Ritenuto in fatto
1.− Con ricorso notificato il 31 gennaio-4 febbraio 2014 e depositato in cancelleria il 14 febbraio 2014, la Regione Liguria ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’annullamento, previa dichiarazione di non spettanza allo Stato, della nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, Servizi ispettivi di finanza pubblica − in data 26 novembre 2013, n. 97572, con la quale sono state trasmesse due relazioni sulla verifica amministrativo-contabile eseguita presso la Regione Liguria dal 20 maggio 2013 al 27 giugno 2013; e per l’annullamento delle suddette relazioni, entrambe redatte in data 15 ottobre 2013 e aventi ad oggetto, la prima, gli scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, ai sensi dell’art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), e, la seconda, le spese per il personale, ai sensi dell’art. 60, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
2. − Riferisce la ricorrente che, in seguito ad una nota in data 14 maggio 2013 del Ragioniere generale dello Stato, veniva eseguita, dal 20 maggio 2013 al 27 giugno 2013, una verifica ispettivo-contabile avente ad oggetto la gestione finanziaria e le spese del personale della Regione Liguria. All’esito di tale verifica erano redatte, in data 15 ottobre, due distinte relazioni contenenti i risultati dell’ispezione eseguita, relative, l’una, alla verifica di eventuali scostamenti finanziari dagli obiettivi di finanza pubblica sotto il profilo di bilancio e finanziario, l’altra, alla verifica delle spese per il personale, con particolare riguardo agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati.
In entrambe le relazioni erano rilevate alcune irregolarità e, nella nota del 26 novembre 2013 con cui esse erano trasmesse alla Regione, si invitava quest’ultima ad adottare i provvedimenti idonei e ad informare il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato delle iniziative intraprese. Si comunicava, inoltre, l’invio delle relazioni alla Corte dei conti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 60, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001; la ricorrente ritiene che fosse prefigurata, infine, l’assunzione di iniziative per sanare le irregolarità e le carenze emerse dall’ispezione (così veniva, infatti, intesa, dalla difesa regionale, l’espressione «si resta in attesa di conoscere l’esito»).
2.1.− Osserva, anzitutto, la difesa della Regione Liguria che la relazione con la quale sono sollevati rilievi critici sulla gestione dell’attività finanziaria e di bilancio pretenderebbe di rinvenire il proprio fondamento nell’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, così come novellato dall’art. 5 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nel testo introdotto dall’art. 1-bis, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.
L’art. 14 comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 196 del 2009 consente allo Stato di attuare verifiche sulla gestione amministrativa e contabile delle amministrazioni pubbliche, con espressa eccezione delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Il successivo art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011 ha esteso tali verifiche anche alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ove emergano indicatori di squilibrio finanziario. Ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 219 del 2013, ha dichiarato incostituzionale l’art. 5 citato, in relazione agli artt. 117 e 119 della Costituzione, ritenendo che un generale potere di sorveglianza da parte del Governo sulla gestione amministrativa e contabile delle Regioni pregiudichi la loro autonomia costituzionalmente garantita. Da ciò, secondo la ricorrente, la natura invasiva degli atti impugnati nel giudizio.
La difesa della Regione Liguria osserva, inoltre, che il potere ispettivo sarebbe stato comunque esercitato al di fuori dei presupposti previsti dalla legge, in quanto non vi era evidenza dell’esistenza di alcuno squilibrio finanziario nei conti della Regione, i cui bilanci erano stati favorevolmente sottoposti al controllo della Sezione regionale della Corte dei conti.
2.2.− Con riferimento alla verifica disposta ai sensi dell’art. 60, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, e, in particolare, ad alcuni rilievi critici contenuti nella relativa relazione, la difesa della Regione Liguria osserva che il potere ispettivo sarebbe stato esercitato in violazione dell’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione dagli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost. Ciò perché l’art. 60, comma 5, citato, dedicato alla verifica della spesa per il personale, limiterebbe l’ambito ispettivo all’osservanza, da parte regionale, degli accordi collettivi nazionali e decentrati, mentre non consentirebbe un generalizzato potere di verifica sulla gestione del personale regionale. Inoltre, poiché alcune delle irregolarità rilevate muoverebbero da una sorta di improprio sindacato su leggi regionali vigenti, non impugnate tempestivamente dal Governo nel giudizio di legittimità in via principale sulle leggi, la difesa regionale contesta, appunto, che organi amministrativi dipendenti dall’esecutivo possano procedere ad un tale sindacato sulla legittimità e/o sulla applicabilità di leggi regionali validamente vigenti.
Infine, osservando che l’art. 60, comma 5, citato è stato approvato prima della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione e ritenendo che esso non sia conforme agli artt. 114 e seguenti Cost., nella loro attuale formulazione, chiede alla Corte costituzionale di sollevare di fronte a se stessa questione di legittimità costituzionale della norma de qua, richiamando, a sostegno di tale istanza, le motivazioni della sentenza n. 219 del 2013, di cui viene riportato ampio stralcio.
La difesa della Regione Liguria conclude chiedendo alla Corte costituzionale, previa delibazione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, per violazione degli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost., di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, Servizi ispettivi di finanza pubblica – effettuare le descritte verifiche ispettive e imporre obblighi alla Regione all’esito di esse, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
3.− Nel giudizio si è costituito, con atto depositato il 17 marzo 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato, preliminarmente, inammissibile e, in subordine, infondato.
In punto di ammissibilità del ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato rileva, anzitutto, un difetto di genericità quanto ai parametri costituzionali asseritamente violati: i motivi del ricorso, così come formulati, non sarebbero rispettosi di quanto disposto dall’art. 39, quinto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), poiché si limiterebbero alla generica evocazione di alcune norme costituzionali, senza indicazione delle specifiche sfere di attribuzioni regionali violate, e con un mero rinvio a quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 219 del 2013.
In secondo luogo, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il ricorso sarebbe inammissibile per tardività, in quanto la Regione contesta il potere di effettuare verifiche ispettive, senza però aver impugnato la comunicazione che tali verifiche aveva disposto.
Infine, il ricorso sarebbe inammissibile in quanto la nota in data 26 novembre 2013 del Ragioniere generale dello Stato imporrebbe alla Regione solo l’obbligo di fornire informazioni sui provvedimenti adottati per porre rimedio alle irregolarità riscontrate e sui risultati conseguiti, lasciando, invece, alla sua autonomia la scelta degli interventi necessari, dei loro contenuti e dei tempi.
3.1.− Quanto all’infondatezza del ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che gli accertamenti di regolarità amministrativa e contabile, fondati esclusivamente sulla documentazione che i soggetti pubblici sono tenuti ad esibire, rientrerebbero tra gli strumenti necessari al perseguimento delle finalità di coordinamento della finanza pubblica, e non avrebbero alcun carattere coercitivo e sanzionatorio. La verifica si esaurirebbe, infatti, in una attività referente, rimettendo alla discrezionalità della Regione l’adozione di eventuali provvedimenti correttivi, nel rispetto del principio di leale collaborazione, per il raggiungimento dei comuni obiettivi, anche di carattere sovranazionale, sanciti dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), e regolati dalla normativa in materia di contabilità e finanza pubblica.
Il caso in esame sarebbe, per altro, analogo a quello già deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 370 del 2010, in cui è affermato che «il coordinamento finanziario può richiedere, per la sua stessa natura, anche l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo».
In conclusione, l’Avvocatura generale dello Stato chiede il rigetto del ricorso, poiché i poteri previsti dall’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, e dall’art. 60, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 troverebbero fondamento nelle norme generali sul sistema della finanza pubblica.
4.− In data 19 marzo 2015, la difesa della Regione Liguria ha depositato memoria, in cui contesta i rilievi dell’Avvocatura generale dello Stato in ordine all’inammissibilità e all’infondatezza del conflitto e sviluppa gli argomenti già enucleati nel ricorso introduttivo.
Rispetto alle eccezioni di inammissibilità, osserva che in base al ricorso non potrebbero sorgere dubbi sulle norme costituzionali e sulle competenze regionali in discussione; che la necessità di promuovere il conflitto sarebbe emersa successivamente alla nota del 14 maggio 2013 di avvio dell’ispezione, ossia nel momento in cui sarebbe venuto ad evidenza che il procedimento di verifica si era concretizzato nell’esercizio di un diffuso e penetrante potere di ispezione e di controllo, e quando è stata trasmessa la nota del 26 novembre 2013, con la quale si chiedeva alla Regione l’assunzione di comportamenti correttivi e di adeguamento ai rilievi statali, emergendo con chiarezza la natura invasiva, e non meramente sollecitatoria o collaborativa, dell’attività ispettiva nei confronti dell’autonomia regionale; che, peraltro, solo nel mese di luglio 2013 si è avuta conoscenza della sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione sulla quale la disposta ispezione si fondava, e che consentiva l’attività ispettiva ex art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, a carico anche delle Regioni.
Nel merito, la difesa della Regione sviluppa le argomentazioni del ricorso introduttivo, insistendo per il suo accoglimento.
5.− In data 24 marzo 2015, l’Avvocatura generale dello Stato ha, a sua volta, depositato memoria, in cui insiste per l’accoglimento delle eccezioni di inammissibilità e di merito già formulate nell’atto di costituzione.
In particolare, ribadisce che il ricorso sarebbe inammissibile, in quanto la Regione muoverebbe dall’erroneo presupposto interpretativo secondo cui le attività ispettive contestate sarebbero sfociate nell’imposizione di obblighi specifici, mentre la nota si limiterebbe ad imporre l’obbligo di fornire informazioni sui provvedimenti adottati per porre rimedio alle irregolarità riscontrate.
Quanto all’infondatezza del ricorso, l’Avvocatura generale osserva che le attività contestate sarebbero preordinate al controllo sulla spesa pubblica e sui costi del personale e troverebbero il loro fondamento nella competenza, sicuramente statale, di coordinamento della finanza statale con quella locale.
Considerato in diritto
1.− La Regione Liguria ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, per l’annullamento, previa dichiarazione di non spettanza allo Stato, della nota in data 26 novembre 2013, n. 97572, del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, Servizi ispettivi di finanza pubblica – con la quale sono state trasmesse due relazioni sulla verifica amministrativo-contabile eseguita, dal 20 maggio 2013 al 27 giugno 2013, presso la Regione Liguria; e per l’annullamento delle suddette relazioni, entrambe redatte in data 15 ottobre 2013 e aventi, rispettivamente, ad oggetto, l’una, gli scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, ai sensi dell’art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), e, l’altra, le spese per il personale, ai sensi dell’art. 60, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
La ricorrente assume, in primo luogo, che non spetterebbe allo Stato disporre presso la Regione una verifica amministrativo-contabile in materia di scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, in quanto lesiva della sua sfera di attribuzioni costituzionali, definita dagli artt. 114, 117, 118 e 119 della Costituzione. Ritiene, infatti, la Regione che tale verifica sarebbe viziata per carenza di potere, perché disposta sulla base di una disposizione normativa − l’art. 5 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nel testo introdotto dall’art. 1-bis, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, che rinvia all’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009 − che la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima, con sentenza n. 219 del 2013, proprio nella parte in cui consentiva lo svolgimento di generalizzate verifiche ispettive sull’attività amministrativa e contabile delle Regioni.
In secondo luogo, afferma che non spetterebbe allo Stato disporre presso la Regione una verifica amministrativo-contabile in materia di spese per il personale, in quanto essa pure lesiva della sfera di autonomia costituzionalmente garantita all’ente regionale dagli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost. Assume, sul punto, la Regione che tale verifica si fonderebbe su una disposizione – l’art. 60, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 – anch’essa costituzionalmente illegittima, e della quale chiede che la Corte costituzionale rimetta davanti a se stessa la relativa questione di legittimità costituzionale. Ritiene, comunque, che la verifica si sarebbe svolta al di là dei limiti fissati dalla norma appena citata, poiché non si sarebbe limitata ad accertare la spesa in riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati e alla «corretta applicazione degli accordi collettivi stipulati», ai sensi dell’art. 27, quarto comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93 (Legge quadro sul pubblico impiego), cui l’art. 60, comma 5, citato, rinvia, ma si sarebbe tradotta in un sindacato di carattere generale sulla gestione del personale, e in un improprio controllo su leggi regionali vigenti.
2.− In via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, dall’Avvocatura generale dello Stato.
2.1.− Secondo la resistente, il ricorso sarebbe inammissibile, innanzitutto, per tardività, in quanto la Regione Liguria ha contestato la spettanza, in capo allo Stato, del potere di effettuare verifiche ispettive, senza però impugnare la nota del 14 maggio 2013 del Ragioniere generale dello Stato, che tali verifiche ha disposto. La ricorrente si è infatti limitata a censurare, all’esito di esse, la nota ministeriale del 26 novembre 2013, con cui sono state trasmesse le relazioni degli ispettori, nonché tali relazioni.
L’eccezione è fondata.
La giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, ritenuto inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra enti proposto contro atti consequenziali di atti anteriori non impugnati (sentenze n. 130 del 2014, n. 207 e n. 72 del 2012 e n. 369 del 2010). Nel caso in esame, la nota di trasmissione delle relazioni costituisce un atto consequenziale rispetto alla nota del 14 maggio 2013, con la quale lo Stato, disponendo l’avvio delle ispezioni, ha espresso una chiara manifestazione di volontà di affermare la propria competenza a svolgere verifiche (sentenza n. 370 del 2010). Contestando la Regione la spettanza stessa del potere ispettivo, avrebbe dovuto impugnare innanzitutto la nota ora ricordata.
È vero, quantomeno con riferimento alla parte di ricorso avverso la verifica in materia di scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, che il quadro normativo di riferimento a disposizione della ricorrente è mutato, in seguito alla sentenza n. 219 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma sulla quale la verifica ispettiva si fondava, cioè l’art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011, nel testo introdotto dall’art. 1-bis, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, nella parte in cui consentiva lo svolgimento di attività ispettive “ad ampio spettro” sulla gestione amministrativa e contabile delle Regioni, previste dall’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009. Tale pronuncia è stata depositata nel luglio 2013, successivamente all’espletamento delle verifiche. E può quindi convenirsi con la ricorrente quando sostiene che il suo interesse a ricorrere in punto di spettanza del potere ispettivo è sorto solo con il deposito della sentenza in questione, la tempestività dell’impugnativa dovendo essere valutata anche alla luce del momento nel quale matura la consapevolezza della lesione. Ma, proprio per questo, la ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare, visto il nuovo quadro normativo di riferimento, anche la nota del 14 maggio 2013 del Ragioniere generale dello Stato, la quale, sul presupposto della spettanza allo Stato del potere ispettivo, aveva disposto le verifiche in discussione.
La mancanza di tale impugnazione determina l’inammissibilità del conflitto.