Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 15 aprile 2019 (r.o. n. 73 del 2020), il Tribunale ordinario di Modena ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, quinto comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), in riferimento agli artt. 2, 3 e 111 della Costituzione.
Il giudice rimettente riferisce che, nell’ambito di un procedimento per convalida di sfratto per morosità, il conduttore aveva ottenuto il termine cosiddetto di grazia di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978 e, nel rispetto dello stesso, aveva pagato i canoni e gli accessori, ma non anche le spese processuali comprese nell’importo complessivo fissato dal giudice.
In punto di rilevanza, il Tribunale di Modena evidenzia che, in virtù dell’orientamento consolidato della Corte di cassazione, per il quale il conduttore entro il termine concesso è tenuto a pagare integralmente quanto dovuto per canoni, oneri accessori e spese, dovrebbe ritenere non integrata la speciale sanatoria di cui al predetto art. 55.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva, in riferimento all’art. 3 Cost., che, in una situazione come quella sottoposta al proprio esame, la convalida dello sfratto inciderebbe tuttavia in modo sproporzionato sul diritto di abitazione dell’intimato che ha sanato la morosità quanto ai canoni e agli oneri accessori e determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento, poiché negli altri giudizi civili le spese devono essere recuperate successivamente alla definizione degli stessi.
Il Tribunale di Modena sottolinea, inoltre, che la necessità di convalidare lo sfratto anche in una fattispecie come quella sottoposta al proprio esame, potrebbe porsi in contrasto con il principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., principio che deve declinarsi, nell’esecuzione del rapporto negoziale, mediante il rispetto, da parte di entrambi i contraenti, degli obblighi di buona fede e correttezza.
Assume, infine, il giudice rimettente la violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., inteso come presidio contro l’esercizio dell’azione in forme eccedenti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale con compromissione del diritto all’abitazione del conduttore, anche nelle ipotesi in cui, a fronte di un obiettivo sforzo dello stesso, date le sue condizioni di difficoltà, la lesione dell’interesse economico del locatore sia soltanto eventuale, come nel caso in cui residui il pagamento delle sole spese processuali che potrebbero essere corrisposte, secondo le regole proprie degli altri procedimenti civili, dopo la definizione del giudizio.
2.– Con atto depositato in data 21 luglio 2020, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate in riferimento a tutti i parametri, atteso che, a differenza di quanto prospettato dal giudice rimettente, la norma censurata è espressione di un favor normativo per il conduttore, poiché deroga in via eccezionale ai principi generali in materia di risoluzione per inadempimento, consentendo all’intimato di beneficiare di un ulteriore termine, rispetto alla scadenza prevista nel contratto, per sanare integralmente la morosità. Proprio in forza di questa deroga alle regole ordinarie, è ragionevole che il diritto vivente pretenda un esatto e tempestivo adempimento entro il termine cosiddetto di grazia in questione da parte del conduttore anche rispetto alle spese processuali, in quanto si tratta di somme spettanti al locatore che ha dovuto promuovere il procedimento di sfratto a fronte dell’inadempimento dell’intimato e non può essere così “costretto” a proseguire il giudizio ovvero ad incardinarne un altro al solo fine di recuperare dette spese.
L’interveniente assume, infine, la genericità delle censure del Tribunale di Modena in riferimento alla dedotta violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., poiché nella specie la legge ricollega direttamente determinati effetti al verificarsi dei relativi presupposti senza attribuire alcun margine di discrezionalità all’autorità giudiziaria.
3.– Con ordinanza del 3 ottobre 2019 (r.o. n. 74 del 2020), il Tribunale di Modena ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in via gradata, degli artt. 660, sesto comma, e 663 del codice di procedura civile nonché dell’art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Il giudice rimettente riferisce che era stato incardinato dinanzi a sé un procedimento di convalida di sfratto per morosità, relativo ad un contratto di locazione ad uso abitativo, e che i conduttori, comparsi personalmente all’udienza senza l’assistenza di un difensore, avevano dedotto di aver diritto al contributo pubblico per la morosità incolpevole di cui all’art. 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 (Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013, n. 124; di aver consegnato a parte locatrice, tramite un’agenzia immobiliare, il relativo modulo in vista dell’acquisizione del necessario consenso; che l’agenzia non aveva loro restituito il modulo in quanto l’altra parte ne aveva rifiutato la sottoscrizione.
A fronte di tali difese del conduttore, era stato disposto dal giudice a quo un ordine di esibizione del modulo nei confronti dell’agenzia immobiliare, ordine rimasto inevaso e reiterato alla successiva udienza, nel corso della quale i conduttori avevano chiesto e ottenuto il termine cosiddetto di grazia per la sanatoria della morosità.
Riferisce ancora in punto di fatto il Tribunale di Modena che, in data 13 settembre 2019, il legale rappresentante dell’agenzia immobiliare aveva depositato in cancelleria una dichiarazione nella quale dava atto di aver consegnato ad uno degli intimanti il modulo contenente la richiesta del conduttore del contributo ex art. 6, comma 5, del d.l. n. 102 del 2013, come convertito, e che, tuttavia, tale modulo non era stato sottoscritto in quanto i locatori gli avrebbero riferito di non voler prestare il loro consenso, necessario per l’erogazione del contributo ai conduttori.
Persistendo la morosità degli intimati, all’udienza cosiddetta di verifica della sanatoria della stessa ex art. 55 della legge n. 392 del 1978, parte locatrice insisteva per la convalida dello sfratto.
4.– Ciò premesso, in punto di rilevanza, osserva il Tribunale di Modena che, in conformità al diritto vivente sull’interpretazione del predetto art. 55 della legge n. 392 del 1978, dovrebbe procedere alla convalida dell’intimato sfratto, non essendo stata sanata la morosità entro il termine concesso.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente assume, tuttavia, la violazione, da parte delle disposizioni censurate, degli artt. 24 e 111 Cost., poiché l’emanazione dell’ordinanza di convalida si porrebbe in contrasto con gli elementi acquisiti nel corso del processo, atteso che il mancato consenso della parte locatrice ha impedito ai conduttori di accedere ai contributi pubblici per la morosità incolpevole. Si sarebbe di qui determinata una situazione processuale pregiudizievole per il conduttore, dipendente soltanto dalla disparità tra le due parti processuali, disparità che deriverebbe in particolare dalla circostanza che i locatori erano assistiti da un difensore tecnico e i conduttori no, stante la mera facoltà, e non l’obbligo, di nominare un avvocato per l’intimato nella fase sommaria del procedimento.
5.– Con atto depositato in data 21 luglio 2020, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale, deducendo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità per difetto di rilevanza delle censure, poiché le stesse sarebbero meramente ipotetiche, atteso che non potrebbero individuarsi in alcun passaggio dell’ordinanza di rimessione elementi tali da far ritenere che, in caso di assistenza da parte di un difensore tecnico, si sarebbe potuta evitare una pronuncia sfavorevole a carico della parte conduttrice.
Nel merito, l’interveniente ha dedotto la non fondatezza delle questioni sollevate, sia per l’ampia discrezionalità della quale gode il legislatore processuale nell’individuazione del tipo di controversie nelle quali è necessaria l’assistenza tecnica del difensore, sia perché, in ogni caso, la difesa personale non è un obbligo, bensì una facoltà che la parte esercita liberamente, senza che possa incidere per i meno abbienti la preoccupazione di sostenere gli oneri economici correlati al mandato difensivo, stante la possibilità di beneficiare, ricorrendone i presupposti, del patrocinio a spese dello Stato.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza del 15 aprile 2019 (r.o. n. 73 del 2020), il Tribunale ordinario di Modena ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, quinto comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), in riferimento agli artt. 2, 3 e 111 della Costituzione.
Il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto, che, nell’ambito di un procedimento per convalida di sfratto per morosità, il conduttore aveva ottenuto il termine cosiddetto di grazia per la relativa sanatoria, provvedendo al pagamento dei canoni e degli accessori, ma non anche delle spese processuali comprese nell’importo complessivo fissato dal giudice.
Di qui, il Tribunale di Modena, in virtù della consolidata interpretazione nel diritto vivente dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, nel senso che il conduttore entro il termine concesso è tenuto a pagare integralmente quanto dovuto per canoni, oneri accessori e spese processuali, dovrebbe escludere il perfezionamento della speciale sanatoria di cui all’art. 55 e poi convalidare l’intimato sfratto o comunque ritenere risolto il contratto di locazione.
Dubita, quindi, il giudice rimettente della legittimità costituzionale della disposizione censurata in primo luogo in riferimento all’art. 3 Cost., atteso che l’emanazione del provvedimento di convalida ove residui il pagamento delle sole spese processuali, da un lato, inciderebbe in modo sproporzionato sul diritto di abitazione dell’intimato e, da un altro, comporterebbe una disparità di trattamento in danno dello stesso rispetto agli altri giudizi civili nei quali la parte vittoriosa può recuperare le spese solo dopo la definizione degli stessi.
Il Tribunale di Modena dubita, inoltre, della compatibilità dell’art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978 con il principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., principio che, come riconosciuto ormai da tempo nella giurisprudenza di legittimità, deve declinarsi, nell’esecuzione del rapporto negoziale, mediante il rispetto, da parte di entrambi i contraenti, degli obblighi di buona fede e correttezza che ne presidiano lo svolgimento.
Assume infine il rimettente la violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., inteso come presidio contro l’esercizio dell’azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, laddove la predetta norma impone la risoluzione del contratto, con conseguente compromissione del diritto all’abitazione del conduttore, anche nelle ipotesi in cui, a fronte di un obiettivo sforzo dello stesso, date le sue condizioni di difficoltà, la lesione dell’interesse economico del locatore sia soltanto eventuale, come nel caso in cui residui solo il pagamento delle spese processuali che potrebbero essere corrisposte secondo le regole proprie degli altri procedimenti civili dopo la definizione del giudizio.
2.– Con ordinanza del 3 ottobre 2019 (r.o. n. 74 del 2020), il Tribunale di Modena ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in via gradata, degli artt. 660, sesto comma, e 663 del codice di procedura civile e dell’art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Il giudice rimettente riferisce che, nell’ambito di un procedimento per convalida di sfratto per morosità, relativo ad un contratto di locazione ad uso abitativo, i conduttori, comparsi personalmente all’udienza avevano formulato alcune deduzioni afferenti il proprio diritto al contributo pubblico per la morosità incolpevole di cui all’art. 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 (Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013, n. 124, contributo del quale non avrebbero tuttavia potuto beneficiare in quanto, come riferito dall’agenzia immobiliare incaricata, parte locatrice non avrebbe sottoscritto il relativo modulo implicante il necessario consenso della stessa per l’erogazione del predetto contributo.
All’udienza successiva, rimasto inevaso e reiterato l’ordine di esibizione del modulo nei confronti dell’agenzia immobiliare, i conduttori avevano chiesto e ottenuto il termine cosiddetto di grazia per la sanatoria della morosità.
Solo poco prima dell’udienza volta alla verifica di tale sanatoria era stata depositata, in ottemperanza all’ordine di esibizione, una dichiarazione del legale rappresentante dell’agenzia che aveva confermato le deduzioni degli intimati. Peraltro, stante la persistente morosità degli stessi, alla predetta udienza cosiddetta di verifica la parte locatrice insisteva per la convalida dello sfratto.
Il Tribunale di Modena assume la violazione, da parte delle disposizioni censurate, degli artt. 3, 24 e 111 Cost., poiché l’emanazione dell’ordinanza di convalida dello sfratto per mancata sanatoria della morosità si porrebbe in contrasto con gli elementi acquisiti nel corso del processo, in virtù dei quali il mancato consenso della parte locatrice ha impedito ai conduttori di accedere ai contributi pubblici per la morosità incolpevole, così determinando una situazione processuale per essi sfavorevole dipendente soltanto dalla disparità tra le due parti processuali. Tale disparità deriverebbe, in particolare, dalla circostanza che i locatori erano assistiti da un difensore e non invece i conduttori, stante la mera facoltà e non l’obbligo, per l’intimato, di nominare un avvocato nella fase sommaria del procedimento.
In particolare, la mancanza della difesa tecnica avrebbe impedito ai conduttori di dedurre adeguatamente, sul piano giuridico, il dovere degli intimanti, in un’ottica di solidarietà e buona fede nell’esecuzione del rapporto negoziale, di fornire il consenso per l’accesso al contributo pubblico per la morosità incolpevole, istituto la cui ratio, analoga a quella dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, è quella di consentire al conduttore la prosecuzione della locazione ad uso abitativo anche in situazioni di difficoltà.
Secondo quanto evidenziato dal giudice a quo, i conduttori, solo se assistiti da un legale, avrebbero potuto difendersi adeguatamente, ad esempio opponendosi sin dalla prima udienza alla convalida dello sfratto, facendo leva sul proprio diritto al contributo per la morosità incolpevole e sulla mancata cooperazione dei locatori ai fini dell’ottenimento dello stesso ovvero deducendo all’udienza cosiddetta di verifica il nesso causale tra l’omessa ricezione del contributo, dovuta a tale mancata cooperazione, e la violazione del termine per la sanatoria della morosità.
3.– Le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione, seppur diverse, sono comunque connesse per la parziale coincidenza delle norme censurate e dei parametri evocati.
Possono quindi essere riuniti, per essere decisi con un’unica sentenza, i due giudizi incidentali.
4.– Le questioni sollevate dal Tribunale di Modena, con l’ordinanza iscritta al n. 73 reg. ord. dell’anno 2020, sono manifestamente infondate.
Questa Corte, infatti, con la sentenza n. 79 del 2020 si è già pronunciata sulle stesse a fronte di altre due ordinanze di rimessione, di analogo tenore, del medesimo Tribunale di Modena.
In particolare, anche con riferimento alla problematica – nella fattispecie concreta all’esame del giudice a quo – relativa al mancato pagamento delle sole spese processuali da parte del conduttore entro il termine cosiddetto di grazia, questa Corte ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate con riferimento agli stessi parametri di cui agli artt. 2, 3 e 111 Cost., dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, laddove, come costantemente interpretato nella giurisprudenza di legittimità, comporta che non possa darsi sanatoria giudiziale della morosità ove il pagamento di quanto dovuto dall’intimato a titolo di canoni, interessi e spese non sia tempestivo e integrale. A tal riguardo ha osservato che «[i]l legislatore ha incluso le spese processuali nell’importo complessivo perché operi, in favore del conduttore, la speciale sanatoria in sede giudiziale del quinto comma dell’art. 55, nel contesto di un bilanciamento complessivo delle posizioni delle parti e in considerazione del “sacrificio” richiesto al locatore che non ottiene, alla prima udienza, la convalida dell’intimazione di sfratto, pur persistendo in quel momento la morosità e mancando l’opposizione dell’intimato», sottolineando, altresì, che «[r]ientra nella discrezionalità del legislatore modellare gli istituti processuali, soprattutto quando hanno carattere speciale ed eccezionale, come appunto è la sanatoria in sede giudiziale prevista dalla disposizione censurata».
Fermo restando il mancato perfezionamento della speciale sanatoria di cui al predetto art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978, unica disposizione censurata, anche nell’ipotesi in cui residui soltanto il pagamento delle spese processuali, è comunque rimesso alla valutazione del giudice del procedimento la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per la convalida dello sfratto secondo il codice di rito, in particolare nella parte in cui l’art. 663, terzo comma, cod. proc. civ., prescrive che «la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste» (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 11 gennaio 2001, n. 332).
5.– Le questioni sollevate dallo stesso Tribunale di Modena, con l’ordinanza iscritta al n. 74 reg. ord. dell’anno 2020, sono invece inammissibili.
6.– Il giudice rimettente lamenta – con riferimento ai parametri sopra indicati e soprattutto in relazione al principio del giusto processo (art. 111, secondo comma, Cost.) – l’asimmetria difensiva delle parti laddove l’intimato compaia personalmente, come è facoltizzato a fare secondo l’espressa previsione dell’art. 660, sesto comma, cod. proc. civ., che ciò consente «[a]i fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666».
La parte intimata, comparsa in giudizio, può, senza il patrocinio prescritto in generale dall’art. 82 cod. proc. civ., compiere personalmente, nel procedimento di convalida, tipici atti defensionali, che normalmente appartengono all’attività della difesa tecnica mediante un procuratore legalmente esercente. In particolare l’intimato, comparso in udienza, può personalmente sia proporre l’opposizione alla richiesta di convalida dello sfratto (ex art. 663 cod. proc. civ.), sia sollevare eccezioni, quali esse siano (ex art. 665 cod. proc. civ.), le quali, se fondate su prova scritta, precludono al giudice di pronunciare, su istanza del locatore, ordinanza non impugnabile di rilascio dell’immobile locato, immediatamente esecutiva.
Assume il giudice rimettente che, allorché l’intimato compaia personalmente, e non già con il patrocinio di un difensore, ci sarebbe un’asimmetria, che ridonderebbe in violazione soprattutto del principio del giusto processo, declinato come necessaria parità delle parti (art. 111, secondo comma, Cost.), in ragione della circostanza che, mentre la parte attrice intimante (il locatore) è assistita necessariamente da un avvocato (ex art. 82 cod. proc. civ.), l’intimato, parte convenuta (il conduttore), è – seppur per sua libera scelta – senza difesa tecnica; ciò ne pregiudicherebbe, in concreto, la tutela giurisdizionale ove vengano in rilievo problematiche giuridicamente complesse.
7.– Orbene, questa situazione processuale, che il giudice a quo ritiene contraria agli evocati parametri, si è presentata, nel giudizio principale, già alla prima udienza di comparizione, come risulta chiaramente dall’ordinanza di rimessione nella quale si dà atto che la parte intimata, comparsa personalmente, ha eccepito una circostanza di fatto (rifiuto dei locatori di attestare la stipulazione del contratto di locazione, con relativa registrazione, al fine dell’accesso del conduttore al fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli), la quale avrebbe potuto essere formulata in termini giuridici più puntuali ove la parte stessa fosse stata assistita da difensore abilitato. Trattasi del fondo istituito dall’art. 6, comma 5, del d.l. n. 102 del 2013, come convertito, che è previsto in favore di chi, versando in una situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo in ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare, è destinatario di un atto di intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida, sempre che si tratti di un contratto di locazione ad uso abitativo regolarmente registrato, erogato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 30 marzo 2016, recante «Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. Riparto annualità 2016 (59,73 milioni)».
Ciò nonostante, il giudizio è proseguito in ulteriori udienze di rinvio dal momento che il giudice, senza neppure precisare se l’eccezione della parte intimata potesse essere, o no, qualificata come opposizione alla convalida, ha proceduto adottando – peraltro d’ufficio, con una sorta di “soccorso istruttorio” (al punto che la stessa ordinanza di rimessione parla di «obiettiva forzatura del dato normativo») – l’ordine di esibizione al terzo ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. per acquisire la documentazione utile a supportare tale eccezione.
Tuttavia, all’udienza successiva, la parte intimata ha chiesto e ottenuto il termine di grazia di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978 con ulteriore rinvio dell’udienza.
Infine, solo in sede di udienza cosiddetta di verifica, il giudice – chiamato ad accertare se si fosse perfezionata, o no, la fattispecie della speciale sanatoria della morosità prevista da tale ultima disposizione – ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale senza affatto indicare quale rilevanza esse potessero ormai avere in uno stadio così avanzato del procedimento di convalida.
8.– Si ha quindi che dette questioni risultano essere state sollevate solo nel corso dell’udienza fissata per la verifica dell’esatto adempimento del conduttore a seguito della concessione del termine di grazia, ossia in un momento processuale nel quale un’eventuale pronuncia di accoglimento di questa Corte, nei termini (peraltro perplessi) indicati dal giudice rimettente, non potrebbe produrre alcuna incidenza per la definizione del giudizio.
Invero, per un verso, con la richiesta del termine di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978, il conduttore mostra una voluntas solvendi incompatibile con l’opposizione alla convalida (tra le molte, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenze 7 ottobre 2008, n. 24764 e 23 dicembre 2003, n. 19772) e, per un altro, una volta spirato il predetto termine senza che sia stata pagata integralmente la somma fissata dal giudice, tale circostanza assume rilievo nel senso di escludere la eccezionale sanatoria della morosità secondo quanto stabilito dall’art. 55 della legge n. 392 del 1978 (sentenza n. 79 del 2020).
Né il giudice rimettente si è confrontato, eventualmente per disattenderla, con la richiamata giurisprudenza di legittimità che ritiene la richiesta del termine di grazia non compatibile con l’opposizione alla convalida e comunque ne comporta la implicita rinuncia.
A ciò si aggiunge la sostanziale contraddittorietà del petitum perché da una parte il giudice rimettente chiede di eliminare del tutto, nell’art. 660, sesto comma, cod. proc. civ., la possibilità che «ai fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666 [sia] sufficiente la comparizione personale dell’intimato».
D’altra parte vorrebbe, invece, che la comparizione personale dell’intimato, che ne abbia pregiudicato la difesa, escluda di per sé la convalida dello sfratto ai sensi dell’art. 663 cod. proc. civ. e parimenti escluda la risoluzione del contratto di locazione ove, concesso il termine di grazia ai sensi dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, sia mancato il pagamento integrale della somma a tal fine fissata dal giudice.
9.– In definitiva, l’insufficiente e perplessa motivazione dell’ordinanza di rimessione quanto alla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate in sede di cosiddetta verifica della sanatoria della morosità entro il concesso termine di grazia, inficia irrimediabilmente la loro ammissibilità.