Titolo
SENT. 73/92 A. AVVOCATO E PROCURATORE - PREVIDENZA FORENSE - PENSIONE DI ANZIANITA' - DIRITTO ALLA CORRESPONSIONE - CONDIZIONE - CANCELLAZIONE DAGLI ALBI DI AVVOCATO E PROCURATORE - INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO ALLA DISCIPLINA DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA DI TALI PROFESSIONISTI E DELLA PENSIONE DI ANZIANITA' DI ALCUNE CATEGORIE DI LAVORATORI AUTONOMI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Non viola il principio di eguaglianza che la corresponsione della pensione di anzianita' agli avvocati e procuratori sia subordinata alla cancellazione degli stessi dai relativi albi, trattandosi di una condizione strettamente inerente alla "ratio" di tale forma di pensione, sia che la si intenda quale riconoscimento e premio ai sensi dell'art. 4 Cost. o quale anticipo del godimento pensionistico connesso a compenso del presumibile logorio psico-fisico per l'attivita' professionale. Non rileva al riguardo - stante le diversita' tra i due istituti - richiamare la disciplina della pensione di vecchiaia ed, in particolare, l'abolizione - a seguito di pronuncia di illegittimita' dell'art. 2, sesto comma, l. n. 576 del 1980 - della riduzione della pensione di vecchiaia a due terzi, nel caso di mantenimento dell'iscrizione agli albi, per l'incompatibilita' tra tale concetto di disincentivo con quello di divieto in questione; tantomeno puo' essere adottata, come criterio di valutazione - sempre ai fini del principio di eguaglianza - in quanto agganciata al diverso sistema dell'assicurazione generale obbligatoria, la disciplina riservata ad alcune categorie di lavoratori autonomi (coltivatori diretti, artigiani e commercianti) per i quali il diritto alla pensione di anzianita' non e' condizionato alla cessazione dell'attivita' (art. 22, primo comma, l. n. 153 del 1969). (Non fondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, l. 20 settembre 1980, n. 576). - S. n. 194 del 1991, in ordine alle differenziazioni della pensione di anzianita' da quella di vecchiaia; S. n. 1008 del 1988.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
legge
20/09/1980
n. 576
art. 3
co. 2
Titolo
SENT. 73/92 B. AVVOCATO E PROCURATORE - PREVIDENZA FORENSE - PENSIONE DI ANZIANITA' - DIRITTO ALLA CORRESPONSIONE - INCOMPATIBILITA' CON L'ISCRIZIONE A QUALSIASI ALBO PROFESSIONALE O ELENCO DI LAVORATORI AUTONOMI E CON QUALSIASI ATTIVITA' DI LAVORO DIPENDENTE - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAZIONALITA' E DI DIRITTO AL LAVORO - ASSORBIMENTO DEI RESTANTI MOTIVI DI IMPUGNATIVA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE 'QUA'.
Testo
Il logorio psico-fisico, che si suppone essere la causa che induce il professionista, avvocato o procuratore, a ritirarsi dalla professione per fruire della pensione di anzianita', non dipende esclusivamente, ne' per la maggior parte, dalla durata giornaliera dell'impegno di lavoro, ma da vari fattori (stress, preoccupazioni, responsabilita', carico di spese di gestione, ecc.) assenti o, presenti in misura piu' attenuata, in altre attivita'. E' quindi irrazionale che sia prevista l'incompatibilita' del diritto a detta pensione di anzianita' con l'iscrizione del professionista a qualsiasi altro albo o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi prestazione di lavoro subordinato, restando consentito al medesimo esercitare attivita' di lavoro autonomo - purche' esenti da tale iscrizione - o di consulenza continuativa e coordinata a favore di imprese, anche richiedenti un eventuale maggiore impegno. Non rileva, al riguardo, la sussistenza per alcune categorie di lavoratori autonomi (coltivatori diretti, artigiani e commercianti), del divieto di lavoro dipendente, in quanto giustificato da una 'ratio' estranea al sistema della previdenza forense, quale la equiparazione a fini pensionistici, ai lavoratori subordinati. L'incompatibilita' in questione limita altresi', in misura eccessivamente gravosa, le future possibilita' lavorative del pensionato, con conseguente violazione del principio del diritto al lavoro (art. 4, primo comma, Cost.), in quanto detta incompatibilita' non viene meno con il raggiungimento dell'eta' pensionabile, come avviene invece nel sistema dell'assicurazione generale obbligatoria, in virtu' della piena equiparazione della pensione di anzianita' a quella di vecchiaia. E' pertanto costituzionalmente illegittimo - restando assorbiti gli ulteriori motivi in relazione agli artt. 35, primo comma e 38, secondo comma, Cost. - l'art. 3, secondo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui prevede l'incompatibilita' della corresponsione della pensione di anzianita' con l'iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dagli albi di avvocato e di procuratore, e con qualsiasi attivita' di lavoro dipendente.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 4
co. 1
Costituzione
art. 35
co. 1
Costituzione
art. 38
co. 2
Riferimenti normativi
legge
20/09/1980
n. 576
art. 3
co. 2
N. 73
SENTENZA 17-28 FEBBRAIO 1992
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma
secondo, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema
previdenziale forense), promosso con ordinanza emessa il 5 luglio
1991 dal Pretore di Napoli sul ricorso proposto da Esposito Luigi
contro la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza Avvocati e
Procuratori iscritta al n. 595 del registro ordinanze 1991 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima
serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione di Esposito Luigi e della Cassa
nazionale previdenza ed assistenza Avvocati e Procuratori nonché
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 21 gennaio 1991 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Luigi Esposito per se medesimo, Annibale Marini
per la Cassa nazionale previdenza ed assistenza Avvocati e
Procuratori e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente
del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso dall'avv. Luigi Esposito
nei confronti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza degli
avvocati e procuratori legali per ottenere la pensione di anzianità,
il Pretore di Napoli, con ordinanza del 5 luglio 1991, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma,
della legge 20 settembre 1980, n. 576, sulla previdenza forense, in
riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 35, primo comma, e 38,
secondo comma della Costituzione.
Ad avviso del giudice remittente, la norma impugnata - in quanto
subordina la corresponsione della pensione di anzianità alla
cancellazione dagli albi di avvocato e procuratore e ne stabilisce
l'incompatibilità con l'iscrizione a qualsiasi albo professionale o
elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attività di lavoro
dipendente - violerebbe anzitutto il principio di eguaglianza,
discriminando oltre misura il trattamento della pensione di
anzianità rispetto al trattamento della pensione di vecchiaia. La
discriminazione, legittima entro limiti di ragionevolezza data la
diversità delle due forme di pensione, non sarebbe più contenuta
entro tali limiti dopo la sentenza n. 1008 del 1988 di questa Corte,
che ha cancellato nell'art. 2 della legge n. 576 le norme destinate a
disincentivare la prosecuzione oltre i settant'anni dell'attività
professionale da parte degli avvocati beneficiari della pensione di
vecchiaia. Poiché la norma impugnata persegue, in termini più
drastici, la medesima finalità nei confronti dei pensionati per
anzianità, tale disincentivo non appare più giustificato, essendo
ormai privo di corrispondenza nella disciplina della pensione di
vecchiaia.
Se poi da un confronto interno alla categoria forense si passa a
un confronto col regime generale dell'assicurazione invalidità e
vecchiaia, la violazione dell'art. 3 si manifesta ancor più
gravemente, atteso che a tale regime sono soggette anche categorie di
lavoratori autonomi, come gli artigiani e i commercianti, i quali
possono ottenere la pensione di anzianità pur continuando la loro
attività, essendo ad essi vietato soltanto il lavoro dipendente.
Considerato il modesto ammontare della pensione di anzianità
corrisposta dalla Cassa, il divieto di iscrizione a qualsiasi altro
albo professionale e di svolgere qualsiasi attività di lavoro
dipendente violerebbe anche l'art. 38, secondo comma, Cost.,
impedendo al pensionato di far fronte adeguatamente alle proprie
esigenze di vita. Il termine "vecchiaia", usato dalla citata
disposizione costituzionale, "sicuramente comprende (sempre secondo
il giudice a quo) anche il concetto di anzianità".
Sarebbero infine violati il diritto al lavoro e l'obbligo di
promuovere le condizioni per il suo effettivo esercizio, sanciti
dagli artt. 4 e 35 Cost., almeno nella misura in cui la norma
impugnata non prevede, anziché la cancellazione dall'albo, una
sospensione temporanea fino al conseguimento dei requisiti per la
pensione di vecchiaia.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito il
ricorrente aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione,
che ha poi sviluppato in una memoria difensiva insistendo soprattutto
sull'ingiustificatezza della norma impugnata ai fini della tutela
dell'"interesse di entrata" dei giovani nella professione, e
sull'inadeguatezza dell'ammontare della pensione alle esigenze di
vita del pensionato.
Si è pure costituita la Cassa di previdenza per gli avvocati
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Osserva la Cassa che la diversità tra le due figure di pensione,
riconosciuta dallo stesso giudice remittente, è una diversità
radicale di ratio. Solo la pensione di vecchiaia presuppone lo stato
di bisogno dipendente dall'età, tutelato dall'art. 38, secondo
comma, Cost., mentre la pensione di anzianità, fondata
esclusivamente sull'anzianità di iscrizione alla Cassa, attribuisce
all'iscritto il diritto di fruire anticipatamente del trattamento
pensionistico in alternativa alla prosecuzione dell'attività
lavorativa fino al conseguimento delle condizioni della pensione di
vecchiaia. Sono perciò prive di consistenza le ipotizzate violazioni
dei parametri costituzionali richiamati dal giudice remittente.
3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per una
dichiarazione di infondatezza della questione con argomentazioni
analoghe a quelle svolte dalla Cassa, integrate dalla considerazione
che la pensione di anzianità mira, in sostanza, a tutelare il
soggetto dall'usura psico- fisica prodotta dall'attività protratta
nel tempo, onde anche sotto questo profilo si giustifica
l'incompatibilità con la prosecuzione dell'attività lavorativa.
Considerato in diritto
1. - Dal Pretore di Napoli è sollevata questione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 35,
primo comma, e 38, secondo comma, Cost., dell'art. 3, secondo comma,
della legge 20 settembre 1980, n. 576, sulla previdenza forense, in
quanto:
a) subordina la corresponsione della pensione di anzianità
alla cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore;
b) ne prevede l'incompatibilità con l'iscrizione a qualsiasi
albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi
attività di lavoro dipendente.
2. - In relazione alla condizione sub a) la questione non è
fondata.
Il confronto con la disciplina della pensione di vecchiaia, sul
quale insiste il giudice remittente, non è producente ai fini
dell'art. 3 Cost. La pensione di anzianità non è un ipotesi
particolare della pensione di vecchiaia, ma è una forma
previdenziale affatto diversa, indipendente dall'età e fondata
esclusivamente sulla durata dell'attività lavorativa e sulla
correlativa anzianità di contribuzione effettiva (cfr. sent. n. 194
del 1991). A differenza delle norme dell'art. 2, sesto e ottavo
comma, dichiarate illegittime dalla sent. n. 1008 del 1988, l'art. 3,
secondo comma, non ha una funzione di disincentivo della prosecuzione
dell'attività professionale da parte dei titolari di pensione di
anzianità: disincentivo di un'attività e divieto della medesima
sono concetti incompatibili. L'abbandono della professione,
comprovato dalla cancellazione dagli albi degli avvocati e dei
procuratori, è una condizione strettamente inerente alla ratio di
questa forma di pensione, sia che la si intenda, analogamente alla
pensione di anzianità dei lavoratori subordinati, come forma di
riconoscimento e di premio a coloro che hanno adempiuto il dovere
prescritto dall'art. 4, secondo comma, Cost. con una partecipazione
assidua a un'attività di produzione sociale durata almeno
trentacinque anni, sia che la si intenda, secondo la prospettazione
dell'Avvocatura dello Stato, come anticipo del godimento della
pensione concesso in considerazione del presumibile logoramento
psico- fisico sopravvenuto dopo un lungo periodo di attività
professionale.
Né vale osservare che per alcune categorie di lavoratori
autonomi, come i coltivatori diretti, gli artigiani e i commercianti,
la concessione della pensione di anzianità non è subordinata alla
cessazione dell'attività, essendo richiesto soltanto che non
prestino attività di lavoro subordinato (art. 22, primo comma, della
legge 30 aprile 1969, n. 153). La diversa disciplina si spiega
perché il trattamento pensionistico di queste categorie di
lavoratori autonomi è agganciato al sistema dell'assicurazione
generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti. Confrontata con la
disciplina della pensione di anzianità dei liberi professionisti,
essa può apparire un privilegio, ma, appunto perché appartenente a
un sistema previdenziale diverso da quello della previdenza forense,
non può essere addotta come criterio di valutazione ai fini del
principio di eguaglianza.
3. - La questione è fondata in relazione alle incompatibilità di
cui al punto 1, sub b), fatta salva l'incompatibilità con
l'iscrizione agli albi di avvocato e di procuratore.
La ratio sopra spiegata, mentre giustifica la condizione sub a),
non è sufficiente per fondare l'incompatibilità con l'iscrizione a
qualsiasi altro albo o elenco di lavoratori autonomi, nonché con
qualsiasi prestazione di lavoro subordinato.
La norma impugnata consente al titolare di pensione di anzianità
di svolgere un'attività di lavoro autonomo per la quale non sia
richiesta l'iscrizione a un albo o elenco di lavoratori autonomi, per
esempio, un'attività di consulenza legale, di arbitro, di
amministratore di società. Data questa possibilità, è irrazionale
vietare altre attività, eventualmente di minore impegno, solo
perché richiedono l'iscrizione a un albo o un elenco. Nemmeno si
comprende facilmente perché, mentre al titolare di pensione di
anzianità è permessa un'attività continuativa e coordinata di
consulenza in favore di un'impresa, gli sia vietato prestare la
medesima attività con un contratto di lavoro subordinato a tempo
parziale.
Il logorio psico-fisico, che si suppone essere la causa che induce
il professionista a ritirarsi dalla professione per fruire della
pensione di anzianità, non dipende esclusivamente, né per la
maggior parte, dalla durata giornaliera dell'impegno di lavoro, ma da
vari fattori (stress, preoccupazioni, responsabilità, carico di
spese di gestione, ecc.) che in altre attività non sono presenti o
lo sono in misura più attenuata.
Né varrebbe richiamare, a giustificazione dell'incompatibilità
della pensione di anzianità col lavoro subordinato, l'analoga
incompatibilità prevista, nella disciplina dell'assicurazione
generale obbligatoria, anche per i coltivatori diretti, gli artigiani
e i commercianti. Per queste categorie di lavoratori autonomi il
divieto di lavoro subordinato si giustifica in ragione della loro
equiparazione, ai fini del trattamento pensionistico, ai lavoratori
subordinati, mentre tale ratio è estranea al sistema della
previdenza forense.
4. - Oltre al principio di razionalità di cui all'art. 3 Cost.,
è violato anche il principio del diritto al lavoro, di cui all'art.
4, primo comma, Cost. Mentre nel sistema dell'assicurazione generale
obbligatoria la pensione di anzianità è
pienamente equiparata alla pensione di vecchiaia quando sopraggiunge
l'età pensionabile (art. 22, sesto comma, legge n. 153 del 1969),
con conseguente cessazione dell'incompatibilità con attività di
lavoro subordinato, tale equiparazione non è ammessa nel sistema
della previdenza forense, così che la norma impugnata limita in
misura eccessivamente gravosa le possibilità di lavoro del
pensionato per tutto il resto della vita.
5. - Rimangono assorbiti i motivi di impugnativa dedotti dal
giudice a quo in riferimento agli artt. 35, primo comma, e 38,
secondo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, secondo
comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema
previdenziale forense), nella parte in cui prevede l'incompatibilità
della corresponsione della pensione di anzianità con l'iscrizione ad
albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dagli albi di avvocato
e di procuratore, e con qualsiasi attività di lavoro dipendente;
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 3, secondo comma, della legge citata, nella parte in cui
subordina la corresponsione della pensione di anzianità alla
cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore, questione
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 35, primo
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Napoli
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 febbraio 1992.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: FRUSCELLA
Depositata in cancelleria il 28 febbraio 1992.
Il cancelliere: FRUSCELLA