Ritenuto in fatto
1. – Con cinque ordinanze di analogo tenore (r.o. nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del 2007), il Tribunale amministrativo regionale del Molise ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dell'art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge del 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania – Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290, «sia ove interpretato nel senso di conferire solo ai datori di lavoro e ai lavoratori privati il diritto di beneficiare della sospensione dei contributi, sia ove inteso nel senso che ai soli datori di lavoro privati è concesso il beneficio di non versare la propria quota di contribuzione ai competenti Istituti previdenziali».
Il TAR del Molise ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione nel corso di giudizi aventi ad oggetto l'accertamento del diritto di taluni magistrati, in servizio presso il Tribunale di Campobasso, alla percezione della retribuzione mensile al lordo delle ritenute e trattenute previdenziali, a far data dal novembre 2002.
L'art. 7 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (in seguito o.P.C.m.) del 29 novembre 2002, n. 3253 (Primi interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici verificatisi nel territorio delle province di Campobasso e di Foggia ed altre misure di protezione civile), e successive proroghe, aveva previsto che – a seguito degli eventi sismici che avevano investito la Regione Molise tra i mesi di ottobre e novembre del 2002 – fosse sospeso l'obbligo del versamento dei contributi previdenzali e assistenziali per i soggetti residenti, aventi sede legale o operativa, alla data dei predetti eventi calamitosi, nelle province di Campobasso e Foggia, disponendo che la sospensione dovesse essere comprensiva anche della quota a carico dei lavoratori dipendenti, nonché di coloro che avessero contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Da qui i ricorsi degli interessati, secondo i quali il quadro normativo, come sopra delineato, «evidenzierebbe la sussistenza dell'obbligo, in capo ai datori di lavoro, di sospendere le trattenute previdenziali e assistenziali relative ai propri dipendenti, che prestano servizio nel territorio della provincia di Campobasso».
1.2. – Il legislatore, dopo che si erano determinate diverse interpretazioni della norma stessa – tra cui una del medesimo TAR del Molise (sentenza del 29 aprile 2006, n. 400) – è intervenuto con la legge 16 dicembre 2006, n. 290, che ha convertito in legge il d.l. n. 263 del 2006, introducendo all'art. 6 il comma 1-bis che recita testualmente: «La legge 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel senso che le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile».
Il giudice a quo, ritenuta la natura interpretativa di questo intervento, solleva questione di legittimità costituzionale del citato 1-bis «sia ove interpretato nel senso di conferire solo ai datori di lavoro e ai lavoratori privati il diritto di beneficiare della sospensione dei contributi, sia ove inteso nel senso che ai soli datori di lavoro privati è concesso il beneficio di non versare la propria quota di contribuzione ai competenti Istituti previdenziali».
Secondo il rimettente, la prima lettura violerebbe l'art. 3 Cost. per l'irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a determinare tra i dipendenti del settore privato e quelli del settore pubblico; la seconda lettura sarebbe in contrasto sia con l'art. 2 Cost., «per ingiustificata esclusione dal godimento dei benefici emergenziali dei lavoratori dipendenti, anch'essi pregiudicati dalle conseguenze del sisma ed anch'essi destinatari su un piano generale degli interventi in parola», sia con l'art. 3 Cost., «per irragionevole disparità di trattamento tra datori di lavoro e lavoratori», in quanto la calamità naturale avrebbe «inciso in ugual misura su entrambe le categorie di soggetti», ma soltanto i primi «beneficerebbero della sospensione del versamento della propria quota di contribuzione».
Sotto il profilo della rilevanza, il rimettente osserva come la stessa sussista poichè «solo attraverso l'eliminazione della norma sospettata di incostituzionalità, i ricorrenti, lavoratori dipendenti del settore pubblico e residenti «in un Comune molisano individuato da ordinanza della protezione civile, potrebbe[ro] continuare a percepire la propria retribuzione al lordo della quota di contribuzione».
2. – È intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, manifestamente infondata.
2.1. – L'Avvocatura dello Stato ritiene, anzitutto, che sussistano gli estremi per la declaratoria di inammissibilità, in quanto la questione di legittimità costituzionale della norma censurata è avanzata «sotto due diverse chiavi di lettura della medesima», non consentendo, pertanto, l'identificazione del thema decidendum.
Infatti, l'ordinanza del TAR del Molise si fonda su interpretazioni contrapposte della norma applicabile e non opera una scelta tra contenuti normativi che pur risultando diversi sono prospettati contestualmente, senza alcuna subordinazione dell'uno rispetto all'altro.
La difesa erariale ritiene, altresì, che sussista un altro motivo di inammissibilità, perché si propone alla Corte una mera questione interpretativa che, per pacifica giurisprudenza, non è ammissibile in sede di giudizio incidentale di legittimità costituzionale.
2.2. – Nel merito, osserva, poi, l'Avvocatura che la norma sospettata di incostituzionalità è rivolta, inequivocabilmente, «direttamente ed in primo luogo ai datori di lavoro e non ai lavoratori», datori di lavoro i quali «non possono che essere quelli privati».
La ratio dell'intervento, infatti, è quella di tutelare la produzione di beni e servizi e l'intermediazione economica; in altri termini, il legislatore guarda «al settore economico privato, non certo all'attività della P.A.».
Per rilanciare il sistema produttivo, secondo la prospettazione dell'Avvocatura, si utilizza lo strumento nella sospensione di un obbligo contributivo particolarmente gravoso per i datori di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di «investire in misura maggiore» in una situazione di emergenza determinata dal sisma.
Se questa è la ratio posta alla base della scelta legislativa, osserva ancora l'Avvocatura, ha rilievo marginale l'effetto che la stessa determina anche in favore dei soli lavoratori privati, considerato tra l'altro che la quota di contribuzione dagli stessi dovuta (e normalmente prelevata dal datore di lavoro nella sua qualità di sostituto) è modesta e la maggior retribuzione è comunque fiscalizzata. D'altro canto, che non sia questo ultimo effetto quello voluto dal legislatore (ma solo una conseguenza della ratio della norma che è di incentivare la produzione economica), lo confermerebbe il rilievo che se il rilancio di un territorio, gravemente colpito da una calamità naturale, fosse affidato ad un'azione finalizzata «a garantire maggior liquidità ai lavoratori della zona terremotata», questa sarebbe «una misura dalla portata economicamente debole e soprattutto poco lungimirante».
In relazione a quanto sopra, la difesa erariale conclude per la manifesta infondatezza della questione con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.
2.3. – Ugualmente manifestamente infondata sarebbe la denunciata disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati, in quanto il confronto sarebbe condotto rispetto a situazioni del tutto disomogenee. In proposito l'Avvocatura osserva che è sufficiente considerare che la pubblica amministrazione non ha fini lucrativi e la prestazione di lavoro si svolge secondo regole e parametri sui quali sono ininfluenti i fenomeni naturali e le condizioni ambientali eccezionali. Tutto al contrario, il datore di lavoro privato, che opera in un determinato territorio, è significativamente esposto a tutti quegli accadimenti che incidono sulla dimensione organizzativa dell'impresa e sulla possibilità di un suo esercizio caratterizzato da rigorosi parametri economici.
Ne discende, quindi, oltre alla disomogeneità delle posizioni poste a confronto, l'assoluta ragionevolezza di una scelta legislativa che limiti il beneficio ai soli datori di lavoro privati i quali, a differenza della pubblica amministrazione, non sempre dispongono di una capacità organizzativa e di risorse idonee a fronteggiare in modo adeguato le situazioni di emergenza originate da un evento sismico.
Infine, per l'Avvocatura, l'ordinanza di rimessione cerca di ottenere dalla Corte un vero e proprio intervento manipolativo o additivo, finalizzato a creare una norma che non è presente nell'ordinamento.
3. – Nel procedimento r.o. n. 687 del 2007 si è costituito il ricorrente nel giudizio a quo, il quale, riservandosi ulteriori argomentazioni e deduzioni, ha concluso per l'accoglimento della questione.
3.1. – In prossimità della data di udienza, la costituita parte privata, sciogliendo la riserva precedentemente formulata, ha depositato memoria illustrativa. In essa, ricostruita brevemente la vicenda normativa che ha portato all'adozione della disposizione censurata, afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, la stessa non avrebbe natura «propriamente» interpretativa, ma innovativa con effetto retroattivo. Al riguardo osserva che la giurisprudenza costituzionale, anche recentemente (sentenza n. 170 del 2008), riconosce al legislatore la possibilità di emanare norme che precisino il significato di preesistenti disposizioni anche nel caso che non siano insorti contrasti giurisprudenziali, «ma sussista comunque una situazione di incertezza nella loro applicazione». Nel caso di specie, però, non sarebbero esistiti contrasti interpretativi da dirimere; così come, parimenti, non vi sarebbero incertezze interpretative quanto alla disciplina preesistente, essendo la stessa così lineare da potersi prestare ad un'unica lettura.
Inoltre, sempre secondo la parte privata, la cosiddetta norma di interpretazione autentica non svolgerebbe tale funzione con riferimento ad una legge (specificamente la legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante «Istituzione del servizio nazionale della protezione civile»), ma soltanto con riguardo ad ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, dal momento che la legge sopra richiamata, all'art. 5, si limiterebbe a prevedere il potere di ordinanza di questo ultimo in caso di calamità naturali.
Comunque, prosegue la difesa di parte privata, anche volendo ritenere interpretativa la norma censurata, va segnalato che le norme di interpretazione autentica, avendo come tali efficacia retroattiva, dovrebbero essere sottoposte ad un rigoroso scrutinio di ragionevolezza.
Peraltro, la norma in questione «non potrebbe passare indenne neppure da uno scrutinio di ragionevolezza che eventualmente fosse a maglie larghe», in quanto sarebbe priva di giustificazioni la differenza di trattamento fra dipendenti privati e pubblici.
Viene, inoltre, sottolineato che tutta la popolazione del Molise avrebbe subito i disagi del sisma, non essendo gli stessi riferibili ai soli lavoratori privati.
3.2. – Sostiene, infine, la parte privata, l'infondatezza dell'eccezione avanzata dalla difesa erariale, là dove la stessa afferma l'inammissibilità della questione poiché proposta in modo alternativo o ancipite: in realtà, l'ordinanza di rimessione avrebbe solo voluto prospettare tutti i profili di irragionevolezza della disposizione censurata, risultando chiaro che la censura investe solo l'irragionevole discriminazione di cui sono oggetto i dipendenti pubblici.
4. – Con successiva ordinanza del 12 dicembre 2007 (r.o. n. 54 del 2008), analoga questione di legittimità costituzionale della medesima norma di interpretazione, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, è stata sollevata dallo stesso TAR del Molise, investito del ricorso proposto da due docenti dell'Università di Campobasso volto ad accertare il loro diritto a percepire la retribuzione al lordo delle ritenute e trattenute previdenziali, in base a quanto disposto dall'art. 7 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 2002 e successive proroghe.
4.1. – Diversamente da quanto argomentato nelle precedenti ordinanze, il TAR prospetta ora una sola lettura della norma, in base alla quale sarebbero esclusi dal beneficio della sospensione tutti i lavoratori, pubblici e privati. Si denuncia anche l'irragionevole disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori autonomi e degli «imprenditori artigiani».
La disposizione censurata violerebbe, con le identiche motivazioni di cui sopra, gli artt. 2 e 3 Cost., nonchè l'art. 24 Cost. Secondo il rimettente, difatti, relativamente a questa ultima censura, la norma interpretativa avrebbe vulnerato le prerogative del potere giurisdizionale, essendo stata emanata «nell'intento specifico di eludere e paralizzare gli effetti delle decisioni giurisprudenziali», che avevano riconosciuto ai lavoratori dipendenti, anche privati, il diritto a fruire della sospensione del versamento della contribuzione.
4.2. – Il giudice a quo ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio principale, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis, del d.l. n. 263 del 2006, in quanto il dettato del citato comma osta all'accoglimento delle pretese dei ricorrenti.
4.3. – In ordine, quindi, alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente afferma che la norma denunciata, violando l'art. 3, primo comma, Cost., determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra datori di lavoro e lavoratori sia pubblici che privati, oltre che autonomi ed «imprenditori artigiani», risultando tutti, tranne i primi, esclusi dal beneficio. Tale disparità di trattamento non troverebbe alcuna giustificazione, secondo il rimettente, «in una diversità di situazioni di partenza, in quanto entrambi i soggetti – datore di lavoro/lavoratore – sono stati colpiti allo stesso modo dall'evento calamitoso». Inoltre, tale scelta del legislatore si dimostrerebbe vieppiù irrazionale, tenendo conto dell'esclusione dal beneficio anche dei lavoratori autonomi e degli artigiani, i quali «pur essendo datori di lavoro di se stessi, non possono nondimeno beneficiare della sospensione dei contributi previdenziali gravanti a loro carico, in evidente contraddizione con la ratio legis volta a favorire nel suo complesso il rilancio economico – produttivo delle zone interessate dall'evento sismico».
Quindi, la norma impugnata verrebbe a ledere anche gli artt. 2 e 3, primo e secondo comma, Cost., in quanto essa – pur collocandosi in un contesto di benefici alle popolazioni colpite dal sisma del 2002 – escluderebbe, ingiustificatamente, dalla possibilità di godere «delle misure emergenziali» i lavoratori dipendenti, colpiti, anch'essi, al pari dei datori di lavoro, dalla calamità e «anch'essi destinatari su un piano generale degli interventi in questione».
4.4. – Il TAR del Molise ravvisa, poi, anche una lesione dell'art. 24 Cost., in quanto la norma sospettata di incostituzionalità – a fronte di un consolidato orientamento sia della giurisprudenza amministrativa che di quella ordinaria, che aveva riconosciuto ai lavoratori dipendenti il diritto a fruire della sospensione del versamento della contribuzione – sarebbe stata emanata con l'intento di «paralizzare ed eludere gli effetti [di tali] decisioni giurisprudenziali, con vulnerazione conseguente delle prerogative del potere giurisdizionale».
5. – È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, manifestamente infondata.
La difesa erariale, in particolare, afferma che la denunciata violazione dell'art. 3 Cost. non sussiste, in quanto le posizioni dei lavoratori dipendenti e dei datori di lavoro privati, «ai fini della prospettata ingiustificata disparità di trattamento, non sono omogenee», poiché i primi, pur colpiti dal sisma, non sopportano le conseguenze economiche inerenti al rischio d'impresa.
La difesa pubblica sottolinea, poi, l'inammissibilità, stante la sua irrilevanza, della questione relativa alla disparità di trattamento, là dove la stessa viene prospettata con riferimento alla categoria dei lavoratori autonomi ed artigiani, essendo pacifico che i ricorrenti nel giudizio a quo sono dipendenti dell'Università degli studi del Molise.
Infine, sempre con riferimento alla violazione del parametro rappresentato dall'art. 3 Cost., l'Avvocatura dello Stato evidenzia come la scelta del legislatore non possa comunque definirsi arbitraria.
Quanto, ancora, alla violazione dell'art. 2 Cost., la questione viene ritenuta inammissibile per carenza di supporti argomentativi.
Infine, inammissibile e, comunque, infondata è, per l'Avvocatura, la questione in riferimento all'art. 24 Cost., perché il parametro evocato è «assolutamente inconferente».
6. – Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio a quo, i quali, riservandosi ulteriori argomentazioni e deduzioni, hanno concluso per la richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata.
6.1. – In prossimità dell'udienza pubblica, la difesa di parte privata ha presentato una memoria illustrativa nella quale svolge considerazioni pressoché identiche a quelle già proposte relativamente alla precedente questione (r.o. n. 687 del 2007), sia in riferimento alla natura della disposizione interpretata, sia con riguardo alla fondatezza della questione.
Inoltre, per quanto attiene alla violazione dell'art. 24 Cost., la parte privata contesta l'opinione della difesa erariale che ritiene la evocazione di tale parametro inconferente, in quanto la disposizione impugnata atterrebbe «al piano sostanziale della disciplina e dei rapporti e non a quello processuale della tutela dei diritti», affermando che risulta evidente dalla giurisprudenza della Corte come sia illegittima ogni disposizione normativa che intenda eludere o paralizzare, come nel caso in questione, gli effetti delle decisioni giurisprudenziali.
Considerato in diritto.
1. – Il Tribunale regionale del Molise, con cinque distinte ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del 2007), ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania – Misure per la raccolta differenziata), comma aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290.
Il TAR rimettente solleva la questione di legittimità costituzionale del citato comma, «sia ove interpretato nel senso di conferire solo ai datori di lavoro e ai lavoratori privati il diritto di beneficiare della sospensione dei contributi» previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi, «sia ove inteso nel senso che ai soli datori di lavoro privati è concesso il beneficio di non versare la propria quota di contribuzione ai competenti Istituti previdenziali».
Secondo la prima interpretazione, la disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., poiché verrebbe ad escludere irragionevolmente i dipendenti pubblici dal godimento di tale beneficio. In base alla seconda, essa contrasterebbe con l'art. 2 Cost. «per ingiustificata esclusione dal godimento dei benefici emergenziali dei lavoratori dipendenti, anch'essi pregiudicati dalle conseguenze del sisma ed anch'essi destinatari su un piano generale degli interventi in parola», e con l'art. 3 Cost., «per irragionevole disparità di trattamento tra datori di lavoro e lavoratori» perché la calamità naturale avrebbe «inciso in ugual misura su entrambe le categorie di soggetti», mentre soltanto i primi verrebbero a godere del benefico in questione.
Successivamente, con altra ordinanza (r.o. n. 54 del 2008), lo stesso TAR del Molise ha nuovamente sollevato analoga questione di legittimità costituzionale della citata norma di interpretazione autentica, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.
Il TAR rimettente, in questa ordinanza, prospetta, rispetto alle precedenti ordinanze di rimessione, una sola lettura della norma censurata, e, pertanto, lamenta la sola irragionevole disparità di trattamento tra datori di lavoro privati e lavoratori, siano essi pubblici o privati, nonché nei riguardi dei lavoratori autonomi e «imprenditori artigiani».
La disposizione censurata violerebbe, con le identiche motivazioni di cui alle già citate precedenti ordinanze, gli artt. 2 e 3 Cost., nonché l'art. 24 Cost., poichè, secondo il rimettente, la norma interpretativa avrebbe vulnerato le prerogative del potere giurisdizionale, essendo stata emanata «nell'intento specifico di eludere e paralizzare gli effetti delle decisioni giurisprudenziali» che avevano riconosciuto ai lavoratori dipendenti, anche privati, il diritto a fruire della sospensione del versamento della contribuzione.
I giudizi, in quanto concernenti la stessa disposizione e relativi a questioni analoghe o connesse, devono essere riuniti e decisi con unica pronuncia.
2. – Preliminarmente, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze r.o. nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del 2007.
Deve, infatti, essere accolta l'eccezione, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, relativa alla loro prospettazione «sotto due diverse chiavi di lettura», che non consentirebbe, pertanto, a questa Corte l'esatta identificazione del thema decidendum.
Le questioni risultano formulate in termini di alternativa irrisolta e, dunque, in forma ancipite, non avendo operato il rimettente una scelta tra contenuti normativi che, pur risultando diversi, sono prospettati contestualmente, senza alcuna subordinazione dell'uno rispetto all'altro.
La proposizione di questioni di legittimità costituzionale formulate in via alternativa, secondo giurisprudenza costituzionale costante, le rende manifestamente inammissibili (ex plurimis ordinanze n. 449 e n. 122 del 2007; ordinanza n. 362 del 2005).
Inoltre, le questioni risultano manifestamente inammissibili anche per l'indeterminatezza di ciò che viene richiesto a questa Corte. La dedotta violazione dell'art. 3 Cost. o, in alternativa, degli artt. 2 e 3 Cost., è argomentata sulla base dell'asserita disparità di trattamento, evocata ora tra lavoratori dipendenti privati e pubblici, ora tra datori di lavoro e lavoratori privati e pubblici, senza che le ordinanze di rimessione tengano conto delle sostanziali differenze tra i soggetti rispetto ai quali viene lamentata una disparità di regime normativo.
Poiché il giudice a quo, onde porre rimedio alla denunciata violazione dei parametri costituzionali, non ha concentrato il quesito sull'una o sull'altra delle disparità di trattamento prospettate, anche le questioni sottoposte a questa Corte (oltre all'interpretazione della disposizione legislativa che ne determinerebbe l'incostituzionalità) risultano formulate in modo ancipite e ne deve essere, anche per questo concorrente motivo, dichiarata la manifesta inammissibilità.
3. – Con l'ordinanza r.o. n. 54 del 2008, il rimettente propone, come si è già detto, una sola lettura della disposizione che sospetta di incostituzionalità. È, al riguardo, innanzitutto, necessario precisare, con riferimento alla più ampia prospettazione formulata dalle parti costituite, che il thema decidendum è fissato dall'ordinanza di rimessione, potendo la parte privata addurre suoi argomenti nei confronti dei parametri e dei profili sollevati, senza però poterne modificare l'impianto strutturale, e, con riferimento a quanto viene dedotto nell'ordinanza, che il giudizio, dato il suo carattere incidentale, non può riguardare fattispecie non rilevanti nel processo a quo (le quali, del resto, nelle precedenti ordinanze nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del 2007, erano state riportate con la precisa indicazione che esse erano evocate «ad colorandum»).
3.1. – Passando all'esame delle censure formulate dal rimettente, debbono essere dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 2 e 24 della Costituzione.
3.2. – Con riguardo alla violazione dell'art. 2 Cost., è, infatti, da accogliere l'eccezione di inammissibilità avanzata dall'Avvocatura dello Stato per carenza di supporti argomentativi. Invero il TAR rimettente denuncia la violazione di questo parametro costituzionale, lamentando l'ingiustificata esclusione dei lavoratori dipendenti dal godimento del beneficio della sospensione dell'obbligo contributivo, sulla base del solo richiamo alla circostanza che anch'essi risultano pregiudicati dalle conseguenze del sisma.
In proposito, l'ordinanza di rimessione non illustra in che modo si concretizzi questo pregiudizio in relazione alla disciplina dell'adempimento contributivo che è a carico del datore di lavoro, il quale opera anche come sostituto del lavoratore nell'adempimento dell'obbligazione nei confronti dell'Ente previdenziale. Manca, altresì, qualsivoglia argomentazione in ordine alla ragionevolezza o meno della distribuzione degli oneri connessi al principio di solidarietà economica e sociale di cui è espressione il parametro evocato.
Nulla dice il rimettente anche in ordine alle ragioni per cui il legislatore avrebbe, nell'ambito della sua ampia discrezionalità in materia, irragionevolmente distribuito gli oneri della contribuzione previdenziale nel caso in esame. Sotto tale profilo, oltre che per carenza nella motivazione, l'ordinanza di rimessione risulta inammissibile anche perché chiede a questa Corte – a fronte di una fattispecie normativa che realizza un non irragionevole bilanciamento di interessi fra i valori costituzionali in gioco – «l'adozione di un altro, diverso, criterio di bilanciamento» sulla «base di una […] personale sensibilità alla tematica in questione», la «cui individuazione, nella molteplicità delle soluzioni possibili è, però, rimessa alla prudente discrezionalità del legislatore» (ordinanza n. 393 del 2007).
In termini ancora più generali, non viene chiarito se la censura ipotizza una violazione della parte della disposizione costituzionale che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» o della parte in cui «richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
3.3. – Ugualmente inammissibile – come del resto eccepito anche dalla difesa erariale – è la censura relativa alla violazione dell'art. 24 Cost., in quanto il parametro costituzionale invocato risulta inconferente. Il TAR del Molise, infatti, non chiarisce sotto quale profilo venga prospettata tale violazione, stante il carattere sostanziale della norma denunciata, che si limita ad interpretare autenticamente l'ambito di applicazione della temporanea sospensione dell'obbligo contributivo. È, tra l'altro, da osservare che il rimettente non contesta la natura interpretativa della disposizione in questione.
L'inconferenza del parametro evocato è, del resto, confermata dalla circostanza che, secondo l'ordinanza di rimessione, la sua violazione si concretizzerebbe nel fatto che la legge d'interpretazione autentica avrebbe prospettato una lettura diversa rispetto a quella operata dal TAR rimettente e da altri giudici di merito in precedenti decisioni.
Al riguardo, anche prescindendo dalla considerazione che il tipo di censura sollevata (nell'ordinanza si lamenta una «vulnerazione […] delle prerogative del potere giurisdizionale») sembrerebbe postulare una violazione degli artt. 101 e 113 Cost. più che dell'art. 24 Cost., occorre sottolineare che la costante giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato che la legge di interpretazione autentica non può considerarsi lesiva dei canoni costituzionali di ragionevolezza, e dei principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche, quando «essa si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario» (ex multis, sentenze n. 74 del 2008; n. 234 del 2007; n. 274 del 2006).
3.4. – Non fondata è, invece, la questione di legittimità costituzionale prospettata dal TAR del Molise per violazione del principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento – relativamente al godimento del beneficio della sospensione dei versamenti contributivi – tra datori di lavoro e lavoratori sia pubblici che privati, oltre che nei confronti dei lavoratori autonomi ed «imprenditori artigiani».
In proposito, come afferma l'Avvocatura dello Stato, la limitazione del beneficio ai soli datori di lavoro non è incoerente con la disciplina in materia assistenziale e previdenziale che pone a carico del datore di lavoro l'onere del versamento contributivo anche per la quota a carico del lavoratore.
Per altro verso, corrisponde ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro del settore privato. Questi ultimi, infatti, a differenza delle amministrazioni pubbliche, spesso non dispongono di sufficienti risorse e di idonea capacità organizzativa per fronteggiare in modo adeguato emergenze come quelle originate dall'evento sismico.
Sempre con riferimento alla sollevata censura di disparità di trattamento, è opportuno sottolineare che nell'ordinanza si sostiene la tesi che la norma sospettata di incostituzionalità verrebbe a determinare una «violazione del principio di uguaglianza» non in quanto discriminerebbe i lavoratori privati rispetto a quelli pubblici, come invece si sosteneva in una delle due letture della disposizione impugnata nel gruppo di ordinanze di cui al precedente punto 2, ma in quanto la discriminazione si verificherebbe tra i datori di lavoro ed i lavoratori dipendenti.
Anche tralasciando la circostanza che è improprio ravvisare (né l'ordinanza fornisce adeguati argomenti) una disparità di trattamento in materia previdenziale tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti, qualunque sia la natura dei primi, perché la disciplina riferisce ai soli datori di lavoro le obbligazioni relative ai versamenti contributivi, cosicché il lavoratore ne è destinatario soltanto di riflesso, è tuttavia evidente che la trasparente disomogeneità delle situazioni poste a confronto determina l'infondatezza della questione. I termini di raffronto non presentano, infatti, aspetti di tale conformità che impongano al legislatore, pena la violazione dell'art. 3 della Costituzione, di adottare identica disciplina.
Ne consegue che l'asserita ingiustificata disparità di trattamento non sussiste, perché eventuali agevolazioni previste per i datori di lavoro privati ben possono, non irragionevolmente, non essere estese anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, stante la non omogeneità dei due termini che vengono presi a paragone.
Va, infine, affermata la carenza di rilevanza quanto all'evocata disparità di trattamento con i lavoratori autonomi (nei confronti dei quali il Tribunale amministrativo regionale non avrebbe avuto giurisdizione), in quanto, nella fattispecie oggetto del giudizio a quo, i ricorrenti nel processo principale sono dipendenti di una pubblica amministrazione.