Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato e depositato il 19 luglio 2022 (reg. ric. n. 43 del 2022), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), 4, 9, comma 1, lettera b), e 11, commi da 2 a 5, della legge della Regione Abruzzo 17 maggio 2022, n. 8 (Interventi regionali di promozione dei gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile e delle comunità energetiche rinnovabili e modifiche alla l.r. 6/2022).
Gli artt. 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), 4 e 9, comma 1, lettera b), sono impugnati in riferimento all’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali della materia di competenza legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili», e all’art. 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8, disposizioni, queste ultime, entrambe attuative della menzionata direttiva (UE) 2018/2001.
L’art. 11, commi da 2 a 5, è invece impugnato in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 19, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica).
1.1.– Il ricorrente ricorda innanzitutto che le comunità di energia rinnovabile (CER) trovano specifica disciplina nell’art. 22 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (rifusione). Dopo una prima fase sperimentale in cui, «nelle more del completo recepimento» della citata direttiva, si è consentita la realizzazione di CER secondo le modalità e alle condizioni stabilite dall’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, la normativa europea è stata recepita dal d.lgs. n. 199 del 2021, che disciplina le CER e i consumatori di energie rinnovabili che agiscono collettivamente, «dettando in tal senso i principi fondamentali della materia anche in ossequio ad un’esigenza di uniformità di regolamentazione sul territorio».
1.2.– Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’art. 3, comma 3, lettere c), d) ed e), della legge regionale in esame, in relazione all’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021 e dell’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, i quali costituirebbero norme statali di principio della materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» attuative di norme europee, per violazione dell’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione.
Ai sensi delle disposizioni impugnate la CER: «predispone un bilancio energetico annuale» (lettera c); «adotta un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all’efficientamento dei consumi energetici» (lettera d); «promuove progetti di efficienza energetica, anche innovativi, a vantaggio dei membri o azionisti finalizzati al risparmio energetico nonché all’incremento dell’utilizzo delle energie rinnovabili» (lettera e). Il successivo comma 4 dell’art. 3 prevede che il bilancio energetico annuale e il programma triennale di interventi siano trasmessi al tavolo tecnico di cui all’art. 5, che analizza i risultati in termini energetici conseguiti dalle CER. Il programma triennale di interventi, inoltre, è trasmesso anche alla Giunta regionale, ai fini della verifica della sua coerenza con il piano energetico ambientale regionale.
Secondo il ricorrente, l’esito dei controlli effettuati dai predetti organismi regionali potrebbe anche condurre, laddove siano riscontrati risultati negativi nell’attuazione del programma triennale degli interventi volti alla riduzione ed all’efficientamento dei consumi, all’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 7 della stessa legge regionale, che determinerebbero «il venire meno del diritto all’incentivo economico regionale fino al raggiungimento, entro il termine massimo di due anni, degli obiettivi prefissati».
Ciò contrasterebbe, ad avviso del ricorrente, con l’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021, il quale non prevederebbe alcuna forma di sanzione correlata alla riduzione dei consumi od al loro efficientamento, nonché con «i principi contenuti [nella] Direttiva 2018/2001/UE ed in particolare con l’art. 22 paragrafo 4 lett. d)», che prevede che le CER siano soggette a procedure improntate al rispetto dei principi di proporzionalità, equità e adeguatezza, quale non potrebbe invece considerarsi «la revoca dell’incentivo economico a carico della CER che non abbia raggiunto gli obbiettivi, qualunque di essi, contemplati nel programma triennale». La disposizione impugnata, inoltre, renderebbe disomogeneo il funzionamento delle CER sul territorio nazionale, rischiando di compromettere la pur dichiarata finalità di promozione di forme di autoproduzione di energia rinnovabile.
1.3.– Per violazione dei medesimi parametri, nonché dell’art. 32 del d.lgs. n. 199 del 2021, è impugnato anche l’art. 3, comma 3, lettera b). Quest’ultimo prevede che le CER possano «stipulare accordi e convenzioni con l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (di seguito: ARERA) e i gestori della rete di distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e l’utilizzo delle reti di energia, anche attraverso la realizzazione di “smart-grid”, nonché l’accesso non discriminatorio ai mercati dell’energia».
Secondo il ricorrente, tale disposizione, attribuendo alle CER competenze affatto innovative, si porrebbe in contrasto con gli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021, nonché con «l’impianto» del d.lgs. n. 199 del 2021, che «assegna in via esclusiva ad ARERA l’adozione dei provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni relative alla CER». Con specifico riferimento alla realizzazione di smart-grid, la norma impugnata non terrebbe conto del fatto che le CER non possono in alcun modo contribuire alla gestione della rete di distribuzione, poiché essa spetta ex lege esclusivamente al concessionario della rete.
1.4.– I parametri appena richiamati sarebbero inoltre violati dall’art. 4 della legge regionale impugnata, che affida alla Giunta regionale «il compito di redigere uno schema tipo di protocollo d’intesa a cui dovranno attenersi gli enti locali che intend[a]no partecipare ad una CER». Poiché ai sensi dell’art. 42-bis, comma 8, lettera d), del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, spetterebbe invece «solamente ad ARERA individuare le modalità per favorire la partecipazione diretta dei comuni e delle pubbliche amministrazioni alle comunità energetiche rinnovabili», la disposizione impugnata definirebbe, ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, «un modello di partecipazione degli enti locali alle CER affatto diverso e quindi avulso rispetto a quello seguito sul restante territorio nazionale».
1.5.– Anche l’art. 9, comma 1, lettera b), della medesima legge regionale si porrebbe in contrasto con i parametri più volte evocati. Esso stabilisce che la Giunta regionale, con apposito disciplinare, definisca, sentita la competente commissione consiliare, «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER e le modalità di gestione delle fonti energetiche all’interno delle comunità e di distribuzione dell’energia prodotta senza finalità di lucro».
Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata rinvia a «un successivo atto di rango non legislativo, la definizione dei requisiti dal cui possesso dipende l’operatività delle comunità energetiche rinnovabili», laddove tali requisiti risulterebbero invece specificamente definiti dall’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 199 del 2021. In questo modo, argomenta il ricorrente, «[l]a previsione regionale, non consentendo una puntuale valutazione di conformità in ordine al rispetto dell’eventuale disciplina dei predetti requisiti, si pone evidentemente in contrasto con la richiamata norma statale interposta e con il quadro normativo nazionale di derivazione comunitaria».
1.6.– È infine impugnato l’art. 11, commi da 2 a 5.
Secondo il ricorrente, l’art. 11 della legge regionale impugnata non conterrebbe «alcuna quantificazione della spesa derivante dall’applicazione dell’art. 6, comma 1 lett. b)», relativa alla «promozione della cooperazione con l’ARERA ed i gestori delle reti di distribuzione per facilitare il perseguimento degli obiettivi della CER e l’accesso ai mercati», né «l’indicazione della copertura finanziaria per farvi eventualmente fronte», con ciò ponendosi in contrasto con «il principio di copertura finanziaria» di cui all’art. 81, terzo comma, Cost., e con l’art. 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009, che ad esso dà specifica attuazione (sono citate le sentenze n. 147 del 2018 e n. 181 del 2013 di questa Corte).
Quanto agli oneri derivanti dagli interventi di cui all’art. 6, comma 1, lettera e) (recte: lettere c e d), cioè le azioni di comunicazione volte a favorire la diffusione delle CER e il sostegno finanziario alla fase di attivazione o costituzione delle stesse, nota l’Avvocatura generale dello Stato che l’art. 11 della legge regionale impugnata, ai commi 2 e 3, li quantifica e ne dispone la copertura per il solo esercizio 2022, mentre il comma 4 prevede che per le annualità successive si provveda con le leggi di bilancio degli esercizi successivi. Ad avviso del ricorrente, tuttavia, «avendo il bilancio triennale carattere autorizzatorio, la norma finanziaria dovrebbe quantificare gli oneri per tutti gli esercizi compresi nel bilancio di previsione 2022-2024 – in ossequio a quanto disposto dagli articoli 17 e 19 della legge n. 196/2009 – e rinviare alle successive leggi di bilancio la copertura delle spese relative agli esercizi successivi al 2024, che rappresenta l’ultimo esercizio considerato nel bilancio di previsione in corso di gestione». Ne conseguirebbe che, non essendo disposta alcuna previsione di spesa per gli esercizi 2023 e 2024, per essi la disposizione in esame dovrebbe considerarsi inefficace «perché la legge regionale non autorizza l’assunzione di obbligazioni giuridiche con imputazione agli esercizi 2023 e 2024».
Similmente, anche per quanto riguarda gli oneri derivanti dagli interventi di cui all’art. 6, comma 1, lettera e), di cui non viene fornita alcuna quantificazione, il rinvio alle leggi di bilancio successive operato dal comma 5 dell’art. 6, «non dovrebbe riguardare gli esercizi successivi al 2022, bensì quelli successivi al 2024».
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, sostenendo l’inammissibilità del ricorso e, comunque, la sua non fondatezza.
2.1.– L’inammissibilità del ricorso deriverebbe, quanto alle censure mosse nei confronti dell’art. 3, comma 3, nel suo complesso, dalla «evidente inconferenza delle disposizioni regionali impugnate con le previsioni di cui agli artt. 31 del D.Lgs. n. 199/2021 e 42-bis del D.L. n. 162/2019, evocati quali parametri interposti di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 117, primo e terzo comma, Cost.».
Le censure mosse dal ricorrente, infatti, si incentrerebbero «esclusivamente sulla disciplina regionale del regime sanzionatorio» conseguente al mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi energetici da fonti non rinnovabili cui le CER si sono obbligate con l’adozione del programma triennale, laddove le norme impugnate recherebbero «una disciplina dal punto di vista sostanziale estranea alle censure sollevate», che risultano così rivolte verso «disposizioni diverse da quelle realmente impugnate».
Le rimanenti censure sarebbero invece inammissibili per genericità, non avendo il ricorrente adempiuto all’obbligo di fornire una motivazione non meramente assertiva, in particolare per quanto riguarda il contrasto fra le disposizioni impugnate e l’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021.
2.2.– Nel merito, quanto alla censura mossa nei confronti dell’art. 3, comma 3, lettere c) e d), la Regione sottolinea che gli oneri ivi previsti, «lungi dall’incidere con effetti innovativi sul regime giuridico regolatorio delle modalità di costituzione e funzionamento della CER, come delineato dal legislatore statale, sono presi in considerazione dal legislatore regionale esclusivamente quale meccanismo di stimolo alla previsione e all’effettivo conseguimento di un piano di riduzione dei consumi energetici da fonti non rinnovabili», con la conseguenza che l’eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti in particolare dal programma triennale «si ripercuote esclusivamente sulla possibilità di accedere ai contributi regionali stanziati ed erogati in materia ambientale ed energetica, senza pregiudicare la capacità di costituzione, di esistenza e di funzionamento delle CER nei termini stabiliti dalla cornice statale dei principi fondamentali».
Le norme impugnate, pertanto, rappresenterebbero legittimo esercizio della competenza legislativa della Regione, che comprende anche «il potere di erogare contributi finanziari a privati»: l’apparato sanzionatorio previsto dall’art. 7 della legge impugnata, in quanto correlato alla violazione delle disposizioni di cui all’impugnato art. 3, comma 3, costituirebbe «un tassello del complessivo assetto ordinamentale regionale volto a regolare le modalità di erogazione degli incentivi economici stanziati in materia energetica dalla Regione Abruzzo». Ai sensi della legge impugnata, in altri termini, l’adozione del programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all’efficientamento dei consumi risulterebbe «del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione della disciplina statale delineata dall’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 in materia di costituzione e funzionamento delle Comunità energetiche da fonti rinnovabili (CER)». Infatti, qualora le CER «fossero disinteressate ad adempiere agli oneri documentali di cui all’art. 3, comma 3, della L.R. n. 8 del 2022, subirebbero quale unica conseguenza il mancato accesso agli incentivi economici promossi dalla Regione Abruzzo in campo energetico». Ciò sarebbe del resto confermato dai lavori preparatori della legge in esame: «lo stralcio dell’originaria estensione della sanzione anche ai contributi di origine statale e comunitaria» sarebbe infatti segnale evidente della «volontà del legislatore regionale di circoscrivere l’ambito oggettivo della norma in disamina ai soli contributi regionali».
In conclusione, le disposizioni impugnate, attesa la loro funzione di disciplinare l’accesso agli incentivi regionali, dovrebbero essere ricondotte alla competenza legislativa residuale delle regioni in materia di «organizzazione amministrativa» anziché a quella concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».
2.3.– Con riferimento alle censure mosse nei confronti dell’art. 3, comma 3, lettera b), la Regione eccepisce innanzitutto l’inammissibilità della censura attinente la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., attesa la sua assoluta genericità.
Nel merito, la Regione osserva che il ricorrente si limita a sostenere l’illegittimità costituzionale dell’impugnata previsione regionale che consente alle CER di stipulare accordi e convenzioni con ARERA in ragione del fatto che detta «competenza» non si rinviene nella corrispondente disciplina statale e che, comunque, l’adozione dei provvedimenti necessari all’attuazione del d.lgs. n. 199 del 2021 sarebbe di esclusiva competenza di ARERA. La resistente ritiene tale prospettazione «contraria all’assetto costituzionale vigente», dal momento che, qualora seguita, «alle Regioni non residuerebbe alcuno spazio, fatta salva la fedele riproduzione della disciplina statale». Al contrario, secondo la Regione, la previsione regionale impugnata rientrerebbe «a pieno titolo nella potestà legislativa regionale il cui esercizio concorre, all’interno della cornice normativa stabilita dal legislatore statale, a sviluppare alcuni aspetti di dettaglio attinenti la disciplina sul funzionamento delle CER». La Regione rileva infine che la disposizione impugnata «si limita a codificare una facoltà già desumibile dai principi generali dell’ordinamento», in quanto ARERA già potrebbe, nell’esercizio della sua autonomia organizzativa, collaborare con le CER «attraverso i medesimi moduli organizzativi, anche a prescindere da specifiche previsioni legislative regionali che autorizzino le comunità in tal senso».
2.4.– Quanto alle censure mosse nei confronti dell’art. 4, la Regione eccepisce preliminarmente l’inammissibilità di quelle riguardanti la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., e degli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021 quali parametri interposti in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., poiché il ricorrente argomenta esclusivamente l’asserita violazione dell’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito. Secondo la Regione, la previsione di cui al comma 8 del menzionato art. 42-bis, che attribuiva ad ARERA la competenza ad adottare i provvedimenti attuativi della disciplina transitoria e sperimentale in materia di CER dettata dallo stesso art. 42-bis, «non ha trovato conferma nella regolazione a regime introdotta successivamente dall’art. 32 del D.Lgs. n. 199 del 2021» per quanto concerne la specifica competenza a individuare le modalità per favorire la partecipazione diretta dei comuni e delle pubbliche amministrazioni. Pertanto, anche «qualificando lo strumento del protocollo d’intesa quale misura prevista per favorire l’adesione degli enti locali alle comunità energetiche, la norma regionale impugnata non lede i principi statali enunciati dal D.Lgs. n. 199/2021, in quanto le iniziali prerogative in tal senso attribuite ad ARERA con il D.L. n. 162/2019 sono state stralciate dal legislatore statale del 2021». La Regione rileva peraltro che ARERA non ha mai esercitato le competenze previste dall’art. 42-bis, comma 8, lettera d), né potrebbe farlo ora, atteso il superamento della disciplina ivi contenuta.
2.5.– Anche con riferimento all’art. 9, comma 1, lettera b), la Regione eccepisce l’inammissibilità della censura attinente alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., stante la sua assoluta genericità. Nel merito, la disposizione impugnata, «lungi dal sostanziarsi in una prescrizione normativa in “bianco”», si limiterebbe a «delimitare il perimetro contenutistico all’interno del quale è autorizzato l’esercizio del potere amministrativo della Giunta Regionale». Secondo la resistente, infatti, le disposizioni di cui all’art. 4, comma 1, della legge regionale impugnata, unitamente al rinvio operato dall’art. 9, comma 2, al d.lgs. n. 199 del 2021, vincolerebbero la Giunta regionale, nell’individuazione dei requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER ai sensi della disposizione impugnata, al rispetto delle condizioni indicate dalla legislazione regionale e statale. La Regione ricorda inoltre che identica disposizione sarebbe contenuta in quattro altre leggi regionali, nessuna delle quali è stata impugnata dal Governo.
2.6.– La Regione contesta infine le censure riguardanti la copertura finanziaria degli interventi previsti dalla legge regionale in esame (art. 11, commi da 2 a 5). Con riferimento agli oneri derivanti dall’indicato art. 6, comma 1, lettere c), d) ed e), la Regione afferma che tali interventi configurano «spese continuative – ossia spese caratterizzate da una costante incidenza su una pluralità imprecisata di esercizi finanziari – ma di carattere facoltativo, i cui oneri non generano un obbligo per i bilanci a stanziare risorse». Attesa la natura discrezionale e non obbligatoria di tali oneri, alla quantificazione e copertura degli stessi potrebbe provvedere, «nell’ambito delle risorse finanziarie eventualmente disponibili, il bilancio dei singoli esercizi nel rispetto dei vincoli in essere in termini di equilibrio». Ciò in quanto troverebbe applicazione l’art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), il quale, mentre dispone che «[l]e leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l’onere a regime», consente invece, per le spese non obbligatorie, di rinviare le quantificazioni dell’onere annuo alla legge di bilancio. Ad avviso della Regione, l’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, cui fa rinvio l’art. 11, comma 5, della legge regionale impugnata, costituirebbe «disposizione di carattere speciale e prevalente rispetto alle norme generali fissate agli artt. 19 e 17 della L. n. 196/2009, riferite a tutte le Pubbliche Amministrazioni» e invocate dal ricorrente quale parametro interposto.
La natura non obbligatoria delle spese in esame discenderebbe innanzitutto dal carattere graduale degli interventi previsti dall’art. 6, comma 1, lettere c), d) ed e). In particolare, le attività di comunicazione per favorire la diffusione delle CER e di sostegno finanziario alla fase di attivazione o costituzione delle stesse – previste rispettivamente dalle lettere c) e d) – sarebbero prodromiche rispetto alla erogazione dei contributi per la realizzazione degli impianti, di cui alla lettera e). Coerentemente, pertanto, il legislatore regionale avrebbe provveduto alla quantificazione e copertura degli oneri derivanti dagli interventi di cui all’art. 6, comma 1, lettere c) e d), per l’anno 2022, laddove per gli oneri derivanti dagli interventi di cui alla lettera e) avrebbe previsto la quantificazione e copertura solo a partire dal 2023, attraverso l’annuale legge di bilancio.
Anche da altre disposizioni della legge regionale impugnata sarebbe possibile, secondo le Regione, evincere il carattere non obbligatorio delle spese in esame. Sono richiamati, della medesima legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, in particolare: l’art. 11, comma 8, che «demanda l’attuazione degli interventi di cui al Capo I alla Giunta Regionale ed al Dipartimento competente», denotando, ad avviso della Regione, «la volontà del legislatore di riservare all’organo di indirizzo politico le scelte in merito all’individuazione delle priorità ed alla modulazione degli interventi, nei limiti delle risorse stanziate annualmente con la legge di bilancio»; l’art. 6, comma 2, che, con riferimento ai contributi per la realizzazione degli impianti, «rinvia alla fase attuativa la previsione da parte della Regione dei regimi di sostegno e dell’intensità del contributo, individuando quale unico criterio il favor per le aree svantaggiate»; e le norme di chiusura di cui all’art. 11, commi 6 e 7, dove si precisa, in particolare, che «[l]’autorizzazione alla spesa di cui al presente Capo è consentita solo nei limiti degli stanziamenti di spesa annualmente iscritti sul bilancio regionale».
Infine, la Regione sottolinea, a conferma della natura non obbligatoria delle spese che la legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022 è suscettibile di comportare, «la non ascrivibilità delle stesse né all’elenco delle spese obbligatorie ex art. 39, comma 11, lett. a), del D.Lgs. n. 118/2011, né alla esemplificazione di tali spese di cui all’art. 48 del medesimo decreto legislativo».
Attesa la natura non obbligatoria delle spese in esame, la Regione insiste nel sottolineare l’applicabilità dell’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, sottolineando come tale ricostruzione sarebbe coerente tanto con la deliberazione della Corte dei conti, sezione delle autonomie, n. 08/SEZAUT/2021/INPR, che detta le «Linee di orientamento per le relazioni annuali sulla tipologia delle coperture finanziarie e sulle tecniche di quantificazione degli oneri delle leggi regionali», quanto con la giurisprudenza di questa Corte, richiamando al riguardo la sentenza n. 26 del 2013 nonché la sentenza n. 190 del 2014, che la resistente ritiene resa in fattispecie del tutto analoga a quella oggi in esame.
Rileva infine la Regione che tale modalità di copertura finanziaria è stata di recente utilizzata in numerose leggi della Regione Abruzzo, indicandone ben undici, relative agli anni da 2019 a 2021, nessuna delle quali è stata impugnata dal Governo.
3.– In prossimità dell’udienza la Regione ha depositato memoria illustrativa ribadendo le eccezioni di inammissibilità formulate nell’atto di costituzione e le argomentazioni ivi svolte a sostegno della non fondatezza del ricorso.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso notificato e depositato il 19 luglio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), 4, 9, comma 1, lettera b), e 11, commi da 2 a 5, della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, che prevede interventi di promozione dei gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile e delle comunità energetiche rinnovabili (CER).
2.– Prima di procedere all’esame delle singole censure è opportuno individuare l’ambito materiale cui ricondurre le disposizioni impugnate, alla luce del quadro normativo definito dal diritto dell’Unione europea e da quello interno, tenendo conto «dell’oggetto, della ratio e della finalità della disciplina in questione» (ex plurimis, sentenza n. 104 del 2021).
Le comunità di energia rinnovabile sono definite dalla direttiva (UE) 2018/2001, all’art. 2, paragrafo 2, numero 16), come un «soggetto giuridico: a) che, conformemente al diritto nazionale applicabile, si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione; b) i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali; c) il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari». La stessa direttiva, all’art. 22, stabilisce in capo agli Stati membri una serie di obblighi finalizzati a promuovere e agevolare lo sviluppo delle CER.
Alla citata direttiva è stata data attuazione in Italia in due tempi. In un primo momento, l’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, ha dettato una disciplina di carattere transitorio e sperimentale, consentendo, «[n]elle more del completo recepimento» della direttiva (UE) 2018/2001, la realizzazione di CER secondo le modalità e alle condizioni stabilite dallo stesso articolo. Successivamente, il d.lgs. n. 199 del 2021 ha provveduto a dare piena e stabile attuazione alla direttiva in esame. In particolare, all’art. 31 vengono stabiliti i requisiti per la partecipazione alle CER e le condizioni alle quali le stesse possono operare, mentre l’art. 32, comma 3, assegna ad ARERA il compito di adottare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, i provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni in materia di CER.
Da tale complesso di disposizioni, si evince come tanto il legislatore europeo, quanto quello italiano, esprimano un marcato favor nei confronti delle CER, quali strumenti, ispirati al principio di sussidiarietà orizzontale, finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili e alla riduzione del consumo di energia da fonti tradizionali.
In tale contesto, e non diversamente da quanto fatto da numerose altre regioni, la Regione Abruzzo ha inteso dettare, con la legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, norme di promozione delle CER, al dichiarato fine, espresso dall’art. 1 della legge regionale impugnata, di contribuire agli obiettivi europei di sostenibilità ambientale e di produzione di energia da fonti rinnovabili. L’oggetto, la ratio e la finalità delle disposizioni oggetto del presente giudizio convergono pertanto nel ricondurre inequivocabilmente la disciplina in esame alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che l’art. 117, terzo comma, Cost. affida alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni.
3.– La Regione eccepisce in via preliminare l’inammissibilità per genericità di tutte le censure proposte, non avendo il ricorrente adempiuto all’onere di corredare le stesse di una motivazione che non abbia carattere meramente assertivo.
Tale eccezione, a sua volta del tutto generica, non può essere accolta in via generale, dal momento che il ricorso articola invece motivazioni specifiche su ciascuna censura.
4.– È impugnato in primo luogo l’art. 3, comma 3, lettere c), d) ed e), della legge regionale in esame, in riferimento all’art. 117, primo e terzo comma, Cost., in relazione all’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021 e all’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, evocati quali disposizioni statali di principio nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» attuative delle disposizioni di cui alla direttiva (UE) 2018/2001, e in particolare del suo art. 22, paragrafo 4, lettera d).
Ai sensi delle disposizioni impugnate, la CER: «predispone un bilancio energetico annuale» (lettera c); «adotta un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all’efficientamento dei consumi energetici» (lettera d); «promuove progetti di efficienza energetica, anche innovativi, a vantaggio dei membri o azionisti finalizzati al risparmio energetico nonché all’incremento dell’utilizzo delle energie rinnovabili» (lettera e).
4.1.– Il ricorrente lamenta essenzialmente che l’obbligo per le CER di adottare un programma triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e all’efficientamento dei consumi energetici, previsto dall’art. 3, comma 3, lettera d), si porrebbe in contrasto con gli evocati parametri interposti. Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 7 della legge regionale stessa, in caso di risultati negativi riscontrati dalla Regione in sede di verifica e attuazione del programma triennale di interventi, le CER non possono accedere ai finanziamenti erogati dalla Regione in campo energetico e ambientale. La disposizione impugnata si porrebbe così in contrasto con l’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021, il quale non prevede alcuna forma di sanzione correlata alla riduzione dei consumi od al loro efficientamento, nonché con l’art. 22, paragrafo 4, lettera d), della direttiva (UE) 2018/2001, che prevede che le CER siano soggette a procedure improntate al rispetto dei principi di proporzionalità, equità e adeguatezza.
4.2.– La Regione eccepisce innanzi tutto l’inammissibilità delle censure, che sarebbero incentrate esclusivamente sulla disciplina regionale del regime sanzionatorio conseguente al mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi energetici da fonti non rinnovabili cui le CER si sono obbligate con l’adozione del programma triennale, laddove le norme impugnate recherebbero «una disciplina dal punto di vista sostanziale estranea alle censure sollevate», che risulterebbero così rivolte verso «disposizioni diverse da quelle realmente impugnate».
4.3.– L’eccezione regionale è fondata.
Il tenore del ricorso rende evidente come, nella prospettazione del ricorrente, a essere ritenuti in contrasto con i parametri evocati non siano i tre obblighi imposti alle CER dalle lettere c), d), ed e) del comma 3 dell’art. 3, bensì la sanzione che deriva dalla mancata attuazione degli interventi previsti da uno degli atti che le CER sono tenute ad adottare, e cioè il piano triennale di cui all’art. 3, comma 3, lettera d). In altre parole, il ricorrente non afferma che l’imposizione degli obblighi di predisporre un bilancio energetico, di adottare un piano triennale e di promuovere progetti di efficienza energetica sia di per sé un onere sproporzionato imposto alle CER in violazione dell’art. 22, paragrafo 4, lettera d), della direttiva (UE) 2018/2001 e dell’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021. È invece la sanzione che consegue alla mancata attuazione degli interventi previsti nel piano triennale a essere ritenuta una procedura non equa e non proporzionata ai sensi della normativa eurounitaria, nonché non prevista dal d.lgs. n. 199 del 2021.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, tuttavia, non impugna l’art. 7, che rappresenta il vero oggetto delle censure svolte nel ricorso, bensì l’art. 3, comma 3, lettera d), peraltro estendendo l’impugnazione anche alle lettere c) ed e), le quali pongono alle CER degli obblighi che neppure sono assistiti dalla sanzione della perdita degli incentivi regionali. In definitiva, il ricorrente censura la sanzione che deriva dall’inadempimento di un obbligo ma, anziché la norma che prevede la sanzione, impugna quella che impone l’obbligo. Così facendo incorre in una evidente aberratio ictus, che si verifica quando «sia erroneamente individuata la norma in ordine alla quale sono formulate le censure di illegittimità costituzionale» (sentenza n. 107 del 2021) e determina, anche nel giudizio in via principale (sentenze n. 220 e n. 107 del 2021, n. 39 del 2020, n. 241 del 2012 e n. 325 del 2010), l’inammissibilità della questione.
5.– È poi impugnato l’art. 3, comma 3, lettera b), il quale prevede che le CER possano stipulare accordi e convenzioni con ARERA e i gestori della rete di distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e l’utilizzo delle reti di energia, anche attraverso la realizzazione di «smart-grid», nonché l’accesso non discriminatorio ai mercati dell’energia.
5.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata contrasterebbe con l’art. 117, primo e terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, e agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021, dal momento che «l’impianto» di tale decreto legislativo assegnerebbe «in via esclusiva ad ARERA l’adozione dei provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni relative alla CER».
5.2.– La Regione, dopo aver eccepito l’inammissibilità della censura attinente alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., attesa la sua assoluta genericità, contesta la prospettazione del ricorrente ritenendola «contraria all’assetto costituzionale vigente», dal momento che, qualora seguita, «alle Regioni non residuerebbe alcuno spazio, fatta salva la fedele riproduzione della disciplina statale». Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la disposizione impugnata costituirebbe legittimo esercizio della competenza legislativa regionale e si limiterebbe peraltro a «codificare una facoltà già desumibile dai principi generali dell’ordinamento», in quanto ARERA potrebbe, nell’esercizio della sua autonomia, collaborare con le CER «attraverso i medesimi moduli organizzativi, anche a prescindere da specifiche previsioni legislative regionali che autorizzino le comunità in tal senso».
5.3.– L’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. è fondata.
In effetti, il ricorrente svolge le sue argomentazioni esclusivamente con riferimento alla violazione del d.lgs. n. 199 del 2021, e dei suoi artt. 31 e 32 in particolare, richiamati quali parametri interposti ai sensi dell’art. 117, terzo comma Cost.
Deve, inoltre, dichiararsi l’inammissibilità anche delle censure promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, in relazione all’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, in quanto del tutto sprovviste di motivazione.
5.4.– Nel merito, la questione residua non è fondata.
Il ricorso censura essenzialmente l’asserita interferenza, da parte della legge regionale, con la funzione regolatoria che l’art. 32, comma 3, del d.lgs. n. 199 del 2021 assegna ad ARERA, nel momento in cui le affida il compito di adottare «i provvedimenti necessari a garantire l’attuazione» della normativa statale. A ben guardare, tuttavia, nel riconoscere alle CER la possibilità di stipulare accordi e convenzioni con ARERA e con i gestori della rete di distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e l’utilizzo delle reti di energia, la disposizione impugnata non limita in alcun modo la funzione regolatoria assegnata ad ARERA, né interferisce con le funzioni di quest’ultima e dei gestori della rete, come disciplinate dalla legge statale. La disposizione si limita piuttosto a riconoscere alle CER una facoltà di collaborare con ARERA e con i gestori della rete, che potrà trovare realizzazione solamente se, e nella misura in cui, tali ultimi soggetti intendano, nell’esercizio della rispettiva autonomia, effettivamente darvi corso, senza che in capo ad ARERA o ai gestori della rete sia imposto alcun obbligo non previsto dalla legge statale (si vedano, mutatis mutandis, sentenze n. 176 del 2021, punto 2.3. del Considerato in diritto, n. 161 del 2021, n. 177 del 2020, punto 15.1. del Considerato in diritto, n. 285 del 2019, punto 7 del Considerato in diritto e n. 116 del 2019, punto 4 del Considerato in diritto). Ciò è sufficiente ad escludere il prospettato vizio di illegittimità costituzionale.
6.– Anche l’art. 4 della legge regionale in esame è impugnato per violazione dell’art. 117, primo e terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, e agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021.
6.1.– Affidando alla Giunta regionale il compito di redigere uno schema tipo di protocollo d’intesa a cui dovranno attenersi gli enti locali che intendano partecipare ad una CER, la norma censurata violerebbe, ad avviso del ricorrente, l’art. 42-bis, comma 8, lettera d), del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, ai sensi del quale spetterebbe «solamente ad ARERA individuare le modalità per favorire la partecipazione diretta dei comuni e delle pubbliche amministrazioni alle comunità energetiche rinnovabili».
6.2.– La Regione eccepisce preliminarmente l’inammissibilità delle censure riguardanti la violazione dell’art. 117, primo e terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021, in quanto del tutto prive di motivazione, attenendo le censure formulate dal ricorrente esclusivamente all’asserita violazione dell’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito.
Nel merito, la Regione afferma che la previsione di cui al menzionato art. 42-bis, comma 8, che attribuiva ad ARERA la competenza ad adottare i provvedimenti attuativi della disciplina transitoria e sperimentale in materia di CER dettata dallo stesso art. 42-bis, «non ha trovato conferma nella regolazione a regime introdotta successivamente dall’art. 32 del D.Lgs. n. 199/2021» per quanto concerne la specifica competenza a individuare le modalità per favorire la partecipazione diretta dei Comuni e delle pubbliche amministrazioni. Pertanto, la norma regionale impugnata non determinerebbe alcuna violazione dei principi fondamentali determinati dalla legge statale, atteso che la competenza di ARERA asseritamente violata, dopo essere stata inizialmente prevista dall’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, non ha trovato conferma nel successivo d.lgs. n. 199 del 2021.
6.3.– L’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione merita, anche in questo caso, accoglimento. Nel ricorso, infatti, viene denunciato esclusivamente il contrasto fra la disposizione impugnata e l’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, evocato quale parametro interposto ai sensi dell’art. 117, comma terzo, Cost., ed è pertanto soltanto su tale asserito contrasto che questa Corte è chiamata a pronunciarsi, mentre devono essere dichiarate inammissibili per carenza assoluta di motivazione le censure, annunciate, ma non svolte, in riferimento ad altri parametri.
6.4.– Anche la censura attinente alla violazione dell’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, deve peraltro essere dichiarata inammissibile, per inconferenza del parametro interposto evocato (sentenze n. 259 e n. 23 del 2022).
L’art. 42-bis, comma 8, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, disponeva: «[e]ntro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) adotta i provvedimenti necessari a garantire l’immediata attuazione delle disposizioni del presente articolo. La medesima Autorità, inoltre: […] d) individua modalità per favorire la partecipazione diretta dei comuni e delle pubbliche amministrazioni alle comunità energetiche rinnovabili».
Tale disposizione, come già ricordato, si autoqualifica quale disciplina transitoria e sperimentale, destinata a trovare applicazione «[n]elle more del completo recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018». Tale completo recepimento è avvenuto attraverso il d.lgs. n. 199 del 2021, che peraltro non riprende la disposizione di cui all’art. 42-bis, comma 8, lettera d), del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, non menzionando più fra gli ambiti di disciplina affidati ad ARERA quello della promozione della partecipazione dei comuni alle CER.
Il ricorrente, pertanto, ha evocato quale parametro interposto una norma che ha ormai esaurito i suoi effetti in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. n. 199 del 2021 – peraltro precedente all’approvazione della legge regionale impugnata –; ciò che determina l’inammissibilità della questione.
7.– È impugnato altresì l’art. 9, comma 1, lettera b), della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, di cui il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia, ancora una volta, il contrasto con l’art. 117, primo e terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, e agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021.
7.1.– Nello stabilire che la Giunta regionale, con apposito disciplinare, definisce, sentita la competente commissione consiliare, «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER e le modalità di gestione delle fonti energetiche all’interno delle comunità e di distribuzione dell’energia prodotta senza finalità di lucro», la disposizione impugnata rinvierebbe, secondo il ricorrente, a «un successivo atto di rango non legislativo, la definizione dei requisiti dal cui possesso dipende l’operatività delle comunità energetiche rinnovabili», ponendosi così in contrasto con l’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 199 del 2021, che definisce specificamente tali requisiti.
7.2.– La difesa della Regione eccepisce l’inammissibilità della censura attinente alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., stante la sua assoluta genericità.
Nel merito, la disposizione impugnata non costituirebbe una prescrizione normativa «in bianco», bensì delimiterebbe «il perimetro contenutistico all’interno del quale è autorizzato l’esercizio del potere amministrativo della Giunta Regionale».
7.3.– L’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. merita anche in questo caso accoglimento. Nel ricorso, infatti, viene denunciata esclusivamente la violazione del parametro interposto di cui all’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 199 del 2021, mentre la censura ex art. 117, primo comma, Cost. è sprovvista di qualsiasi motivazione.
7.4.– In via ancora preliminare, occorre delimitare il thema decidendum al solo frammento della disposizione impugnata che concerne «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER», con esclusione invece della parte residua della disposizione, nei cui confronti il ricorrente non articola alcuna censura, concernente «le modalità di gestione delle fonti energetiche all’interno delle comunità e di distribuzione dell’energia prodotta senza finalità di lucro».
7.5.– Così delimitata, la questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
L’art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021 detta, al comma 1, i requisiti che i clienti finali devono possedere per poter organizzarsi in CER, e, al comma 2, le condizioni nel rispetto delle quali devono operare le CER. Tali requisiti e tali condizioni sono improntati al principio, espresso dalla direttiva (UE) 2018/2001, della massima apertura delle CER.
In questo senso si esprimono: l’art. 2, paragrafo 2, numero 16), lettera a), della direttiva citata, secondo cui la CER «si basa sulla partecipazione aperta e volontaria»; l’art. 22, paragrafo 1, ai sensi del quale «[g]li Stati membri assicurano che i clienti finali, in particolare i clienti domestici, abbiano il diritto di partecipare a comunità di energia rinnovabile, […] senza essere soggetti a condizioni o procedure ingiustificate o discriminatorie che ne impedirebbero la partecipazione a una comunità di energia rinnovabile […]»; e l’art. 22, paragrafo 4, lettera f), che richiede agli Stati membri di fornire «un quadro di sostegno atto a promuovere e agevolare lo sviluppo delle comunità di energia rinnovabile», che garantisca, tra l’altro, che «la partecipazione alle comunità di energia rinnovabile sia aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili».
In questo contesto, l’evocato parametro interposto esprime dunque un principio fondamentale della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», finalizzato a garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale la più ampia possibilità di partecipare a una CER, in attuazione di quanto disposto dal legislatore europeo. La disposizione regionale impugnata contrasta con tale principio fondamentale, affidando alla Regione il compito di definire i requisiti per poter partecipare a una CER, laddove essi sono invece già esaustivamente definiti dalla legge statale. Né vale a escludere il vizio di illegittimità costituzionale il carattere non immediatamente lesivo della norma regionale, che non stabilisce essa stessa requisiti diversi da quelli stabiliti dal menzionato d.lgs. n. 199 del 2021, bensì fa rinvio ad un successivo atto della Giunta regionale. La violazione si concreta infatti già nel momento in cui la Regione si appropria di una disciplina che, a tutela della massima apertura delle CER, deve invece essere uniforme su tutto il territorio nazionale.
Deve, pertanto, dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, lettera b), della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, limitatamente alle parole «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER e».
8.– È infine oggetto di impugnazione l’art. 11, commi da 2 a 5, per violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009.
8.1.– Le censure attengono alla mancata o inadeguata copertura degli oneri derivanti dagli interventi previsti dall’art. 6, comma 1, della legge regionale impugnata e si articolano essenzialmente in tre motivi di doglianza.
In primo luogo, lamenta il Presidente del Consiglio dei ministri che l’art. 11 della legge regionale impugnata non conterrebbe alcuna quantificazione della spesa derivante dall’applicazione del precedente art. 6, comma 1, lettera b), che prevede da parte della Regione interventi di promozione della cooperazione con ARERA e i gestori delle reti di distribuzione per facilitare il perseguimento degli obiettivi della CER e l’accesso ai mercati; né l’indicazione della copertura finanziaria per farvi eventualmente fronte.
In secondo luogo, gli oneri derivanti dagli interventi di cui all’indicato art. 6, comma 1, lettere c) e d), vale a dire le azioni di comunicazione volte a favorire la diffusione delle CER e il sostegno finanziario alla fase di attivazione o costituzione delle stesse, risultano quantificati e coperti dall’art. 11, commi 2 e 3, solamente in relazione all’anno 2022, mentre per le annualità successive il comma 4 dispone che si provveda con le leggi annuali di bilancio. Ciò contrasterebbe con gli artt. 17 e 19 della legge n. 196 del 2009, assunti quali parametri interposti dell’art. 81, terzo comma, Cost., che richiederebbero di quantificare e coprire gli oneri per tutti gli esercizi compresi nel bilancio di previsione in corso di gestione, quindi fino al 2024 nel caso in esame, e solo per gli anni successivi consentirebbero di rinviare alle rispettive leggi di bilancio.
Infine, anche per quanto riguarda gli oneri derivanti dagli interventi di cui all’art. 6, comma 1, lettera e), che prevede contributi per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, di cui il comma 5 dell’impugnato art. 11 non fornisce alcuna quantificazione nemmeno per l’anno 2022, prevedendone la decorrenza solo a far data dal 2013, viene lamentato il rinvio alle leggi annuali di bilancio, che sarebbe possibile, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, solamente per gli esercizi successivi al 2024.
8.2.– Occorre innanzi tutto osservare che, sebbene nel ricorso si faccia riferimento alla mancata quantificazione degli oneri derivanti dall’art. 6, comma 1, lettera b), non è oggetto di impugnazione l’art. 11, comma 1, che dispone che agli adempimenti di cui all’art. 6, comma 1, lettere a) e b), si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, assicurando l’invarianza della spesa per il bilancio della regione e delle altre amministrazioni pubbliche interessate. Il thema decidendum deve essere pertanto limitato alla copertura finanziaria degli interventi previsti dall’art. 6, comma 1, lettere c), d) ed e).
8.3.– Questa Corte ha costantemente affermato che «le leggi istitutive di nuove spese devono contenere un’esplicita indicazione del relativo mezzo di copertura e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali» (sentenza n. 244 del 2020), sottolineando che «il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81 Cost. si ispira» (sentenza n. 307 del 2013), e che la copertura di nuove spese «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (ex multis, sentenze n. 307 del 2013 e n. 131 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 183 del 2016,).
Si è altresì precisato che il canone costituzionale dell’art. 81, terzo comma, Cost. «opera direttamente, a prescindere dall’esistenza di norme interposte» (ex plurimis, sentenze n. 200 del 2022, n. 26 del 2013 e, nello stesso senso, n. 124 del 2022). Nondimeno, si è anche riconosciuto che sussistono plurime disposizioni «puntualmente attuative del precetto costituzionale» (sentenza n. 235 del 2020) fra le quali devono essere annoverati non solo l’art. 19 della legge n. 196 del 2009, evocato dal ricorrente quale parametro interposto, ma anche l’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, richiamato invece dalla difesa regionale (ancora, sentenza n. 235 del 2020). Quest’ultimo dispone che «[l]e leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l’onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell’onere annuo alla legge di bilancio».
È dunque alla luce di tali principi che deve essere scrutinato il merito delle residue questioni di legittimità costituzionale sottoposte all’esame di questa Corte.
8.4.– La questione di legittimità costituzionale dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, relativa alla mancata copertura finanziaria delle spese relative alle lettere c) e d) del precedente art. 6, comma 1, non è fondata.
Con riferimento alle azioni di comunicazione volte a favorire la diffusione delle CER e il sostegno finanziario alla fase di attivazione o costituzione delle stesse, previste per l’appunto dall’art. 6, comma 1, lettere c) e d), i commi 2 e 3 dell’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022 hanno previsto un primo stanziamento pari a euro 40.000 per l’anno 2022, mentre il comma 4 rinvia la quantificazione e la copertura degli oneri per gli anni successivi alle rispettive leggi di bilancio.
Attesa la natura degli interventi in esame, che sono finalizzati a promuovere la diffusione e costituzione delle CER, la scelta della Regione è stata quella di impegnare sin da subito 40.000 euro per favorire la prima istituzione delle CER, e di riservare alla successiva valutazione compiuta in sede di legge annuale di bilancio, come previsto dall’art. 11, comma 4, ogni decisione relativa alla prosecuzione di tali attività, anche alla luce dei risultati conseguiti dai primi interventi e dell’evoluzione della diffusione delle CER.
Le spese funzionali all’eventuale prosecuzione oltre il 2022 delle attività indicate nelle lettere c) e d) dell’art. 6, comma 1, non possono dunque essere ritenute di carattere obbligatorio. Conseguentemente, la scelta del legislatore regionale di rinviare la quantificazione e la copertura di quelle spese alle future leggi di bilancio non vìola l’art. 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009, invocato dal ricorrente quale parametro interposto, né – più in generale – i principi desumibili dall’art. 81, terzo comma, Cost., risultando conforme a quanto consentito allo stesso legislatore regionale dall’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.
8.5. – Neppure è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 5.
La disposizione impugnata stabilisce che per gli oneri derivanti dagli interventi di cui all’art. 6, comma 1, lettera e) – ossia i contributi per la realizzazione degli impianti – si fa fronte, a decorrere dall’anno 2023, con le risorse di apposito e nuovo stanziamento denominato “Contributi per impianti a comunità energetiche e gruppi di autoconsumo”, istituito nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale alla Missione 17, Programma 01, Titolo 2, annualmente determinato ed iscritto, nel rispetto degli equilibri di bilancio, con la legge di bilancio ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011.
La disposizione impugnata, nello stabilire che la spesa per gli interventi di cui alla lettera e) dell’art. 6, comma 1, dovrà gravare dal 2023 sul capitolo di bilancio indicato, senza provvedere ad alcuna quantificazione, non istituisce tuttavia per l’anno in corso alcun impegno di spesa a titolo di contributo per le CER.
Come osserva la difesa regionale, gli interventi di cui alla indicata lettera e) presuppongono infatti l’avvenuta costituzione delle CER e si collocano, pertanto, in una fase successiva a quelli di cui alle lettere c) e d) del medesimo art. 6, comma 1. D’altra parte, la loro effettuazione resta comunque subordinata a una valutazione da compiersi con le successive leggi di bilancio.
Conseguentemente, da un lato la disposizione non è immediatamente foriera di nuovi oneri a carico della Regione, e dall’altro non istituisce per il futuro spese di carattere obbligatorio, restando comunque fermo che qualunque sua attuazione dovrà essere preceduta da idonea disposizione di legge regionale recante adeguata quantificazione e relativa copertura.
Dal che la non fondatezza anche di questa censura.