricorso per cassazione».
Secondo i giudici a quibus, tali previsioni recherebbero vulnus, oltre che all’art. 77, secondo comma, Cost., agli artt. 3, 10, terzo comma, 24, 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi due in relazione all’art. 5, paragrafi 1, lettera f), e 4, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 9 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, all’art. 26 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale e agli artt. 6, 18 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
1.3.– In punto di fatto, nelle ordinanze iscritte ai numeri 102, 103, 104 e 105 reg. ord. del 2025 i rimettenti riferiscono di essere investiti di altrettante domande, avanzate dal Questore di Brindisi ai sensi dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, di convalida della proroga del trattenimento di persone straniere che, già trattenute ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, avevano richiesto la protezione internazionale con istanze ritenute pretestuose o manifestamente infondate ai sensi dell’art. 6, comma 3, dello stesso d.lgs. n. 142 del 2015 e che avevano impugnato il diniego loro opposto dalla Commissione territoriale di Lecce con ricorsi non ancora definiti.
Nelle ordinanze iscritte ai numeri 112, 113 e 114 reg. ord. del 2025 i giudici rimettenti espongono di essere chiamati a pronunciarsi su altrettante istanze di convalida – anch’esse formulate dal Questore di Brindisi ai sensi dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 – della proroga del trattenimento di persone straniere che, già trattenute ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, avevano avanzato richiesta di protezione internazionale – che era stata denegata in ragione della loro pericolosità sociale desunta da precedenti penali e di polizia ai sensi dell’art. 6, comma 2, [lettera c)], del d.lgs. n. 142 del 2015 – e avevano impugnato il provvedimento negativo della Commissione territoriale nell’ambito di giudizi ancora pendenti.
Nell’ordinanza iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025, il giudice rimettente riferisce di essere investito della domanda di convalida, avanzata, ancora una volta, dal Questore di Brindisi ai sensi dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, della proroga del trattenimento di una persona straniera entrata irregolarmente nel territorio nazionale e richiedente protezione internazionale, disposto ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettera d), del medesimo d.lgs. n. 142 del 2015 in ragione del pericolo di fuga desumibile dall’essere lo stesso richiedente privo di stabile dimora o di alloggio ove poter essere agevolmente rintracciato, non radicato in Italia e privo di stabile occupazione lavorativa.
Il giudice a quo deduce, inoltre, che la convalida della proroga era stata richiesta in ragione della permanenza dei presupposti del trattenimento e della pendenza del giudizio di impugnazione del provvedimento di diniego di protezione internazionale adottato dalla Commissione territoriale.
1.4.– Quanto alla rilevanza, i rimettenti precisano, anzitutto, di non essersi ancora pronunciati sulla domanda di convalida, osservando, altresì, che non incide sull’ammissibilità delle questioni sollevate l’eventualità che, nelle more della definizione del presente giudizio di legittimità costituzionale, la mancata convalida della proroga del trattenimento nel termine perentorio stabilito dalla legge possa far cessare lo stato di restrizione della persona trattenuta (viene richiamata, tra le altre, la sentenza di questa Corte n. 212 del 2023).
Aggiungono che, in caso di accoglimento delle questioni sollevate, si ripristinerebbe il sistema previgente, che attribuiva la competenza a decidere sulla convalida del provvedimento che dispone o proroga il trattenimento della persona straniera richiedente asilo alle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea istituite presso i tribunali distrettuali e individuava nel ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 del codice di procedura civile il mezzo di impugnazione delle decisioni di prima istanza.
Le ordinanze di rimessione si soffermano, quindi, con ampia esposizione, sulla ricostruzione del quadro normativo di riferimento in cui si inscrivono le disposizioni censurate, richiamando, altresì, la sentenza n. 39 del 2025 di questa Corte, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., della nuova disciplina del giudizio di cassazione in materia di convalida dei provvedimenti che dispongono o prorogano il trattenimento dello straniero, introdotta dall’art. 18-bis, comma 1, lettera b), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, nella parte in cui rinvia alle disposizioni sul processo in materia di mandato d’arresto europeo (MAE) relative all’ipotesi speciale in cui risulti il consenso della persona richiesta in consegna, anziché a quella della versione ordinaria di quest’ultima procedura.
1.5.– Di seguito, i giudici a quibus motivano, con argomenti pressoché coincidenti, la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, premettendo alla motivazione delle singole censure notazioni critiche sulle riforme processuali in scrutinio, volte, in particolare, a evidenziarne l’incertezza della portata e l’incongruenza delle ricadute applicative.
1.6.– I rimettenti ravvisano, anzitutto, la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., osservando come le disposizioni censurate siano state introdotte con lo strumento della decretazione d’urgenza, pur nell’evidente mancanza dei presupposti prescritti dalla Costituzione.
Le ragioni straordinarie di necessità e di urgenza non emergerebbero – se non in forma apodittica e tautologica – né dal preambolo del d.l. n. 145 del 2024, né dai lavori parlamentari relativi alla legge di conversione.
Si rammenta che nella formulazione originaria il decreto-legge in esame aveva reintrodotto il reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale specializzato in materia di protezione internazionale, attribuendo la relativa competenza alla corte d’appello e prevedendo, al contempo, l’obbligo, per i giudici addetti alla trattazione dell’impugnazione, di partecipare annualmente ai corsi di formazione in materia.
Viene, quindi, evidenziato che le ragioni dell’emendamento con il quale le suddette previsioni sono state sostituite con quelle in scrutinio non risultano essere state illustrate nel corso dell’iter parlamentare di conversione.
1.6.1.– Da ultimo, i rimettenti osservano che «stride con l’asserita necessità e urgenza» la stessa previsione recata dall’art. 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, secondo cui le disposizioni processuali introdotte in sede di conversione si applicano non immediatamente, né nell’ordinario termine di vacatio legis, ma decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di conversione.
1.7.– I giudici a quibus ritengono poi che il disposto spostamento di competenza a favore della corte d’appello si ponga in contrasto con gli artt. 3, 25 e 102, secondo comma, Cost.
1.7.1.– La disciplina in scrutinio violerebbe, anzitutto, il principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto introdurrebbe una deroga alla regola generale che attribuiva la convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo ad una sezione specializzata appositamente istituita per la trattazione, in generale, della materia della protezione internazionale, senza una giustificazione costituzionalmente rilevante.
Ciò, nonostante la giurisprudenza di questa Corte affermi che le previsioni che determinano una deroga al regime generale della competenza devono rispondere ad esigenze di rilievo costituzionale (viene citata la sentenza n. 38 del 2025).
Nel caso di specie, la modifica legislativa non solo sarebbe sprovvista di ragioni giustificative, ma mostrerebbe il disinteresse del legislatore per l’esigenza di specializzazione del giudice posta a presidio del principio del giusto processo sancito dall’art. 111, primo comma, Cost.
Né, secondo i giudici a quibus, la ragione della novella processuale potrebbe essere ravvisata in una «presunta affinità» dei procedimenti in scrutinio con i giudizi di convalida dell’arresto eseguiti dalla polizia giudiziaria in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, come parrebbe suggerire il richiamo all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005 contenuto nella nuova regola di determinazione della competenza nei procedimenti di convalida in prima istanza nonché la configurazione del nuovo processo di cassazione ad exemplum delle procedure in materia di mandato d’arresto europeo.
I rimettenti ritengono, infatti, che tale affinità non sussista, in quanto il mandato d’arresto europeo si fonda o su una decisione di condanna esecutiva o su un provvedimento cautelare avente ad oggetto un fatto qualificabile come reato, laddove il procedimento di convalida del trattenimento della persona straniera richiedente protezione internazionale, pur riguardando un provvedimento limitativo della libertà personale, non è stato mai considerato di natura penale (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 39 del 2025 e n. 105 del 2001).
Anche in ambito sovranazionale – aggiungono i giudici rimettenti – la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che il trattenimento degli stranieri non ricade nel perimetro applicativo dell’art. 6 CEDU, ma in quello della garanzia di cui all’art. 5, paragrafo 1, lettera f), CEDU, evidenziando, altresì, come esso sia ammissibile solo per consentire agli Stati di prevenire l’immigrazione illegale nel rispetto degli obblighi internazionali (vengono citate, tra le altre, Corte EDU, grande camera, sentenza 15 dicembre 2016, Khlaifia e altri contro Italia; sentenza 25 giugno 1996, Amuur contro Francia).
Le ordinanze di rimessione ricordano, altresì, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea la quale ha affermato che il trattenimento in esame costituisce una grave ingerenza nel diritto alla libertà sancito dall’art. 6 CEDU.
In ogni caso, osservano i giudici a quibus, l’«asserita affinità» con il procedimento in materia di MAE non appare idonea a conferire ragionevolezza alla novella oggetto di censura, né rappresenta un’esigenza di rilievo costituzionale.
Al contrario, la sottrazione della materia della convalida del trattenimento al suo «“giudice naturale”», ossia al giudice appositamente istituito e specializzato nella trattazione delle questioni in tema di protezione internazionale, per affidarla a un giudice, «specie se penale», non specializzato né obbligato a specializzarsi attraverso l’aggiornamento professionale annuale, parrebbe perseguire finalità opposte alle esigenze costituzionali, come quella di mantenere concentrate presso le sezioni specializzate dei tribunali distrettuali – ammesse dall’art. 102, secondo comma, Cost. – tutte le materie riguardanti la protezione internazionale.
1.8.– Secondo i rimettenti, la disciplina censurata contrasterebbe anche con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.
Si osserva che, sebbene il legislatore goda di ampia discrezionalità nella configurazione degli istituti processuali, lo spostamento di competenza operato dalle previsioni in scrutinio non solo sarebbe privo di qualsivoglia giustificazione costituzionale, ma inciderebbe sul «carattere unitario e inscindibile delle questioni attinenti al diritto di asilo e delle relative procedure».
Si ribadisce che tale intervento sottende un’assimilazione tra il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale e la limitazione della libertà personale derivante dall’accertamento giurisdizionale della commissione di reati da parte delle persone straniere; assimilazione che, tuttavia, non sarebbe praticabile, in quanto la prima di dette misure integra un provvedimento amministrativo estraneo ai fatti costituenti reato.
1.8.1.– Le ordinanze di rimessione lamentano, inoltre, che il legislatore avrebbe operato una scissione tra il giudice competente a decidere, nel merito, sui provvedimenti concernenti il diritto di asilo, ossia le sezioni specializzate presso i tribunali distrettuali, e quello competente ad accertare la legittimità dei trattenimenti disposti nell’ambito delle medesime procedure instaurate con le domande di protezione internazionale. Ciò, nonostante la convalida del trattenimento abbia portata incidentale rispetto al procedimento di riconoscimento del diritto di asilo, tanto che è stata da sempre attribuita ai medesimi giudici chiamati a decidere, in via cautelare o definitiva, sulla sussistenza, o meno, di tale diritto.
Il carattere unitario della «complessa materia della protezione internazionale» – osservano, ancora, i giudici a quibus – ha, del resto, indotto il legislatore e lo stesso Consiglio superiore della magistratura a «ritenere opportuna, rectius necessaria, l’individuazione di un giudice specializzato, tabellarmente pre-definito, dotato di specifiche competenze e soggetto a stringenti obblighi formativi».
1.8.2.– Lo spostamento di competenza previsto dalle disposizioni in questione avrebbe frustrato l’esigenza di specializzazione dei giudici chiamati a pronunciarsi sulla legittimità dei trattenimenti, attraverso un «cambio di prospettiva» che non troverebbe giustificazione nel previgente assetto «che non aveva sollevato criticità», ma anzi aveva dimostrato di essere idoneo a far fronte alle specifiche esigenze di celerità proprie delle procedure in questione.
1.9.– I rimettenti denunciano, infine, il contrasto degli artt. 18 [comma 1, lettera a), numero 2)] e 18-bis [comma 1, lettera b), numeri 1) e 2)] del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, con gli artt. 3, 10, terzo comma, 24, 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi due in relazione all’art. 5, paragrafi 1, lettera f), e 4, CEDU e agli artt. 9 della direttiva 2013/33/UE, e 26 della direttiva 2013/32/UE e 6, 18 e 47 CDFUE.
1.9.1.– I giudici a quibus, richiamata diffusamente la giurisprudenza della Corte EDU e della CGUE, assumono che la riduzione ad «appena cinque giorni» del termine per la proposizione del ricorso per cassazione – che, nel previgente regime, trovando applicazione gli artt. 325 e 327 cod. proc. civ., era, rispettivamente, di sessanta giorni ovvero di sei mesi, secondo che il provvedimento fosse stato, o meno, notificato – determini un’eccessiva e irragionevole compressione del diritto di difesa, tale da frustrare l’effettività del diritto all’impugnazione.
1.9.2.– Il diritto di difesa sarebbe leso anche in ragione della limitazione dei motivi di impugnazione ai soli vizi indicati dalle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen., a fronte del previgente regime, in base al quale il ricorso poteva essere proposto per tutti i motivi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.
Alla stregua della nuova disciplina, il provvedimento di convalida può, invece, essere impugnato per la sola violazione della legge penale sostanziale e processuale, mentre non può essere fatto valere il vizio di motivazione e, in particolare, il vizio di motivazione manifestamente illogica, contraddittoria, perplessa o obiettivamente incomprensibile che, in base alla disciplina previgente, era, invece, deducibile.
Ciò, nonostante la giurisprudenza di legittimità riconosca ampi poteri di cognizione al giudice della convalida del trattenimento (viene richiamata, tra le altre, Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 15 febbraio 2025, n. 3843).
1.9.3.– I rimettenti precisano che le questioni sollevate in riferimento al rito di cassazione assumono rilievo nell’ambito dei giudizi a quibus in quanto «l’emanando provvedimento di proroga (o meno) del trattenimento è impugnabile soltanto in questo modo, sicché, una volta emesso il decreto, le parti sono obbligate ad impugnarlo adeguandosi ad una normativa che, per le ragioni descritte, si espone a rilievi di incostituzionalità».
1.9.4.– Da ultimo, i giudici a quibus rimettono a questa Corte la valutazione della opportunità di estendere una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale delle previsioni che hanno disposto lo spostamento della competenza a decidere sulla convalida della proroga del trattenimento a «tutte le norme che hanno modificato il giudizio di convalida del provvedimento questorile di trattenimento o di proroga del richiedente protezione internazionale in tutti i casi previsti dal d.l. n. 145/24, convertito, con modifiche dalla legge n. 187/2024».
1.10.– Nel giudizio introdotto con l’ordinanza iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025 il rimettente rappresenta, altresì, che altri giudici della stessa Corte d’appello di Lecce hanno respinto eccezioni di illegittimità costituzionale di contenuto analogo a quello delle censure dallo stesso formulate.
Il medesimo rimettente illustra il contenuto dei provvedimenti richiamati confutandone analiticamente le argomentazioni.
2.‒ In tutti i giudizi di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate.
2.1.– Fatta eccezione per il giudizio introdotto con l’ordinanza iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025, in cui la dedotta inammissibilità non risulta specificamente motivata, la difesa statale ha eccepito, con argomenti aventi lo stesso contenuto, il difetto di rilevanza delle censure rivolte agli artt. 18-bis [comma 1, lettera b), numeri 1) e 2)] – nella parte in cui, modificando l’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, ha ridotto a cinque giorni il termine per la proposizione del ricorso per cassazione e ne ha limitato la proponibilità per i soli motivi di cui all’art. 606, lettere a), b) e c), cod. proc. pen. – e 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito.
Le censure relative alla prima di tali disposizioni sarebbero inammissibili in quanto investono una disciplina la cui applicazione non riguarda il grado di giudizio in cui i rimettenti sono chiamati a decidere, potendo operare solo dopo che i giudici rimettenti avranno adottato i provvedimenti conclusivi dei rispettivi procedimenti.
Quanto, invece, all’art. 19 del citato decreto-legge, le questioni sarebbero sprovviste di qualsivoglia argomentazione a sostegno della rilevanza specifica di tale disposizione nei giudizi a quibus.
2.2.– A sostegno della non fondatezza delle questioni, l’Avvocatura generale dello Stato sviluppa, complessivamente, gli argomenti di seguito sintetizzati.
2.2.1.– Quanto alla dedotta violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., negli atti di intervento si rileva che un elemento sintomatico dell’assenza dei presupposti della necessità e dell’urgenza stabiliti dal parametro costituzionale evocato deve essere rinvenuto nella eterogeneità o estraneità della materia su cui interviene la norma censurata rispetto al contenuto del decreto-legge.
Tale manifesta assenza non sarebbe ravvisabile nel caso di specie, in cui le disposizioni censurate, introdotte in sede di conversione, attengono alla materia della immigrazione e della protezione internazionale sulla quale interviene, sotto vari profili, l’intero d.l. n. 145 del 2024.
2.3.– Quanto alle censure che denunciano la violazione degli artt. 3, 25 e 102, secondo comma, Cost., l’Avvocatura generale dello Stato osserva che le ordinanze di rimessione si limitano a dedurre che lo spostamento di competenza deve essere supportato da una giustificazione di rilievo costituzionale e che, nel caso di specie, una motivazione sufficiente non potrebbe rinvenirsi nell’asserita affinità dei procedimenti di convalida del trattenimento con quelli in materia di MAE.
Tale conclusione, ad avviso dell’interveniente, presuppone una non corretta ricostruzione del quadro normativo.
L’art. 25 Cost. non impedirebbe, infatti, al legislatore di riordinare l’assetto delle competenze giurisdizionali relative ad una determinata materia, fermo il principio di ragionevolezza che, tuttavia, nella normativa in scrutinio risulta rispettato, considerata la identità dei principi costituzionali – e in particolare dell’art. 13 Cost. – che regolano le limitazioni della libertà personale, qualunque sia la causa della restrizione.
Non è un caso – osserva la difesa statale – che la corte d’appello sia competente, oltre che in materia di MAE, anche per l’estradizione.
Si argomenta che il procedimento avente ad oggetto l’estradizione e le misure restrittive che possono essere applicate alla persona della cui consegna si tratta costituisce uno strumento di garanzia del rispetto del principio di non respingimento ed «è affine alla generale materia dell’asilo».
Ciò dimostrerebbe l’infondatezza dell’assunto dei rimettenti secondo cui la materia del trattenimento dello straniero sarebbe estranea alla competenza delle corti d’appello in materia di libertà personale e potrebbe essere attribuita soltanto alle sezioni specializzate di tribunale.
2.4.– La difesa dello Stato esclude, poi, la sussistenza di un rapporto di incidentalità tra il procedimento di convalida e il giudizio sulla protezione internazionale, evidenziando come, in realtà, il primo sia solo eventuale e risulti separato rispetto al secondo.
L’interveniente rileva, altresì, che i due procedimenti non coincidono neanche sotto il profilo cronologico, posto che la misura del trattenimento è adottata a prescindere dalla fase in cui si trova la procedura relativa al riconoscimento del diritto di asilo, purché vi sia un rapporto di strumentalità tra l’adozione della misura restrittiva e l’esame della domanda di protezione del trattenuto.
D’altronde, conclude la difesa statale, nessuna disposizione attribuisce al giudice della convalida il potere di pronunciarsi sulla domanda di protezione internazionale «o di interferire nel relativo procedimento», il cui esame è riservato alla Commissione territoriale e, in sede giurisdizionale, alle sezioni specializzate.
Considerato in diritto
1.– Con le ordinanze iscritte ai numeri 102, 103, 104, 105, 112, 113, 114 e 177 reg. ord. del 2025, la Corte d’appello di Lecce, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, 18, 18-bis e 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito. Segnatamente, come emerge dalla motivazione delle ordinanze, i giudici rimettenti censurano anzitutto gli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), 18-bis, comma 1, lettera a), e 19 del decreto-legge indicato, nella parte in cui attribuiscono la competenza a decidere sulla convalida della proroga del trattenimento della persona straniera richiedente protezione internazionale alla corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005 nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, la quale giudica in composizione monocratica, «in luogo della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituita presso il Tribunale distrettuale». I giudici rimettenti censurano, inoltre, gli artt. 18, comma 1, lettera a), numero 2), e 18-bis, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), del medesimo decreto-legge, nella parte in cui prevedono che il provvedimento emesso dalla corte d’appello è impugnabile con ricorso per cassazione proponibile entro cinque giorni dalla sua comunicazione solo per i motivi di cui all’art. 606, comma 1, lettere a), b) e c), cod. proc. pen. e che «si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 22, commi 3 e 4 della legge n. 69/2005 (come attualmente previsto per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 39/2025), e non come in precedenza semplicemente con ricorso per cassazione».
1.1.– I rimettenti ritengono, anzitutto, che le predette disposizioni vìolino l’art. 77, secondo comma, Cost., in quanto sono state introdotte con lo strumento della decretazione d’urgenza, pur nell’evidente mancanza dei presupposti prescritti dall’evocato parametro costituzionale.
1.2.– Gli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), e 18-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, lederebbero anche gli artt. 3, 25 e 102, secondo comma, Cost. In particolare il contrasto con i parametri costituzionali indicati è ravvisato nella parte in cui le disposizioni censurate attribuiscono la competenza a decidere sulla convalida del trattenimento dello straniero richiedente asilo alla corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005 nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, la quale giudica in composizione monocratica, «in luogo della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituita presso il Tribunale distrettuale».
1.3.– Tali disposizioni stabiliscono uno spostamento di competenza che contrasterebbe, in primo luogo, con la garanzia del giudice naturale precostituito, derogando ad una regola generale sulla competenza senza una «giustificazione “costituzionale”», non potendosi ritenere tale l’asserita affinità del procedimento di convalida del trattenimento con quello, già attribuito alle corti d’appello, in materia di mandato d’arresto europeo, posto che il primo, a differenza del secondo, pur avendo ad oggetto una misura limitativa della libertà personale, non ha natura penale.
1.4.– Le stesse disposizioni sarebbero, inoltre, irragionevoli, in quanto, comportando la sottrazione della materia del trattenimento al suo «giudice “naturale”, e cioè al giudice appositamente istituito e specializzato nella trattazione di questo tema di protezione internazionale», per affidarla ad un giudice non specializzato, né tenuto a specializzarsi mediante l’aggiornamento professionale annuale, perseguirebbero «esigenze opposte a quelle di rilievo costituzionale», quale è quella, desumibile dall’art. 102, secondo comma, Cost., di mantenere concentrate presso la sezione specializzata appositamente istituita tutte le materie riguardanti la protezione internazionale.
1.4.1.– Inoltre, le previsioni in scrutinio inciderebbero sul carattere unitario e inscindibile delle questioni attinenti al diritto di asilo, determinando una scissione tra la competenza per il giudizio avente ad oggetto il riconoscimento di tale diritto – spettante alle sezioni specializzate dei tribunali distrettuali – e la competenza per la convalida del trattenimento, nonostante quest’ultimo procedimento abbia portata incidentale rispetto al primo.
Ancora, le disposizioni in esame opererebbero un «cambio di prospettiva difficilmente comprensibile», perché, per un verso, il precedente sistema aveva offerto risposte adeguate alle esigenze di celerità proprie delle procedure in questione e, per un altro, lo spostamento di competenza ha reso necessario «ripensare il funzionamento delle Corti d’Appello», peraltro sulla base di indicazioni normative non chiare.
1.5.– Quanto agli artt. 18, comma 1, lettera a), numero 2) e 18-bis, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, tali disposizioni contrasterebbero con gli artt. 3, 10, terzo comma, 24, 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi due in relazione all’art. 5, paragrafi 1, lettera f), e 4, CEDU, con l’art. 9 della direttiva n. 2013/33/UE, con l’art. 26 della direttiva n. 2013/32/UE e con gli artt. 6, 18 e 47 CDFUE, in quanto, riducendo ad «appena cinque giorni» il termine per la proposizione del ricorso per cassazione, determinerebbero una «eccessiva e irragionevole compressione» del diritto di difesa, tale da frustrare l’effettività dell’impugnazione.
Inoltre, disponendo che il ricorso possa essere proposto per i soli motivi indicati nelle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen., relativi all’eccesso di potere giurisdizionale e alla violazione di legge penale, sostanziale e processuale, le norme censurate eliminerebbero la possibilità – ammessa nel regime previgente, in cui il ricorso per cassazione poteva essere esperito nelle forme di cui all’art. 360 cod. proc. civ. – di far valere il vizio della motivazione «manifestamente illogica, contraddittoria, ovvero ancora perplessa o obbiettivamente incomprensibile», così determinando un «irragionevole restringimento dei diritti difensivi».
2.– Preliminarmente, i giudizi devono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza, avendo ad oggetto le medesime disposizioni ed essendo fondati su censure e parametri coincidenti.
3.– Ancora in via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1.– In tutti i giudizi, eccetto quello relativo all’ordinanza iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025, la difesa statale ha denunciato, con argomenti di identico contenuto, da un lato, il difetto di rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18-bis del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, nella parte in cui – al comma 1, lettera b), numeri 1) e 2) – ha riformato il giudizio di cassazione sulla convalida di entrambe le figure di trattenimento concernenti, rispettivamente, lo straniero irregolare espulso (art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998) e lo straniero richiedente protezione internazionale (art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015); dall’altro, l’assenza di motivazione sulla rilevanza delle questioni concernenti l’art. 19 dello stesso decreto-legge, a mente del quale le norme processuali introdotte da quest’ultimo trovano applicazione decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.
3.2.‒ A sostegno del primo gruppo di eccezioni, l’interveniente deduce che le censure relative al nuovo processo per cassazione investirebbero una disciplina la cui applicazione non riguarda il grado di giudizio nel quale i giudici a quibus sono chiamati a decidere, potendo operare soltanto dopo la definizione dei rispettivi procedimenti.
3.2.1.– Le eccezioni sono fondate.
La disciplina del processo di legittimità non può trovare applicazione nei giudizi principali, nei quali i rimettenti, investiti della decisione sulla richiesta di convalida della proroga del trattenimento di persone straniere richiedenti protezione internazionale, devono giudicare secondo il rito di prima istanza.
In tale sede processuale è, perciò, del tutto prematuro interrogarsi sulla conformità a Costituzione delle norme che regolano il grado di giudizio successivo.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, la rilevanza del dubbio di legittimità costituzionale presuppone, infatti, la necessità che le disposizioni censurate siano effettivamente – e non solo eventualmente o solo successivamente – applicabili nel giudizio a quo (ex aliis, sentenze n. 140 e n. 20 del 2018; ordinanze n. 210 del 2020 e n. 184 del 2017).
3.2.2.– Le stesse considerazioni valgono per le questioni relative all’art. 18 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, nella parte in cui, al comma 1, lettera a), numero 2), si riferisce al nuovo giudizio di cassazione.
Pur mancando specifiche eccezioni dell’interveniente, anche tali censure devono essere dichiarate, per le ragioni sopra esposte, inammissibili.
3.3.– Sono, inoltre, fondate le eccezioni di inammissibilità delle questioni concernenti il regime intertemporale delineato dall’art. 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito. Tali questioni risultano, effettivamente, prive di qualsivoglia motivazione sulla rilevanza.
3.4.– Da ultimo, deve evidenziarsi che nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 177 reg. ord. del 2025 l’inammissibilità è stata eccepita, ma non specificamente motivata, dalla difesa statale.
Ciò non di meno, alla luce delle considerazioni che precedono, anche in tale giudizio le censure relative agli artt. 18, comma 1, lettera a), numero 2), 18-bis, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), e 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, devono essere dichiarate, d’ufficio, inammissibili.
4.– All’esame del merito delle restanti questioni – relative alle modifiche della competenza a decidere in prima istanza sulla convalida del trattenimento delle persone straniere richiedenti protezione internazionale disposte dagli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), e 18-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito – è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
4.1.– Le disposizioni in scrutinio hanno spostato la competenza a conoscere della domanda di convalida del provvedimento che dispone o proroga il trattenimento del richiedente asilo dal tribunale, sede delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea istituite dal d.l. n. 13 del 2017, come convertito, alla corte d’appello in composizione monocratica.
L’intervento riformatore si impernia sull’art. 16 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, che al comma 1, lettera b), ha aggiunto nel Capo I del d.l. n. 13 del 2017, come convertito, l’art. 5-bis, ai sensi del quale, per i procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con cui il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, è competente la corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida.
Lo stesso art. 16, al comma 2, ha precisato che nei suddetti procedimenti la corte d’appello giudica in composizione monocratica, mentre, al comma 1, lettera a), ha adattato l’art. 3 del d.l. n. 13 del 2017, come convertito, che definisce la competenza delle sezioni specializzate, eliminando al comma 1, lettera c), il riferimento ai giudizi di convalida.
L’art. 18, comma 1, lettere a), numero 1), e b), dello stesso d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha, poi, coordinato con l’art. 16 le disposizioni in cui il giudice della convalida era precedentemente individuato nella sezione specializzata del tribunale distrettuale, sostituendo a tale ufficio giudiziario la corte d’appello di cui all’art. 5-bis del d.l. n. 13 del 2017, come convertito.
L’art. 18-bis, alla lettera a) del comma 1, ha completato l’adeguamento della disciplina del procedimento di convalida alle innovazioni introdotte dall’art. 16.
Da ultimo, l’art. 19 ha previsto che le disposizioni processuali introdotte dal medesimo d.l. n. 145 del 2024, come convertito, si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge.
4.2.– La disciplina appena sintetizzata è stata introdotta in sede di conversione, mediante la sostituzione del testo originario degli artt. 16, 18 e 19 e l’aggiunta dell’art. 18-bis.
Quanto all’art. 16, la formulazione originaria del testo normativo aveva previsto la reintroduzione, mediante la modifica degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 13 del 2017, come convertito, del giudizio di secondo grado nei procedimenti di impugnazione dei provvedimenti sulle richieste di protezione internazionale, attribuendo la relativa competenza alle corti d’appello e imponendo ai giudici «chiamati a comporre i collegi di reclamo» un obbligo di specializzazione identico a quello prescritto per i magistrati delle sezioni specializzate.
L’art. 18, nella versione anteriore alle modifiche apportate dalla legge di conversione, recava, invece, disposizioni sulla procura alle liti per la proposizione dell’appello nelle controversie in materia di diniego o di revoca dei permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario.
Infine, il testo primigenio dell’art. 19 del d.l. n. 145 del 2024 era così formulato: «[l]e disposizioni del capo IV si applicano ai ricorsi presentati ai sensi dell’articolo 35 e dell’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
4.3.– La riforma in esame non ha, invece, modificato il rito del procedimento di convalida, che, pertanto, continua ad essere regolato dall’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, il quale prevede, anzitutto, che il provvedimento con cui il questore dispone il trattenimento o la sua proroga è trasmesso, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice competente – ora la corte d’appello di cui all’art. 5-bis del d.l. n. 13 del 2017, come convertito – ed è comunicato al richiedente la protezione internazionale.
Lo stesso art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 rinvia, «per quanto compatibile», all’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998 – concernente la convalida del trattenimento dello straniero irregolare non richiedente protezione internazionale, di competenza del giudice di pace –, a mente del quale l’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito; l’interessato è del pari tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l’udienza; l’autorità che ha adottato il provvedimento può stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari appositamente delegati; il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l’osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 13 dello stesso testo unico; il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione.
L’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 dispone, altresì, che la partecipazione del richiedente all’udienza per la convalida avviene, ove possibile, a distanza mediante un collegamento audiovisivo tra l’aula d’udienza e il centro nel quale egli è trattenuto. Il collegamento audiovisivo si svolge con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto.
Ancora, è previsto che sia sempre consentito al difensore, o ad un suo sostituto, di essere presente nel luogo in cui si trova lo straniero.
In tale luogo è, inoltre, presente un operatore della Polizia di Stato che attesta l’identità del trattenuto dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti allo stesso straniero, del rispetto delle condizioni tecniche del collegamento audiovisivo e, se ha luogo l’audizione del richiedente, delle cautele adottate per assicurarne la regolarità con riferimento al luogo in cui si trova e redige processo verbale delle operazioni svolte.
4.4.– Deve, infine, ricordarsi che l’art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998 – che, come accennato, si applica «per quanto compatibile», anche ai procedimenti di convalida dei richiedenti protezione internazionale –, nella versione originaria, nell’individuare nel rito camerale il modello procedurale di riferimento, faceva espresso riferimento all’art. 737 cod. proc. civ.
Nonostante tale richiamo normativo sia stato, poi, eliminato dall’art. 34, comma 19, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), fino alla riforma in scrutinio i procedimenti di convalida sono stati comunque celebrati nelle forme del rito camerale civile.
Sebbene, come poc’anzi ricordato, il d.l. n. 145 del 2024, come convertito, non abbia espressamente modificato il rito della convalida, secondo le più recenti pronunce di legittimità – rese dalla prima sezione penale della Corte di cassazione, alla quale, in seguito alla stessa riforma in scrutinio, con decreto della Prima presidente della Corte di cassazione del 17 gennaio 2025, sono state assegnate le controversie di cui si tratta – il netto mutamento del quadro normativo di riferimento operato dalla novella processuale «orienta inequivocamente verso l’attribuzione di una competenza del giudice penale, sia nei gradi di merito che nel giudizio di legittimità», così che l’applicazione residuale degli artt. 737 e seguenti cod. proc. civ. non è più praticabile (Corte di cassazione, sezione prima penale, 15-31 ottobre 2025, n. 35682).
Si è, quindi, osservato che l’attribuzione della competenza in materia di convalida e proroga dei trattenimenti al giudice penale comporta, quale necessaria conseguenza, l’applicazione delle norme del codice di rito penale, «dovendosi escludere che in tale materia, fatto salvo il rinvio o il riferimento a principi generali di diritto processuale, si possa procedere ricorrendo a modelli disciplinati dal codice di procedura civile, del tutto estranei al codice a norma del quale il giudice penale di merito è chiamato a decidere e, successivamente [la Corte di cassazione] a pronunciarsi, appunto nelle sole ipotesi di violazione dell’art. 606, lett. a), b) e c), cod. proc. pen.» (Cass., n. 35682 del 2025).
I giudici di legittimità hanno, inoltre, affermato che i provvedimenti di convalida o proroga non possono essere impugnati per cassazione per motivi afferenti a violazioni di norme del codice di procedura civile, in quanto il novellato art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, che si riferisce al giudizio di legittimità, richiama espressamente il solo art. 606, comma 1, lettere a), b) e c), cod. proc. pen., così dispiegando una «chiara influenza retrospettiva» sulle norme processuali applicabili al rito nel precedente grado di giudizio (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 28-30 aprile 2025, n. 16441).
5.– Venendo all’esame nel merito, le censure relative all’asserita violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. non sono fondate.
5.1.– Deve, in primo luogo, rilevarsi che quando, come nel caso di specie, le censure sollevate in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost. investono disposizioni introdotte dalla legge di conversione del decreto-legge, la violazione di tale parametro costituzionale non può farsi derivare dalla mancanza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza – giacché le stesse norme aggiunte, proprio per essere state inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari –, ma dal difetto di omogeneità rispetto all’originario decreto-legge.
Ciò in quanto, come più volte affermato da questa Corte, la legge di conversione riveste «i caratteri di una fonte “funzionalizzata e specializzata”, volta alla stabilizzazione del decreto-legge, con la conseguenza che non può aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli in esso presenti, ma può solo contenere disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico (da ultimo, sentenze n. 113 e n. 6 del 2023, n. 245 del 2022, n. 210 del 2021 e n. 226 del 2019), “essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare” (sentenze n. 245 del 2022, n. 210 del 2021, n. 226 del 2019: nello stesso senso, sentenze n. 145 del 2015, n. 251 e n. 32 del 2014)» (sentenza n. 215 del 2023).
Questa Corte ha, tuttavia, precisato che solo la palese «estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge» (sentenza n. 22 del 2012) o la «evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge» (sentenza n. 154 del 2015) possono inficiare di per sé la legittimità costituzionale della norma introdotta con la legge di conversione» (sentenze n. 226 e n. 181 del 2019, nonché, nello stesso senso, sentenza n. 146 del 2024).
Inoltre, ove il provvedimento governativo sia ab origine a contenuto plurimo, la continuità tra la legge di conversione e il decreto-legge deve essere misurata attraverso la verifica della coerenza tra le previsioni inserite in sede di conversione e quelle originariamente adottate in via di straordinaria necessità e urgenza (sentenza n. 6 del 2023), «avendo riguardo al collegamento con “uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla sua ratio dominante” (sentenza n. 245 del 2022)» (sentenze n. 44 del 2025 e n. 113 del 2023).
5.2.– Alla luce dei suddetti criteri, le disposizioni in scrutinio superano il vaglio di legittimità costituzionale, in quanto non possono dirsi prive di ogni plausibile legame con quelle contenute nel decreto-legge originario.
Il d.l. n. 145 del 2024, come convertito, si inscrive tra i provvedimenti ab origine a contenuto plurimo, in quanto contempla interventi che si articolano in una pluralità di linee di azione espressamente indicate nei Capi di cui si compone: il primo è intitolato «Modifiche alla disciplina dell’ingresso in Italia di lavoratori stranieri», il secondo reca «Disposizioni in materia di tutela dei lavoratori stranieri vittime dei reati di cui agli articoli 600, 601, 602, 603-bis del codice penale e altre disposizioni di contrasto al lavoro sommerso», il terzo detta «Disposizioni in materia di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale», il quarto – nel quale sono state innestate le previsioni in scrutinio – contiene le «Disposizioni processuali» e il quinto pone le «Disposizioni transitorie e finali».
Le finalità del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, sono compendiate nel Titolo («Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali») e replicate nel preambolo. Quest’ultimo fa, infatti, riferimento alla «straordinaria necessità e urgenza di adottare norme in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri», alla «straordinaria necessità e urgenza di prevedere misure volte alla tutela dei lavoratori stranieri vittime dei reati di cui agli articoli 600, 601, 602, 603 e 603-bis del codice penale e al contrasto del lavoro sommerso» e alla «straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni in materia di gestione dei flussi migratori».
5.2.1.– Ciò posto, il punto di correlazione tra le disposizioni introdotte in sede di conversione in legge, oggetto di censura, e quelle del decreto-legge originario deve essere identificato nella materia della gestione dei flussi migratori e della protezione internazionale.
Le nuove norme sulla competenza nei procedimenti di convalida ex art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 – alle quali è ora limitato lo scrutinio di legittimità costituzionale – disciplinano, sul versante processuale, un istituto, qual è il trattenimento delle persone straniere richiedenti asilo, tipicamente afferente alla materia della protezione internazionale, la cui disciplina costituisce, come ricordato, uno dei contenuti più rilevanti del provvedimento d’urgenza.
L’emendamento da cui sono scaturite le norme censurate non solo si pone in continuità oggettiva con il suddetto ambito tematico sostanziale, ma si innesta in una specifica articolazione contenutistica del decreto-legge – quella delle riforme processuali in materia di protezione internazionale – cui è stato appositamente dedicato, sin dalla formulazione originaria dell’atto normativo, il Capo IV.
6.– Non sono meritevoli di accoglimento neanche le censure con le quali i giudici rimettenti lamentano che gli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), e 18-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, là dove dispongono lo spostamento verso la corte d’appello della competenza a decidere in prima istanza sulla convalida del trattenimento del richiedente asilo, già attribuita alle sezioni specializzate dei tribunali distrettuali, violino gli artt. 3, 25 e 102, secondo comma, Cost.
6.1.– Anzitutto le disposizioni censurate non si pongono in contrasto con la garanzia sancita dall’art. 25, primo comma, Cost.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’espressione «giudice naturale precostituito per legge» contenuta in tale precetto costituzionale indica il giudice istituito in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di determinate controversie.
Tale principio tutela il diritto del cittadino a una previa non dubbia conoscenza del giudice competente a decidere, o, ancor più nettamente, il diritto alla certezza che quest’ultimo non sia un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto già verificatosi (sentenza n. 88 del 1962).
La garanzia del giudice naturale precostituito per legge non è, pertanto, necessariamente violata allorché una legge determini uno spostamento della competenza con effetto anche sui procedimenti in corso, purché ricorra una serie di presupposti necessari a evitare ogni rischio di arbitrio nell’individuazione del nuovo giudice competente (sentenza n. 56 del 1967; nello stesso senso, ex aliis, sentenze n. 237 del 2007 e n. 287 del 1987).
Tale garanzia mira, infatti, «non solo a tutelare il consociato contro la prospettiva di un giudice non imparziale, ma anche ad assicurare l’indipendenza del giudice investito della cognizione di una causa, ponendolo al riparo dalla possibilità che il legislatore o altri giudici lo privino arbitrariamente dei procedimenti già incardinati innanzi a sé» (sentenza n. 38 del 2025).
Si verifica, pertanto, una illegittima sottrazione della causa al giudice naturale precostituito tutte le volte in cui il giudice venga designato a posteriori in relazione ad una determinata controversia o direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali ovvero attraverso atti di altri soggetti, ai quali la legge attribuisca tale potere al di là dei limiti che la riserva impone.
La garanzia ex art. 25 Cost. può, per contro, considerarsi rispettata quando «l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge e la sua competenza sia definita sulla base di criteri generali fissati in anticipo, nel rispetto della riserva di legge (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011)» (sentenze n. 5 del 2025 e n. 159 del 2014; nello stesso senso, sentenza n. 237 del 2007).
In tale situazione lo spostamento della competenza avviene «per effetto di un nuovo ordinamento – e, dunque, della designazione di un nuovo giudice “naturale” – che il legislatore, nell’esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente» (ancora, sentenza n. 56 del 1967).
Nel caso di specie la violazione dell’art. 25 Cost. è da escludersi in quanto l’art. 16, commi 1, lettera b), e 2 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, introduce una modifica della competenza relativa ad una categoria di controversie – quella della convalida dei provvedimenti che dispongono o prorogano il trattenimento dello straniero richiedente asilo – mediante l’indicazione di criteri di determinazione ratione materiae e ratione loci predeterminati e astratti e, peraltro, operanti pro futuro.
Né basta a configurare una lesione della evocata garanzia costituzionale l’avere la novella censurata introdotto un’eccezione alla regola generale che attribuisce la maggior parte delle controversie in materia di protezione internazionale alle sezioni specializzate, dal momento che il giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, «ma si forma anche di tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza sulla base di criteri che razionalmente valutano i disparati interessi posti in gioco dal processo» (sentenza n. 117 del 1972).
Inoltre, diversamente da quanto ritenuto dai giudici rimettenti, non occorre verificare se la deroga oggetto di censura sia, nella specie, giustificata da una esigenza di rango costituzionale, giacché un controllo siffatto riguarda le modifiche derogatorie di regole generali sulla competenza con effetti sui processi in corso (ancora, sentenza n. 38 del 2025), laddove, come si ricava dall’art. 19 del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, la modifica della competenza di cui si tratta si applica ai procedimenti radicati successivamente all’entrata in vigore della novella e, in particolare, decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 187 del 2024.
6.2.– Neanche le censure con cui è denunciata la violazione dell’art. 3 Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza, e dell’art. 102, secondo comma, Cost. sono fondate.
Come ricordato, la novella in scrutinio individua il giudice competente a decidere sulla convalida del trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale nella corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005 – ai sensi del quale «[l]a competenza a dare esecuzione a un mandato d’arresto europeo appartiene, nell’ordine, alla corte di appello nel cui distretto l’imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è ricevuto dall’autorità giudiziaria» –, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la «scelta del legislatore esprime univocamente la volontà di concentrare in capo alle sezioni penali delle Corti di appello la competenza sui procedimenti di convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale» (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 aprile 2025, n. 15748, depositata in pari data), deponendo in tal senso l’espresso richiamo all’autorità giudiziaria competente a dare esecuzione al mandato di arresto europeo, quale istituto disciplinato da disposizioni penali, «che pertanto richiede l’intervento del giudice penale e che è accomunato alle materie del trattenimento del richiedente la protezione internazionale dai profili di tutela giurisdizionale della libertà personale» (ancora Cass., n. 15748 del 2025).
Il rinvio alla disciplina del procedimento in materia di MAE integra, in particolare, un criterio di attribuzione delle controversie in questione ai giudici della corte d’appello territorialmente competente in base alla nuova disciplina, addetti alla trattazione del procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, giudici che sono, di norma, quelli assegnati al settore penale.
La Corte di cassazione, dando continuità ad un suo consolidato orientamento, ha anche chiarito che l’applicazione di tale regola di riparto interno è questione che non incide sul legittimo esercizio della funzione giurisdizionale, spettante all’ufficio giudicante nella sua unitarietà, né influisce sulla validità degli atti, sicché l’eventuale violazione delle relative regole non è causa di nullità del giudizio e del suo esito decisorio (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 aprile 2025, n. 15750, depositata in pari data).
Le nuove regole di determinazione della competenza a decidere sulla convalida in prima istanza comprendono, dunque, sia i parametri di individuazione del giudice ratione materiae (corte d’appello in composizione monocratica) e ratione loci (corte d’appello nel cui distretto ha sede il questore che ha disposto il trattenimento o la sua proroga), sia un criterio di assegnazione interna delle controversie ai giudici addetti alla trattazione dei procedimenti in materia di MAE.
Così ricostruite, esse risultano dotate di sufficiente precisione e intelligibilità.
Deve, pertanto, ritenersi che le incertezze applicative denunciate dai giudici a quibus – di cui si rinviene, peraltro, conferma nella delibera del Consiglio superiore della magistratura del 19 marzo 2025, avente ad oggetto l’«Analisi delle ricadute organizzative sulle Corti di Appello in seguito allo spostamento della competenza in materia di convalida dei provvedimenti di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale», citata nelle ordinanze di rimessione – costituiscano meri inconvenienti di fatto che non comportano un vizio intrinseco di illegittimità costituzionale delle norme censurate (sentenza n. 143 del 1973).
6.3.– Non sono ravvisabili neanche gli ulteriori profili di irragionevolezza denunciati dai giudici a quibus.
È innegabile che la disciplina censurata introduca una rilevante eccezione alla regola generale – desumibile dall’oggetto dei procedimenti elencati nell’art. 3, commi 1, 2, e 3, del d.l. n. 13 del 2017, come convertito – secondo cui la competenza sulle controversie relative alla protezione internazionale è devoluta alle sezioni specializzate istituite dall’art. 1 del medesimo decreto-legge.
La novella in scrutinio ha, infatti, sottratto una fattispecie – quale è la convalida del trattenimento del richiedente asilo – tipicamente afferente alla materia della protezione internazionale a un assetto di competenze predisposto allo specifico fine di garantire la specializzazione e la concentrazione in un settore connotato da un elevato tasso di specialità oltre che dalla necessità per i giudici ad esso assegnati di confrontarsi con il sistema comune europeo dell’asilo.
Nondimeno, la scelta di espungere la convalida dal novero dei procedimenti di competenza delle sezioni distrettuali non è sintomatica di una irragionevolezza manifesta e, pertanto, rientrando in un ambito, quale è quello della configurazione degli istituti processuali, nel quale ampia è la discrezionalità legislativa, non può essere sindacata da questa Corte (ex aliis, sentenze n. 39 e n. 36 del 2025, n. 189 e n. 96 del 2024 e n. 67 del 2023).
Invero, la novella ha sacrificato l’esigenza di specializzazione ratione materiae – e di conseguenza anche quella di concentrazione – per affidare le controversie in esame a giudici che, in quanto assegnatari dei procedimenti di esecuzione del MAE e di estradizione, sono muniti di una specializzazione diversa, ma comunque adusi a trattare procedimenti che coinvolgono la libertà personale degli stranieri e che devono essere decisi entro termini stringenti.
Va, al riguardo, ricordato che il trattenimento della persona straniera, pur inscrivendosi tra gli atti di estrinsecazione del potere coattivo della pubblica amministrazione – e, quindi, tra gli strumenti con i quali quest’ultima realizza direttamente un determinato interesse pubblico che, nella specie, coincide con l’esigenza di controllo dei flussi migratori – si sostanzia in una limitazione della libertà personale.
Tale misura, infatti, pur non perseguendo finalità punitive, condivide con la detenzione l’effetto pratico della restrizione della persona.
La condizione di assoggettamento fisico del trattenuto all’altrui potere è «indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale» (sentenza n. 96 del 2025), con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 13 Cost., tale limitazione dell’habeas corpus, essendo disposta dall’autorità di pubblica sicurezza, deve essere convalidata dall’autorità giudiziaria entro quarantotto ore (sentenza n. 127 del 2022; in senso conforme sentenze n. 39 del 2025 e n. 105 del 2001).
Anche la giurisprudenza di legittimità ha posto in luce la valenza connotante dell’incidenza del trattenimento dello straniero sulla libertà personale e in forza di tale profilo ha ritenuto coerente lo spostamento nell’area penale della disciplina processuale di tale misura (ex aliis, Corte di cassazione, sezione prima penale, ordinanza 7 marzo 2025, n. 9556, depositata in pari data).
Deve, inoltre, escludersi che il principio di concentrazione, pur chiaramente evincibile dalla disciplina istitutiva delle sezioni specializzate, abbia carattere costituzionalmente necessario e quindi inderogabile.
L’art. 3 del d.l. n. 13 del 2017, come convertito, non ha, infatti, istituito una giurisdizione unica e onnicomprensiva per le controversie in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, come è dimostrato dal fatto che alcuni procedimenti riconducibili a tali ambiti tematici sono rimasti, rispettivamente, al giudice di pace, al tribunale civile ordinario e al giudice amministrativo.
Il carattere solo tendenziale del principio di concentrazione desumibile dal d.l. n. 13 del 2017, come convertito, si ricava dalla stessa conformazione, ad opera di tale testo normativo, delle sezioni specializzate non alla stregua di organi giudiziari autonomi dotati di competenza funzionale ed esclusiva, come nel caso del tribunale per i minorenni, e neppure di articolazioni munite di una competenza separata rispetto a quella del tribunale in cui hanno sede, come nel caso delle sezioni agrarie.
Del resto, la Corte di cassazione, con riferimento alle sezioni specializzate in materia di impresa, la cui configurazione è pressoché identica a quella delle sezioni di cui si tratta, ha chiarito che il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata, nello specifico caso in cui entrambe facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 23 luglio 2019, n. 19882).
6.4.– Alla luce delle considerazioni che precedono non può ritenersi fondata neppure la censura con cui si deduce che lo spostamento di competenza in scrutinio inciderebbe sul carattere unitario e inscindibile delle questioni attinenti al diritto di asilo, determinando una scissione tra la competenza per il giudizio avente ad oggetto il riconoscimento di tale diritto – spettante alle sezioni specializzate dei tribunali distrettuali – e la competenza per la convalida del trattenimento del richiedente, nonostante quest’ultimo procedimento abbia portata incidentale rispetto al primo.
Occorre, anzitutto, rilevare che già nel regime anteriore alla riforma in esame la previsione di una competenza specialistica delle sezioni distrettuali in ordine a entrambi i procedimenti in questione non comportava, di per sé sola, l’attribuzione al giudice investito dell’impugnazione del diniego di protezione internazionale della stessa competenza a decidere sulla convalida del trattenimento del richiedente asilo.
Mancava, infatti, per i giudizi in esame una specifica disposizione che attribuisse al giudice del procedimento di protezione internazionale la competenza funzionale sulla convalida dei trattenimenti e delle loro proroghe.
Né, in senso contrario, può valorizzarsi l’art. 14, comma 4, ultimo periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998 – riguardante la convalida del trattenimento dello straniero attinto da decreto di espulsione, ma, come ricordato, applicabile, in quanto compatibile, anche alla convalida del trattenimento del richiedente protezione internazionale –, ai sensi del quale «[l]a convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione».
Come si desume dai lavori parlamentari relativi alla legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il cui art. 12 è confluito nell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, il legislatore, ammettendo la possibilità che la richiesta di convalida sia avanzata davanti allo stesso giudice del procedimento di opposizione avverso il decreto di espulsione costituente il presupposto della misura restrittiva, ha inteso soltanto favorire, ma non certo imporre la trattazione congiunta dei due procedimenti.
Un rapporto di incidentalità in senso tecnico della convalida rispetto al procedimento sulla richiesta di protezione internazionale non potrebbe ricavarsi neppure dal nesso di strumentalità che intercorre tra la misura restrittiva e il giudizio di accertamento del diritto alla protezione internazionale.
È pur vero che la giurisprudenza di legittimità riconosce al trattenimento natura cautelare (Cass., n. 3843 del 2025; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 30 settembre 2025, n. 32342, depositata in pari data; prima sezione civile, ordinanze 14 settembre 2021, n. 24721 e 23 ottobre 2019, n. 27076); ma tale inquadramento non consente di annettere al procedimento diretto alla sua convalida portata incidentale rispetto al giudizio in cui si accerta il diritto alla protezione internazionale. Ciò anzitutto per la netta differenza strutturale tra i due processi. La convalida è un procedimento che deve essere definito entro quarantotto ore dalla trasmissione del provvedimento con cui il questore dispone il trattenimento o la sua proroga, all’esito di un’udienza che si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito.
Per converso, nel giudizio di impugnazione del diniego di protezione internazionale – che, pur essendo soggetto al rito camerale, ha natura contenziosa ed è definito con un provvedimento idoneo al giudicato – l’udienza non è obbligatoria, ma può essere fissata dal giudice ove ricorra una delle condizioni previste dall’art. 35-bis, comma 10, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato).
Infine, tra i procedimenti in esame non si ravvisa neppure una connessione qualificata. Sebbene il giudizio di convalida possa essere esteso alla cognizione sui provvedimenti presupposti (sentenze n. 39 del 2025 e n. 105 del 2001), il carattere meramente incidentale di tale accertamento (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanze 31 ottobre 2023, n. 30166 e 20 marzo 2019, n. 7841) e la sua limitazione alla illegittimità manifesta escludono che possa ravvisarsi un’ipotesi di pregiudizialità in senso tecnico capace di imporre la trattazione congiunta delle cause, né, considerata la natura sommaria della cognizione nel procedimento di convalida, potrebbe verificarsi un contrasto pratico tra giudicati.
In definitiva, lo spostamento di competenza in esame, pur sacrificando in qualche misura le esigenze di concentrazione e di uniformità interpretativa che avevano indotto il legislatore ad affidare il procedimento di convalida e quello concernente la domanda di protezione internazionale ad un unico ufficio giudiziario, costituisce una rivalutazione di tale scelta legislativa che, essendo connotata da ampia discrezionalità e non sconfinando nella irragionevolezza manifesta, esula dal sindacato di questa Corte.
Ciò non esclude, tuttavia, che lo stesso legislatore debba verificare, nel tempo, la tenuta del nuovo assetto di competenze e operare interventi correttivi nel caso in cui esso si riveli foriero di difficoltà applicative.
7.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), e 18-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, sollevate in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3, 25 e 102, secondo comma, Cost., devono, pertanto, essere dichiarate non fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, comma 1, lettera a), numero 2), 18-bis, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), e 19 del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187, sollevate, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3, 10, terzo comma, 24, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi due in relazione all’art. 5, paragrafi 1, lettera f), e 4, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 9 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, all’art. 26 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale e agli artt. 6, 18 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dalla Corte d’appello di Lecce, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 1, lettera b), e 2, 18, comma 1, lettere a), numeri 1) e 3), e b), e 18-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, 3, 25 e 102, secondo comma, Cost., dalla Corte d’appello di Lecce, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2025
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI