REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco GALLO; Giudici : Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2003, n. 27 «Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche» e successive modificazioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27 aprile-4 maggio 2012, depositato in cancelleria il 3 maggio 2012 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 12 febbraio 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
uditi l’avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso spedito per la notifica il 27 aprile 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 3 maggio 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2003, n. 27 «Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche» e successive modificazioni).
Il testo della disposizione impugnata è il seguente:
«1. Dopo il comma 6 dell’articolo 66 della legge regionale 7 novembre 2003, n. 27, sono inseriti i seguenti commi:
6-bis. Agli interventi nei territori regionali interessati da opere di consolidamento degli abitati ai sensi della legge regionale 12 aprile 1999, n. 17, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 61 del decreto del Presidente dalla Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, fermo restando le funzioni esercitate dai comuni ai sensi dell’articolo 87 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 e successive modificazioni.
6-ter. Le autorizzazioni previste dalle disposizioni di cui ai commi 6 e 6-bis non si applicano ai progetti e alle opere di modesta complessità strutturale, privi di rilevanza per la pubblica incolumità, individuati dalla Giunta regionale, previo parere della Commissione sismica regionale di cui all’articolo 67.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di pubblicazione del provvedimento della Giunta regionale ivi previsto nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge».
2.— Rileva la parte ricorrente che, per effetto della richiamata disposizione – e, specificamente, del comma 6-ter – è esclusa la necessità del previo rilascio delle autorizzazioni del competente ufficio tecnico regionale per i «progetti» e le «opere di modesta complessità strutturale» individuati dalla Giunta regionale, in base ad una procedura nella quale è prevista l’obbligatoria assunzione di un semplice parere da parte della Commissione sismica regionale.
Tali disposizioni sarebbero in contrasto con i principi fondamentali contenuti negli artt. 61 e 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia); l’art. 61, infatti, prevede che, nei territori comunali nei quali lo Stato o la regione abbia disposto interventi di consolidamento, l’esecuzione di opere e lavori diversi da quelli di ordinaria manutenzione è subordinata al rilascio della preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale; l’art. 94, poi, specifica, in relazione alle zone sismiche, che non si può avviare alcun lavoro «senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Ne consegue pertanto, secondo la parte ricorrente, che la norma della Regione Veneto oggetto di impugnazione si pone in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in tema di governo del territorio e di protezione civile. Ciò sarebbe confermato anche dalla sentenza n. 182 del 2006 della Corte costituzionale, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 105, comma 3, della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), nella parte in cui disponeva che si potessero cominciare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione; in quell’occasione, fra l’altro, la Corte ha rilevato che la legislazione statale è animata da un intento unificatore, ossia quello di un’assidua vigilanza sui rischi sismici delle costruzioni.
3.— Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che la prospettata questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
Rileva la Regione, in via preliminare, che la questione sarebbe inammissibile per l’evidente genericità delle censure di cui al ricorso. L’Avvocatura dello Stato, infatti, si limita a «denunciare apoditticamente» la violazione delle competenze in tema di governo del territorio e protezione civile, «omettendo qualsiasi sviluppo argomentativo a sostegno delle proprie censure»; in tal modo il ricorso – secondo la Regione Veneto – non risponde ai requisiti indicati dalla giurisprudenza costituzionale, secondo la quale l’atto di promovimento della questione in via principale non può limitarsi all’individuazione delle norme, ma deve anche contenere una sia pure sintetica argomentazione a sostegno delle proprie tesi.
A tale genericità si accompagnerebbe, inoltre, una «non sempre nitida stesura», come risulta dal fatto che il ricorso introduttivo contiene anche alcuni erronei riferimenti alla legge della Regione Veneto n. 22 del 1973, laddove la disposizione censurata è andata a modificare il contenuto della legge della Regione Veneto n. 27 del 2003.
Nel merito, comunque, le censure sarebbero tutte prive di fondamento.
La legge oggetto di impugnazione, infatti, dispone che non debbano applicarsi le autorizzazioni di cui ai commi 6 e 6-bis dell’art. 66 della legge regionale n. 27 del 2003 ai progetti ed alle opere di modesta complessità strutturale, privi di rilevanza per la pubblica incolumità; la normativa statale richiamata nel ricorso – e, in particolare, l’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 – contiene una serie di riferimenti tecnici, ma non ci sono nella legge statale i criteri necessari per individuare le tipologie di opere oggetto di deroga, soprattutto in relazione alle «opere di modesta complessità strutturale». Nelle zone sismiche, lo Stato si è riservato la competenza a delineare i criteri in base ai quali le Regioni devono individuare le zone a bassa sismicità; tuttavia la genericità della normativa statale rende di fatto indispensabile un intervento di dettaglio delle singole legislazioni regionali, nello spirito dell’esercizio di una potestà normativa concorrente.
Non si vede, pertanto, per quale ragione la disposizione censurata possa ledere principi fondamentali statali in tema di governo del territorio o anche di protezione civile. Il richiamo alla sentenza n. 182 del 2006 di questa Corte sarebbe, secondo la difesa regionale, del tutto improprio, perché in quella pronuncia si era in presenza di una normativa regionale assai diversa; e la prova indiretta di tale diversità si deduce dal fatto che la legge reg. Toscana n. 1 del 2005 contiene, nell’art. 95, comma 2, una norma di contenuto molto simile a quella oggetto dell’odierno ricorso, a suo tempo non impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri nel giudizio sfociato nella sentenza sopra citata.
Nel caso odierno, invece, l’atto al quale la censurata disposizione rimette la definizione dei casi di esclusione dalle autorizzazioni «è provvedimento connotato da evidente carattere tecnico, come tale scevro da valutazioni di carattere meramente discrezionale», ed è un provvedimento redatto dalle competenti strutture della Regione e sottoposto al preventivo parere della Commissione sismica.
La Regione Veneto, quindi, si sofferma a sostenere l’infondatezza della prospettata questione anche in relazione al comma 2 della norma in esame, il quale contiene una disposizione transitoria che – al fine di eliminare possibili incertezze e disparità di trattamento – dispone l’immediata applicazione della nuova previsione anche ai procedimenti in corso; si tratta, secondo la Regione, di una chiara applicazione del principio tempus regit actum, secondo il quale i procedimenti amministrativi pendenti vengono regolati dalla norma vigente «seppure sopravvenuta durante l’iter procedurale, consentendo il realizzarsi di effetti sostanziali tempestivi in ordine a dinamiche non ancora esaurite».
4.— In prossimità della data dell’udienza di discussione, la Regione ha presentato una memoria, insistendo per l’accoglimento delle già rassegnate conclusioni.
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2003, n. 27 «Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche» e successive modificazioni).
Per effetto della richiamata disposizione – la quale ha inserito, dopo il comma 6 dell’articolo 66 della legge della Regione Veneto 7 novembre 2003, n. 27, i commi 6-bis e 6-ter – nell’ambito degli interventi edilizi nelle zone classificate sismiche è esclusa la necessità del previo rilascio delle autorizzazioni del competente ufficio tecnico regionale per i «progetti» e le «opere di modesta complessità strutturale», privi di rilevanza per la pubblica incolumità, individuati dalla Giunta regionale in base ad una procedura nella quale è prevista l’obbligatoria assunzione di un semplice parere da parte della Commissione sismica regionale. Ne deriverebbe, in tal modo, la violazione dei principi fondamentali della legislazione statale in tema di governo del territorio e di protezione civile e, specificamente, dell’art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale prevede, in relazione alle zone sismiche, che non si può cominciare alcun lavoro «senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione».
2.— La Regione Veneto, costituendosi in giudizio, ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità della questione, rilevando la genericità delle censure e l’inidoneità del ricorso, nel suo complesso, a dare conto delle argomentazioni sulle quali si fondano le censure di illegittimità costituzionale.
L’eccezione non è fondata.
Questa Corte ha in più occasioni riconosciuto che il ricorso in via principale, oltre a identificare la questione nei suoi esatti termini normativi, deve anche rispondere ai necessari requisiti di chiarezza e di completezza, ossia deve contenere, a pena di inammissibilità, un’indicazione, anche se sintetica, delle argomentazioni di merito poste a fondamento della richiesta pronuncia di illegittimità costituzionale (tra le altre, sentenze n. 450 del 2005, n. 139 del 2006, nonché ordinanza n. 123 del 2012).
Nel caso in esame il ricorso – benché sia caratterizzato da un’indubbia stringatezza e contenga anche un’evidente imprecisione consistente nel richiamo alla legge della Regione Veneto «n. 22 del 1973», mentre si tratta, senza dubbio, della menzionata legge reg. n. 27 del 2003 – tuttavia consente di comprendere con sufficiente chiarezza quali siano i termini della questione, sicché questa Corte è posta nelle condizioni necessarie per poter svolgere il proprio sindacato. Ciò in virtù del richiamo ai menzionati articoli 61 e 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, invocati come portatori di un principio fondamentale alla luce della sentenza costituzionale n. 182 del 2006.
3.— Nel merito, la questione è fondata.
Il comma 1 della censurata disposizione aggiunge nel testo dell’art. 66 della legge reg. Veneto n. 27 del 2003, che regola le «procedure per la realizzazione degli interventi» nelle zone sismiche, i commi 6-bis e 6-ter; il comma 6-bis richiama, per le opere di consolidamento degli abitati, l’art. 61 del d.P.R. n. 380 del 2001, mentre il comma 6-ter esclude le autorizzazioni dei commi 6 e 6-bis per i progetti e le opere di modesta complessità strutturale. Il comma 2 della disposizione stabilisce l’applicabilità immediata delle disposizioni del comma 1 anche ai procedimenti in corso alla data di pubblicazione del provvedimento della Giunta regionale ivi previsto.
È opportuna, al riguardo, una breve premessa di carattere normativo.
La legislazione in materia di costruzioni nelle zone sismiche è, nel nostro Paese, alquanto risalente. L’articolo 2 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), regolava già gli interventi di consolidamento, stabilendo l’obbligatoria preventiva autorizzazione dell’ufficio tecnico della Regione per tutte le attività che non fossero di manutenzione ordinaria o di rifinitura; il successivo articolo 17 della medesima legge prevedeva che nelle zone sismiche «chiunque intende procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto […] al sindaco ed all’ufficio tecnico della regione o all’ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti», allegando il relativo progetto firmato da ingegnere, architetto o geometra iscritto all’albo (art. 17, primo e secondo comma); mentre l’articolo 18 stabiliva che nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, «non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico della regione o dell’ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti».
È vero che l’art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche) – non a caso richiamato dall’art. 66, comma 6, della legge reg. Veneto n. 27 del 2003 – consentiva alle Regioni di definire, con proprie leggi, uno snellimento delle procedure, con l’introduzione di controlli successivi e con possibilità di escludere l’autorizzazione preventiva di cui all’art. 18 della legge n. 64 del 1974 per l’inizio dei lavori.
È altrettanto vero, però, che l’intera materia è stata oggetto di una più recente completa regolazione, che si è tradotta nelle vigenti disposizioni di cui al d.P.R. n. 380 del 2001. L’art. 61 di tale provvedimento si occupa delle opere di consolidamento degli abitati, disponendo che nei territori interessati da simili interventi «nessuna opera e nessun lavoro, salvo quelli di manutenzione ordinaria o di rifinitura, possono essere eseguiti senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione»; l’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, inserito nel capo IV (intitolato «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche»), stabilisce che nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, «non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione». Come si vede, quindi, il principio presente nell’art. 18 della legge n. 64 del 1974 è transitato, senza significative innovazioni, nel testo del citato art. 94, attualmente vigente, il quale ha fatto venire meno – anche in mancanza di formale abrogazione – le possibilità di deroga di cui all’art. 20 della legge n. 741 del 1981, come questa Corte ha già riconosciuto nella sentenza n. 182 del 2006.
4.— Nella pronuncia ora indicata si è affermato che il principio della previa autorizzazione scritta di cui all’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 trae il proprio fondamento dall’intento unificatore del legislatore statale, il quale «è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».
La giurisprudenza successiva – nel confermare l’intento unificatore della disciplina statale in tale ambito (sentenza n. 254 del 2010) – ha anche ribadito la natura di principio fondamentale in relazione al menzionato art. 94 (sentenza n. 312 del 2010), sottolineando che gli interventi edilizi nelle zone sismiche e la relativa vigilanza fanno parte della materia della protezione civile, oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione (sentenza n. 201 del 2012).
È da rammentare, poi, che l’art. 3, comma 6, del recente decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2012, n. 122, ha consentito – in relazione alle ricostruzioni e riparazioni delle abitazioni private – una deroga esplicita ad una serie di disposizioni, fra le quali l’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001; ma tanto ha stabilito, non senza significato, proprio con disposizione statale, a conferma della necessità di quell’intervento unificatore più volte richiamato dalla giurisprudenza di questa Corte.
5.— A fronte di un simile quadro legislativo e giurisprudenziale, la norma impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri si presenta in modo chiaramente dissonante, poiché consente di derogare all’intero sistema di autorizzazioni di cui ai commi 6 e 6-bis dell’art. 66 della legge reg. Veneto n. 27 del 2003, sia pure in relazione, come si è detto, ai progetti ed alle opere «di modesta complessità strutturale», privi di rilevanza per la pubblica incolumità. La modestia delle costruzioni interessate dalla deroga – la cui valutazione, inoltre, è rimessa all’individuazione da parte della Giunta regionale – non muta in modo significativo i termini del problema, perché ne risulta ugualmente la lesione del principio fondamentale della previa autorizzazione scritta per l’inizio dei lavori, di cui al menzionato art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 9 del 2012, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, che prevede l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 ai procedimenti in corso.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 24 febbraio 2012, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2003, n. 27 «Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche» e successive modificazioni).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI