Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza datata 6 giugno 2014, depositata presso la cancelleria del giudice a quo il 7 gennaio 2015, pervenuta alla cancelleria di questa Corte il 15 novembre 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre 2021, il Giudice di pace di Firenze – sciogliendo una riserva assunta all’udienza del 1° luglio 2011 – ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 1, lettera a), e 22, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3, 24 e 27, secondo comma, della Costituzione «nonché al principio costituzionale della ragionevolezza della discrezionalità legislativa», nella parte in cui assoggetta al medesimo trattamento sanzionatorio «le condotte in esso descritte, commesse in qualsiasi tratto di autostrada e, quindi, sia nel tratto autostradale che si sviluppa tra i caselli autostradali sia nel tratto all’esterno dei medesimi e in particolare nei piazzali antistanti i caselli di ingresso/uscita».
1.1.– Il rimettente riferisce di essere investito del ricorso, tempestivamente depositato il 21 giugno 2011, con cui R. S. ha impugnato il provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida ai sensi dell’art. 176, comma 22, cod. strada.
All’udienza del 1° luglio 2011, il giudice a quo aveva sospeso il provvedimento di revoca della patente e il connesso provvedimento di fermo amministrativo del mezzo, e aveva assegnato termine al ricorrente per meglio illustrare l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 176, commi 1, lettera a), e 22, cod. strada, dallo stesso formulata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 Cost.
A seguito del deposito, il 27 ottobre 2011, di note illustrative da parte del ricorrente, con l’ordinanza in epigrafe il Giudice di pace di Firenze ha sollevato le anzidette questioni di legittimità costituzionale.
1.2.– In punto di rilevanza, il rimettente espone che R. S. è stato sorpreso dalla polizia stradale mentre effettuava un’inversione di marcia nel piazzale antistante un casello autostradale che aveva appena attraversato in uscita, con l’intenzione di rientrare in autostrada nella direzione opposta.
Ritiene il giudice a quo che tale condotta rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 176, comma 1, lettera a), cod. strada poiché, con giurisprudenza costante, la Corte di cassazione afferma che «l’intero tracciato di strada svolgentesi tra i due segnali “di inizio e fine autostrada” […] è da considerarsi carreggiata autostradale» (sono citate, tra le altre, Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 25 maggio 2006, n. 16573, e sezione prima civile, sentenza 10 gennaio 2001, n. 9059); e nel caso in esame non sarebbe dubbio che la condotta sia stata posta in essere prima dei cartelli di inizio e fine autostrada. Per tale condotta, osserva il rimettente, il comma 19 dello stesso art. 176 cod. strada commina la sanzione amministrativa da euro 1.886 a euro 7.546 (oggi da euro 2.046 a euro 8.186), mentre il comma 22 prevede la sanzione accessoria della revoca della patente di guida e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi.
1.3.– La previsione della revoca obbligatoria della patente si porrebbe, tuttavia, in palese contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., sotto un duplice profilo.
In primo luogo, la disposizione censurata punirebbe con la medesima gravosa sanzione amministrativa della revoca della patente «condotte che possono assumere eccezionale gravità, in quanto atte a creare gravissimo pericolo alla circolazione, il più delle volte destinate a provocare incidenti anche mortali» – come nel caso dell’inversione di marcia effettuata attraversando i varchi esistenti sull’autostrada – e «condotte che, pur vietate, non possono in alcun modo connotarsi per analoghi caratteri di pericolosità», come per l’appunto un’inversione di marcia nel piazzale antistante il casello autostradale, dove le modalità di circolazione sono affatto differenti, anche in relazione alla presenza di limiti di velocità sensibilmente inferiori. Inoltre, l’impossibilità di graduare la sanzione della revoca della patente – come era invece possibile prima della modifica della disposizione censurata operata dall’art. 30, comma 2, della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), quando era prevista la sanzione della sospensione della patente da 6 a 24 mesi – impedirebbe al giudice di adeguare la sanzione accessoria a condotte così diverse tra loro.
In secondo luogo, il principio di uguaglianza sarebbe violato in quanto la disposizione censurata prevederebbe, per l’inversione di marcia effettuata nel tratto di carreggiata compreso tra i cartelli di inizio e fine autostrada e i caselli autostradali, una sanzione irragionevole e sproporzionata rispetto a quella prevista per condotte di gravità paragonabile. La comparazione è svolta in particolare, con riferimento: a) all’inversione di marcia svolta «in quella parte di carreggiata che precede il cartello di inizio autostrada o segue il cartello di fine autostrada» che «gode di un trattamento molto più benevolo», pur non presentando diversità sostanziali dal punto di vista delle caratteristiche della strada e delle modalità di circolazione, sicché il diverso trattamento sanzionatorio sarebbe determinato esclusivamente dal dato formale della presenza del cartello; b) all’inversione di marcia eseguita su strade urbane ed extraurbane secondarie, dove, ai sensi dell’art. 154 cod. strada, essa «è in generale consentita ed è sanzionata solo con una modesta pena pecuniaria, qualora venga realizzata in presenza di curve, dossi o intersezioni», nonostante viga su queste strade il limite di velocità di 90 km/h, ben superiore a quello vigente in prossimità dei caselli; c) ad altre condotte che, poste in essere al di fuori dell’ambito autostradale, sono sanzionate in maniera più blanda, ancorché «oggettivamente molto più gravi», quali il sorpasso in prossimità o in corrispondenza delle curve o dei dossi e in ogni altro caso di scarsa visibilità (art. 148, comma 10, cod. strada), ovvero in corrispondenza di intersezioni (art. 148, comma 12, cod. strada) oppure il circolare contromano in corrispondenza delle curve, dei raccordi convessi o in ogni altro caso di limitata visibilità (art. 143, comma 12, cod. strada).
1.4.– Il rimettente riconosce che questioni analoghe sono state dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza n. 373 del 1996 e l’ordinanza n. 58 del 1999. Ritiene tuttavia il giudice a quo di dover sollevare nuovamente la questione essendo nel frattempo mutato il quadro normativo, ed essendo venuta meno – in particolare – la graduabilità della sanzione accessoria. Infatti, l’art. 30, comma 2, della legge n. 120 del 2010, modificando il comma 22 dell’art. 176 cod. strada, ha sostituito la sanzione accessoria della sospensione della patente da 6 a 24 mesi con quella più gravosa della revoca della patente.
1.5.– Il giudice a quo dubita, infine, del possibile contrasto della previsione della revoca obbligatoria della patente altresì con i principi di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, secondo comma, Cost. e con il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.
Pur se dettato in materia penale, il principio di presunzione di non colpevolezza sarebbe infatti applicabile anche in relazione al caso in esame, dal momento che l’interessato subirebbe l’ablazione del permesso di guida «per un lunghissimo periodo, con sicura devastazione della situazione economica e familiare della persona»; pregiudizio che risulterebbe particolarmente grave per il ricorrente nel giudizio a quo, il quale svolge un’attività artigiana di giardinaggio e rischierebbe così di perdere «il proprio lavoro e la possibilità di sostenere la propria famiglia».
Quanto al diritto di difesa, secondo il rimettente esso dovrebbe «estendersi fino all’estremo limite di potere ottenere un provvedimento di immediata sospensione avente durata fino all’esito definitivo del procedimento giudiziario». In altre parole, «la sanzione deve divenire efficace solamente una volta che sia accompagnata dalla mancata impugnazione e definitività e non gravare al contrario sul cittadino che si deve muovere celermente per ottenere una sospensiva che poi – all’esito del giudizio di primo grado – potrebbe essere revocata, salvo poi il ripristino in appello, perciò con i tempi ben lunghi che si possono immaginare». La revoca della patente dovrebbe, piuttosto, essere «subordinata al passaggio in giudicato della sentenza o alla definitività dell’atto amministrativo».
2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate irrilevanti e, comunque, manifestamente infondate.
2.1.– L’interveniente, anzitutto, solleva «dubbi» sull’attualità della rilevanza della questione, dal momento che essa è stata sollevata dal giudice a quo con ordinanza risalente a circa sette anni prima della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, «l’eccessiva onerosità della sanzione della revoca della patente non può […] valutarsi in astratto, dovendo piuttosto essere considerata, anche sotto il profilo dell’attualità della rilevanza, nel preciso contesto processuale di riferimento».
2.2.– Nel merito, l’interveniente ricorda che con svariate pronunce questa Corte ha ritenuto la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionali aventi a oggetto l’art. 176, comma 22, cod. strada, sollevate in riferimento all’art. 3 Cost. (sono richiamate le ordinanze n. 58 e n. 266 del 1999, n. 235 e n. 168 del 1998, n. 89, n. 190 e n. 422 del 1997).
Il mutamento del quadro normativo segnalato dal rimettente, che ha determinato l’inasprimento e la non graduabilità della sanzione accessoria, non imporrebbe, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, una diversa considerazione delle questioni.
Nel prevedere la sanzione censurata, infatti, il legislatore avrebbe tenuto «ben presente la generale condizione di pericolosità su tutto il tratto autostradale, senza evidentemente compiere una distinzione tra tratti autostradali di maggiore o minore pericolosità: è l’intero tratto, delimitato dai cartelli di inizio e fine dell’autostrada, che costituisce motivo di allarme, posto che si tratta di luoghi ove è generalmente alta la velocità». Tale valutazione sarebbe stata ben presente a questa Corte allorché ha evidenziato che la condotta in esame sarebbe «idonea a determinare una situazione di gravissimo pericolo» (sentenza n. 373 del 1996), affermando che il legislatore «ha previsto un divieto assoluto che appare correlato alla regola della unidirezionalità obbligatoria della circolazione, non certo irragionevolmente imposta in qualunque punto dei tratti autostradali, proprio per le evidenti caratteristiche di questi rispetto alle strade comuni» (ordinanza n. 58 del 1999).
Quanto alla diversità del trattamento sanzionatorio rispetto a fattispecie analoghe, l’interveniente richiama ancora l’ordinanza n. 58 del 1999, dove si è sottolineato come non spetti a questa Corte rimodulare le scelte punitive adottate dal legislatore nella sua sfera discrezionale, né stabilire la quantificazione delle sanzioni, il lamentato trattamento punitivo non potendo essere «comparato con quello non omogeneo previsto dallo stesso codice della strada per la violazione di altre diverse condotte».
2.3.– Infine, per quanto concerne le questioni sollevate in riferimento agli artt. 27, secondo comma, e 24 Cost., l’interveniente osserva anzitutto che la revoca della patente è atto «strumentalmente e teleologicamente teso a tutelare con immediatezza l’incolumità e l’ordine pubblico», impedendo la continuazione di un’attività pericolosa per la circolazione, e che proprio la natura e la finalità della misura ne escludono il contrasto con l’art. 27, secondo comma, Cost.
D’altra parte, il conducente colpito dal provvedimento di revoca della patente potrebbe comunque attivare i rimedi previsti dall’ordinamento, la cui presenza esclude secondo l’interveniente che possa essere ravvisata una violazione dell’art. 24 Cost. Rileverebbe, in particolare, la previsione di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella versione applicabile ratione temporis nel giudizio a quo, secondo cui «l’opposizione non sospende l’esecuzione del procedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza non impugnabile».
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Firenze ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 1, lettera a), e 22, cod. strada, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27, secondo comma, Cost. «nonché al principio costituzionale della ragionevolezza della discrezionalità legislativa», nella parte in cui assoggetta al medesimo trattamento sanzionatorio «le condotte in esso descritte, commesse in qualsiasi tratto di autostrada e, quindi, sia nel tratto autostradale che si sviluppa tra i caselli autostradali sia nel tratto all’esterno dei medesimi e in particolare nei piazzali antistanti i caselli di ingresso/uscita».
2.– È necessario, anzitutto, delimitare il thema decidendum al solo comma 22 dell’art. 176 cod. strada.
Il rimettente, infatti, non solleva alcuna censura sulla legittimità costituzionale del divieto, sancito dal comma 1, lettera a), con riferimento alle condotte compiute «[s]ulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all’art. 175, comma 1» (e cioè sulle autostrade, sulle strade extraurbane principali e su altre strade individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) di «invertire il senso di marcia e attraversare lo spartitraffico, anche all’altezza dei varchi, nonché percorrere la carreggiata o parte di essa nel senso di marcia opposto a quello consentito».
Le censure si appuntano, invece, esclusivamente sulla disposizione sanzionatoria di cui al comma 22, che prevede in caso di violazione del menzionato divieto, in aggiunta alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 19, la «sanzione accessoria della revoca della patente di guida e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi». Nell’ambito dello stesso comma 22, il rimettente svolge peraltro argomenti unicamente contro la sanzione della revoca della patente di guida, senza porre in discussione la legittimità costituzionale del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi.
3.– L’Avvocatura generale dello Stato solleva dubbi sulla persistente attualità della rilevanza delle questioni sollevate, in relazione al lungo lasso di tempo – sette anni – intercorso tra il deposito dell’ordinanza di rimessione e la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
In proposito, non si può non sottolineare l’abnorme intervallo temporale intercorso non solo tra la data del deposito dell’ordinanza (datata 6 giugno 2014, ma depositata presso la cancelleria del giudice a quo il 7 gennaio 2015) e la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ma ancor prima tra l’udienza in esito alla quale l’ordinanza è stata pronunciata (1° luglio 2011) e la data in cui essa è pervenuta alla cancelleria di questa Corte (15 novembre 2021), per essere poi pubblicata, di lì a qualche settimana, nella Gazzetta Ufficiale: un intervallo temporale superiore a dieci anni, in evidente frizione con quanto disposto dall’art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), secondo cui il giudice che sospende il processo per sollevare una questione di legittimità costituzionale «dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale».
Dal momento, tuttavia, che la rilevanza delle questioni sollevate dal giudice a quo deve, per regola generale, essere valutata con riferimento al momento in cui esse sono state sollevate, non vi è ragione per escludere che la decisione di questa Corte possa spiegare effetti nel procedimento principale, nei termini prospettati dal rimettente.
Quest’ultimo muove, infatti, dal corretto presupposto ermeneutico secondo cui il divieto di inversione di marcia nelle autostrade, previsto dall’art. 176, comma 1, lettera a), cod. strada, sanzionato ai sensi dei commi 19 e 22 della medesima disposizione, trova applicazione, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, non solo nel tratto compreso tra i caselli di entrata e quelli di uscita, ma anche in quello successivo al casello d’uscita e precedente ai cartelli di fine e inizio autostrada (così, in un caso sovrapponibile a quello oggetto del procedimento a quo, Corte di cassazione, sezione sesta civile, sentenza 15 giugno 2020, n. 11441; nello stesso senso, sezione sesta civile, sentenza 26 giugno 2017, n, 15889, e ivi citazione di vari ulteriori precedenti conformi).
Proprio in questo tratto di autostrada risulta che il ricorrente nel giudizio a quo abbia compiuto l’inversione di marcia che il Prefetto ha sanzionato, tra l’altro, con la revoca della patente, in applicazione del comma 22 dell’art. 176 cod. strada. L’accoglimento delle questioni prospettate, dunque, consentirebbe al rimettente di accogliere l’opposizione contro il provvedimento di revoca della patente, attualmente cautelarmente sospeso in attesa della decisione dell’incidente di legittimità costituzionale.
Né, d’altra parte, potrebbe ritenersi che la sanzione irrogata dal provvedimento prefettizio impugnato sia nel frattempo prescritta, risultando la prescrizione interrotta ai sensi del combinato disposto degli artt. 28, secondo comma, della legge n. 689 del 1981 e 2943, secondo comma, del codice civile, proprio per effetto della pendenza del giudizio di opposizione.
Ne consegue il rigetto dell’eccezione di inammissibilità per irrilevanza, che peraltro la stessa Avvocatura generale dello Stato prospetta in forma meramente dubitativa.
4.– Devono essere dichiarate inammissibili per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, invece, le censure formulate in riferimento agli artt. 27, secondo comma, e 24 Cost.
Quanto all’art. 27, secondo comma, Cost., il rimettente muove infatti dal presupposto secondo cui il principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva sarebbe applicabile anche alle sanzioni amministrative: presupposto, tuttavia, mai affermato da questa Corte, e a supporto del quale sarebbe stato necessario un adeguato iter argomentativo, del tutto assente nell’ordinanza di rimessione.
Quanto al diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., il rimettente assume che esso sarebbe violato per il solo fatto che chi sia colpito da una sanzione amministrativa abbia l’onere di impugnarla e di chiederne al giudice la sospensione; e ciò per evitarne l’immediata esecutività, che – secondo quanto par di comprendere dallo stringato passaggio che l’ordinanza di rimessione dedica a questa censura – risulterebbe di per sé contraria all’art. 24 Cost. Ma tale esecutività è, in realtà, caratteristica ordinaria di ogni provvedimento amministrativo: salva per l’appunto la possibilità per l’interessato di impugnarlo e di chiederne al giudice la sospensione nelle more nel giudizio, nell’esercizio del suo diritto di difesa garantitogli dall’art. 24 Cost. Anche rispetto alla dedotta lesione dell’art. 24 Cost. sarebbe stata, dunque, necessaria un’argomentazione più distesa da parte del giudice rimettente, tale da rendere maggiormente intelligibile il senso della sua censura.
5.– La questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. non è fondata.
5.1.– Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la discrezionalità legislativa nelle scelte relative all’an e al quantum delle sanzioni amministrative incontra il limite della manifesta irragionevolezza (sentenza n. 62 del 2021, punto 5.3. del Considerato in diritto; sentenza n. 115 del 2019, punto 3.1. del Considerato in diritto; sentenza n. 212 del 2019, punto 3 del Considerato in diritto).
Più recentemente, si è aggiunto che il «principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito [è] applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative» (sentenza n. 112 del 2019, punto 8.2.2. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 246 del 2022, punto 9.1. del Considerato in diritto, n. 95 del 2022, punto 4.1. del Considerato in diritto, e n. 185 del 2021, punti 4 e 6 del Considerato in diritto).
5.2.– Come rammenta lo stesso giudice a quo, la legittimità costituzionale dell’art. 176, comma 22, cod. strada è stata già più volte scrutinata da questa Corte sotto il profilo dell’art. 3 Cost.
Con la sentenza n. 373 del 1996 sono state ritenute non fondate, in particolare, varie questioni di legittimità costituzionale sollevate, con distinte ordinanze, sulla disposizione nella sua formulazione originale, la quale stabiliva la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente per un periodo da sei a ventiquattro mesi in caso di violazione dell’art. 176, comma 1, lettera a), cod. strada, che a sua volta prevedeva un reato contravvenzionale punito in via principale con l’arresto da due a sei mesi e con l’ammenda da duecentomila lire a un milione. Anche in quell’occasione, il giudice rimettente si doleva dell’eccessiva severità della sanzione amministrativa accessoria, allorché applicata a condotte che non avessero determinato in concreto alcuna situazione di pericolo; e ciò anche in comparazione con il trattamento sanzionatorio previsto per altri gravi illeciti connessi alla circolazione stradale, per i quali era all’epoca stabilita una sospensione di durata minima inferiore. Questa Corte ha, tuttavia, ritenuto non fondate le questioni, osservando tra l’altro che la sospensione della patente, allora comminata dalla disposizione all’esame, «sanziona una condotta considerata, a ragione, idonea a determinare una situazione di gravissimo pericolo».
Identiche questioni sono poi state dichiarate manifestamente infondate con le ordinanze n. 89, n. 190 e n. 422 del 1997, n. 168 e n. 235 del 1998 e n. 58 del 1999. In particolare in quest’ultima ordinanza, scaturita da un giudizio nel quale il ricorrente risultava avere compiuto l’inversione del senso di marcia nel piazzale antistante i caselli di ingresso dell’autostrada, si è sottolineato come la disposizione censurata sanzioni «condotte ritenute dal legislatore idonee a determinare situazioni di gravissimo pericolo (cfr. la citata sentenza n. 373 del 1996), ad evitare le quali egli ha previsto un divieto assoluto che appare correlato alla regola della unidirezionalità obbligatoria della circolazione, non certo irragionevolmente imposta in qualunque punto dei tratti autostradali, proprio per le evidenti caratteristiche di questi rispetto alle strade comuni».
5.3.– Il giudice a quo ritiene, tuttavia, che tali precedenti dovrebbero essere riconsiderati da questa Corte, alla luce dei mutamenti del quadro normativo intervenuti nel frattempo.
Da un lato dovrebbe tenersi conto dell’avvenuta depenalizzazione, ad opera del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), del reato contravvenzionale originariamente previsto dal combinato disposto dei commi 1, lettera a), e 19 dell’art. 176 cod. strada, oggi sostituito da un illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria non inferiore a 2.046 e non superiore a 8.186 euro.
Dall’altro, occorrerebbe considerare che il comma 22 censurato, per effetto da ultimo delle modifiche apportate dalla legge n. 120 del 2010, prevede oggi non più la sospensione della patente per un periodo da sei a ventiquattro mesi, ma l’assai più gravosa sanzione accessoria della revoca della patente di guida; sanzione accessoria che, per effetto dell’art. 219, comma 3-bis, cod. strada, preclude al soggetto colpito la possibilità di conseguire una nuova patente se non dopo che siano trascorsi almeno due anni dal momento in cui è divenuto definitivo il provvedimento che ha irrogato la sanzione.
Alla luce di tali modifiche, occorrerebbe riconoscere, secondo il giudice a quo, il contrasto con l’art. 3 Cost. della previsione della revoca della patente per un periodo minimo di due anni. E ciò sotto plurimi, concorrenti profili.
Anzitutto, tale previsione equiparerebbe irragionevolmente condotte di disvalore assai diverso, come l’inversione del senso di marcia nella sede autostradale compresa tra i caselli di entrata e di uscita – dove normalmente vige un limite di velocità di 130 km/h – e la medesima condotta compiuta nei piazzali antistanti i caselli di entrata e di uscita, dove il limite di velocità è assai inferiore.
In secondo luogo, essa determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento sanzionatorio rispetto alle inversioni del senso di marcia che siano compiute al di fuori delle strade menzionate nell’art. 175, comma 1, cod. strada (autostrade, strade extraurbane principali e altre strade individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti), ma che egualmente creino grave pericolo per la circolazione stradale.
Infine, la previsione censurata imporrebbe un trattamento sanzionatorio irragionevolmente più severo rispetto ad altri illeciti ben più gravi, come il sorpasso in prossimità o in corrispondenza di curve, dossi o intersezioni, ovvero la circolazione contromano sulla carreggiata, illeciti per i quali è prevista la semplice sospensione, e non già la revoca, della patente.
5.4.– Questa Corte non condivide tali argomenti.
5.4.1.– Non v’è dubbio, invero, che, in seguito alle segnalate modifiche apportate dalla legge n. 120 del 2010, la disposizione censurata prevede oggi per le violazioni del precetto di cui all’art. 176, comma 1, lettera a), cod. strada un trattamento sanzionatorio per certi versi più severo rispetto a quello scrutinato da questa Corte nelle pronunce poc’anzi rammentate. Nonostante l’avvenuta depenalizzazione della relativa contravvenzione ad opera del d.lgs. n. 507 del 1999, infatti, l’odierna previsione nel comma 22 della sanzione accessoria della revoca della patente, che si aggiunge a quella pecuniaria prevista nel comma 19, è assai più gravosa rispetto a quella, precedentemente prevista, della sua mera sospensione per un periodo compreso tra sei e ventiquattro mesi: sanzione, quest’ultima, destinata a cessare automaticamente allo spirare del termine, mentre ora l’interessato ha l’onere di ripresentare domanda per il conseguimento della patente, una volta trascorso il periodo minimo di due anni dalla revoca ai sensi dell’art. 219, comma 3-bis, cod. strada. Inoltre, la revoca della patente è, a differenza della sospensione, sanzione oggi non graduabile in relazione alla concreta gravità dell’illecito (sentenza n. 246 del 2022, punto 11 del Considerato in diritto; sulla possibilità che l’illecito amministrativo scaturente da interventi di depenalizzazione risulti sanzionato più severamente rispetto al reato precedente, sentenza n. 223 del 2018, punto 6.2. del Considerato in diritto).
E non v’è dubbio che una sanzione come quella in parola è suscettibile di incidere pesantemente su diritti fondamentali della persona, in primis il suo diritto al lavoro, limitandone in concreto l’esercizio, come emblematicamente mostra il caso in esame, concernente una persona che esercitava – quanto meno all’epoca dell’ordinanza di rimessione – un’attività artigianale che comportava la necessità di utilizzare l’autovettura (sulla particolare afflittività della sanzione della revoca della patente, sentenze n. 246 del 2022, punto 10 del Considerato in diritto, e n. 68 del 2021, punto 6 del Considerato in diritto)
5.4.2.– Tuttavia, la revoca della patente – ancorché applicata cumulativamente alle altre sanzioni previste dai commi 19 e 22 dell’art. 176 cod. strada – non può ritenersi manifestamente sproporzionata rispetto alla gravità dell’illecito per la quale è prevista.
Come già questa Corte ha sottolineato nelle proprie precedenti pronunce sull’art. 176, comma 22, cod. strada, chi inverte il senso di marcia in un’autostrada crea un gravissimo pericolo per la vita e l’incolumità propria e altrui. E ciò resta vero, in linea generale, anche ove la condotta sia compiuta nel tratto immediatamente successivo ai caselli di uscita dall’autostrada, in cui frequentemente accade che i conducenti degli automezzi procedano a velocità ampiamente superiore a quelle consentite – specie laddove siano muniti di “telepass” e non debbano, quindi, necessariamente arrestarsi al casello –, e non riescano per tale ragione a frenare in tempo utile a evitare la collisione, in caso di repentine manovre di inversione del senso di marcia da parte di altri automobilisti.
A fronte di simili rischi, non può ritenersi manifestamente irragionevole la scelta legislativa di affiancare alla sanzione amministrativa pecuniaria una sanzione certo assai severa ma di particolare efficacia deterrente come la revoca della patente, equiparando nel trattamento sanzionatorio tutte le condotte di inversione del senso di marcia compiute in tutte le zone autostradali, onde dissuadere in modo specialmente energico gli utenti della strada dal compiere simili condotte anche in situazioni di apparente sicurezza.
Neppure può considerarsi irragionevole la previsione di una sanzione più severa per le inversioni del senso di marcia compiute nelle autostrade e nelle strade extraurbane principali, rispetto a quella prevista per le strade urbane ed extraurbane secondarie. Il legislatore ha ritenuto che, in queste ultime strade, l’inversione del senso di marcia sia sanzionabile in presenza di talune circostanze che evidenzino la particolare pericolosità della condotta, prevedendo comunque un trattamento sanzionatorio meno severo in caso di violazione del divieto; e ciò in ragione di una valutazione, non implausibile già al metro della comune esperienza, di generale minore pericolosità di simili comportamenti, rispetto a quelli tenuti sulle autostrade o sulle strade extraurbane principali.
Né, infine, può essere censurata sotto il profilo dell’art. 3 Cost. la scelta del legislatore di apprestare un trattamento sanzionatorio più severo per le condotte qui all’esame rispetto a quello previsto per le condotte individuate dal rimettente quali tertia comparationis: condotte che sono a ben vedere affatto eterogenee, riferendosi tutte a contesti spaziali diversi dalle autostrade e dalle strade principali extraurbane.
5.4.3.– Quanto poi alla impossibilità di graduare la sanzione accessoria rispetto alla concreta gravità della condotta, la giurisprudenza di questa Corte, sorta con riferimento alle sanzioni penali in senso stretto, ritiene in effetti che, in linea di principio, «previsioni sanzionatorie rigide non appai[a]no in linea con il “volto costituzionale” del sistema penale» e siano anzi “indiziate” di illegittimità costituzionale, potendo il relativo dubbio essere superato, caso per caso, solo «a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato» (sentenza n. 222 del 2018, punto 7.1. del Considerato in diritto, e ivi riferimenti alla sentenza n. 50 del 1980).
Come si è più recentemente osservato, questa affermazione si presta «ad essere estesa, mutatis mutandis, anche alle sanzioni amministrative a carattere punitivo» (sentenza n. 185 del 2021, punto 6 del Considerato in diritto), giacché pure in quest’ambito «previsioni sanzionatorie rigide […] che colpiscono in egual modo, e quindi equiparano, fatti in qualche misura differenti, debb[o]no rispondere al principio di ragionevolezza, dovendo tale omologazione trovare un’adeguata giustificazione» (sentenza n. 212 del 2019, punto 6.2.1. del Considerato in diritto).
Il che comporta l’esigenza di verificare se anche le infrazioni meno gravi riconducibili al perimetro applicativo di una fattispecie per la quale è comminata una sanzione amministrativa di natura punitiva – quale è la revoca della patente (sentenza n. 68 del 2021, punto 6 del Considerato in diritto) – «siano connotate da un disvalore tale da non rendere manifestamente […] sproporzionata la sanzione amministrativa» medesima (ancora, sentenza n. 212 del 2019, punto 6.2.1. del Considerato in diritto).
Sostanzialmente alla luce di tale criterio, questa Corte ha ad esempio escluso il contrasto con l’art. 3 Cost. della sanzione (fissa) della revoca della patente per le ipotesi aggravate di omicidio stradale o lesioni personali gravi o gravissime stradali (giudicando invece irragionevole tale sanzione in relazione alle rispettive ipotesi non aggravate: sentenza n. 88 del 2019); e ha, altresì, giudicato immuni da censure le sanzioni, parimenti fisse, della rimozione del magistrato e della destituzione del notaio previste in relazione a gravi figure di illecito disciplinare (rispettivamente, sentenze n. 197 del 2018 e n. 133 del 2019).
La gravità delle conseguenze che, secondo la comune esperienza, possono derivare dall’inversione del senso di marcia in un’autostrada o in una strada extraurbana principale, anche nel tratto di strada immediatamente successivo ai caselli d’uscita dell’autostrada, sono parimenti tali da escludere che la scelta del legislatore, pur indubbiamente severa, di prevedere l’obbligatoria applicazione di una sanzione fissa come la revoca della patente possa essere valutata in termini di manifesta irragionevolezza. Il che consente di distinguere la decisione odierna da quelle di cui alle sentenze n. 22 del 2018, n. 24 e n. 99 del 2020, che pure avevano ad oggetto ipotesi di revoca obbligatoria della patente, in conseguenza però di condanne penali o misure di prevenzione non correlate a illeciti commessi nell’ambito della circolazione stradale, e corrispondenti piuttosto a «una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità» (sentenza n. 22 del 2018, punto 7 del Considerato in diritto); e consente, altresì, di distinguere la decisione medesima da quella di cui alla recentissima sentenza n. 246 del 2022, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’automatismo della revoca della patente in conseguenza di condotte di circolazione abusiva del veicolo sottoposto a sequestro, sottolineando come tali condotte – che peraltro ordinariamente non causano pericolo per la vita o l’incolumità di alcuno – possano sottendere «una possibile eterogeneità di ragioni», e risultare così espressive di una diversa «gravità della violazione dei doveri di custodia nel caso specifico», della quale è necessario che l’autorità amministrativa tenga conto in sede di decisione sulla irrogazione della sanzione accessoria in parola (punto 11 del Considerato in diritto).
Il che conduce a escludere, anche sotto questo profilo, il contrasto tra la disposizione censurata e l’art. 3 Cost.