Sentenza 219/2017 (ECLI:IT:COST:2017:219)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: GROSSI - Redattore: PROSPERETTI
Camera di Consiglio del 05/07/2017;    Decisione  del 11/07/2017
Deposito del 20/10/2017;   Pubblicazione in G. U. 25/10/2017  n. 43
Norme impugnate: Art. 76, c. 2°, del decreto del Presidente della Repubblica 30/05/2002, n. 115.
Massime:  40548  40549  40550 
Massime:  40548  40549  40550 
Atti decisi: ord. 22/2017

Massima n. 40548 Massima successiva
Titolo
Prospettazione della questione incidentale - Identificazione del petitum - Necessità di lettura coordinata del dispositivo e della motivazione dell'ordinanza di rimessione - Carattere additivo della pronuncia volta a integrare il dettato normativo.

Testo

Benché nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione sia richiesta una sentenza ablativa del censurato art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, la richiesta del rimettente va intesa - alla luce della motivazione - come volta a ottenere una pronuncia additiva che, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, introduca nell'ordinamento la valutazione delle effettive condizioni economiche del richiedente, derivanti sia dall'entità delle entrate che dalla quantità e qualità delle uscite del nucleo familiare, sostenute in ragione del numero dei suoi componenti, dell'età e delle condizioni di salute di essi.

Nel giudizio incidentale la corretta individuazione del petitum richiede la lettura coordinata del dispositivo e della motivazione dell'ordinanza di rimessione. (Precedenti citati: sentenze n. 203 del 2016, n. 94 del 2016 e n. 170 del 2013).

Atti oggetto del giudizio
decreto del Presidente della Repubblica  30/05/2002  n. 115  art. 76  co. 2

Titolo
Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Condizioni per l'ammissione al beneficio - Riferimento esclusivamente ai redditi dell'istante e del suo nucleo familiare e non anche alla quantità e qualità delle uscite - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza, dei doveri di solidarietà sociale e familiare, del diritto di difesa e del diritto alle agevolazioni in favore delle famiglie numerose - Richiesta di pronuncia additiva riservata alla discrezionalità del legislatore - Inammissibilità della questione.

Testo
È dichiarata inammissibile, per richiesta di pronuncia additiva riservata alla discrezionalità del legislatore, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, censurato dal Tribunale di Verona - in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 31, primo comma, Cost. - nella parte in cui, ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, prevede che lo stato di bisogno sia apprezzato con riferimento al solo parametro del reddito percetto, senza che siano valutate anche le effettive condizioni economiche del richiedente, derivanti sia dall'entità delle entrate che dalla quantità e qualità delle uscite del nucleo familiare, sostenute in ragione del numero dei suoi componenti, dell'età e delle condizioni di salute di essi. La richiesta del rimettente - che non attribuisce a tali elementi uno specifico valore - rimetterebbe la concessione del beneficio alla discrezionale determinazione del singolo giudice, quando invece la determinazione dei presupposti di accesso a tale provvidenza è riservata alla competenza del legislatore. (Precedente citato: sentenza n. 237 del 2015, sulla possibilità di soglie reddituali differenziate a seconda del tipo di processo).
Atti oggetto del giudizio
decreto del Presidente della Repubblica  30/05/2002  n. 115  art. 76  co. 2

Parametri costituzionali
Costituzione  art. 2
Costituzione  art. 3
Costituzione  art. 24
Costituzione  art. 31  co. 1

Massima n. 40550 Massima precedente
Titolo
Spese di giustizia - Patrocinio a spese dello Stato - Condizioni per l'ammissione al beneficio - Riferimento esclusivamente ai redditi dell'istante e del suo nucleo familiare e non anche alla quantità e qualità delle uscite - Inadeguatezza di tale disciplina - Auspicato intervento del legislatore.

Testo
Stante l'evidente inadeguatezza dell'attuale disciplina posta dall'art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 - che considera la composizione plurisoggettiva della famiglia solo in termini di accrescimento delle capacità economiche e non anche di destinazione del reddito familiare al mantenimento di una pluralità di soggetti - va sottolineata l'esigenza di un intervento normativo che attribuisca la dovuta rilevanza agli elementi idonei ad incidere sul livello reddituale richiesto per l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Atti oggetto del giudizio
decreto del Presidente della Repubblica  30/05/2002  n. 115  art. 76  co. 2


Pronuncia

SENTENZA N. 219

ANNO 2017


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», promosso dal Tribunale ordinario di Verona a seguito dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, con ordinanza del 16 agosto 2016, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2017 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 16 agosto 2016, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 76, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», in riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 31, primo comma, della Costituzione.

Il giudice a quo riferisce di doversi pronunciare nell’ambito di un procedimento incidentale di liquidazione del compenso di avvocato disposto in favore della sig.ra P. J., quale madre esercente la potestà genitoriale sulla figlia N. C.

Prosegue il rimettente rappresentando che dagli accertamenti, effettuati dall’Agenzia delle entrate di Verona sui redditi della sig.ra P. J. nel triennio 2011-2013, è emerso il superamento del limite previsto per l’ammissione al beneficio e che i familiari con lei conviventi, ovvero la figlia N. C., ormai divenuta maggiorenne, e la madre, non avevano percepito alcun reddito.

Tale circostanza, riferisce il giudice a quo, impedirebbe l’accoglimento della richiesta di liquidazione avanzata dal difensore di N. C. poiché, sebbene quest’ultima non sia percettrice di reddito, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, in presenza di familiari conviventi, il limite reddituale per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve essere calcolato tenendo conto dei redditi conseguiti da ogni componente della famiglia.

2.– A parere del rimettente, il fatto di individuare nel solo parametro reddituale l’indice insuperabile dello stato di abbienza o non abbienza del nucleo familiare di cui fa parte il soggetto che necessita di assistenza difensiva, con esclusione delle variabili che incidono sulla effettiva situazione economica di una famiglia, quali il numero dei componenti, la loro età, le condizioni di salute e i correlativi obblighi di assistenza, comporterebbe un vulnus agli artt. 2, 3, 24 e 31, primo comma, Cost.

In particolare, con riferimento alla violazione degli artt. 2, 24 e 31, primo comma, Cost., il giudice a quo sottolinea che la disponibilità di un reddito di poco superiore al limite di legge e la mancata considerazione dell’incidenza determinata dalla presenza di familiari a carico, imporrebbe, inevitabilmente, all’interessato di dover scegliere tra l’esercizio del diritto di difesa e l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale e familiare e limiterebbe, di fatto, la possibilità delle famiglie di accedere ad un beneficio economico utile per l’adempimento dei suddetti doveri.

Quanto al vulnus denunciato all’art. 3 Cost., la previsione normativa censurata sarebbe intrinsecamente irragionevole poiché, nel porre un unico limite di reddito, parificherebbe la situazione di colui che non conviva con familiari, a quella dei nuclei più numerosi.

Ad avviso del rimettente, l’intrinseca irragionevolezza della norma sarebbe avvalorata dal raffronto con l’art. 4 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 116 (Attuazione della direttiva 2003/8/CE intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie), che ha previsto espressamente, per le controversie transfrontaliere, l’innalzamento del limite di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di un importo fisso per ciascun componente del nucleo familiare.

Il motivo dell’incremento, prosegue il giudice a quo, non andrebbe rinvenuto nella peculiarità delle suddette controversie, ma nel principio generale di ragionevolezza e adeguatezza, in forza del quale l’apprezzamento dello stato di bisogno richiederebbe la considerazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare le risorse effettive di un soggetto, ivi compresa l’incidenza derivante dalle persone poste a suo carico, e pertanto, proprio in ragione di tale generalità, andrebbe applicato ad ogni controversia civile, sebbene abbia trovato positiva esplicazione solo con riferimento a quelle transfrontaliere.

3.– Con atto depositato il 21 marzo 2017, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, sul presupposto che il giudice a quo abbia richiesto di integrare la norma censurata, mediante l’estensione della disciplina prevista per le controversie transfrontaliere.

L’inammissibilità, prosegue l’Avvocatura, deriverebbe dal fatto che nell’ordinanza di rimessione sono stati indicati i soli redditi percepiti dalla ricorrente, nel triennio in considerazione, senza specificare l’entità del divario rispetto al limite di legge per l’ammissione al beneficio, la cui misura è aggiornata ogni biennio.

Tale mancata precisazione, a parere dell’Avvocatura, precluderebbe il controllo sulla rilevanza, poiché non consentirebbe di valutare se l’accoglimento della questione di costituzionalità e la conseguente applicazione dei criteri di computo correttivi asseritamente invocati dal rimettente condurrebbero il giudizio a quo a un diverso esito.

In ogni caso, secondo la difesa erariale, un ulteriore profilo di inammissibilità deriverebbe dalla natura manipolativa della pronuncia richiesta, non essendo la soluzione proposta dal rimettente costituzionalmente obbligata.

Quanto al merito, l’Avvocatura chiede il rigetto della questione poiché l’utilizzazione del parametro del reddito, quale criterio per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, assicurerebbe il rispetto della ratio della norma, ovvero la fruizione del beneficio da parte di coloro che non dispongono di risorse economiche adeguate, mentre la scelta di correlare la misurazione delle disponibilità dell’istante solo all’entità delle entrate e non anche a quella delle uscite, sarebbe frutto dell’esercizio, non irragionevole, della discrezionalità legislativa.


Considerato in diritto

1.– Il Tribunale ordinario di Verona, dovendo pronunciarsi nell’ambito di un procedimento di liquidazione del compenso dovuto al difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», che prevede che, nelle controversie civili, per il calcolo della soglia oltre la quale è precluso l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, vengano in rilievo i redditi percetti da ciascun familiare convivente, oltre quello dell’istante, mentre invece i componenti del nucleo familiare privi di reddito non incidono sulla determinazione del parametro reddituale.

2.– Nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione il giudice ha richiesto una sentenza ablativa della disposizione censurata, da cui deriverebbe l’espunzione dall’ordinamento dell’obbligo di computare, ai fini dell’ammissione al beneficio, i redditi conseguiti dagli altri componenti della famiglia.

In realtà, la motivazione dell’ordinanza è incentrata sulla necessità di integrare il dettato normativo, così da includere, nella valutazione del presupposto reddituale, le variabili che, incidendo sulla misura astratta del parametro, ne condizionano in concreto la dimensione e il potere effettivo di spesa di cui è espressione.

Infatti, l’ordinanza di rimessione ritiene irragionevole, contrario ai doveri di solidarietà sociale e familiare, lesivo del diritto di difesa nonché del diritto alle agevolazioni in favore delle famiglie numerose (art. 31, primo comma, Cost.), il fatto che lo stato di bisogno sia apprezzato con riferimento al solo parametro del reddito percetto, senza che siano valutate anche le effettive condizioni economiche del richiedente, derivanti sia dall’entità delle entrate che dalla quantità e qualità delle uscite del nucleo familiare, sostenute in ragione del numero dei suoi componenti, dell’età e delle condizioni di salute di essi.

Sulla scorta di tali argomentazioni, considerato che la corretta individuazione del petitum richiede la lettura coordinata del dispositivo dell’ordinanza di rimessione e della motivazione (in tal senso, ex multis, sentenze n. 203 e n. 94 del 2016, n. 170 del 2013), la richiesta del rimettente va intesa come volta ad ottenere una pronuncia additiva.

3.– La questione è inammissibile.

Va osservato che il giudice a quo, nel richiedere l’integrazione della norma con una pronuncia additiva, così da ancorare il presupposto di accesso al beneficio ad un dato economico sostanziale e significativo, sollecita la considerazione del numero, dell’età e delle condizioni di salute dei familiari conviventi, ma non attribuisce a tali elementi uno specifico valore.

Il riferimento fatto dall’ordinanza di rimessione alla disciplina delle controversie transfrontaliere (decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 116, recante «Attuazione della direttiva 2003/8/CE intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie»), che tiene conto della composizione del nucleo familiare, è ininfluente, rimanendo, nel caso in esame, il reddito della ricorrente comunque superiore anche al limite previsto da tale normativa.

La prospettata questione di costituzionalità così come formulata, e cioè con la previsione dell’obbligo di tenere in considerazione l’incidenza dei fattori indicati sulla capacità di spesa del nucleo familiare, è inammissibile, in quanto rimetterebbe la concessione del beneficio alla discrezionale determinazione del singolo giudice, quando invece la determinazione dei presupposti di accesso a tale provvidenza è riservata alla competenza del legislatore.

La legge è intervenuta nella regolazione di fattispecie diverse, quali il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie civili transfrontaliere e nel processo penale; in particolare, con riferimento a quest’ultimo, questa Corte, con la sentenza n. 237 del 2015, ha ritenuto ragionevole la differenziazione della disciplina, rispetto a quella del processo civile, in ragione della diversità degli oneri economici dei diversi procedimenti che vengono in rilievo.

Sebbene l’ontologica diversità dei singoli procedimenti possa giustificare discipline differenziate, tuttavia la necessità di una concreta valutazione delle condizioni economiche, da prendere in considerazione per la concessione del beneficio, rappresenta una ineludibile istanza di giustizia.

Ed invero, l’attuale formulazione dell’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 considera in maniera unilaterale la composizione plurisoggettiva della famiglia, poiché attribuisce rilievo alla convivenza solo quando essa comporti un accrescimento delle capacità economiche del nucleo familiare (dovendosi computare, ai fini della determinazione della soglia di ammissione al beneficio, anche il reddito percetto dai componenti diversi dall’istante), mentre, senza una logica giustificazione, non viene in considerazione la simmetrica situazione di un reddito familiare destinato al mantenimento di una pluralità di soggetti.

Nel decidere per l’inammissibilità della questione, va comunque sottolineata l’esigenza di un intervento normativo volto a sanare l’evidente inadeguatezza dell’attuale disciplina, dando la dovuta rilevanza agli elementi idonei ad incidere sul livello reddituale richiesto per l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 31, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 luglio 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2017.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA