SENTENZA N. 164
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2012, n. 122, promosso dal Consiglio di Stato, sezione sesta, nel procedimento vertente tra Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss e Regione Lombardia, con ordinanza del 20 gennaio 2025, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visti l’atto di costituzione di Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss e l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 settembre 2025 il Giudice relatore Roberto Nicola Cassinelli;
uditi gli avvocati Gianfredo Giatti e Angelo Convertini per l’Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss e l’avvocato dello Stato Salvatore Adamo per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 24 settembre 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 20 gennaio 2025, iscritta al n. 26 reg. ord. del 2025, il Consiglio di Stato, sezione sesta, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2012, n. 122, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
2.– Il rimettente è chiamato a giudicare sull’appello proposto dall’Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima quater, 2 maggio 2022, n. 5439, nei confronti della Regione Lombardia e del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, entrambi costituiti per resistere.
2.1.– Il TAR Lazio aveva rigettato il ricorso proposto dall’Azienda Levante per l’annullamento del provvedimento della direzione generale dell’agricoltura della Regione Lombardia (decreto 28 agosto 2014, n. 7903, identificativo n. 439), con il quale le era stato riconosciuto il contributo relativo agli interventi collegati agli eventi sismici del 2012 in misura inferiore a quella richiesta, stante l’esclusione del ristoro dei danni subiti dal prodotto in fase di maturazione ovvero di stoccaggio. A causa del sisma, riferisce il rimettente, erano collassate le strutture di sostegno delle forme di formaggio “Mantuanella”, in fase di maturazione, con danno pari a euro 1.8 milioni, come da perizia del luglio 2012.
2.2.– In punto di rilevanza delle questioni, il Consiglio di Stato evidenzia che il provvedimento impugnato costituisce diretta applicazione dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del d.l. n. 74 del 2012, come convertito, che prevede il contributo per i danni subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio limitatamente ai prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) e indicazione geografica tipica (IGP).
Nella perdurante vigenza della norma citata, l’appello dovrebbe essere respinto, in assenza di profili di inammissibilità del ricorso: sarebbe, infatti, priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione Lombardia, secondo cui l’Azienda ricorrente avrebbe dovuto impugnare l’ordinanza commissariale 20 febbraio 2013, n. 13, emessa dal Presidente della Regione Lombardia in qualità di Commissario delegato per l’emergenza sisma, atto generale di attuazione del d.l. n. 74 del 2012, come convertito, e non attendere il provvedimento con il quale le era stato riconosciuto il contributo che non comprendeva i danni richiesti per il prodotto in fase di maturazione.
Il rimettente ritiene applicabile la regola processuale in base alla quale l’atto generale acquista lesività solo al momento dell’applicazione concreta, tanto più nel caso di specie, in cui sarebbe stato difficile, per l’Azienda ricorrente, «fare una prognosi attendibile sul possibile prodursi in chiave prospettica – se ed in quale misura – della lesione alla propria sfera giuridica».
Il provvedimento oggetto di impugnazione costituirebbe, pertanto, non soltanto l’atto finale di applicazione dell’ordinanza generale, al quale l’orientamento giurisprudenziale prevalente riconnette l’attualità e l’effettività della lesione (è richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, 16 settembre 2024, n. 7601), ma anche l’atto che, in concreto, avrebbe determinato il contributo in misura e con modalità non coincidenti con l’istanza presentata dall’Azienda ricorrente.
2.3.– La non manifesta infondatezza delle questioni è argomentata a partire dall’esame della disciplina contenuta nel d.l. n. 74 del 2012, come convertito.
2.3.1.– L’art. 3, comma 1, del citato decreto, stabilisce che «[…] i Presidenti delle Regioni […] stabiliscono, con propri provvedimenti adottati in coerenza con i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 2, comma 2, sulla base dei danni effettivamente verificatisi, priorità, modalità e percentuali entro le quali possono essere concessi contributi, anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate a valere sulle disponibilità delle contabilità speciali di cui all’articolo 2, fatte salve le peculiarità regionali. I contributi sono concessi, al netto di eventuali risarcimenti assicurativi […]».
Tra le concessioni previste dal legislatore, il medesimo comma 1, alla lettera b), prevede: «la concessione, previa presentazione di perizia giurata, di contributi a favore delle attività produttive, industriali, agricole, zootecniche, commerciali, artigianali, turistiche, professionali, ivi comprese le attività relative agli enti non commerciali, ai soggetti pubblici e alle organizzazioni, fondazioni o associazioni con esclusivo fine solidaristico o sindacale, e di servizi, inclusi i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, aventi sede o unità produttive nei comuni interessati dalla crisi sismica che abbiano subito gravi danni a scorte e beni mobili strumentali all’attività di loro proprietà. La concessione di contributi a vantaggio delle imprese casearie danneggiate dagli eventi sismici è valutata dall’autorità competente entro il 31 dicembre 2014; il principio di certezza e di oggettiva determinabilità del contributo si considera rispettato se il contributo medesimo è conosciuto entro il 31 dicembre 2014».
Ai fini che qui rilevano, la lettera b-bis) del medesimo comma 1, inserita in sede di conversione, prevede «la concessione, previa presentazione di perizia giurata, di contributi per il risarcimento dei danni economici subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, in strutture ubicate nei territori di cui all’articolo 1, comma 1, del presente decreto».
2.4.– L’applicazione della disposizione da ultimo richiamata ha comportato una «differente modalità di trattamento nella liquidazione dei danni tra produttori nella stessa area geografica di formaggio DOP e non DOP», che il rimettente assume incompatibile con i principi costituzionali sanciti dagli artt. 3 e 41 Cost.
2.4.1.– Osserva il Consiglio di Stato che, dinanzi alla medesima origine dei danni – il sisma, che ha colpito le imprese operanti nei territori coinvolti – e alla potenziale identità dei danni stessi, nonché all’esistenza di caratteristiche di lavorazione e stagionatura “simili” dei prodotti caseari, «la natura di maggior pregio del prodotto, se pure potrebbe comportare un danno quantitativamente diverso, non sembra possa comportare che solo i danni patiti dalle aziende D.O.P. e I.G.P. siano meritevoli di contribuzione in parte qua».
La differenziazione sull’an della spettanza della contribuzione si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. in considerazione dell’omogeneità delle situazioni a raffronto, anche tenuto conto della finalità del contributo, che non avrebbe natura incentivante bensì di ristoro, salva ovviamente la dimostrazione di un danno economico più significativo in ragione del maggior valore dei prodotti interessati.
La norma censurata produrrebbe, quindi, una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni all’apparenza omogenee (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 234 del 2006), nella parte in cui la ratio che sorregge la previsione del ristoro irragionevolmente non opera per tutte le aziende dell’area colpita dal sisma e che dimostrino di aver subito danni al prodotto in fase di maturazione.
2.5.– La denunciata disparità di trattamento comporterebbe, secondo il rimettente, la violazione dell’art. 41 Cost., in quanto l’assegnazione di un aiuto finanziario «a destinatari limitati e in sostanza predeterminati» avrebbe alterato le condizioni degli operatori nel mercato della produzione agricola della zona colpita dagli eventi sismici, a vantaggio delle imprese beneficiarie del ristoro (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 186 del 2022).
2.6.– Il Consiglio di Stato richiama, inoltre, la giurisprudenza costituzionale secondo cui disposizioni come quella in esame, «non a caso aggiunta in sede di conversione e tale da riguardare in definitiva soggetti specifici», pur non essendo in assoluto incompatibili con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, entrano in tensione con il principio di eguaglianza e, pertanto, devono essere sottoposte ad uno scrutinio stretto di costituzionalità, per verificare la non arbitrarietà e la ragionevolezza della scelta legislativa (sono richiamate le sentenze n. 116 del 2020 e n. 20 del 2012).
Il sindacato di legittimità costituzionale deve quindi spingersi a valutare i criteri che hanno ispirato le scelte legislative e le modalità di attuazione (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 49 del 2021 e n. 270 del 2010), e non arrestarsi alla verifica di una ragione sufficiente che basti a giustificare la scelta di intervenire con legge-provvedimento o, comunque, con disposizione che avvantaggia determinati soggetti individuabili.
Occorre verificare, altresì, la congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e la proporzionalità tra il mezzo stesso e le esigenze da soddisfare, in funzione del minor sacrificio possibile di altri principi e valori costituzionalmente protetti.
2.7.– Nella specie, prosegue il rimettente, la scelta del legislatore di indirizzare i contributi per il ristoro dei danni subiti dal prodotto in fase di maturazione a una sola tipologia di imprese sarebbe irragionevole e sproporzionata, poiché l’eventuale maggiore pregio della produzione casearia DOP avrebbe potuto essere tutelato prevedendo una diversa quantificazione del contributo.
3.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni siano dichiarate non fondate.
3.1.– Secondo l’interveniente non sussisterebbe la denunciata esclusione totale e immotivata dal contributo di taluni soggetti danneggiati, a parità di condizioni fattuali, e pertanto non risulterebbero violati gli artt. 3 e 41 Cost. evocati dal rimettente.
Il legislatore avrebbe individuato diverse tipologie di interventi a sostegno dei soggetti colpiti dal sisma, come dimostrato dal fatto che l’Azienda ricorrente nel giudizio a quo non è stata esclusa tout court dalla contribuzione per i danni provocati dal sisma, ma solo dalla specifica voce relativa al danno subito dal prodotto in fase di maturazione, risultando destinataria di una diversa quantificazione del contributo rispetto alle imprese produttrici di marchi DOP e IGP, alle quali tale voce è stata riconosciuta.
In questo modo, osserva l’Avvocatura dello Stato, si sarebbe raggiunto lo stesso risultato auspicato dal rimettente attraverso la diretta applicazione del principio di proporzionalità nell’erogazione quantitativa di un’unica forma di contributo.
L’Avvocatura rileva poi che la ragionevolezza in cui si sostanzia il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. si rinviene in caso di trattamento diverso accordato a soggetti che versano in situazioni differenti. Come chiarito della giurisprudenza costituzionale, il principio di eguaglianza è violato se, di fronte a situazioni obiettivamente omogenee, si ha una disciplina giuridica differenziata, che determina discriminazioni arbitrarie e ingiustificate (sono citate le sentenze n. 111 del 1981 e n. 96 del 1980).
Ciò non sarebbe vero nel caso in esame, nel quale il differente trattamento costituito dall’attribuzione di un contributo maggiore alle sole aziende che usufruiscono delle indicazioni DOP e IGP, rispetto a quelle i cui prodotti sono sprovvisti di tali indicazioni, si rinviene nella esigenza di tutelare in misura maggiore i prodotti di pregio, tanto più che, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, il contributo oggetto di contestazione avrebbe non soltanto natura compensativa, ma anche la funzione di favorire la ripresa e la continuazione delle produzioni di alta qualità.
3.2.– I prodotti DOP e IGP sono oggetto di un procedimento produttivo più lungo, complesso e costoso, perché condizionato alla stretta esecuzione del disciplinare di produzione, e di conseguenza anche la perdita del magazzino ha un impatto maggiormente critico di quanto non avvenga per altre produzioni.
3.3.– L’interveniente richiama, infine, la documentazione parlamentare concernente la norma censurata, e specificamente il parere del 31 maggio 2012, della XIII Commissione permanente (Agricoltura) della Camera dei deputati, sul disegno di legge A.C. 5263 (di conversione del d.l. n. 74 del 2012), nel quale si dà conto dell’esigenza di prevedere uno “specifico incentivo” per le aziende in oggetto, «anche al fine precipuo di preservare l’accesso al credito bancario riservato ai produttori DOP e IGP mediante la costituzione di pegno rotativo sui prodotti a lunga stagionatura».
Tale forma di garanzia era all’epoca prevista per i soli prodotti caseari DOP a lunga stagionatura, dall’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 122 (Disposizioni modificative e integrative alla normativa che disciplina il settore agricolo e forestale).
3.4.– Conclusivamente l’Avvocatura dello Stato ribadisce la ragionevolezza della selettività della misura, tenuto conto della peculiarità dei prodotti DOP e IGP, il cui riconoscimento implica non solo maggiori costi per i produttori, ma anche un significativo valore in termini di export, con ricadute economiche, occupazionali e di immagine dell’Italia nell’ambito del mercato agroalimentare.
4.– Con atto depositato il 10 marzo 2025, si è costituita nel giudizio incidentale la ricorrente Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss, in persona del legale rappresentante, per chiedere la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni riportate nell’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato.
4.1.– La parte argomenta diffusamente le ragioni di illegittimità dell’ordinanza commissariale del 13 febbraio 2013, in quanto discriminatoria e anticoncorrenziale, e del successivo decreto n. 7903 del 2014, con il quale la Regione Lombardia le ha riconosciuto contributi per un importo inferiore a quello richiesto.
Pur condividendo il dubbio prospettato dal Consiglio di Stato riguardo all’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del d.l. n. 74 del 2012, come convertito, la parte ritiene che il trattamento discriminatorio in danno dei produttori di formaggi non DOP sia primariamente riconducibile all’ordinanza commissariale n. 13 del 2013. Tale provvedimento avrebbe introdotto la contestata differenziazione in assenza di riscontro normativo nazionale ed europeo, solo che si consideri l’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che vieta accordi, decisioni e pratiche concordate che possano pregiudicare la libertà d’impresa e la concorrenza, e l’art. 107 del medesimo Trattato, che tutela la concorrenza.
Nella specie, gli aiuti economici stanziati ed elargiti al Consorzio Grana Padano avrebbero falsato la concorrenza e il mercato interno, come dimostrerebbe il fatto che soltanto essa Azienda Levante ha proseguito l’attività nonostante i danni provocati dal sisma, mentre sono falliti gli altri caseifici non consorziati che operavano nel medesimo distretto.
4.2.– Sul presupposto che, nella specie, si sarebbe in presenza di un aiuto di Stato che ha favorito un gruppo di imprese in danno di un’azienda concorrente, la parte richiama la giurisprudenza comunitaria sulla incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune (Corte di giustizia dell’Unione europea, prima sezione, sentenza 14 ottobre 2010, causa C-67/09, Nuova Agricast srl), e sul principio della parità di trattamento (Corte di giustizia dell’Unione europea, terza sezione, sentenza 14 aprile 2005, causa C-110/03, Regno del Belgio, paragrafo 71, con ulteriori richiami).
Viene richiamata anche la giurisprudenza costituzionale (ex plurimis la sentenza n. 4 del 2022), secondo cui la nozione di concorrenza ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, e pertanto comprende sia le misure legislative di contrasto agli atti e ai comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di promozione, volte a eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici.
4.3.– La parte osserva, infine, che la certificazione DOP si limita a designare un prodotto originario di un paese e di una regione, le cui caratteristiche siano essenzialmente o esclusivamente dovute all’ambiente geografico di provenienza, comprendendo tale locuzione i fattori naturali e quelli umani, ma non è sempre sinonimo di qualità, mentre essa Azienda Levante, di piccole dimensioni, segue l’intera filiera alimentare e il prodotto finale, pure se non certificato DOP, è comunque certificato «No OGM» e «senza lattosio».
4.4.– La parte conclude per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni riportate nell’ordinanza di rimessione.
5.– In data 27 agosto 2025, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria, nella quale ha richiamato le argomentazioni svolte nell’atto di intervento, insistendo per la declaratoria di non fondatezza delle questioni.
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione sesta, con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 26 del 2025), ha sollevato – in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del d.l. n. 74 del 2012, come convertito, nella parte in cui prevede la concessione di contributi per il risarcimento dei danni provocati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, ai prodotti in corso di maturazione o di stoccaggio, limitatamente ai prodotti DOP e IGP.
1.1.– Il giudice a quo deve decidere sull’appello, proposto dall’Azienda agricola Levante di Romani F.lli ss, per la riforma della sentenza del TAR Lazio n. 5439 del 2022, nei confronti della Regione Lombardia e del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, entrambi costituiti nel giudizio principale.
1.2.– Il TAR ha rigettato il ricorso proposto dall’Azienda Levante per l’annullamento del decreto della Regione Lombardia n. 7903 del 2014, con il quale le era stato riconosciuto il contributo per i danni subiti in conseguenza degli eventi sismici del 2012 in misura inferiore a quella richiesta, stante l’esclusione del danno riportato dal prodotto in fase di maturazione.
2.– In punto di rilevanza delle questioni, il rimettente chiarisce che il provvedimento impugnato costituisce diretta applicazione dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del d.l. n. 74 del 2012, come convertito, e che pertanto l’appello dovrebbe essere respinto, in assenza di profili di inammissibilità del gravame.
2.1.– Quanto alla non manifesta infondatezza, è denunciata la violazione dell’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento che deriverebbe dalla esclusione dei prodotti caseari non DOP dal contributo per i danni causati dal sisma al prodotto in fase di maturazione.
L’asserita omogeneità tra le situazioni poste a raffronto, che discenderebbe dalla identica origine dei danni, dalla potenziale identità degli stessi e dalle caratteristiche di lavorazione e stagionatura “simili” dei prodotti caseari DOP e non DOP, renderebbe incompatibile con l’art. 3 Cost. la differenziazione quanto all’an della spettanza della contribuzione prevista dalla norma censurata, limitata ai prodotti caseari DOP in fase di maturazione. Secondo il rimettente, infatti, «la natura di maggior pregio del prodotto, se pure potrebbe comportare un danno quantitativamente diverso, non sembra possa comportare che solo i danni patiti dalle aziende D.O.P. e I.G.P. siano meritevoli di contribuzione in parte qua», tanto più che la ratio del contributo non avrebbe natura incentivante bensì di mero ristoro.
Sussisterebbe, quindi, un’ingiustificata disparità di trattamento di «situazioni all’apparenza omogenee» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 234 del 2006), e irragionevolmente, in contrasto con lo scopo dell’intervento legislativo – di ristoro e non incentivante –, la disposizione censurata non avrebbe ricompreso tutte le imprese di produzione casearia che operano nei territori colpiti dal sisma.
2.2.– Alla disparità di trattamento e all’irragionevolezza seguirebbe la violazione dell’art. 41 Cost., in quanto l’assegnazione di un aiuto finanziario «a destinatari limitati e in sostanza predeterminati» comporterebbe l’alterazione delle condizioni degli operatori nel mercato della produzione agricola delle zone colpite dagli eventi sismici, a vantaggio delle imprese beneficiarie del ristoro (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 186 del 2022).
Trattandosi di disposizione aggiunta in sede di conversione del decreto-legge censurato e che riguarda soggetti determinati, il rimettente ritiene che dovrebbe farsi luogo a uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale, per verificare la non arbitrarietà e la ragionevolezza della scelta legislativa (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 116 del 2020 e n. 20 del 2012), nonché la congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e la proporzionalità tra il mezzo stesso e le esigenze da soddisfare, in funzione del minor sacrificio possibile di altri principi costituzionali.
3.– Le questioni non sono fondate.
4.– In premessa si deve delineare brevemente il contesto nel quale si colloca la disposizione censurata.
4.1.– All’indomani degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, il legislatore è intervenuto con il d.l. n. 74 del 2012 del 6 giugno 2012 a sostegno delle popolazioni, delle imprese e dei soggetti, pubblici e privati, colpiti dalla calamità, al fine di favorire il processo di ricostruzione, di ripresa economica e di assistenza nei territori interessati.
Come emerge dalla documentazione parlamentare (disegno di legge A.C. 5263 di conversione in legge), in data 31 maggio 2012, la XIII Commissione permanente (Agricoltura) della Camera dei deputati, aveva approvato una risoluzione sugli interventi necessari per fronteggiare i danni subiti dal comparto agroalimentare della Regione Emilia-Romagna.
Nella proposta di parere del 3 luglio 2012, la stessa Commissione dava conto dell’istruttoria svolta con le audizioni informali degli assessori all’agricoltura delle regioni interessate, dei rappresentanti delle associazioni agricole, delle associazioni dei consorzi di tutela delle produzioni DOP e IGP e dei consorzi di bonifica e irrigazione.
All’esito dell’istruttoria, la Commissione esprimeva parere favorevole alla conversione in legge del d.l. n. 74 del 2012, ritenendo necessario apportare modifiche in particolare all’art. 3, comma 1, per prevedere la concessione, previa presentazione di perizia giurata, di contributi per il risarcimento dei danni economici subiti dai prodotti DOP e IGP in corso di maturazione e/o di stoccaggio, in strutture ubicate nei territori colpiti.
A sostegno della modifica si evidenziava che il sisma aveva prodotto un danno particolarmente rilevante e specifico ad alcune produzioni a denominazione di origine o indicazione geografica protetta, di cui si doveva tenere conto sia per l’importanza delle produzioni stesse sia per assicurarne la continuità, in quanto i prodotti DOP e IGP costituivano pegno per l’accesso al credito bancario.
5.– Le misure previste dal d.l. n. 74 del 2012, come convertito, a sostegno delle imprese agroalimentari sono state autorizzate dalla decisione della Commissione europea C(2012) 9471 del 19 dicembre 2012, relativa all’aiuto di Stato per il settore agricolo SA.35482 (2012/N).
La decisione della Commissione europea muove dal rilievo della particolare importanza del tessuto produttivo presente nei territori colpiti dal sisma, citando esemplificativamente le industrie casearie produttrici di Grana Padano e Parmigiano Reggiano; sottolinea, quindi, che i danni arrecati alle imprese del settore agroalimentare hanno provocato una significativa riduzione della produzione interna lorda, con conseguente danno all’intera catena della produzione alimentare; evidenzia, inoltre, l’impatto fortemente negativo registrato su alcune produzioni di origine, quali il Grana Padano DOP, il Parmigiano Reggiano DOP e l’aceto balsamico di Modena DOP (paragrafo 15).
5.1.– Gli interventi autorizzati dalla Commissione, previsti dal d.l. n. 74 del 2012, come convertito, sono sinteticamente riassumibili in: i) contributi per la ricostruzione, riparazione e ripristino degli immobili ad uso produttivo (art. 3, comma 1, lettera a); ii) contributi a favore delle attività produttive, agricole, zootecniche che abbiano subito gravi danni a scorte e beni strumentali (art. 3, comma 1, lettera b); iii) contributi per il risarcimento dei danni subiti dai prodotti in corso di maturazione o di stoccaggio di cui al regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, in strutture ubicate nei territori colpiti (art. 3, comma 1, lettera b-bis); iv) contributi per la delocalizzazione temporanea (art. 3, comma 1, lettera f).
6.– Brevemente occorre inquadrare la disciplina dei regimi di qualità dei prodotti agricoli alimentari, di cui questa Corte si è più volte occupata (ex plurimis, da ultimo sentenze n. 75 e n. 40 del 2023).
6.1.– Come emerge dalla disposizione oggetto di censura, che richiama il regolamento CE n. 510/2006 per indicare i destinatari del contributo, la disciplina delle produzioni DOP e IGP è di matrice europea ed è incentrata sul sistema di registrazione, tutela e valorizzazione dei prodotti connotati da qualità particolari, la cui reputazione è dovuta all’ambiente geografico d’origine, nonché alle specifiche modalità di produzione.
6.2.– Nel 2012, quando il legislatore è intervenuto, la materia era disciplinata, infatti, dal regolamento CE n. 510/2006, successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, a sua volta abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 2024/1143 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, relativo alle indicazioni geografiche dei vini, delle bevande spiritose e dei prodotti agricoli, nonché alle specialità tradizionali garantite e alle indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli, attualmente vigente.
Il succedersi delle fonti non ha inciso sulla sostanza della disciplina, caratterizzata dalla continuità di un regime che vede una complessa procedura di produzione, la quale impone alle imprese produttrici di osservare un rigoroso disciplinare e quindi prevede, al fine di assicurare il corretto sfruttamento delle potenzialità comunicative legate all’uso dei marchi DOP e IGP, oltre che alla stessa qualità di tali prodotti, che le autorità pubbliche, designate dagli Stati membri, effettuino accurati controlli, a loro volta rafforzati da uno specifico apparato sanzionatorio.
6.3.– Questa Corte ha già affermato che l’istituzione di un regime di denominazioni di origine e di indicazioni geografiche protette in ambito europeo è finalizzata, da un lato, a garantire ai produttori di prodotti legati a una zona geografica una giusta remunerazione per le qualità dei loro prodotti e la protezione uniforme dei nomi in quanto diritto di proprietà intellettuale sul territorio dell’Unione; dall’altro lato, a fornire ai consumatori informazioni chiare sulle proprietà che conferiscono valore aggiunto ai prodotti (sentenza n. 40 del 2023, punti 2.1. e 2.2. del Considerato in diritto).
Le definizioni di DOP e IGP fanno riferimento, dunque, alla qualità del prodotto (sentenza n. 75 del 2023, punto 4 del Considerato in diritto) e il regime di protezione uniforme in ambito europeo ha lo scopo di garantire pari condizioni di concorrenza tra produttori dei prodotti che beneficiano delle diciture protette.
6.4.– In ambito nazionale, oltre alle normative in tema di controlli – legge 24 aprile 1998, n. 128, recante «Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. (Legge comunitaria 1995-1997) – e di sanzioni – decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297, recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari» –, le produzioni DOP e IGP sono destinatarie di una disciplina particolare con riferimento all’accesso al credito.
Esse soltanto, infatti, possono utilizzare la forma di finanziamento denominata pegno rotativo, in origine prevista dalla legge 24 luglio 1985, n. 401 (Norme sulla costituzione di pegno sui prosciutti a denominazione d’origine tutelata), poi estesa dapprima ai prodotti lattiero caseari DOP a lunga conservazione dall’art. 7 della legge n. 122 del 2001 e, da ultimo, a tutti i prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, dall’art. 78, commi 2-duodecies, 2-terdecies, 2-quaterdecies, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27.
6.4.1.– Il meccanismo che connota il pegno rotativo consente di sostituire nel tempo i prodotti DOP o IGP concessi in pegno con altri di valore equivalente, permettendo all’impresa produttrice di mantenere il proprio magazzino a garanzia del prestito bancario. L’impresa può quindi vendere i prodotti meno recenti – nella specie, i prodotti agroalimentari invecchiati – e sostituirli con quelli di nuova produzione, senza dover stipulare nuovi accordi di pegno, così da mantenere la copertura del credito e continuare l’attività produttiva.
7.– Il quadro normativo e giurisprudenziale fin qui richiamato depone nel senso della non omogeneità tra le situazioni poste a raffronto dal rimettente, e ciò con riguardo sia alle caratteristiche dei prodotti DOP, che non sono assimilabili, sia, a monte, al processo produttivo e ai relativi costi sostenuti dalle imprese che li producono.
7.1.– Come già evidenziato, la produzione DOP è particolarmente complessa e onerosa, poiché il produttore è tenuto a rispettare un rigoroso disciplinare, la cui osservanza è garantita da controlli puntuali ed è presidiata da significative sanzioni.
Il prodotto, che necessita di una fase più o meno lunga di maturazione, in esito alla quale acquisisce le caratteristiche corrispondenti al marchio di riconoscimento, non può essere immesso sul mercato come prodotto DOP prima della conclusione di tale fase e quindi, in caso di danneggiamento in fase di maturazione, il produttore non potrà recuperare il costo di produzione.
L’impatto economico negativo dell’evento di danno è dunque maggiore per l’impresa che ha sostenuto i costi della produzione DOP, con l’ulteriore conseguenza – esplicitata nei lavori parlamentari – della potenziale interruzione dell’accesso al credito bancario ottenuto con il meccanismo della rotazione dei prodotti concessi in pegno. Il prodotto danneggiato in fase di maturazione non può sostituire, ai fini della garanzia, quello precedentemente costituito in pegno, poiché non possiede le caratteristiche del prodotto DOP e quindi non ha valore equivalente.
8.– In assenza di omogeneità delle situazioni poste a raffronto, il differente trattamento previsto dalla disposizione censurata non può integrare la violazione del principio di eguaglianza.
8.1.– Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, se «il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul “perché” una determinata disciplina operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo» (sentenza n. 7 del 2024, punto 16 del Considerato in diritto; sentenze n. 43 del 2022, n. 276 del 2020 e n. 241 del 2014).
Ancora, questa Corte ha precisato che la violazione del principio di eguaglianza sussiste solo qualora situazioni identiche, o comunque omogenee, siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, e che, di contro, l’art. 3 Cost. non è violato quando alla diversità di disciplina corrispondono situazioni non assimilabili.
Pertanto risulta errato il presupposto ermeneutico – appunto quello della omogeneità delle situazioni messe a raffronto – dal quale muove il rimettente (analogamente sentenza n. 172 del 2021, punto 9 del Considerato in diritto).
8.2.– Quanto al profilo della ragionevolezza della norma censurata, va premesso che non si è al cospetto di una norma-provvedimento, nei sensi in cui tale fattispecie astratta è definita dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 186 del 2022, n. 181 del 2019 e n. 24 del 2018).
La previsione in esame ha introdotto una misura che costituisce un segmento del più ampio intervento legislativo finalizzato ad approntare un ristoro alle popolazioni e alle imprese presenti nei territori colpiti dalla calamità naturale, all’interno del quale il legislatore ha calibrato i contributi sulle esigenze delle imprese, né l’incidenza della norma su un numero limitato di destinatari – i produttori DOP e IGP – è sufficiente a renderla “norma singolare” o del caso singolo. Essa si è tradotta, piuttosto, in una diversa quantificazione del contributo complessivo spettante a ciascuna impresa del settore agroalimentare, giacché soltanto il ristoro dei danni subiti dal prodotto in corso di maturazione è stato circoscritto alle imprese di produzione DOP e IGP.
La scelta legislativa risulta espressione non arbitraria, non irragionevole, né sproporzionata della discrezionalità legislativa.
9.– Esclusa la violazione dell’art. 3 Cost. sotto entrambi i profili evocati dal rimettente, neppure può configurarsi il denunciato contrasto con l’art. 41 Cost., che tutela la libertà di iniziativa economica e la concorrenza.
9.1.– Un problema di differenziazione delle condizioni degli operatori nel mercato implicherebbe l’esistenza di un mercato comune tra prodotti e produttori DOP e non DOP, all’interno del quale diverrebbe apprezzabile, in chiave di alterazione della concorrenza, la concessione di contributi all’una e non anche all’altra categoria di produttori. Ma un mercato comune non esiste, in quanto solo le produzioni DOP operano nel mercato europeo, all’interno del quale si confrontano con gli omologhi produttori di altri Paesi (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 9 settembre 2021, causa C-783/19, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, punti 37-39, 52, 55 e 58; 17 dicembre 2020, causa C-490/19, Syndicat interprofessionnel de défense du fromage Morbier, punti 35, 40 e 41; 19 dicembre 2018, causa C-367/17, S, punto 24; 7 giugno 2018, causa C-44/17, Scotch Whisky Association, punto 51).
9.2.– Inoltre, e più in generale, lo stretto collegamento logico-sistematico tra gli artt. 3 e 41 Cost. (ex plurimis, sentenza n. 270 del 2010 e, più di recente, sentenza n. 218 del 2021) comporta che se la norma censurata non risulta incompatibile con il principio di eguaglianza, né arbitraria, sproporzionata o incongrua, da essa non può discendere la lesione della libertà di iniziativa economica e della concorrenza.
10.– In conclusione, le questioni devono essere dichiarate non fondate in riferimento a tutti i parametri evocati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2012, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 settembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Roberto Nicola CASSINELLI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2025
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA