Titolo
SENT. 406/92 A. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - FINALITA'.
Testo
La legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, n. 104 del 1992, rispondendo ad un'esigenza profondamente avvertita, e' volta a perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile,quale quello di garantire in tutto il territorio un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps e la cui realizzazione investe necessariamente lo Stato, gli enti locali minori e le Regioni, nel quadro dei principi posti dalla legge stessa e secondo le modalita' ed i limiti necessari ad assicurare l'effettivo soddisfacimento dell'interesse medesimo.
Titolo
SENT. 406/92 B. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - COMUNITA'-ALLOGGIO E CENTRI RIABILITATIVI - ATTRIBUZIONE A COMUNI, COMUNITA' MONTANE E U.S.L. DELLA FACOLTA' DI REALIZZARLI NELL'AMBITO DELLE PROPRIE COMPETENZE E RISORSE DI BILANCIO - LAMENTATA VIOLAZIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI IN MATERIA DI BENEFICIENZA PUBBLICA - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.
Testo
Inammissibilita' dell'impugnativa in quanto, a prescindere dalla considerazione che il tipo di provvidenza in questione non si presta ad essere ricompreso nella sola materia della beneficenza pubblica, ancorche' latamente intesa, la censura formulata e' assolutamente generica e priva di motivazione. - Con pronunce di inammissibilita' per motivi di tal genere: S. nn. 517/1987, 998/1988, 1031/1988, 1111/1988, 242/1989, 459/1989, 85/1990.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 C. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - COMITATO NAZIONALE PER LE POLITICHE DELL'HANDICAP - COMPETENZE - AVVALIMENTO, NELL'ESERCIZIO DI ESSE, DI RAPPRESENTANTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME - INSUFFICIENTE TUTELA DEL RUOLO DELLE REGIONI - NECESSITA' DI CONFIGURARE L'APPORTO DI QUESTE COME UNA VERA ISTITUZIONALE PARTECIPAZIONE ALL'ATTIVITA' DEL COMITATO - IMPOSSIBILITA' DI PERSEGUIRE TALE RISULTATO MEDIANTE UNA INTERPRETAZIONE CORRETIVA DELLA NORMA DENUNZIATA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE "IN PARTE QUA".
Testo
La posizione dei rappresentanti regionali nell'ambito del Comitato nazionale per le politiche dell'handicap, in termini di mero "avvalimento" da parte di tale organo, non e' idonea a salvaguardare il ruolo delle Regioni, quali enti dotati di autonomia politica costituzionalmente garantita, in relazione ai compiti assegnati al Comitato stesso (in particolare quelli di consulenza sulla ripartizione del fondo per l'integrazione degli interventi regionali e provinciali, e di approvazione di altri criteri di ripartizione del fondo medesimo) compiti che, per l'eterogeneita' della materia e l'intreccio delle competenze che vi regna, coinvolgono anche in vario modo settori affidati alle attribuzioni delle Regioni stesse. L'apporto dei rappresentanti regionali deve quindi configurarsi come vera e istituzionale partecipazione all'attivita' del Comitato e pertanto, dovendosi escludere la possibilita' di una interpretazione correttiva della norma denunziata, va dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 41, sesto comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104, nella parte in cui, con riguardo alla lettera a), prevede che il Comitato "si avvale di", anziche' "e' composto da".
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 97
Titolo
SENT. 406/92 D. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - REALIZZAZIONE E SOSTEGNO DI COMUNITA'-ALLOGGIO E CENTRI SOCIO-RIABILITATIVI - FINANZIAMENTI DI COMUNI, COMUNITA' MONTANE E U.S.L. - PREVENTIVO PARERE DI CONGRUITA' DELLA REGIONE RISPETTO AI PROPRI PROGRAMMI - OBBLIGATORIETA' E NON VINCOLATIVITA' DELLO STESSO - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Il parere obbligatorio - e non anche vincolante - della Regione in ordine alla congruita', rispetto ai programmi regionali, dei contributi di comuni, comunita' montane e u.s.l., volti alla realizzazione e al sostegno di case-alloggio e centri riabilitativi, promossi da I.P.A.B. e da vari enti privati, (art. 10, terzo comma. l. n. 104 del 1992) puo' considerarsi uno strumento idoneo e sufficiente a salvaguardare il ruolo della Regione medesima, ruolo che peraltro risulta garantito anche dal potere di dettare la normativa nel quadro della quale, (art. 40, comma primo, legge citata), i comuni, le comunita' montane e le unita' sanitarie locali debbono attuare gli interventi sociali e sanitari previsti. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, terzo comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 E. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - PROGETTI EDILIZI PER COMUNITA'-ALLOGGIO E CENTRI SOCIO-RIABILITATIVI - APPROVAZIONE DA PARTE DELLE AUTORITA' COMUNALI, IN QUALITA' DI VARIANTI AL PIANO REGOLATORE - APPROVAZIONE REGIONALE DELLE STESSE - MANCATA PREVISIONE - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE DELLE REGIONI E DEL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
La sottrazione all'approvazione regionale dei progetti edilizi concernenti immobili da destinare alle comunita' alloggio e ai centri socio-riabilitativi, gia' approvati dalle autorita' comunali, in qualita' di varianti del piano regolatore, e' giustificata dalla necessita' di snellire ed accelerare al massimo la realizzazione, da parte di enti pubblici o sotto il controllo di questi, di opere destinate a fronteggiare preminenti e pressanti esigenze di soggetti portatori di handicaps in situazione di gravita'; ne' la previsione di simili varianti automatiche puo' ritenersi sprovvista di contestuali cautele e vincoli intesi ad assicurare una equilibrata soddisfazione dei diversi interessi afferenti al governo del territorio. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma sesto, l. 5 febbraio 1992, n. 104, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 Cost., sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 97
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 F. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - RIMBORSI PER SOGGIORNO IN ALBERGO DI HANDICAPPATI E ACCOMPAGNATORI - PARERE DELLA COMMISSIONE CENTRALE PRESSO IL MINISTERO DELLA SANITA' - OBBLIGATORIETA' - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Il riconoscimento, nell'art. 11, secondo comma. legge n. 104 del 1992, del rimborso per il soggiorno in albergo di handicappati ed eventuali accompagnatori, costituisce una ipotesi di deroga al regime ordinario, che esclude di norma dal rimborso le spese di soggiorno (art. 6, comma quattordicesimo, stessa legge) e, al tempo stesso, il parere previsto al riguardo da parte della Commissione centrale presso il Ministero della Sanita' - nella quale peraltro sono presenti anche rappresentanti della Regione - risponde all'esigenza, particolarmente pressante in siffatte ipotesi, di assicurare la piu' rigorosa applicazione di criteri uniformi in tutto il territorio nazionale, con conseguente esclusione della denunciata lesione delle competenze regionali (v. in proposito l'art. 7, secondo e terzo comma del decreto del Ministro della Sanita' 3 novembre 1989, recante criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero). (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma secondo, l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 G. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - RAPPORTI TRA ENTI LOCALI MINORI E ISTITUZIONI E ASSOCIAZIONI FINALIZZATE ALL'INSERIMENTO DEGLI HANDICAPPATI NEL MONDO DEL LAVORO - SCHEMA-TIPO DI CONVENZIONE APPROVATO CON DECRETO MINISTERIALE, PER LA REGOLAZIONE DI TALI RAPPORTI - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Come gia' chiarito dalla Corte, la materia dell'occupazione e' affidata alla responsabilita' finale e globale dello Stato. E' pertanto legittima la previsione, nell'art. 18, quarto comma, l. n. 104 del 1992, riguardo alle convenzioni da porre in essere per regolare i rapporti tra enti locali minori ed enti, istituzioni ed associazioni che svolgono attivita' idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione di persone handicappate nel mondo del lavoro, di uno schema-tipo, approvato con decreto del Ministro del lavoro di concerto con i Ministri della sanita' e degli affari sociali, schema-tipo indispensabile per conferire alle convenzioni quel minimo di uniformita' in sede nazionale, necessario alla realizzazione in condizioni di eguaglianza di diritti costituzionali fondamentali. (Non fondatezza in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, quarto comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia). - S. nn. 799/1988, 998/1988; 49/1991.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 H. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - ACCERTAMENTO DELL'HANDICAP - POTERE ATTRIBUITO ALLE COMMISSIONI MEDICHE PRESSO LE U.S.L. - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
L'affidamento dell'accertamento dell'handicap alle commissioni mediche presso le unita' sanitarie locali ha rilevanza per tutti gli interventi previsti dalla legge, anche esorbitanti dalle competenze regionali (quali ad esempio, l' inserimento nel mondo del lavoro e nella scuola, etc.) cosicche' non puo' lamentarsi al riguardo una lesione delle competenze regionali. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 19, l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 I. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - INTERVENTI SOCIALI E SANITARI DI COMPETENZA DEI COMUNI E ALTRI ENTI MINORI - PRIORITA' DELLA UTILIZZAZIONE DEI SERVIZI GIA' ESISTENTI - OBBLIGATORIETA' DEL CRITERIO - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Il criterio della priorita' della utilizzazione dei servizi gia' esistenti, da osservarsi nell'attuare gli interventi sociali e sanitari previsti dalla l. n. 104 del 1992, non e' lesivo delle competenze regionali in quanto non e' dettato solo e direttamente per i comuni e gli altri enti minori, ma si impone innanzi tutto come "principio fondamentale" alla normativa regionale nel cui quadro, debbono svolgersi le attivita' previste dalla legge stessa. (Non fondatezza in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, primo comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Titolo
SENT. 406/92 L. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - SPECIALI INTERVENTI PER GLI HANDICAPPATI - MODALITA' DI COORDINAMENTO CON GLI ALTRI SERVIZI - DISCIPLINA - ATTRIBUZIONE AGLI STATUTI COMUNALI - LAMENTATA LESIONE DELLE COMPETENZE REGIONALI - ESCLUSIONE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Ai sensi dell'art. 128 Cost., la disciplina delle funzioni dei comuni, e del modo in cui esse debbano svolgersi in ambito intracomunale e' riservata allo Stato; conseguentemente, non puo' ritenersi lesiva delle competenze regionali l'attribuzione agli statuti comunali della disciplina delle modalita' di coordinamento degli speciali interventi per gli handicappati con gli altri servizi sociali, sanitari ed educativi. (Non fondatezza, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, secondo comma. l. 5 febbraio 1992, n. 104, sollevata dalla regione Lombardia).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Costituzione
art. 128
Altri parametri e norme interposte
legge
05/02/1992
n. false
art. 40
co. 2
Titolo
SENT. 406/92 M. INABILI E MINORATI - LEGGE-QUADRO PER I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE - SPECIALI INTERVENTI - MODALITA' DI COORDINAMENTO CON SERVIZI SOCIO-SANITARI ED EDUCATIVI ESISTENTI A LIVELLO LOCALE - ATTRIBUZIONE DELLA DISCIPLINA RELATIVA AGLI STATUTI COMUNALI PREVISTI DALL'ART. 4, L. N. 142 DEL 1990 - LAMENTATA IRRAGIONEVOLE INNOVAZIONE DELLA FUNZIONE E DEL CONTENUTO DI TALI STATUTI - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.
Testo
Inammissibilita' dell'impugnativa perche' assolutamente generica e priva di motivazione.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 97
N. 406
SENTENZA 21-29 OTTOBRE 1992
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, 10, commi
primo, terzo e sesto, 11, 18, comma quarto, 19, 40 e 41 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, recante: "Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate",
promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 18 marzo
1992, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 30
del registro ricorso 1992;
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 30 giugno 1992 il Giudice relatore
Ugo Spagnoli;
Uditi l'avv. Giuseppe Franco Ferrari per la Regione Lombardia e
l'avv. dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 18 marzo 1992, la Regione Lombardia ha
chiesto alla Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale
degli artt. 4, 10, commi primo, terzo e sesto, 11, 18, comma quarto,
19, 40 e 41 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge- quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate), per contrasto con gli artt. 117, 118, 3 e 97 della
Costituzione.
La ricorrente, in particolare, lamenta la violazione degli artt.
117 e 118 Cost. da parte del comma primo dell'art. 10 (secondo cui i
comuni, i loro consorzi e unioni, le comunità montane e le unità
sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi
sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono
realizzare, con le proprie ordinarie risorse di bilancio, comunità
alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in
situazione di gravità) e del comma terzo del medesimo articolo
(secondo cui gli stessi enti possono contribuire, mediante appositi
finanziamenti, previo parere della Regione sulla congruità
dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e
al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per
persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti,
associazioni, fondazioni, istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza (I.P.A.B.), società cooperative e organizzazioni di
volontariato iscritte negli albi regionali). Tali disposizioni
ignorerebbero la potestà legislativa e amministrativa delle Regioni
in materia di beneficenza pubblica; la seconda di esse, inoltre,
consentirebbe l'aggiramento della funzione programmatoria regionale
in quanto il parere della Regione ivi previsto sarebbe obbligatorio
ma non vincolante.
Il comma sesto del medesimo art. 10 (per il quale l'approvazione
dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati
concernenti immobili da destinare alle comunità alloggio ed ai
centri socio-riabilitativi, con vincolo di destinazione almeno
ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi previsti
dalla legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica
destinazione, costituisce variante del piano regolatore) nel
prevedere una variante automatica allo strumento urbanistico,
eluderebbe la potestà legislativa e amministrativa delle Regioni in
materia urbanistica, in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost., e
urterebbe contro il principio di ragionevolezza, con ciò violando
anche gli artt. 3 e 97 Cost.
La riserva di competenza regionale disposta dagli artt. 117 e 118
Cost. sarebbe invasa anche dall'art. 11 - limitatamente, in realtà,
al comma secondo - perché attribuisce alla commissione centrale
istituita presso il Ministero della Sanità (art. 8 decreto
ministeriale 3 novembre 1989) il compito di esprimere il proprio
parere anche sui singoli provvedimenti di rimborso delle spese per i
soggiorni all'estero collegati ad interventi di cura presso centri di
altissima specializzazione, autorizzati dalle Regioni ai sensi
dell'art. 7 del citato decreto ministeriale.
L'art. 18 (limitatamente, in realtà, al comma quarto, secondo cui
i rapporti dei comuni, dei loro consorzi, delle comunità montane e
delle unità sanitarie locali con i diversi enti ed organismi che
svolgono attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione
lavorativa di persone handicappate, sono regolati da convenzioni
conformi allo schema tipo approvato con decreto del Ministro del
lavoro e previdenza sociale, di concerto con il Ministro della
sanità e con il Ministro per gli affari sociali) violerebbe gli
artt. 117 e 118 Cost. per il fatto di imporre schemi-tipo di
provenienza ministeriale per la disciplina di rapporti relativi a
materie attribuite alla potestà legislativa e amministrativa
regionale.
Gli artt. 4 e 19, nel demandare gli accertamenti relativi alla
sussistenza, alla natura, all'entità e alle conseguenze
dell'handicap - anche agli effetti del collocamento obbligatorio al
lavoro - alle commissioni mediche di cui all'art. 1 della legge 15
ottobre 1990, n. 295, violerebbe - secondo la ricorrente - la
competenza regionale a disciplinare l'assetto organizzativo degli
organi da destinare all'accertamento in una materia riservata alla
propria potestà.
L'art. 40, comma secondo - nell'attribuire agli statuti comunali la
competenza a disciplinare il raccordo tra gli interventi a sostegno
dei portatori di handicap e i servizi socio-sanitari ed educativi
esistenti a livello locale - aggirerebbe ed eluderebbe le competenze
legislative ed amministrative della Regione nella materia, oltre ad
essere viziata da irragionevolezza sotto il profilo dell'innovazione
introdotta nella funzione e nel contenuto degli statuti di cui
all'art. 4 legge n. 142 del 1990. Si assumono perciò violati, oltre
agli artt. 117 e 118, anche gli artt. 3 e 97 Cost.
Anche il comma primo del medesimo art. 40 si porrebbe in contrasto
con gli artt. 117 e 118 Cost. perché, nell'enunciare quale criterio-guida la priorità degli interventi di riqualificazione, di riordino
e potenziamento dei servizi esistenti, si rivolgerebbe direttamente
verso gli enti locali e non formulerebbe un principio per il
legislatore regionale.
Sarebbe illegittimo infine, per violazione dei medesimi articoli,
l'art. 41, poiché - nell'escludere le rappresentanze regionali dalla
composizione del Comitato nazionale per le politiche dell'handicap
(comma quarto) - prevede che quest'ultimo possa "avvalersi" (comma
sesto) di tre assessori regionali, e ciò senza chiarire per lo
svolgimento di quali funzioni, ed equiparando questi soggetti ad
organi periferici dello Stato, ad esperti o a rappresentanti di enti
locali.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri sostenendo
l'inammissibilità e comunque l'infondatezza delle questioni.
In via di premessa, l'Avvocatura osserva come la linea portante
cui la legge si ispira sia quella di individuare un sistema di
diritti degli handicappati e di corrispondenti obblighi di
prestazione della collettività in loro favore. In questo quadro, la
legge definisce le competenze e gli obiettivi assegnati agli enti
locali alla stregua del criterio della necessaria integrazione (o
complementarietà) delle "prestazioni sanitarie e sociali", in
attuazione del precetto dell'art. 38, primo comma, Cost.
In coerenza con tale criterio di complementarità degli
interventi, la legge - quindi - tocca diverse "materie", coordinando
i settori d'azione demandati a vari enti ed organismi.
Di conseguenza, sarebbe riduttivo e improprio il richiamo alla
sola materia della "beneficenza pubblica" su cui la Regione Lombardia
ha fondato il suo ricorso, e ciò anche ad intendere tale riferimento
come diretto, in forma ellittica, ad evocare anche la materia della
"assistenza sanitaria ed ospedaliera".
In ogni caso tutte le censure di incostituzionalità della legge
dovrebbero ritenersi infondate perché essa reca "i principi
fondamentali dell'ordinamento" in tema di protezione dei diritti e di
assistenza delle persone handicappate ed è quindi capace - in virtù
di questo suo tratto caratterizzante - di imporsi all'osservanza
degli Enti di autonomia nell'esercizio delle loro competenze.
Con riferimento alle specifiche censure formulate dalla Regione
ricorrente, l'Avvocatura eccepisce l'inammissibilità di quella
rivolta al primo comma dell'art. 10, in quanto affidata alla generica
denunzia di violazione degli artt. 117 e 118 e priva di una congrua
esplicitazione di specifici profili di contrasto. Questa stessa
censura, comunque, come quella sollevata nei riguardi del terzo
comma, sarebbe da ritenere infondata, nella parte diretta a lamentare
il carattere non vincolante del previsto parere della Regione.
Infatti, resterebbe in ogni caso assicurato alle singole Regioni, nei
rispettivi ambiti territoriali, di indirizzare e coordinare i diversi
interventi già in sede di approntamento degli strumenti della
programmazione, sì che - e quando pure non vincolante - il
prescritto "parere di congruità" sulla singola iniziativa sarebbe
misura adeguata ed idonea a salvaguardarne gli obiettivi di
programma.
Parimenti infondate dovrebbero ritenersi le censure mosse al comma
sesto del medesimo art. 10. Per l'Avvocatura è rimesso alla
discrezionalità del legislatore di apprezzare in quali, e quanti,
casi la rilevanza dell'interesse pubblico da soddisfare e le ragioni
d'urgenza dell'intervento consiglino di derogare alle ordinarie forme
procedimentali poste a presidio di altro interesse pubblico; d'altra
parte, nel caso, la previsione d'efficacia derogatoria degli
strumenti urbanistici vigenti rinviene comunque adeguata
giustificazione nel complesso di atti (anche di controllo) attraverso
i quali è destinata a trovare realizzazione l'iniziativa dei
soggetti pubblici, sia pure in forma di mera contribuzione
finanziaria a (necessariamente) specifici ed articolati programmi
edilizi da altri promossi. Per tal guisa infatti è sufficientemente
tutelato l'interesse urbanistico, risultandone assorbita e superata
la necessità d'una specifica procedura d'approvazione di varianti
del piano regolatore.
La censura mossa all'art. 11 appare all'interveniente
inammissibile per genericità e comunque infondata. Infatti la
Commissione ivi prevista, composta anche dai rappresentanti delle
Regioni, è chiamata ad esprimere il parere sui rimborsi, alla
stregua di criteri fissati con atto di indirizzo e coordinamento, per
assicurare il soddisfacimento di esigenze d'uniformità di
trattamento; il mezzo prescelto allo scopo non è tale da
soverchiare, irragionevolmente e senza oggettiva necessità, le
rivendicate sfere d'autonomia delle Regioni (alle quali è - invece -
assicurata la possibilità di far convenientemente valere i
rispettivi punti di vista nell'ambito dell'unica commissione
consultiva).
Con riferimento alle censure formulate, ai sensi degli artt. 117 e
118 Cost., nei confronti dell'art. 18 della legge, l'Avvocatura
osserva che la norma muove, bensì, dal piano dell'assistenza sociale
ma lo supera, prefiggendosi di garantire agli handicappati congrue
opportunità di esercizio del diritto al lavoro, quale momento di
più piena integrazione nella comune vita sociale. E giacché la
materia dell'occupazione o, più in generale, del lavoro non rientra
fra quelle di competenza regionale, la doglianza della ricorrente è
destituita di fondamento.
Né ha maggior pregio - secondo l'Avvocatura - la critica rivolta
agli artt. 4 e 19. La disciplina impugnata, infatti, ubbidisce, sul
punto, ad un palese principio di uniformità trattandosi in ultima
analisi di assicurare (anche attraverso una predeterminata
integrazione di già esistenti collegi medici) unicità di criteri
tecnici in una valutazione destinata ad avere effetti anche in
materie (art. 19) di certo estranee alle attribuzioni regionali.
Anche la doglianza relativa all'art. 40, secondo l'Avvocatura, non
ha ragion d'essere, avuto riguardo all'art. 128 Cost. ed alle
funzioni che la legge impugnata ha attribuito, nella materia de qua,
ai comuni. In relazione, poi, alla pure dedotta violazione degli
artt. 3 e 97 Cost. sotto il profilo dell'irragionevole innovazione
introdotta nel contenuto degli statuti degli enti locali, si aggiunge
che la norma in esame non apporta alcuna deroga alla legge 8 giugno
1990, n. 142, in quanto si limita a specificare, in un ulteriore
settore, il contenuto degli statuti nella parte riguardante
l'ordinamento dei servizi. Del resto l'elementare criterio di
economicità e ragionevolezza indicato ai Comuni (ma non solo a
questi, attesa la natura di normativa di principio propria della
legge denunciata) ai fini della scelta di priorità degli interventi
da attuare (pur sempre "nel quadro della normativa regionale") pone
il primo comma dell'art. 40 al di fuori della portata delle censure
della ricorrente, che a torto si duole di non essere esclusiva
destinataria del principio secondo cui, in ordine di priorità, vanno
privilegiati gli interventi di riordino e potenziamento dei già
esistenti servizi.
Da ultimo, l'Avvocatura chiede che siano disattese le censure
mosse all'art. 41 nella parte che si riferisce alla composizione del
Comitato nazionale per le politiche dell'handicap. A suo avviso la
formula letterale adottata dal legislatore, infatti, ancorché
impropria, sta con tutta evidenza a significare che gli assessori,
come i rappresentanti degli enti locali, gli esperti ecc. sono
chiamati ad integrare la composizione e, quindi, a far parte del
Comitato, che ne risulta perciò organo a composizione mista (al pari
di tanti altri) e strutturalmente idoneo a recepire le valutazioni
degli interessi di tipo preminentemente locale.
Considerato in diritto
1. - La Regione Lombardia impugna diversi articoli della legge 5
febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate), lamentando la
lesione delle proprie competenze in tema di beneficienza pubblica,
sanità e urbanistica (artt. 117 e 118 Cost.), nonché la violazione
del principio di ragionevolezza tratto dagli artt. 3 e 97 Cost.
2. - La legge impugnata, rispondendo ad un'esigenza profondamente
avvertita, è diretta ad assicurare in un quadro globale ed organico
la tutela del portatore di handicap. Essa incide perciò
necessariamente in settori diversi, spaziando dalla ricerca
scientifica ad interventi di tipo sanitario ed assistenziale, di
inserimento nel campo della formazione professionale e nell'ambiente
di lavoro, di integrazione scolastica, di eliminazione di barriere
architettoniche e in genere di ostacolo all'esercizio di varie
attività e di molteplici diritti costituzionalmente protetti. La
tutela così apprestata dalla legge dunque investe necessariamente
oggetti che afferiscono parte a competenze statali e parte ad
attribuzioni regionali e di enti minori. D'altra parte il suo
complessivo disegno è fondato sulla esigenza di perseguire un
evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è
quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello
uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei
soggetti portatori di handicaps. Al perseguimento di simile interesse
partecipano, con lo Stato, gli enti locali minori e le Regioni, nel
quadro dei principi posti dalla legge e secondo le modalità ed i
limiti necessari ad assicurare l'effettivo soddisfacimento
dell'interesse medesimo.
Alle Regioni, in particolare, sono affidati sia interventi
diretti, sia compiti di disciplina dei modi e livelli qualitativi di
erogazione dei vari servizi da parte dei suddetti enti locali.
3. - Ciò premesso, si deve ora passare all'esame analitico delle
singole censure.
La prima doglianza concerne l'art. 10, comma primo, della legge.
Questo articolo attribuisce ai comuni, alle comunità montane e alle
unità sanitarie locali la facoltà di realizzare - nell'ambito delle
proprie competenze e con le proprie ordinarie risorse di bilancio -
comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per le persone
portatrici di handicaps gravi. La disposizione, secondo la
ricorrente, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. per il fatto di
ignorare completamente le competenze regionali in tema di beneficenza
pubblica. Ora, anche a prescindere dalla considerazione che il tipo
di provvidenza in questione non si presta ad essere ricompreso nella
sola materia della beneficenza pubblica, ancorché latamente intesa,
resta il fatto che la censura è assolutamente generica e sfornita di
motivazione: di conseguenza, secondo la ferma giurisprudenza di
questa Corte (cfr., ad es., le sentenze nn. 517 del 1987; 998, 1031,
1111 del 1988; 242, 459 del 1989; 85 del 1990) essa deve essere
dichiarata inammissibile.
Impugnato è anche il comma terzo dello stesso art. 10, il quale
prevede che gli enti indicati nel precedente primo comma possono
contribuire alla realizzazione e al sostegno di case-alloggio e
centri riabilitativi promossi da I.P.A.B. e da vari enti privati,
"previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa
rispetto ai programmi regionali". La ricorrente lamenta che,
contemplando come solo obbligatorio ma non anche vincolante il parere
regionale, la previsione in discorso aggirerebbe la sua funzione
programmatoria nella materia.
La censura non è fondata. Infatti, considerato il complesso
intreccio di competenze sull'argomento, il parere obbligatorio della
Regione circa la congruità rispetto ai propri programmi di singole
opere di competenza di altri soggetti e da questi finanziate, può
considerarsi, uno strumento idoneo e sufficiente a salvaguardare il
ruolo della medesima Regione, atteso che tale ruolo trova la sua
naturale garanzia nel potere di dettare la normativa nel quadro della
quale, secondo la stessa legge (art. 40, comma primo), i comuni, le
comunità montane e le unità sanitarie locali debbono attuare gli
interventi sociali e sanitari previsti.
Il comma sesto dello stesso art. 10 prevede che l'approvazione dei
progetti edilizi concernenti immobili da destinare alle comunità
alloggio e ai centri socio-riabilitativi, ove localizzati in aree
vincolate o a diversa specifica destinazione, costituisca variante
del piano regolatore. La ricorrente, sul presupposto della
sottrazione di tale variante all'approvazione regionale, lamenta una
lesione delle proprie competenze in materia urbanistica, nonché,
trattandosi di una deroga ingiustificata al regime ordinario, la
violazione del principio di ragionevolezza ex artt. 3 e 97 Cost.
Le censure non sono fondate. Infatti, al contrario di quanto
ritiene la Regione, la rimessione, nel caso di specie, di poteri
decisionali definitivi alle autorità comunali e la mancata
previsione dell'approvazione delle varianti da parte delle Regioni ha
il suo fondamento giustificativo nella necessità di snellire ed
accelerare al massimo la realizzazione, da parte di enti pubblici o
sotto il controllo di questi, di opere destinate a fronteggiare
preminenti e pressanti esigenze di soggetti portatori di handicaps in
situazione di gravità; d'altra parte la previsione di simili
varianti automatiche non è sprovvista di contestuali cautele e
vincoli intesi ad assicurare una equilibrata soddisfazione dei
diversi interessi afferenti al governo del territorio. Pertanto, non
può parlarsi di illegittima limitazione delle competenze regionali.
4. - L'art. 11, secondo comma, è considerato lesivo delle
attribuzioni regionali perché affida alla competente Commissione
centrale presso il Ministero della Sanità di esprimere pareri anche
sui singoli rimborsi autorizzati dalle Regioni per i soggiorni
all'estero per cure dei soggetti handicappati.
La doglianza è infondata. Il decreto del Ministro della Sanità 3
novembre 1989 - recante criteri per la fruizione di prestazioni
assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima
specializzazione all'estero - prevede che la Commissione centrale sia
sentita ogni volta che si debba disporre un rimborso in deroga alle
ordinarie procedure o agli ordinari criteri di concorso nelle spese
(art. 7, commi secondo e terzo). La previsione del parere della
medesima Commissione nei casi indicati dall'impugnato art. 11, comma
secondo, della legge-quadro, costituisce espressione della medesima
impostazione, dal momento che, riguardando specificamente il
soggiorno in albergo di handicappati ed accompagnatori eventualmente
necessario, costituiscono anch'essi ipotesi di deroga al regime
ordinario, che esclude di norma dal rimborso le spese di soggiorno
(art. 6, comma quattordicesimo). L'intervento consultivo della
Commissione risponde all'esigenza, particolarmente pressante in
siffatte ipotesi, di assicurare la più rigorosa applicazione di
criteri uniformi in tutto il territorio nazionale. Di conseguenza non
può dirsi compressa in modo indebito la sfera di determinazione
delle Regioni, tanto più perché nella Commissione sono presenti
anche loro rappresentanti che possono perciò far valere in questa
sede le loro ragioni.
5. - L'impugnativa concernente l'art. 18, comma quarto, non è
fondata. Questa disposizione affida ad un decreto ministeriale di
approvare schemi-tipo di convenzione per regolare i rapporti tra enti
locali minori ed enti, istituzioni ed associazioni che svolgono
attività idonea a favorire l'inserimento e l'integrazione di persone
handicappate nel mondo del lavoro. Simile previsione non configura
alcuna illegittima interferenza nella sfera di competenza regionale,
poiché incide in una materia, l'occupazione, affidata, come questa
Corte ha già chiarito (cfr. spec. le sentenze nn. 799 e 998 del
1988), alla responsabilità finale e globale dello Stato, il quale
dunque ben può, nel caso presente, come del resto avviene in ipotesi
consimili (cfr., per es., la sentenza n. 49 del 1991) imporre le
prescrizioni indispensabili a conferire alle convenzioni in discorso
quel minimum di uniformità in sede nazionale, necessario alla
realizzazione in condizioni di eguaglianza di diritti costituzionali
fondamentali.
La questione relativa agli artt. 4 e 19 è infondata per il fatto
che il criticato affidamento dell'accertamento dell'handicap alle
commissioni mediche presso le unità sanitarie locali ha rilevanza
per tutti gli interventi previsti dalla legge, alcuni dei quali
esorbitano dalle competenze regionali (per es. inserimento nel mondo
del lavoro e nella scuola, etc.).
6. - Non è fondata la doglianza mossa all'art. 40, comma primo.
Basta ad escludere l'asserita violazione di competenze regionali la
considerazione che il criterio della priorità dell'utilizzazione dei
servizi già esistenti non si dirige solo e direttamente ai comuni e
agli altri enti minori, ma si impone innanzi tutto come "principio
fondamentale" alla normativa regionale nel cui quadro, secondo la
stessa disposizione, debbono svolgersi gli interventi previsti dalla
legge.
Infondata è poi anche la censura riguardante il comma secondo
dello stesso art. 40. L'attribuzione agli statuti comunali della
disciplina delle modalità di coordinamento degli speciali interventi
per gli handicappati con gli altri servizi sociali, sanitari ed
educativi non viola competenze regionali, perché la disciplina delle
funzioni dei comuni, e del modo in cui esse debbano svolgersi in
ambito intracomunale non spetta alle Regioni, ma è riservata allo
Stato dall'art. 128 Cost. L'impugnativa del medesimo comma per la
asserita irragionevolezza della pretesa innovazione della funzione e
contenuto di tali statuti quali previsti dall'art. 4 legge n. 142 del
1990 è inammissibile perché assolutamente generica e priva di
motivazione.
7. - È invece fondata l'impugnativa avente ad oggetto l'art. 41.
Questo articolo descrive le competenze del Ministro per gli affari
sociali e dispone l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio
dei ministri, di un Comitato nazionale per le politiche
dell'handicap, con compiti consultivi; in particolare, tale Comitato
deve essere sentito dal Ministro prima di provvedere a ripartire tra
le Regioni e le Province autonome, annualmente e proporzionalmente
agli abitanti, l'apposito fondo per l'integrazione degli interventi
regionali e provinciali per gli handicappati (art. 42, commi primo e
secondo); lo stesso Comitato potrà, dopo il primo triennio,
approvare altri criteri di ripartizione del fondo, sentita la
Conferenza Stato-Regioni (art. 42, comma terzo).
Quanto alla sua struttura, il Comitato è composto da ministri, e
si avvale di soggetti esterni: tra questi, oltre ai rappresentanti di
enti locali, enti ed associazioni di tutela degli handicappati,
sindacati maggiormente rappresentativi, sono indicati anche
rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome designati tra
i rispettivi assessori dalla Conferenza Stato-Regioni.
La Regione censura proprio quest'ultima previsione poiché,
appunto, non integra i rappresentanti regionali nella composizione
del Comitato, ma configura la loro posizione in termini di mero
"avvalimento" da parte di quest'ultimo.
Indubbiamente il Comitato nell'espletamento dei suoi compiti, data
l'eterogeneità della materia e l'intreccio delle competenze che vi
regna, coinvolge anche in vario modo settori affidati alla competenza
delle Regioni, ed esprime il proprio avviso sulla ripartizione dei
fondi tra di esse.
In siffatta situazione, la collaborazione regionale ai lavori del
Comitato non può essere configurata alla stessa stregua di quella
degli altri enti e soggetti contemplati dalla norma impugnata.
Infatti, trattandosi di interventi concernenti anche ambiti materiali
spettanti alla competenza delle Regioni, considerata la rilevanza
politica delle funzioni in gioco e la natura dei destinatari - che
non sono semplici uffici regionali - l'istituto dell'avvalimento non
si dimostra, nel caso di specie, strumento idoneo a salvaguardare la
posizione di queste ultime quali enti dotati di autonomia politica
costituzionalmente garantita. A tal fine è invece necessario che
l'apporto dei rappresentanti regionali si configuri come vera e
istituzionale partecipazione all'attività del Comitato.
Poiché non è possibile, a differenza di quanto ritiene
l'Avvocatura dello Stato, giungere a questo risultato in via di
interpretazione correttiva dell'impugnato art. 41, deve dichiararsi
l'illegittimità costituzionale di quest'ultimo nella parte in cui
prevede, in relazione ai rappresentanti degli assessorati regionali e
delle Province autonome, che il Comitato "si avvale di", anziché "è
composto da".
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 41, sesto
comma, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate), nella parte in cui, con riguardo alla lettera a),
prevede che il Comitato "si avvale di", anziché "è composto da";
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 10, comma primo, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in
riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., sollevata dalla Regione
Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 40, comma secondo, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., sollevata dalla Regione
Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;
Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 4, 10, commi terzo e sesto, 11, comma secondo, 18, comma
quarto, 19, 40, commi primo e secondo, della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., sollevate dalla
Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 10, comma sesto, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., sollevata dalla Regione
Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 21 ottobre 1992.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1992
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA