Ritenuto in fatto
1.– La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 16-22 settembre 2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 21 settembre 2016, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 1; 4, comma 4; 7, commi 1, 5 e 7; 8; 14, commi 1, 3, 5, nonché degli artt. 15, commi 2, 3, 4; e 16, commi 2 e 4, secondo periodo, della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione; agli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 15), 16), 17), 21); art. 9), numeri 8), 9) e 10); art. 16; art. 53; art. 54, n. 2); art. 75; art. 75-bis, comma 3-bis; art. 79; art. 103; art. 104; e art. 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); agli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 18 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale); all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione); e ai principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di proporzionalità.
2.– L’art. 1, comma 1, della legge n. 132 del 2016 prevede che «[a]l fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’esercizio dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell’ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, è istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, di seguito denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell’ambiente, di seguito denominate “agenzie”». Il comma 2 afferma che il «Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della riduzione del consumo di suolo, della salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali e della piena realizzazione del principio “chi inquina paga”, anche in relazione agli obiettivi nazionali e regionali di promozione della salute umana, mediante lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche di cui alla presente legge».
L’art. 4, comma 4, stabilisce che l’ISPRA adotta, «con il concorso delle agenzie, norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell’informazione ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l’armonizzazione, l’efficacia, l’efficienza e l’omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale».
L’art. 7, comma 1, qualifica le agenzie per la protezione dell’ambiente come «persone giuridiche di diritto pubblico, dotate di autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile», e al comma 5 consente che queste svolgano attività ulteriori a quelle previste dalla legge come obbligatorie «in favore di soggetti pubblici o privati, sulla base di specifiche disposizioni normative ovvero di accordi o convenzioni, applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, a condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA». In conseguenza di tali previsioni, il comma 7 sancisce l’obbligo – per Regioni e Province autonome – di apportare «alle leggi istitutive delle rispettive agenzie le modifiche necessarie ad assicurare il rispetto del presente articolo, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».
L’articolo 8 individua i requisiti del direttore generale dell’ISPRA e delle agenzie, «nominati, secondo le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale o regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano l’ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici uffici». Il comma 2 del medesimo articolo istituisce presso l’ISPRA «un’anagrafe dei direttori generali dell’ISPRA e delle agenzie, costantemente aggiornata e pubblicata nel sito internet dell’ISPRA medesimo, contenente le informazioni sui requisiti professionali e sulla retribuzione dei medesimi. In fase di prima applicazione della presente legge, sono iscritti nell’anagrafe i direttori generali in carica alla data della sua entrata in vigore».
Inoltre, l’art. 14, comma 1, dispone che l’ISPRA, «con il contributo delle agenzie, predispone, basandosi sul principio del merito, uno schema di regolamento che stabilisce, nell’ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell’ambito delle funzioni di controllo svolte dal Sistema nazionale, ai sensi della vigente normativa ambientale dell’Unione europea, nazionale e regionale, il codice etico, le competenze del personale ispettivo e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive, prevedendo il principio della rotazione del medesimo personale nell’esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, al fine di garantire la terzietà dell’intervento ispettivo». Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo tale regolamento è «emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». Il comma 5, «[i]n attuazione del regolamento di cui al comma 1», attribuisce al presidente dell’ISPRA e ai legali rappresentanti delle agenzie, «attraverso specifici regolamenti interni», il compito di individuare «il rispettivo personale incaricato degli interventi ispettivi».
L’art. 15, comma 2, stabilisce che le «spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti inquinati, sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe nazionali approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». In via provvisoria, nelle more dell’approvazione delle tariffe nazionali di cui al comma 2, il comma 3 di tale articolo dispone l’applicazione delle «tariffe delle agenzie, approvate dalle rispettive regioni o province autonome». In base al comma 4, invece, «[c]on decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di assegnazione alle agenzie degli introiti conseguenti all’attuazione delle disposizioni del comma 2».
Infine, le disposizioni transitorie e finali di cui all’art. 16 fanno salve, al comma 2, «fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della presente legge, le vigenti disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano». Al comma 4, secondo periodo, si prevede che «[e]ntro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome recepiscono le disposizioni della medesima legge».
3.– Ad avviso della ricorrente, sarebbe «evidente» che l’art. 1, istitutivo del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, «se ed in quanto interferisce nel modello organizzativo» della Provincia autonoma, è lesivo della competenza primaria in materia di organizzazione degli uffici e del personale prevista dall’art. 8, n. 1, dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972), e delle correlative funzioni amministrative previste dall’art. 16 del medesimo statuto.
3.1.– Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, sarebbero costituzionalmente illegittimi anche i commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16. Tali disposizioni non garantirebbero la tutela del sistema organizzativo esistente nell’ambito territoriale della Provincia autonoma di Bolzano, nonché dell’autonomia finanziaria della medesima, anche in considerazione del fatto che la Provincia si è dotata di apposite strutture interne volte alla tutela ambientale (legge provinciale 19 dicembre 1995, n. 26, recante «Agenzia provinciale dell’ambiente»).
Sarebbero violate, inoltre, le attribuzioni legislative assegnate dallo statuto speciale in materia di urbanistica e tutela del paesaggio (artt. 8, numeri 5 e 6; e 16), di protezione civile (artt. 8, numero 13, e 16), di caccia e pesca, di alpicoltura e parchi naturali, di viabilità e acquedotti, di agricoltura e foreste (artt. 8, numeri 15, 16, 17 e 21, e 16), di industria e di artigianato e di utilizzazione delle acque pubbliche (artt. 9, numeri 8 e 9, e 16). Tale sistema normativo, previsto nello statuto di autonomia, continuerebbe ad operare anche dopo la riforma della Costituzione per effetto della legge costituzionale n. 3 del 2001, posto che la suddetta riforma non può restringere la sfera di autonomia già spettante per statuto alle Province autonome.
In tal senso, l’obbligo di «recepire» le disposizioni della legge sarebbe legittimo solo se interpretato come obbligo di adeguare la legislazione già vigente alle norme di principio vincolanti ai sensi dello statuto di autonomia, possibilità esclusa dall’interpretazione letterale della disposizione. Analogamente, è dubbio il contenuto dell’art. 16, comma 2, della legge censurata, che fa salva la legislazione provinciale sull’agenzia sino all’entrata in vigore delle disposizioni attuative della legge, poiché non sarebbe chiaro quale sia il soggetto cui è attribuita la potestà di emanare simili disposizioni.
L’art. 16, commi 2 e 4, secondo periodo, della legge n. 132 del 2016 contrasterebbe con quanto disposto dall’art. 2, comma l, del d.lgs. n. 266 del 1992 e, in merito alle corrispondenti funzioni amministrative nelle materie di competenza propria della Regione o delle Province autonome; nonché con l’art. 4, comma l, dello stesso d.lgs., ai sensi del quale la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative (comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative), diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto di autonomia e le relative norme di attuazione.
La ricorrente ricorda quanto statuito da questa Corte con la sentenza n. 356 del 1994, quando si precisò che il vincolo di adeguamento consisterebbe nella istituzione di un’agenzia provinciale, mentre per quanto riguarda il modello organizzativo e funzionale del medesimo ente la disciplina sarebbe rimessa alla competenza esclusiva della Provincia autonoma.
3.2.– Sarebbe poi incostituzionale l’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016.
Tale norma, nell’attribuire all’ISPRA compiti di coordinamento tecnico del Sistema ambientale, disciplinerebbe materie rientranti nella competenza legislativa e amministrativa provinciale summenzionate, già oggetto di legiferazione da parte della stessa Provincia.
Inoltre, la disposizione sarebbe illegittima nella parte in cui non prevede forme di collaborazione con le Province autonome, nemmeno nell’ambito del sistema della Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le Regioni o del Consiglio del sistema nazionale previsto all’art. 13 della legge censurata. Essa si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di codesta Corte che, in caso di compresenza di competenze statali e regionali, qualora non sia possibile individuare la prevalenza di una rispetto alle altre, richiede una effettiva forma di partecipazione delle Regioni (sentenze n. 7 del 2016 e n. 303 del 2003).
3.3.– La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato anche l’art. 7, commi l, 5 e 7, della legge n. 132 del 2016.
Essi, e in particolare il comma 1, attengono alla struttura organizzativa dell’agenzia e si porrebbero in contrasto con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza (artt. 3 e 97 Cost.), in quanto imporrebbero scelte organizzative non necessarie al raggiungimento dello scopo della legge statale; con l’articolo 8, numero l, e 16 dello statuto di autonomia; con le relative norme di attuazione, tra cui l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992; nonché con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
3.4.– Le censure della ricorrente si concentrano poi sull’art. 8, commi 1 e 2, relativi ai requisiti di nomina dei direttori generali e all’anagrafe dei medesimi.
Anche queste disposizioni, se intese come direttamente applicabili anche al direttore dell’agenzia per l’ambiente della Provincia autonoma di Bolzano, inciderebbero sulla competenza esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e del relativo personale.
Tale norma introdurrebbe una disciplina di dettaglio, con conseguente diretta applicazione della normativa statale nell’ordinamento provinciale, senza lasciare spazio all’autonomia delle Province autonome, anche in considerazione della disposizione che impone alle stesse di recepire le disposizioni della legge censurata (art. 16, comma 4, secondo periodo).
3.5.– La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, inoltre, i commi 1, 3 e 5 dell’art. 14 della legge n. 132 del 2016.
Oltre a violare la competenza esclusiva della Provincia autonoma di Bolzano in materia di ordinamento degli uffici e del relativo personale, e la correlativa funzione amministrativa, l’articolo viola la potestà regolamentare di cui all’art. 54, n. 2, dello statuto di autonomia, in combinato disposto con l’art. 53, posto che nelle materie di competenza provinciale il potere regolamentare non può essere attribuito allo Stato.
Anche la previsione di poteri regolamentari attuativi dell’agenzia ambientale non sarebbe costituzionalmente legittima, posto che l’unica titolare potrebbe essere la sola Provincia autonoma.
3.6.– Sono censurati, infine, i commi 2, 3, 4 dell’art. 15 della legge n. 132 del 2016. La disciplina statale del sistema di finanziamento delle agenzie ambientali, recata da una legge ordinaria, si porrebbe in contrasto con l’autonomia finanziaria spettante alla Provincia ricorrente, non risultando compatibile con le previsioni statutarie che assicurano alla medesima autonomia di entrata e di spesa, con le relative risorse finanziarie e patrimoniali. Tale normativa impedirebbe la definizione unilaterale da parte dello Stato dei rapporti finanziari con la Provincia autonoma (Titolo VI, in particolare artt. 75, 75-bis, comma 3-bis, e 79 dello statuto di autonomia).
La relazioni finanziarie predette sono definite nel richiamato statuto, nelle leggi rinforzate appositamente previse dallo stesso, nonché nelle norme di attuazione statutaria, sulla base di procedure paritetiche (artt. 103, 104 e 107 dello statuto di autonomia) non rispettate dalla legge censurata.
Con specifico riferimento alla determinazione delle tariffe delle prestazioni delle agenzie ambientali, le disposizioni legislative statali sarebbero inoltre incompatibili con la disciplina tariffaria vigente, approvata con autonoma deliberazione della giunta provinciale di Bolzano (deliberazione n. 1506 del 9 dicembre 2014, modificata con deliberazione n. 920 del 23 agosto 2016, concernente il «Tariffario dell’Agenzia provinciale per l’ambiente»).
4.– La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 16 settembre 2016 (e depositato il 22 settembre 2016), ha promosso questione di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 4, comma 4; 7, commi 1, 5 e 7; 8; 14, commi 1, 3 e 5, nonché degli artt. 15, commi 2, 3 e 5; 16, commi 2 e 4, secondo periodo, della legge n. 132 del 2016, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118 e 119 Cost., anche in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, al principio di leale collaborazione; all’art. 8, numeri l), 5), 6), 13), 15), 16), 17) e 21); all’art. 9, in particolare i numeri 8), 9) e 10); e agli artt. 75, 79, 103, 104, 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, nonché agli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, e all’art. 27 della legge n. 42 del 2009.
4.1.– In via generale, la ricorrente contesta la sottrazione alla propria competenza legislativa di porzioni essenziali della disciplina della propria agenzia provinciale, disciplinata dalla legge provinciale 11 settembre 1995, n. 11 (Istituzione dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente). Le disposizioni statali inciderebbero sulla natura giuridica, sulla organizzazione della direzione e del personale, sulle modalità di azione e sul finanziamento, attivando moduli procedimentali idonei a comprimere il raccordo esistente tra la Provincia autonoma e l’agenzia.
4.2.– La ricorrente si sofferma, poi, sulla clausola contenuta nei commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge impugnata. Ad avviso della Provincia, non sarebbe chiaro, anzitutto, se l’evento dedotto della condizione sospensiva contenuto nel comma 2 vada riferito alle disposizioni regionali di recepimento o alle disposizioni di attuazione di fonte statale. In questa seconda ipotesi, la norma sarebbe illegittima perché predisporrebbe un meccanismo di applicabilità diretta – anche se differita – delle norme statali, con abrogazione della legislazione provinciale. Tale effetto abrogativo contrasterebbe con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, regolante i rapporti tra legge statale e leggi locali, il quale pone un obbligo di adeguamento nei confronti delle norme costituenti limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto, salva la successiva facoltà per il Governo, decorso il termine previsto per l’adeguamento, di impugnare innanzi alla Corte costituzionale le leggi regionali o provinciali non adeguatesi alla legislazione statale. A conferma di tale considerazione viene riportata la sentenza di questa Corte n. 356 del 1994, che ha dichiarato illegittimo l’art. 7 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), nella parte in cui «dispone che le norme in esso contenute si applicano direttamente nelle province autonome di Trento e di Bolzano fino all’adozione da parte delle stesse di apposita normativa».
Un ulteriore profilo di incostituzionalità andrebbe ravvisato, secondo la Provincia trentina, nella «pretesa del legislatore statale di imporre l’applicazione diretta di norme di rango regolamentare in sostituzione di quelle legislative provinciali», avallando una sostanziale delegificazione di ambiti regolati dalla legge provinciale.
Sarebbe poi illegittimo il secondo comma dell’art. 16, comma 4, perché vincolerebbe le Province all’osservanza di tutte le disposizioni della legge, anziché ai soli principi e alle sole norme costituenti limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. Poiché le Province autonome sono titolari di competenze proprie – primarie e concorrenti – disciplinate dagli artt. 8 e 9 dello statuto (ordinamento del personale e degli uffici, igiene e sanità, urbanistica e tutela del paesaggio, protezione civile, caccia, pesca, alpicoltura e parchi naturali, viabilità e acquedotti, agricoltura e foreste, industria, artigianato, utilizzazione delle acque pubbliche), gli enti ad autonomia differenziata non potrebbero essere chiamati a recepire le norme recate dalla legge statale, laddove la recezione fosse intesa nel senso di «mera trasposizione» negli ordinamenti provinciali delle norme statali.
4.3.– A seguire, le censure si concentrano, altresì, sull’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016. Ad avviso della Provincia autonoma, la previsione del potere di coordinamento tecnico in capo all’ISPRA lederebbe le competenze legislative primarie in materia di ordinamento degli uffici e del personale, urbanistica, tutela del paesaggio e protezione civile (articolo 8, numeri 1, 5, 6 e 13 dello statuto), caccia e pesca, alpicoltura e parchi naturali, viabilità e acquedotti, agricoltura e foreste (art. 8, numeri 15, 16, 17 e 21 dello statuto), nonché le competenze concorrenti in materia di igiene e sanità, di industria e artigianato e di utilizzazione delle acque pubbliche (art. 9, numeri 8, 9 e 10 dello statuto) e le corrispondenti funzioni amministrative (art. 16 dello statuto di autonomia).
La disposizione si porrebbe altresì in contrasto con il principio di leale collaborazione, posto che i poteri regolamentari statali di carattere tecnico, che interferiscono con competenze regionali o provinciali, sarebbero legittimi solo se fossero previsti moduli collaborativi con le Regioni e le Province autonome, nelle forme dell’intesa o quanto meno del parere obbligatorio da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Non soddisferebbe la leale collaborazione l’esplicito riferimento al «concorso delle agenzie» contenuto nella norma impugnata, considerato «generico e indeterminato». In ogni caso, il principio cooperativo richiede il coinvolgimento dell’ente territoriale, e non potrebbe essere assicurato dalle agenzie, meri terminali del sistema nazionale integrato.
4.4.– La ricorrente dubita altresì della legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 7; e dell’art. 8, commi 1 e 2, della l. n. 132 del 2016. I commi 1 e 7 dell’art. 7 invaderebbero l’autonomia organizzativa riconosciuta in materia di ordinamento degli uffici e del personale e la corrispondente autonomia amministrativa (art. 8, numeri 1 e 16 dello statuto speciale). A supporto di tale assunto, la Provincia trentina richiama nuovamente la sentenza n. 356 del 1994 di questa Corte, che ha salvato la normativa statale istitutiva delle agenzie regionali sottolineando la necessità di lasciare «aperta alla legislazione delle Province autonome ogni determinazione in ordine alla struttura ed agli organi dell’agenzia, all’articolazione degli uffici, agli ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da seguire e ai rapporti con gli altri organi provinciali». L’attribuzione della personalità giuridica di diritto pubblico alle agenzie si porrebbe in contrasto con tale dictum, in quanto palesemente finalizzata a separare l’agenzia dall’amministrazione provinciale.
4.4.1.– L’illegittimità dell’art. 8, comma 1, della legge n. 132 del 2016, discenderebbe dalla natura dettagliata e auto-applicativa della disposizione, lesiva della competenza provinciale in materia di organizzazione degli uffici e delle altre competenze primarie e concorrenti indicate supra. Ne deriverebbe la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che prescrive allo Stato di non intervenire con norme direttamente applicabili, essendo riservata alle Province autonome l’adeguamento della propria legislazione. Quanto al comma 2 dell’art. 8, esso sarebbe meramente accessorio e servente rispetto a quanto previsto dal comma 1. L’anagrafe nazionale avrebbe senso solo se volta a raccogliere funzionari dalle stesse caratteristiche: ne discenderebbe, una volta riconosciuta la competenza provinciale in ordine alla determinazione degli organi direttivi delle agenzie provinciali, l’illogicità dell’inserimento di tali organi nell’anagrafe nazionale.
Risulterebbero violati anche l’art. 3, primo comma, Cost., sub specie del principio di ragionevolezza, nonché il principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost. Le disposizioni impugnate comprimerebbero, infatti, l’autonomia organizzativa della Provincia autonoma in modo sicuramente eccedente rispetto allo scopo di coordinamento del sistema nel quadro nazionale. L’istituzione di una “rete” nazionale non dovrebbe passare attraverso l’imposizione di un modello uniforme, quando la legge già prevede strumenti sufficienti per l’interrelazione dei diversi soggetti del sistema nazionale.
4.4.2.– La ricorrente non manca di sottolineare come la declaratoria di illegittimità costituzionale di tali disposizioni possa essere evitata laddove venisse dichiarato illegittimo l’art. 16, commi 2 e 4, della legge n. 132 del 2016, riducendone la vincolatività nei limiti dell’obbligo di adeguamento ex art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.
4.5.– La Provincia autonoma insiste sull’illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1, 3 e 5, della legge n. 132 del 2016. La previsione di un potere regolamentare statale, ai sensi dei commi 1 e 3, violerebbe non solo la ripartizione di competenze legislative indicate dagli artt. 8 e 9, ma anche gli artt. 53 e 54, comma 1, numero 3), dello statuto; nonché l’art. 117, sesto comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che sancisce il principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione regolamentare; e gli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che prevedono i rapporti tra leggi e precludono l’affidamento allo Stato di poteri amministrativi nelle materie di competenza provinciale. Né l’intesa in Conferenza permanente, richiesta dal comma 3, eviterebbe una declaratoria di illegittimità costituzionale, posto che, nei confronti delle Province autonome, lo Stato non potrebbe invocare titoli capaci di condizionare le competenze ad esse garantite dallo statuto speciale diversi da quelli menzionati negli artt. 4 e 5 della carta statutaria. Inoltre, il comma 5 risulterebbe illegittimo perché sottrarrebbe uno spazio, in materia di organizzazione degli uffici, proprio degli enti ad autonomia differenziata.
4.6.– Infine, sarebbero costituzionalmente illegittimi l’art. 7, comma 5, e l’art. 15, commi 2, 3 e 5, della l. n. 132 del 2016, che disciplinano, a diverso titolo, l’assetto tariffario e la procedura per definire le modalità di assegnazione degli introiti alle agenzie. L’illegittimità riguarderebbe, in particolare, l’obbligo di applicare, con riferimento alle attività ulteriori svolte dalle agenzie, tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché le tariffe approvate dalla Provincia (art. 7, comma 5), per violazione della potestà provinciale di organizzare i propri uffici (art. 8, numero 1 e art. 16 dello statuto) e delle altre competenze provinciali comunque interessate dall’azione della agenzia, poiché la regolazione delle tariffe altro non sarebbe che un aspetto della competenza sulla materia (vengono richiamate le sentenze n. 233 del 2013, n. 137 del 2014 e n. 142 del 2015). La disciplina dell’assegnazione alle agenzie degli introiti derivanti dalla applicazione delle tariffe di cui all’art. 15, comma 4, porrebbe le basi per un meccanismo di finanziamento dell’agenzia separato dall’amministrazione provinciale e lesivo dell’autonomia finanziaria garantita alle Province dallo statuto speciale (artt. 75 e 79).
5.– Con riferimento ad entrambi i ricorsi si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano rigettati.
La difesa erariale sostiene che la normativa statale censurata attiene alla materia ambientale, che costante giurisprudenza costituzionale ha qualificato come materia trasversale tale da legittimare lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, seppur invasive delle competenze legislative regionali. In questo senso, le Regioni e le Province autonome potrebbero intervenire solo per incrementare i livelli della tutela (sentenza n. 197 del 2014). Ad avviso dell’Avvocatura generale l’assunto varrebbe per l’intero corpo della l. n. 132 del 2016 e, in particolare, per l’introduzione dei LEPTA (Livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali) ad opera dell’art. 9 della suddetta legge, riconducibile, oltre che all’ambiente, anche alla materia «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni» ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
5.1.– Anche nel caso in cui non ricorressero in concreto le condizioni per la clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, la giurisprudenza costituzionale precedente alla riforma del Titolo V avrebbe comunque sanzionato la spettanza statale di importanti competenze in materia di tutela ambientale. L’Avvocatura ricorda che, nel caso di specie, troverebbe applicazione il «principio di unitarietà degli istituti», secondo il quale ciascun istituto «del vecchio o del nuovo sistema costituzionale de[ve] essere applicato in modo comprensivo sia delle facoltà che dei limiti che esso implica», con la conseguenza che, anche laddove dovesse sopravvivere la competenza legislativa primaria delle Province autonome, essa incontrerebbe comunque il limite degli interessi nazionali, serviti, nel caso di specie, dalle funzioni statali dirette alla tutela dell’ambiente.
5.2.– Il resistente sostiene che la clausola di salvaguardia di cui all’art. 16 della legge n. 132 del 2016 escluderebbe la immediata cogenza delle disposizioni statali, imponendo solo un obbligo di adeguamento della legislazione provinciale, in coerenza con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e secondo una ipotesi confermata dall’art. 7 della legge citata, secondo cui «[l]e regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi la struttura, il funzionamento, il finanziamento e la pianificazione delle attività delle agenzie, nel rispetto dei LEPTA e tenendo conto delle disposizioni contenute nel programma triennale delle attività […]».
5.2.1.– Quanto alla prospettata invasione delle funzioni amministrative provinciali, troverebbe applicazione il principio generale «costantemente ribadito dalla giurisprudenza costituzionale» (sentenze n. 1 del 2016 e n. 140 del 2015) secondo il quale nel caso di un inestricabile intreccio di competenze come nel caso de quo (ambiente, organizzazione degli uffici, personale, ordinamento civile e concorrenza), non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione.
Tale principio sarebbe pienamente rispettato dalla legge de qua: l’art. 4, in particolare, prevede l’adozione da parte dell’ISPRA di norme tecniche individuate con il concorso delle agenzie, che opererebbero in posizione di parità rispetto all’ente statale.
Anche gli artt. 14 e 15 attuerebbero il principio cooperativo, prevedendo che il d.P.R. e il decreto del Ministro dell’Ambiente, volti a indicare le condizioni di esercizio delle funzioni ispettive e i criteri di assegnazione alle agenzie degli introiti derivanti dagli oneri posti a carico dei gestori di impianti e soggetti inquinanti, siano adottati previa intesa in sede di Conferenza.
5.3.– Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le summenzionate considerazioni dovrebbero indurre a rigettare le censure avanzate dalla Provincia autonoma di Bolzano sull’art. 1 della l. n. 132 del 2016. Quest’ultima disposizione ha istituito un sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, realizzando una «sintesi organizzativa degli enti investiti di competenza nella materia ambientale», che richiede una stretta collaborazione tra gli enti deputati alla sua valorizzazione. Per tale ragione, molteplici disposizioni della legge n. 132 del 2016 prevedono un coinvolgimento delle Regioni e degli enti ad autonomia differenziata. Una sintesi degli interessi coinvolti sarebbe realizzata dall’istituzionalizzazione del Consiglio del Sistema nazionale (disciplinato dall’art. 13 della suindicata legge, composto dal Presidente dell’ISPRA e dai legali rappresentanti delle agenzie), al quale spetta esprimere un parere vincolante sul programma triennale di cui all’art. 10 della l. n. 132 del 2016, sugli atti di indirizzo o di coordinamento e sui provvedimenti di natura tecnica.
5.4.– Con riferimento all’art. 14 della legge censurata, la difesa erariale sostiene che i criteri generali per lo svolgimento dell’attività ispettiva e la rotazione del personale incaricato dei controlli rispondono ad esigenze unitarie del sistema; «l’imparzialità nello svolgimento della funzione rappresenta una esigenza posta a presidio del rispetto dei principi costituzionali della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione».
Anche l’art. 15 della l. n. 132 del 2016 farebbe riferimento alla tariffa nazionale (in luogo delle tariffe regionali) per evidenti ragioni di uniformità, «anche al fine di assicurare la concorrenzialità» del sistema.
6.– Nelle more del giudizio, le ricorrenti hanno depositato, in termini, memorie illustrative.
La Provincia trentina, in particolare, sottolinea che per un errore materiale le censure destinate all’art. 15, comma 4, della l. n. 132 del 2016 sono state indirizzate all’art. 15, comma 5.
Le ricorrenti ribadiscono quanto già sostenuto nel ricorso in relazione all’invasione della competenza legislativa primaria in materia di organizzazione degli uffici e ordinamento del personale. Esse fanno leva sulla giurisprudenza della Corte costituzionale (ad esempio, sentenza n. 233 del 2013) per sostenere che la materia ambientale non possa esaurire lo spazio di autonomia degli enti ad autonomia differenziata: alla potestà legislativa statale sarebbe riservata la sola fissazione di standard uniformi sull’intero territorio nazionale. Inoltre, le disposizioni impugnate introdurrebbero una normativa di dettaglio incompatibile con la disciplina di attuazione statutaria o comunque non essenziale rispetto alla finalità di promuovere la tutela ambientale sull’intero territorio nazionale.
Considerato in diritto
1.– Le Province autonome di Bolzano e di Trento, con distinti ricorsi, hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose norme della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Ad eccezione dell’art. 1 della legge appena menzionata, sul quale si concentrano le censure della sola Provincia di Bolzano, i ricorsi hanno ad oggetto le stesse disposizioni ed evidenziano analoghi profili di illegittimità costituzionale. Devono dunque essere riuniti e decisi con una stessa pronuncia.
2.– Le ricorrenti dubitano della legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 4; 7, commi 1, 5 e 7; degli artt. 8 e 14, commi 1, 3, 5, nonché degli artt. 15, commi 2, 3, 4, e 16, commi 2 e 4, secondo periodo, della legge n. 132 del 2016, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione; nonché con gli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 15), 16), 17), 21); art. 9, numeri 8), 9) e 10); art. 16; art. 53; art. 54, numero 2); art. 75, art. 79, art. 103, art. 104 e art. 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); con gli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 18 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); con l’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e con il principio di leale collaborazione. La Provincia autonoma di Bolzano richiama inoltre l’art. 75-bis, comma 3-bis, e gli artt. 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e le norme di attuazione contenute nel decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), mentre la Provincia autonoma di Trento evoca, nella sola epigrafe del ricorso, l’art. 117, sesto comma, nonché gli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.
La Provincia autonoma di Bolzano ha altresì promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 132 del 2016.
3.– In via preliminare, devono essere dichiarate inammissibili le questioni sollevate dalla Provincia autonoma di Trento con riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., in quanto tali parametri sono stati indicati esclusivamente nell’epigrafe del ricorso e non sono state svolte argomentazioni a conforto della dedotta violazione degli stessi.
4.– Prima di scrutinare nel merito le sollevate questioni, è opportuno sintetizzare i tratti salienti della legislazione che ha portato all’istituzione, da parte della legge n. 132 del 2016, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, anche al fine di inquadrare la ratio complessiva dell’intervento statale.
4.1.– A seguito del referendum del 18-19 aprile 1993, che dispose l’abrogazione delle norme che affidavano alle Unità Sanitarie Locali i controlli in materia ambientale, il legislatore statale, con il decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 1994, n. 61, istituì l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA), ente strumentale sottoposto alla direzione del Ministro dell’Ambiente, demandando a Regioni e Province autonome la creazione delle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione Ambientale, dotate di autonomia tecnico-giuridica, amministrativa e contabile. L’ANPA è stata poi sostituita dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dotata di autonomia tecnico-scientifica e finanziaria (art. 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante «Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59»). Le funzioni dell’APAT sono state assegnate dall’art. 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), al quale sono stati attribuiti i compiti già esercitati dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e dall’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologia applicata al mare (ICRAM).
Seppur progressivamente riformato e affinato, dunque, tale assetto ha rappresentato il prototipo del sistema ora razionalizzato dalla legge n. 132 del 2016, in coerenza con un modello di amministrazione reticolare che si sviluppa attorno a quattro nodi fondamentali: il primo, rappresentato dal Ministro dell’ambiente, cui spetta la definizione delle politiche ambientali (tramite, in particolare, la proposta di adozione dei LEPTA – Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali – formalmente recepiti con d.P.C.m., che indicano, a norma dell’art. 9, comma 2, della l. n. 132 del 2016, «i parametri funzionali, operativi, programmatici, strutturali, quantitativi e qualitativi delle prestazioni delle agenzie»); il secondo, coincidente con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), che ha ereditato struttura e funzioni dell’ANPA, il quale svolge funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico, finalizzate a rendere omogenee le attività del sistema nazionale per la protezione ambientale (art. 6, l. n. 132 del 2016); il terzo, costituito dalle Giunte regionali, alle quali spetta la definizione degli indirizzi programmatici regionali in materia ambientale e la vigilanza sulle Agenzie regionali e provinciali; il quarto, rappresentato dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA e APPA), già previste dal richiamato d.l. n. 496 del 1993, disciplinate dalle singole leggi regionali e provinciali.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le agenzie costituiscono enti tecnico-strumentali, separati dall’amministrazione attiva e dagli organi regionali di indirizzo-politico (sentenze n. 132 del 2017, n. 120 del 2010 e n. 356 del 1994), che svolgono attività di controllo, di supporto e consulenza tecnico-scientifica. Esse si situano in una posizione speculare all’ISPRA, al quale spetta però il compito di coordinamento tecnico dei soggetti operanti sul territorio nazionale, e in un rapporto di subordinazione funzionale rispetto alle istituzioni regionali di indirizzo politico (sentenza n. 120 del 2010).
4.2.– La citata legge n. 132 del 2016 interviene quindi su molteplici profili: individua il soggetto istituzionale deputato alla fissazione degli standard essenziali di protezione (LEPTA) e le modalità della loro definizione; precisa la natura e le funzioni dell’ISPRA e delle Agenzie territoriali; detta i requisiti essenziali del personale direttivo, volti a garantire imparzialità e competenza tecnica; affida all’ISPRA la redazione di uno «schema di regolamento» che definisca le modalità di individuazione del personale ispettivo, secondo principi che garantiscano terzietà ed efficacia; disciplina il potere tariffario dei soggetti coinvolti nel sistema nazionale.
L’intervento statale pone una disciplina variegata, accumunata però dalla finalità, immanente all’intervento del legislatore statale, di offrire una tutela unitaria e non frazionata del bene ambientale sull’intero territorio nazionale, secondo quanto disposto dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La tutela dell’ambiente oggetto di detto parametro costituzionale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non costituisce una materia in senso tecnico, «dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze» (sentenza n. 407 del 2002). L’ambiente, dunque, è un valore «costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» (sentenze n. 171 del 2012 e n. 407 del 2002; nello stesso senso, sentenza n. 210 del 2016). In questo modo, è possibile che «la disciplina statale nella materia della tutela dell’ambiente v[enga] a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell’ambiente» (sentenza n. 199 del 2014; nello stesso senso, sentenze n. 246 e n. 145 del 2013, n. 67 del 2010, n. 104 del 2008 e n. 378 del 2007).
L’intervento realizzato con la legge n. 132 del 2016 è, quindi, ispirato alla finalità di stabilire un principio unitario volto a garantire la “miglior tutela” della materia-obiettivo indicata dalla disposizione costituzionale; di conseguenza, lo scrutinio delle norme impugnate dovrà essere condotta alla luce della ratio delle singole disposizioni, censurabili qualora siano eccedenti o comunque incongruenti rispetto alla finalità complessiva della legge.
4.3.– Nella specie, la finalità “ambientale” deve però confrontarsi con la specificità della disciplina concernente le ricorrenti, quali enti ad autonomia differenziata: la competenza esclusiva in materia ambientale è stata infatti attribuita allo Stato con la l. cost. n. 3 del 2001 che, in virtù del suo art. 10, non ha ristretto lo spazio di autonomia agli stessi spettante in virtù dello statuto speciale (sentenze n. 51 del 2016, n. 233 del 2013 e n. 357 del 2010). In altri termini, la normativa statale riconducibile alla materia trasversale di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), Cost. è applicabile solo laddove non entrino in gioco le competenze riconosciute dalla normativa statutaria agli enti ad autonomia differenziata: in tal caso, lo scrutinio di legittimità costituzionale deve confrontarsi con il complessivo assetto normativo delineato dagli statuti di autonomia (sentenze n. 98 del 2017, n. 210 del 2014, n. 151 del 2011 e n. 378 del 2007).
Le disposizioni impugnate vanno, quindi, scrutinate avendo riguardo alle disposizioni statutarie ed alle relative norme di attuazione. A tale proposito, va ricordato che le competenze primarie e concorrenti delle Province autonome devono essere esercitate, ai sensi dell’art. 4 dello statuto speciale di autonomia, «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali […] nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». Secondo l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, poi, «la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito».
4.3.1.– Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, a seguito della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, il legislatore statale conserva «il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della regione a statuto speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”: e ciò anche sulla base […] del titolo di competenza legislativa nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto» degli enti ad autonomia differenziata nell’esercizio delle proprie competenze (sentenza n. 51 del 2006; nello stesso senso sentenza n. 536 del 2002).
Non è invocabile, quindi, il solo limite dell’ambiente, in sé e per sé considerato. Esso va congiunto con il limite statutario delle riforme economico-sociali, sia pure riferite, in questo caso, alle tematiche ambientali.
4.3.2.– Questa Corte si è già pronunciata, inoltre, sull’istituzione delle agenzie regionali e provinciali ad opera del d.l. n. 496 del 1993.
In quell’occasione, si è avuto modo di precisare che «[i]l nuovo assetto normativo» delinea «una disciplina uniforme, nei tratti essenziali, su tutto il territorio nazionale, sia per le figure organizzative (le agenzie) che per le funzioni dalle stesse esercitate, configurando anche un possibile collegamento e coordinamento tecnico di specifiche attività, nel rispetto della reciproca autonomia delle diverse agenzie. Si è in presenza di principi che assumono i caratteri propri delle norme fondamentali di riforma economico-sociale: profondamente innovativi nel settore della protezione ambientale, di essenziale importanza per la vita della comunità, realizzano, secondo esigenze di carattere unitario, valori espressi dagli artt. 9 e 32 della Costituzione» (sentenza n. 356 del 1994).
La legge n. 132 del 2016, che razionalizza il sistema di protezione ambientale delineando le funzioni dei diversi attori coinvolti sull’intero territorio nazionale, si inserisce nel solco tracciato dalla normativa del 1993, integrando dunque il limite delle «norme fondamentali di riforma economico-sociale» indicato dall’art. 4 dello statuto speciale di autonomia.
5.– Posta tale premessa, vanno esaminate le questioni prospettate dalle ricorrenti.
5.1.– La sola Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato i commi 1 e 2 dell’art. 1 della legge n. 132 del 2016. Il comma 1 stabilisce che, «[a]l fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’esercizio dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell’ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, è istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, di seguito denominato “Sistema nazionale”, del quale fanno parte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell’ambiente, di seguito denominate “agenzie”». Il comma 2 afferma che il «Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della riduzione del consumo di suolo, della salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali e della piena realizzazione del principio «chi inquina paga», anche in relazione agli obiettivi nazionali e regionali di promozione della salute umana, mediante lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche di cui alla presente legge».
Ad avviso della ricorrente, il Sistema nazionale di protezione ambientale sarebbe illegittimo «se ed in quanto» interferisce col modello organizzativo della Provincia autonoma di Bolzano, ledendo la competenza provinciale in materia di ordinamento degli uffici e del relativo personale di cui all’articolo 8, numero 1, e delle connesse funzioni amministrative individuate dall’art. 16 dello statuto di autonomia.
5.1.1.– La questione è inammissibile.
Il ricorso si limita a richiamare il parametro violato senza argomentare in alcun modo sui profili della presunta lesione, difettando così del requisito minimo di completezza e sufficienza argomentativa cui la giurisprudenza costituzionale subordina l’ammissibilità delle questioni sollevate in via principale (ex multis, sentenze n. 60 del 2017, n. 151 del 2016 e n. 69 del 2016).
6.– Con riguardo alle restanti disposizioni impugnate, esercitando il proprio potere di decidere l’ordine delle questioni da affrontare (sentenze n. 157 del 2017, n. 107 del 2017 e n. 98 del 2013), questa Corte ritiene di esaminare prioritariamente quelle aventi ad oggetto i commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge n. 132 del 2016, concernente il regime di applicazione della normativa agli enti ad autonomia differenziata, per l’evidente rapporto di pregiudizialità logica che assume tale articolo rispetto alle altre norme impugnate.
6.1.– Il comma 2 del citato art. 16 reca una clausola che fa salve le vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino alla entrata in vigore delle disposizioni attuative» della legge impugnata. Ad avviso delle ricorrenti, se intesa nel senso di condizionare la vigenza della normativa provinciale all’entrata in vigore della normativa statale di attuazione, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che esclude la diretta applicabilità alle Province autonome delle norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto. La condizione sospensiva posta dalla norma in esame potrebbe essere interpretata nel senso di riferirsi alle disposizioni di attuazione di matrice statale; in tal modo, l’applicabilità ad esse della legge n. 132 del 2016 sarebbe stata dunque attribuita allo Stato che, attuando detta legge, la renderebbe immediatamente applicabile alle Province autonome.
Inoltre, secondo la Provincia trentina, l’impianto legislativo consentirebbe l’applicazione di norme regolamentari statali in sostituzione di quelle legislative provinciali, realizzando una sorta di delegificazione del settore. Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, poi, l’automatica applicazione della normativa statale nel territorio provinciale produrrebbe a cascata la violazione delle competenze legislative primarie e concorrenti previste dagli artt. 8 (numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21) e 9 (numeri 8, 9 e 10), della corrispondente autonomia amministrativa prevista dall’art. 16 dello statuto speciale, nonché dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992 (ai sensi del quale la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto di autonomia e le relative norme di attuazione), oltre che dell’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001.
6.1.1.– Nel merito, la questione è fondata.
Nei giudizi in via principale la giurisprudenza di questa Corte ammette questioni promosse «in via cautelativa ed ipotetica» sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili (sentenze n. 159 del 2016, n. 298 del 2012 e n. 228 del 2003). Tale orientamento evidenzia che in simile giudizio vanno considerate anche le possibili lesioni derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate, a maggior ragione quando «su una legge non si siano ancora formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue astratte potenzialità applicative» (sentenza n. 107 del 2017).
6.1.2.– È palese la violazione del dispositivo di adeguamento, disegnato dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, ad opera dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016.
A conforto di tale conclusione va richiamata la sentenza n. 356 del 1994 – precedente immediatamente rilevante per l’attuale giudizio – che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 7 del d.l. n. 496 del 1993, che disponeva l’immediata applicabilità anche alle Province autonome del decreto istitutivo delle agenzie per l’ambiente sino all’adozione delle apposite normative provinciali. Detta sentenza ha, infatti, sottolineato come simili disposizioni tocchino «i rapporti tra atti legislativi statali e leggi provinciali, invertendo la sequenza prevista dalle norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige», contraddicendo «palesemente le modalità ed i tempi di adeguamento della legislazione provinciale alle norme statali di riforma economico-sociale».
Tali considerazioni conservano attualità nel presente giudizio. Ne deriva, dunque, l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui, salvando l’efficacia delle vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino alla entrata in vigore delle disposizioni attuative», dispone la diretta applicazione della legge statale alle Province autonome.
Rimangono assorbite le restanti censure.
6.2.– Le ricorrenti censurano anche il comma 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge n. 132 del 2016. Dopo aver disposto che l’entrata in vigore della legge è posticipata al centottantesimo giorno successivo alla pubblicazione (art. 16, comma 4, primo periodo), la disposizione censurata prevede che «[e]ntro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome recepiscono le disposizioni della medesima legge» (art. 16, comma 4, primo periodo).
Ad avviso delle ricorrenti, l’obbligo di recepimento implicherebbe la mera «trasposizione» delle norme statali nell’ordinamento provinciale, vincolando così automaticamente le Province all’osservanza di tutte le disposizioni della legge censurata, in deroga alla procedura di adeguamento prescritta dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. Secondo la Provincia di Bolzano, inoltre, vi sarebbe un contrasto con gli artt. 8 (numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21), 9 (numeri 8, 9 e 10), 16 dello statuto di autonomia, nonché con l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992 e con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. In particolare, l’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992 impedirebbe che, nelle materie di competenza provinciale, la legge attribuisca «agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell’art. 22 dello statuto medesimo».
6.2.1.– La questione è fondata.
Il tenore letterale della disposizione rende manifesta l’illegittimità costituzionale della norma, poiché evoca una necessaria, diretta trasposizione dell’intera disciplina statale negli ordinamenti provinciali. L’obbligo di recepimento comporta, infatti, una automatica equiparazione di tutte le disposizioni contenute nella legge di riforma al rango di “norma fondamentale”, mentre tale carattere deve essere riconosciuto «esclusivamente ai principi fondamentali enunciati o, comunque, desumibili (…) ovvero a quelle disposizioni che siano legate ai principi fondamentali da un vincolo di coessenzialità o di necessaria integrazione» (sentenza n. 170 del 2001; nello stesso senso, sentenze n. 477 del 2000, n. 323 del 1998 e n. 482 del 1995).
La disposizione è dunque costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prevede che le Province autonome debbano recepire l’intera legge statale anziché limitarsi ad imporre un onere di adeguamento ai principi fondamentali della normativa censurata.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale.
7.– Le ricorrenti hanno censurato, inoltre, l’art. 7, commi 1 e 7.
L’art. 7, comma 1, conferisce personalità giuridica alle agenzie regionali e provinciali, mentre il comma 7 impone alle Province autonome di apportare alle proprie leggi «le modifiche necessarie ad assicurare il rispetto del presente articolo entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge». Ad avviso delle ricorrenti, le disposizioni imporrebbero un modello organizzativo eccessivamente dettagliato, inferendo un vulnus all’autonomia organizzativa provinciale, garantita dall’art. 8, numero 1) e dall’art. 16 dello statuto speciale. Il comma 7, in particolare, renderebbe vincolante l’intero articolo anche nei precetti di dettaglio. Vi sarebbe, inoltre, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., perché le disposizioni statali realizzerebbero un sistema non proporzionato rispetto all’esigenza di assicurare un’uniformità dell’azione amministrativa a tutela dell’ambiente, con conseguente ridondanza sull’esercizio delle attribuzioni provinciali.
7.1.– Le questioni sono fondate.
Questa Corte si è già pronunciata sull’obbligo, imposto dal d.l. n. 496 del 1993, di istituire le agenzie provinciali per l’ambiente. Dopo avere affermato che tale atto normativo ha realizzato una complessiva opera di riforma volta a istituire il sistema di protezione ambientale, ha indicato il limite oltre il quale devono ritenersi illegittimamente compresse le competenze attribuite dallo statuto speciale di autonomia, con particolare riguardo alla competenza primaria in materia di organizzazione degli uffici e del relativo personale. In particolare, è stato affermato che il legislatore statale, «nel porre i principi della riforma economico-sociale di settore», deve lasciare «aperta alla legislazione provinciale ogni determinazione in ordine alla struttura ed agli organi dell’agenzia, all’articolazione degli uffici, agli ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da seguire ed ai rapporti con gli altri organi provinciali». Pertanto, deve restare affidata alla legge provinciale «la disciplina dell’organizzazione, delle risorse tecniche e di personale, dei mezzi finanziari, delle modalità di consulenza e di supporto tecnico da prestare agli apparati provinciali e degli enti locali che si avvalgono delle agenzie» (sentenza n. 356 del 1994).
In altri termini, agli enti ad autonomia differenziata deve essere lasciata la definizione di un modello organizzativo purché non incoerente con la finalità, perseguita dal disegno riformatore statale, di offrire una tutela unitaria e non frazionata del bene ambientale.
L’art. 7, comma 1, della legge n. 132 del 2016, nell’attribuire personalità giuridica alle agenzie provinciali attenua il rapporto di subordinazione funzionale che detti organismi intrattengono con gli organi regionali di indirizzo politico. La finalità di consolidamento dell’autonomia amministrativa e tecnico-scientifica delle agenzie perseguita dalla disposizione de qua, pur astrattamente legittima nell’ambito dei rapporti che lo Stato intrattiene con le regioni a statuto ordinario, genera un vulnus quando, come nel caso di specie, vi sia una competenza primaria, prevista dallo statuto speciale (art. 8, numero 1), che consente alle Province di determinarsi autonomamente in ordine alla struttura di un organo pur sempre inserito nell’articolazione provinciale. Nell’imporre un modello uniforme di organizzazione amministrativa, valevole anche per gli enti ad autonomia differenziata, la disposizione censurata eccede lo scopo del coordinamento finalizzato alla tutela del bene ambientale, così violando anche l’art. 3, comma 1, Cost. – sub-specie del principio di ragionevolezza – e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97, comma 2, Cost.
Di qui l’incostituzionalità della disposizione censurata, nella parte in cui trova applicazione nei confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
7.2.– Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 7, comma 1, consegue la fondatezza delle censure concernenti anche il comma 7 di tale articolo, nella parte in cui impone categoricamente la conformazione della legislazione provinciale alle prescrizioni dello stesso anche laddove, come nel caso di cui al comma 1, le disposizioni abbiano una portata specifica e dettagliata, invasiva delle competenze statutariamente riconosciute agli enti ad autonomia differenziata, dato che le ricorrenti sono private di qualsiasi margine di integrazione normativa da disposizioni che interferiscono sul quomodo dell’organizzazione amministrativa delle agenzie.
È dunque costituzionalmente illegittimo l’art. 7, comma 7, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui non contempla una clausola di salvaguardia che consenta alle Province autonome di modificare la propria legislazione secondo le disposizioni in esso contenute, in conformità allo statuto speciale e alle relative norme di attuazione (sentenza n. 301 del 2013).
Restano assorbiti gli ulteriori profili di incostituzionalità.
8.– Le Province autonome censurano altresì i commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge n. 132 del 2016. Il comma 1 stabilisce le condizioni di selezione dei direttori generali delle agenzie, «nominati, secondo le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale o regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano l’ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici uffici».
Il comma 2 del medesimo articolo istituisce presso l’ISPRA «un’anagrafe dei direttori generali dell’ISPRA e delle agenzie, costantemente aggiornata e pubblicata nel sito internet dell’ISPRA medesimo, contenente le informazioni sui requisiti professionali e sulla retribuzione dei medesimi. In fase di prima applicazione della presente legge, sono iscritti nell’anagrafe i direttori generali in carica alla data della sua entrata in vigore».
Ad avviso delle ricorrenti, le disposizioni sarebbero lesive della competenza provinciale in materia di organizzazione degli uffici e delle altre competenze primarie e concorrenti (in particolare, art. 8, numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21; 9, numeri 8, 9 e 10; e 16, dello statuto di autonomia), ponendo una norma di dettaglio e auto-applicativa. Ne deriverebbe anche la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che prescrive allo Stato di non intervenire con norme di dettaglio, direttamente applicabili, alle Province autonome. Le norme sarebbero in contrasto anche con l’art. 3, comma 1, Cost., sub specie del principio di ragionevolezza, nonché con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost., perché l’autonomia organizzativa della Provincia sarebbe compressa in misura eccedente rispetto allo scopo di coordinare il sistema nel quadro nazionale e istituire una “rete” nazionale.
8.1.– La questione avente ad oggetto il citato art. 8, comma 1, relativo ai requisiti di nomina dei direttori generali, è fondata.
Sebbene tale disposizione miri ad evitare conflitti di interesse o, comunque, situazioni capaci di pregiudicare l’imparzialità delle agenzie e, quindi, il buon andamento dell’azione amministrativa nel perseguimento dei propri fini istituzionali, essa non si limita a stabilire un principio generale volto a garantire la separazione tra organi titolari della funzione di indirizzo-politico e soggetti incaricati di compiti tecnico-gestionali, o l’assenza di condizionamenti che possano sviare gli organi apicali dal miglior esercizio delle funzioni direttive. La disposizione indica, nel dettaglio, una serie di indefettibili requisiti dei direttori generali, interferendo inevitabilmente con la competenza legislativa primaria in materia di organizzazione del personale riconosciuta dall’art. 8, numero 1 dello statuto di autonomia. L’esigenza di offrire una tutela non frazionabile al bene ambientale non consente di realizzare un intervento che, pure mosso da esigenze di riforma complessiva del settore, comprima l’autonomia costituzionalmente garantita delle ricorrenti.
Ne discende l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui, disponendo che i direttori generali delle agenzie sono nominati «tra soggetti di elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale o regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano l’ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici uffici», è applicabile anche alle Province autonome.
8.2.– La questione avente ad oggetto l’impugnato art. 8, comma 2, relativo all’anagrafe dei direttori generali, invece, non è fondata.
Detta norma istituisce un’anagrafe dei direttori generali delle agenzie, da tenersi a cura dell’ISPRA e pubblicato sul relativo sito istituzionale, con l’indicazione dei requisiti professionali e del trattamento retributivo. Essa assolve a un compito di pubblicità e trasparenza, corollari del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, in modo da consentire un controllo diffuso, da parte degli amministrati, sull’adeguatezza dei soggetti incaricati di funzioni apicali. La norma censurata non incide sulle competenze legislative delle ricorrenti, che restano libere, nell’esercizio della loro autonomia, di stabilire le condizioni per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali.
Ne consegue l’infondatezza delle prospettate censure.
9.– Relativamente alle questioni aventi ad oggetto l’art. 14, commi 1, 3 e 5, della legge n. 132 del 2016, va premesso che: il comma 1 dell’art. 14 dispone l’adozione, da parte dell’ISPRA, di uno schema di regolamento volto a individuare il personale incaricato dei servizi ispettivi, il codice etico, i criteri per lo svolgimento delle attività ispettive e le relative competenze; il comma 3 dello stesso articolo attribuisce a tale schema la forma del d.P.R., adottato previa intesa in sede di Conferenza; il comma 5 dispone che, in attuazione del predetto regolamento, il presidente dell’ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie individuino il personale incaricato alle funzioni ispettive con appositi regolamenti interni.
Ad avviso delle ricorrenti, la previsione di un potere regolamentare statale violerebbe non solo gli artt. 53 e 54, comma 1, numero 3, dello statuto speciale, ma anche l’art. 117, sesto comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che sancisce il principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione regolamentare; e gli artt. 2 e 4 del d.lgs. 266 del 1992, che prevedono i rapporti tra leggi e precludono l’affidamento allo Stato di poteri amministrativi nelle materie di competenza provinciale. L’intesa in Conferenza Stato-Regioni, richiesta dal comma 3, non sarebbe sufficiente ad escludere la denunciata violazione, posto che, nei confronti delle Province autonome, lo Stato non potrebbe invocare titoli capaci di condizionare le competenze ad esse garantite dallo statuto speciale diversi da quelli menzionati negli artt. 4 e 5 della carta statutaria. Inoltre, sarebbe illegittimo il comma 5, il quale attribuisce ad un regolamento interno della agenzia, anziché alla Provincia autonoma, la funzione di disciplinare il personale incaricato degli interventi ispettivi in attuazione del regolamento statale, sottraendo uno spazio, in materia di organizzazione degli uffici, proprio degli enti ad autonomia differenziata.
9.1.– Le questioni concernenti il censurato art. 14, commi 1 e 3, sono fondate.
Tali norme demandano a un d.P.R. l’indicazione delle modalità, valevoli per tutti i “nodi” del sistema a rete di protezione ambientale, di individuazione del personale ispettivo, del codice etico, delle competenze di tali funzionari e dei criteri generali per lo svolgimento delle loro attività. Il regolamento dovrà essere ispirato al principio della rotazione del medesimo personale nell’esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, «al fine di garantire la terzietà dell’intervento ispettivo».
La diretta applicazione del decreto negli ordinamenti provinciali viola l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, consentendo a una disciplina di dettaglio, adottata tramite fonte secondaria di derivazione statale, di vincolare gli enti ad autonomia differenziata. D’altronde, se è vero che il principio, al primo accessorio, della terzietà del personale ispettivo e il principio della rotazione degli interventi costituiscono norme fondamentali di riforma, funzionali ad assicurare una migliore qualità dei controlli ambientali e capaci, dunque, di guidare le Province autonome nell’adeguamento dei rispettivi ordinamenti, non altrettanto può dirsi per l’ulteriore normativa di dettaglio che dovrà essere riportata dal regolamento di attuazione, suscettibile di incidere su materie riservate alle competenze legislative delle ricorrenti e, in particolare, sulla competenza primaria in materia di organizzazione degli uffici e del personale. In tal senso, la prescritta intesa, che deve precedere l’adozione del regolamento, non è sufficiente ad evitare una illegittima compressione della autonomia speciale costituzionalmente garantita.
I commi 1 e 3 dell’art. 14 della legge n. 132 del 2016, devono, quindi, essere dichiarati costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui prevedono che il d.P.R. relativo alle modalità di individuazione del personale incaricato e degli interventi ispettivi, al codice etico, alle competenze del personale ispettivo e ai criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive, si applichi anche alle Province autonome.
Sono assorbiti gli ulteriori profili di incostituzionalità dedotti dalle ricorrenti.
9.2.– La questione relativa al comma 5 dell’art. 14 della legge n. 132 del 2016 non è fondata.
La disposizione rimette a «regolamenti interni» dell’ISPRA e delle agenzie (a seconda del livello di governo interessato) la concreta individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi tramite proprio regolamento interno. Al di là della impropria qualificazione conferita agli atti interni delle agenzie, la prescrizione allude alla distribuzione delle mansioni ispettive all’interno dell’ente e, dunque, a una concreta attività amministrativa non manifestamente incoerente rispetto all’attribuzione generale di autonomia, da parte della legge impugnata, agli enti strumentali (art. 7, comma 1). L’autonomia amministrativa non può non ricomprendere necessariamente anche un margine di discrezionalità in merito all’organizzazione, e d’altronde in questa direzione si collocano le leggi provinciali istitutive delle agenzie (art. 1 della legge prov. Trento 11 settembre 1995, n. 11, recante «Istituzione dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente»; art. 1 della legge prov. Bolzano 19 dicembre 1996, n. 25, recante «Agenzia provinciale dell’ambiente»), le quali attribuiscono espressamente a tali organismi, a corollario dell’autonomia amministrativa, un autonomo potere di organizzazione interna.
Di qui la non fondatezza della questione prospettata.
10.– Le ricorrenti hanno impugnato l’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016, il quale consente all’ISPRA, «con il concorso delle agenzie, di adottare norme tecniche in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell’informazione ambientale di controllo, di gestione dell’informazione ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l’armonizzazione, l’efficacia, l’efficienza e l’omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale».
Secondo le ricorrenti, la disposizione conferirebbe un potere normativo all’ISPRA, organo di natura statale, in violazione delle competenze legislative primarie delle Province in materia di urbanistica e di tutela del paesaggio (articolo 8, numeri 5 e 6 dello statuto speciale), di protezione civile, di caccia e pesca, di alpicoltura e parchi naturali, di viabilità e di acquedotti, di agricoltura e foreste (articolo 8, numeri 15, 16, 17 e 21 dello statuto speciale), nonché delle competenze concorrenti in materia di igiene e sanità, di industria e artigianato e di utilizzazione delle acque pubbliche (articolo 9, numeri 10, 8 e 9 dello statuto di autonomia) e delle corrispondenti funzioni amministrative (art. 16 dello statuto speciale). La norma violerebbe anche il principio di leale collaborazione, perché la disciplina di tale potere normativo non sarebbe affiancato da moduli collaborativi con gli enti territoriali (nelle forme dell’intesa o quanto meno del parere obbligatorio in Conferenza).
10.1.– La questione non è fondata.
La previsione della funzione di normazione tecnica è specificazione del generale potere di coordinamento statuito dal comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 132 del 2016 a favore dell’ISPRA. Secondo la predetta norma, all’organo statale spetta l’esercizio di «funzioni tecniche e scientifiche per la più efficace pianificazione e attuazione delle politiche di sostenibilità delle pressioni sull’ambiente, sia a supporto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sia in via diretta tramite attività di monitoraggio, di valutazione, di controllo, di ispezione e di gestione dell’informazione ambientale, nonché di coordinamento del Sistema nazionale». Tali compiti – e la corrispondente attività normativa – sono esercitati con riguardo al sistema a rete delle agenzie «senza che sia possibile configurare (…) un accentramento di funzioni ed una subordinazione delle agenzie provinciali, destinate ad atteggiarsi ed operare quale organo periferico dell’Agenzia nazionale» (sentenza n. 356 del 1994).
La funzione di coordinamento, svolta dal soggetto operante a livello statale, ha già superato il vaglio di legittimità costituzionale di questa Corte, che ha scrutinato due norme di contenuto analogo alla disposizione censurata (ma dallo spettro applicativo più ampio) recate dal d.l n. 496 del 1993. La sentenza poc’anzi citata ha infatti affermato che il coordinamento svolto dall’organo operante a livello statale ha natura tecnica, ed è finalizzato a definire «l’omogeneità sul piano nazionale delle metodologie operative», distinto in quanto tale dal coordinamento politico amministrativo. Dunque, il coordinamento tecnico «può essere affidato anche ad enti appartenenti all’amministrazione statale, dotati delle conoscenze e delle esperienze tecniche necessarie in rapporto ai compiti previsti, senza che ciò determini una lesione delle competenze costituzionalmente assicurate alle regioni o alle province autonome» (sentenza n. 356 del 1994).
10.1.1.– È parimenti non fondata la censura avanzata con riferimento alla presunta violazione del principio di leale collaborazione: proprio perché il coordinamento svolto dall’ISPRA è di natura tecnico-scientifica, non vi è alcun imperativo di rango costituzionale che richieda il necessario coinvolgimento degli organi regionali di indirizzo politico o di amministrazione attiva. Peraltro, l’art. 4, comma 4, prevede il concorso, nell’adozione di norme tecniche, delle agenzie territoriali, e l’art. 13 (non oggetto di impugnazione) dà vita anche al “Consiglio del Sistema nazionale”, deputato alla concertazione del coordinamento tecnico – composto dai legali rappresentanti dell’agenzia nazionale e delle agenzie territoriali – chiamato ad esprimere parere vincolante «su tutti gli atti di indirizzo o di coordinamento relativi al governo del sistema medesimo».
11.– Le ricorrenti hanno impugnato anche il comma 5, dell’art. 7, nonché i commi 2, 3 e 4 dell’art. 15 della legge n. 132 del 2016, disciplinanti, a diverso titolo, l’assetto tariffario e la procedura per definire le modalità di assegnazione degli introiti alle agenzie.
Secondo l’art. 15, comma 2, le «spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti inquinati, sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe nazionali approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». In via provvisoria, nelle more dell’approvazione delle tariffe nazionali, il comma 3 – egualmente impugnato – dispone l’applicazione delle «tariffe delle agenzie, approvate dalle rispettive regioni o province autonome». Il comma 4 dispone, inoltre, che «[c]on decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di assegnazione alle agenzie degli introiti conseguenti all’attuazione delle disposizioni del comma 2».
In forza del comma 5 dell’art. 7, le agenzie possono svolgere attività ulteriori a quelle previste dalla legge come obbligatorie «in favore di soggetti pubblici o privati, sulla base di specifiche disposizioni normative ovvero di accordi o convenzioni, applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, a condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA».
Ad avviso delle ricorrenti, gli artt. 7, comma 5, e 15, commi 2 e 3, sarebbero illegittimi perché violerebbero la competenza legislativa primaria in materia di organizzazione degli uffici e la corrispondente funzione amministrativa (artt. 8 e 16 dello statuto speciale), oltre alle ulteriori competenze interessate dall’azione delle agenzie (art. 9 dello statuto speciale). Le Province autonome richiamano, a conforto, la giurisprudenza costituzionale in materia di servizio idrico, sostenendo che la regolazione sarebbe un aspetto della competenza delle materie attribuite alla legislazione provinciale. L’art. 15, comma 4, nell’attribuire al Ministro il potere di definire la ripartizione delle risorse con suo decreto ministeriale, violerebbe poi l’autonomia finanziaria delle Province, determinando in via unilaterale i rapporti finanziari tra queste e lo Stato (in violazione degli artt. 75, 75-bis, comma 3-bis, e 79 dello statuto speciale; dell’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001; del d.lgs. n. 268 del 1992; e dell’art. 27 della l. n. 42 del 2009).
11.1.– Le questioni relative all’art. 15, commi 2 e 3, non sono fondate.
Da una lettura sistematica della legge n. 132 del 2016 si desume un triplice ordine di attività svolto dalle agenzie. Per un verso, queste realizzano attività istituzionali obbligatorie, necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA nei rispettivi territori (artt. 9 e 10). La legge poi individua espressamente specifiche attività obbligatorie (rispetto a quelle da individuare, in via generale, attraverso le procedure indicate dai medesimi artt. 9 e 10), a valere sugli specifici finanziamenti di cui all’art. 15, comma 2. Infine, le agenzie possono svolgere attività ulteriori, in favore di soggetti pubblici o privati, applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente, a condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA (art. 7, comma 5).
Non è in discussione, pertanto, che le attività descritte dall’art. 15, comma 2, attengano al nucleo pregnante dell’azione delle agenzie, ascrivibili alle funzioni fondamentali del sistema di protezione ambientale indicate dall’art. 3 della legge n. 132 del 2016.
Inoltre, questa Corte ha già affermato che la definizione uniforme delle tariffe sull’intero territorio nazionale, rispetto ad attività obbligatorie prestate nei confronti dei soggetti privati, ha l’effetto riflesso di promuovere la parità di trattamento degli operatori economici che si rivolgono alle agenzie, intersecando anche la materia della concorrenza (sentenze n. 272 del 2010 e n. 450 del 2006).
Il potere di determinare il quantum tariffario attiene all’ambito materiale entro cui si colloca la relativa attività. I servizi obbligatori definiti dallo Stato richiedono una disciplina tariffaria di esclusiva provenienza statale: è, infatti, il “tipo” di attività, a sua volta specchio degli interessi unitari ad esso sottesi, che identifica l’agenzia quale soggetto del sistema nazionale di protezione ambientale o, viceversa, quale soggetto istituzionale orbitante attorno all’ordinamento territoriale.
Poiché la disposizione in oggetto definisce un costo omogeneo delle ulteriori prestazioni ambientali specificamente individuate dalla legge, da garantire sull’intero territorio nazionale, ne deriva la non fondatezza della questione relativa al comma 3, nella parte in cui dispone l’applicazione delle tariffe nazionali alle Province autonome, una volta approvate dal Ministero dell’ambiente.
11.2.– La questione concernente l’impugnato art. 15, comma 4, non è fondata.
11.2.1.– La norma affida ad un decreto del ministero dell’ambiente, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, le modalità di distribuzione delle risorse derivanti dalle attività indicate dal comma 2 dell’art. 15. La disciplina del finanziamento delle attività obbligatorie (dal quantum tariffario alle modalità di distribuzione degli introiti) attiene alla generale sostenibilità finanziaria del sistema nazionale di protezione ambientale, secondo un assetto che non pare eccentrico rispetto alla finalità di tutela dell’ambiente e riconducibile, nel complesso, al fondamentale disegno di riforma del settore.
Peraltro, le modalità di finanziamento sono sì fissate dalla fonte regolamentare statale, ma previa intesa in Conferenza: in questo modo, il rinvio a procedure di natura cooperativa sembra idoneo a includere gli enti territoriali nella decisione sui criteri di distribuzione delle risorse, anche in vista del soddisfacimento di istanze perequative nella redistribuzione degli introiti.
Di qui il rigetto della questione prospettata.
12.– La questione concernente l’art. 7, comma 5, della legge n. 132 del 2016 è fondata.
Tale norma dispone che le tariffe relative alle attività ulteriori svolte dalle agenzie, diverse da quelle previste obbligatoriamente dalla legge statale, sono unilateralmente determinate dal Ministro dell’Ambiente attraverso apposito decreto ministeriale e direttamente applicate anche sul territorio provinciale.
La disposizione impugnata si pone in contrasto con la competenza primaria delle Province autonome in materia di organizzazione degli uffici (art. 8, n. 1, dello statuto di autonomia). Questa Corte ha già rinvenuto il punto di equilibrio tra i due interessi di rango costituzionale coinvolti in simili regolazioni: da un lato, l’esigenza di disciplina uniforme, che assiste il sistema di governance nazionale, coerente con l’indole trasversale del valore ambientale; dall’altro, la necessaria salvaguardia del regime di specialità degli enti ad autonomia differenziata di cui l’autonomia organizzativa posta dallo statuto costituisce immediato corollario. La sentenza n. 356 del 1994, infatti, ha ritenuto riservata alla legislazione provinciale la definizione della struttura interna dell’agenzia, insieme «agli ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da seguire ed ai rapporti con gli altri organi provinciali». È stato, dunque, riconosciuto un margine di manovra alle Province autonome in ordine a eventuali, ulteriori attività di rilievo provinciale, in materia di prevenzione, vigilanza, controllo ambientale, in coerenza con quanto stabilito ora dall’art. 7, comma 5, l. n. 132 del 2016, a norma del quale le agenzie possono svolgere attività ulteriori rispetto a quelle individuate tramite i LEPTA, sulla base di accordi, convenzioni o – appunto – di «specifiche disposizioni normative» poste, eventualmente, anche dagli enti territoriali.
Alla luce di tali premesse, la disposizione censurata, nell’affidare al Ministro dell’ambiente il compito di determinare le tariffe per attività ulteriori disciplinate dalle leggi provinciali, presenta un contenuto eccedente rispetto allo scopo perseguito dall’intervento statale, invasivo dell’autonomia organizzativa delle ricorrenti.
Il potere di configurare la tariffa, infatti, “accede” all’ambito materiale corrispondente. La quantificazione tariffaria condiziona il modello organizzativo prescelto dalla Provincia per l’ente strumentale, così invadendo la competenza primaria prevista dall’art. 8 dello statuto di autonomia. D’altronde, in tal senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte che, in materia di servizio idrico integrato, ha riconosciuto come la competenza in materia di organizzazione del servizio attragga anche l’individuazione dei criteri di determinazione delle tariffe ad esso inerenti (sentenze n. 142 del 2015, n. 233 del 2013 e n. 357 del 2010).
L’art. 7, comma 5, della legge n. 132 del 2016 è, dunque, illegittimo nella parte in cui applica anche alle Province autonome le tariffe stabilite dal Ministero dell’ambiente per le attività ulteriori svolte dalle agenzie provinciali.
Sono assorbiti gli ulteriori profili di incostituzionalità evidenziati dalle ricorrenti.