Titolo
SENT. 69/78 A. PROCEDIMENTI INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE - CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO - AMMISSIBILITA' "POTERE DELLO STATO" - NOZIONE - FIGURE SOGGETTIVE DELLO STATO- APPARATO E DELLO STATO-COMUNITA' - SOTTOSCRITTORI E PROMOTORI DEL REFERENDUM ABROGATIVO - LEGITTIMAZIONE ATTIVA.
Testo
Se "poteri dello Stato" legittimati a proporre conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost. sono anzitutto i poteri dello Stato-apparato, vanno tuttavia riconosciuti a tali effetti come poteri dello Stato anche figure soggettive esterne rispetto allo Stato-apparato, quanto meno allorche` ad esse l'ordinamento conferisca la titolarita` e l'esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite, concorrenti con quelle attribuite a poteri ed organi statali in senso proprio. Tale carattere riveste il gruppo degli elettori, in numero non inferiore a 500.000, firmatari di una richiesta di referendum abrogativo - istituzionalmente rappresentati dai promotori - cui l'art. 75 Cost. riconosce la potesta` di proporre tale richiesta. Nel procedimento referendario, con l'ufficio centrale presso la Corte di cassazione, il Governo, il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, i promotori e i sottoscrittori concorrono all'effettuazione della consultazione popolare in quanto ad essi propriamente compete di attivare la sovranita` popolare nell'esercizio di una potesta` normativa diretta, anche se limitata all'abrogazione. - cfr. Ord.n. 17/1978.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 134
Costituzione
art. 75
Titolo
SENT. 69/78 B. PROCEDIMENTI INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE - CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO - RAPPRESENTANZA DEGLI ELETTORI FIRMATARI DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM - CAPACITA' DEL COMITATO DEI PROMOTORI - FACOLTA' DI AGIRE IN NOME E PER CONTO DEI PROMOTORI - E' CONFERITA AD ALMENO TRE COMPONENTI DEL COMITATO PROMOTORE.
Testo
Al comitato dei promotori del referendum abrogativo e` attribuita dalla legge la rappresentanza degli elettori, in numero non inferiore a 500.000, firmatari della richiesta di referendum, ed a tre componenti del comitato e` conferita la facolta` di agire in nome e per conto del comitato promotore.
Riferimenti normativi
legge
25/05/1970
n. 352
art. 7
co. 0
legge
25/05/1970
n. 352
art. 28
co. 0
legge
25/05/1970
n. 352
art. 32
co. 3
legge
25/05/1970
n. 352
art. 32
co. 5
legge
25/05/1970
n. 352
art. 33
co. 2
legge
25/05/1970
n. 352
art. 33
co. 5
legge
25/05/1970
n. 352
art. 40
co. 0
Titolo
SENT. 69/78 C. REFERENDUM - UFFICIO CENTRALE PER IL REFERENDUM PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE - CESSAZIONE DELLE OPERAZIONI DEL REFERENDUM RELATIVAMENTE A DISPOSIZIONI DI LEGGE ABROGATE E SOSTITUITE - ART. 39 L. 25 MAGGIO 1970, N. 352 - DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE - POTERI DELL'UFFICIO CENTRALE - PREVIA VALUTAZIONE DELLE MODIFICAZIONI INTRODOTTE DALLA NUOVA DISCIPLINA LEGISLATIVA - NECESSITA'.
Testo
A seguito della dichiarazione di parziale illegittimita` costituzionale dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970, l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione non puo` disporre la cessazione delle operazioni del referendum in ordine a disposizioni di legge abrogate e sostituite da altre senza aver previamente valutato se la nuova normativa abbia introdotto modificazioni tali da precludere la consultazione popolare sulla preesistente disciplina, ovvero se il referendum debba invece effettuarsi sulla nuova disciplina legislativa. Dichiara pertanto che l'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, non attribuisce all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione il potere di disporre la cessazione delle operazione del referendum relative alla disposizione dell'art. 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, abrogata e sostituita dalla disposizione dell'art. 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533, senza avere previamente valutato se il referendum non debba effettuarsi sulla nuova disciplina legislativa e in conseguenza annulla l'ordinanza dell'Ufficio stesso in data 6 dicembre 1977, nella parte in cui modifica il quesito referendario relativo alla legge n. 152 del 1975 eccettuandone l'art. 5. - cfr. S.n. 78/1978.
Riferimenti normativi
legge
22/05/1975
n. 152
art. 5
co. 0
legge
08/08/1977
n. 533
art. 2
co. 0
legge
25/05/1970
n. 352
art. 39
co. 0
N. 69
SENTENZA 22 MAGGIO 1978
Deposito in cancelleria: 23 maggio 1978.
Pres. AMADEI - Rel. ASTUTI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott.
GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott.
MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA -
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN,
Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Pietroletti Glauco, Pallicca Davide e
Calderisi Giuseppe in nome e per conto del Comitato promotore del
referendum abrogativo della legge 22 maggio 1975, n. 152, quale
rappresentante dei firmatari della relativa richiesta, pervenuto in
cancelleria il 7 gennaio 1978 ed iscritto al n. 5 del registro 1978,
per conflitto di attribuzione sorto a seguito della ordinanza
dell'Ufficio centrale per il referendum depositata nella cancelleria
della Corte di cassazione il 6 dicembre 1977, con la quale è stata
dichiarata legittima la richiesta di referendum popolare sul quesito
così modificato: volete voi che sia abrogata la legge 22 maggio 1975,
n. 152, recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, ad
eccezione dell'art. 5 (sostituito dall'art. 2 della legge 8 agosto
1977, n.533)?
Vista l'ordinanza emessa da questa Corte il 2 marzo 1978, n. 17
sulla ammissibilità del conflitto di cui in epigrafe.
Udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1978 il Giudice relatore
Guido Astuti;
udito l'avv. Franco Casamassima per Pietroletti Glauco, Pallicca
Davide e Calderisi Giuseppe.
Ritenuto in fatto:
Con ricorso depositato in cancelleria il 7 gennaio 1978,
Pietroletti Glauco, Pallicca Davide e Calderisi Giuseppe hanno
sollevato, per conto del Comitato promotore del referendum abrogativo
della legge 22 maggio 1975, n. 152, in rappresentanza dei firmatari
della relativa richiesta, conflitto di attribuzione in riferimento
all'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum depositata il 6
dicembre 1977, con la quale è stata dichiarata legittima la richiesta
di referendum popolare sul quesito così modificato: volete voi che sia
abrogata la legge 22 maggio 1975, n. 152, recante "disposizioni a
tutela dell'ordine pubblico" ad eccezione dell'art. 5 (sostituito
dall'articolo 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533)?
Un reclamo proposto dai promotori contro la detta ordinanza era
stato dall'Ufficio centrale dichiarato inammissibile con successiva
ordinanza 19 dicembre 1977, sul presupposto della definitività della
precedente decisione.
Il conflitto di attribuzione è motivato in relazione alla
esclusione dal referendum dell'art. 5 della legge n. 152 del 1975, a
seguito della sostituzione meramente "manipolativa" di detta norma
mediante l'art. 2 della legge n. 533 del 1977, che avrebbe solo
formalmente sostituito la precedente disposizione, lasciando
inalterati, ed anzi peggiorando i contenuti.
Ciò, mentre l'art. 39 della legge n. 352 del 1970, nel conferire
all'Ufficio centrale del referendum il potere di dichiarare che non
hanno più corso le operazioni relative al referendum sulle
disposizioni della legge oggetto del referendum stesso che siano state
abrogate, intenderebbe riferirsi non ad una mera eliminazione formale
di esse, ma anche a una caducazione sostanziale di tutte le ipotesi
normative ivi previste, che non potrebbero essere, in pendenza di un
referendum, reintrodotte nell'ordinamento e, per di più, aggravate.
La contraria interpretazione, accolta dall'Ufficio centrale senza
sollevare, di ufficio, la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 39, consentirebbe al Parlamento di aggirare qualsiasi
richiesta di referendum ledendo irrimediabilmente gli interessi dei
firmatari e dei promotori, e inibendo al corpo elettorale di
pronunciarsi sui quesiti dai primi proposti.
Sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione si afferma nel
ricorso la esistenza dei requisiti sia oggettivi che soggettivi.
Quanto all'Ufficio centrale per il referendum tratterebbesi di
struttura giurisdizionale, di tipo speciale, organo della Corte di
cassazione e competente a manifestare in modo definitivo la volontà
del potere di appartenenza, cioè del potere giudiziario. A sua volta
il gruppo dei sottoscrittori di una richiesta di referendum dovrebbe
annoverarsi tra i "poteri dello Stato" avendo diritti e poteri
costituzionalmente garantiti, quale quello di attivare il procedimento
di cui all'art. 75 Cost. La volontà dei sottoscrittori sarebbe poi
dalla legge n. 352 del 1970 ritenuta coincidente con quella manifestata
dai promotori in maniera definitiva.
Infine, l'arbitraria modifica da parte dell'Ufficio centrale del
quesito proposto dai sottoscrittori al corpo elettorale avrebbe fatto
sorgere un contrasto tra il potere giudiziario, attraverso un organo
della Corte di cassazione, e quello del gruppo dei sottoscrittori in
ordine al potere di provvedere alla formulazione definitiva dei quesiti
da proporre al corpo elettorale, relativi al referendum sulla legge n.
152 del 1975.
La Corte costituzionale con ordinanza n. 17, depositata il 3 marzo,
ha affermato, in sede di prima delibazione, l'ammissibilità del
conflitto, ricorrendone i presupposti sia oggettivi che soggettivi, e
rilevando, in particolare, che gli elettori in numero non inferiore a
500.000, firmatari d'una richiesta di referendum, sono una frazione del
corpo elettorale identificata dall'art. 75 Cost., titolare
dell'esercizio di una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e
garantita, di cui i promotori sono competenti a dichiarare, in sede di
conflitto, la volonta.
Compiuti gli adempimenti di rito, i ricorrenti hanno depositato
memoria in cui, richiamati in tema di ammissibilità gli argomenti
svolti in ricorso, hanno trattato più diffusamente il merito dello
stesso.
In primo luogo si afferma che l'art. 39 della legge n. 352 del 1970
fisserebbe il principio che quando il referendum è inutile (perché
cade su una normativa o su una disposizione di legge o su una parte di
una o più disposizioni di legge non più vigenti), è utile non farlo.
Tale situazione, peraltro, non ricorrerebbe quando oggetto della
richiesta di referendum sia un intero testo normativo, ed una sola
disposizione dello stesso sia stata abrogata nelle more della
procedura, atteso che, se tale disposizione non esiste più, la
restante normativa sarebbe pur sempre in vigore, e quindi il referendum
dovrebbe aver corso egualmente, senza che sia possibile modificarne
l'oggetto, tanto più che, altrimenti, si finirebbe con il non tener
conto dei possibili effetti che l'abrogazione referendaria comporta.
Il potere-dovere dell'Ufficio centrale sarebbe solo quello di
accertare la legittimità delle richieste referendarie, sicché o le
dichiara conformi alla legge, o le dichiara non conformi essendo stato
l'intero oggetto del referendum abrogato, con sostanziale cessazione
della materia del contendere. Comunque, in nessun caso vi sarebbe il
potere di modificare l'oggetto delle richieste.
Peraltro, anche a voler ritenere l'art. 39 applicabile alla ipotesi
di abrogazione di una disposizione facente parte di una legge,
sottoposta per intiero a referendum, andrebbe rilevato che l'art. 2
della legge n. 533 del 1977, avendo operato una sostituzione dell'art.
5 della legge n. 152 del 1975, avrebbe determinato una abrogazione
implicita, e non espressa, della norma oggetto di referendum, come tale
affidata al coordinamento operato in sede giurisprudenziale tra le due
norme, e, perciò, non idonea ad integrare l'ipotesi prevista dall'art.
39.
In ogni caso, poi, l'abrogazione per sostituzione non toccherebbe
la formulazione della normativa come manifestazione di volontà del
legislatore nel suo momento logico e nel suo momento volitivo, avendo
effetti la sostituzione solo con riguardo al momento del commesso reato
(ex art. 2, terzo comma, c.p.).
Perciò, essendo la legge nella sua integralità a venire in
discussione, la richiesta di referendum non verrebbe meno rispetto al
testo sostituito, rientrando questo pur sempre nel corpo della legge di
cui si chiede la totale abrogazione e che mantiene inalterato il
proprio contenuto complessivo nei suoi aspetti logici e teleologici,
tanto è vero che, se, scorporata una singola disposizione in quanto
sostitutiva, la restante normativa fosse abrogata a seguito di
referendum, quella disposizione isolata non avrebbe di per sé un
preciso valore giuridico.
Infine, ritenere che le operazioni relative al referendum non
abbiano più corso, in presenza di una abrogazione solo formale delle
disposizioni oggetto della richiesta di referendum, essendo il
contenuto formale dello stesso rimasto nell'ordinamento siccome
reintrodottovi a mezzo di altra o altre disposizioni solo formalmente
diverse dalle prime, significherebbe svuotare di contenuto il precetto
di cui all'art. 75 della Costituzione.
Di fronte ad una richiesta di referendum il potere legislativo
avrebbe solo due alternative: riconosciuto il fondamento della
richiesta, abrogare la normativa che ne costituisce oggetto, ovvero
accettare il peso della consultazione.
Nel corso del giudizio la Corte, con ordinanza n. 44, depositata il
12 aprile ha sollevato di ufficio la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, in
riferimento all'art. 75 della Costituzione.
Con successiva sentenza n. 68, depositata il 17 maggio, è stata
dichiarata la illegittimità della norma impugnata, nella parte in cui
non predispone adeguati mezzi di tutela dei firmatari delle richieste
di referendum abrogativo.
Considerato in diritto:
1. - Con il ricorso di cui in epigrafe il comitato promotore del
referendum per l'abrogazione della legge 22 maggio 1975, n. 152, in
rappresentanza dei firmatari della relativa richiesta, ha sollevato
conflitto di attribuzione nei confronti dell'Ufficio centrale per il
referendum presso la Corte di cassazione, impugnando l'ordinanza 6
dicembre 1977 con cui quell'Ufficio aveva dichiarato legittima la
suindicata richiesta ad eccezione dell'art. 5 di detta legge, in quanto
integralmente sostituito dall'art. 2 della successiva legge 8 agosto
1977, n. 533. Si assume nel ricorso che l'Ufficio, modificando la
formula di proposizione con espressa eccettuazione dell'art. 5, avrebbe
leso la competenza attribuita ai firmatari della richiesta di
referendum in ordine alla formulazione definitiva del quesito da
proporre al corpo elettorale, e conseguentemente si chiede a questa
Corte di dichiarare che "all'Ufficio centrale per il referendum non è
attribuito dall'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352 il potere di
disporre la cessazione delle operazioni del referendum relativo alle
norme comuni contenute prima nella disposizione di cui all'art. 5 della
legge n. 152 del 1975, ed ora formalmente inserite nella disposizione
di cui all'art. 2 della legge n. 533 del 1977".
2. - Con ordinanza 3 marzo 1978, n. 17, la Corte ha ritenuto, in
via di prima delibazione, l'ammissibilità del conflitto ai sensi
dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87; e nel corso del
susseguente giudizio, con ordinanza 12 aprile 1978, n. 44, ha sollevato
di ufficio, in riferimento all'art. 75 della Costituzione, la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 39 della legge n. 352 del
1970, nella parte in cui prevede che il blocco delle operazioni
referendarie si produca anche quando la sopravvenuta abrogazione sia
accompagnata dalla emanazione di altra normativa che regoli la stessa
materia apportando solo innovazioni formali o di dettaglio, senza
modificare né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti,
né i principi ispiratori della complessa disciplina sottoposta a
referendum.
3. - La Corte ha deciso tale giudizio di costituzionalità con
sentenza 17 maggio 1978, n. 68, dichiarando la illegittimità
costituzionale dell'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, "
limitatamente alla parte in cui non prevede che se l'abrogazione degli
atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referendum venga
accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare
né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né
i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si
effettui sulle nuove disposizioni legislative".
4. - Definitivamente pronunciando circa l'ammissibilità del
ricorso, questa Corte conferma le considerazioni già svolte
nell'ordinanza n. 17 circa la sussistenza, nella fattispecie, dei
requisiti di ordine soggettivo ed oggettivo contemplati dal primo comma
dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953.
Per quanto concerne, in particolare, la legittimazione dei
ricorrenti, può osservarsi che se "poteri dello Stato", legittimati a
proporre conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost., sono
anzitutto e principalmente i poteri dello Stato-apparato, ciò non
esclude che possano riconoscersi a tale effetto come poteri dello Stato
anche figure soggettive esterne rispetto allo Stato-apparato, quanto
meno allorché ad esse l'ordinamento conferisca la titolarita e
l'esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e
garantite, concorrenti con quelle attribuite a poteri ed organi
statuali in senso proprio. Tale è appunto il caso del gruppo degli
elettori, in numero non inferiore a 500.000, firmatari d'una richiesta
di referendum abrogativo - istituzionalmente rappresentati dai
promotori - a cui l'art. 75 Cost. riconosce la potestà di proporre
tale richiesta, con l'effetto di rendere costituzionalmente dovuta la
convocazione del corpo elettorale, quando ricorrano i requisiti
previsti dagli artt. 27 e seguenti della legge n. 352 del 1970. Nel
procedimento referendario i promotori e i sottoscrittori, l'Ufficio
centrale presso la Corte di cassazione, il Governo, il Presidente della
Repubblica e la Corte costituzionale concorrono all'effettuazione della
consultazione popolare, e sarebbe incongruo escludere dalla
legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione solo il gruppo dei
sottoscrittori, in quanto estraneo alla organizzazione dello
Stato-persona, quando ad esso propriamente compete di attivare la
sovranità popolare nell'esercizio di una potestà normativa diretta,
anche se limitata all'abrogazione.
A conferma di quanto ora osservato si può rilevare che
nell'analogo caso del referendum previsto dall'art. 138, secondo comma,
Cost., nell'ambito del procedimento formativo delle leggi di revisione
della Costituzione e delle altre leggi costituzionali, per cui
l'iniziativa referendaria può essere assunta da un quinto dei membri
di una Camera, o da 500.000 elettori, o da cinque Consigli regionali,
sarebbe assurdo ritenere legittimati a proporre ricorso per conflitto
di attribuzione il gruppo dei parlamentari o dei Consigli regionali
proponenti, e non quello di 500.000 elettori.
5. - Non può, del pari, dubitarsi della capacità del comitato dei
promotori, in numero non inferiore a dieci (cfr. artt. 7 e 40 della
legge n. 352 del 1970), a rappresentare gli elettori, in numero non
inferiore a 500.000, firmatari della richiesta di referendum, e della
facoltà conferita dalla legge ad almeno tre dei promotori di agire in
nome e per conto del comitato promotore. Ed invero la legge stabilisce
che almeno tre dei promotori possano: provvedere al deposito dei fogli
con le firme dei sottoscrittori e dei relativi certificati elettorali
(articolo 28); alla sanatoria di eventuali irregolarità della
richiesta, e alla presentazione di memorie intese a contestarne
l'esistenza (art. 32, terzo comma); alla ricezione da parte
dell'Ufficio centrale e di questa Corte, delle notificazioni e
comunicazioni dei provvedimenti relativi alla legittimità ed
ammissibilità delle richieste di referendum (art. 32, terzo e quinto
comma, art. 33, secondo e quinto comma). Nel presente caso, il ricorso
è stato proposto da tre componenti del comitato promotore, i quali,
come si desume dall'ordinanza 6 dicembre 1977, sono tra i presentatori
della richiesta.
6. - Nel merito, occorre premettere che l'Ufficio centrale presso
la Corte di cassazione, facendo puntuale applicazione del disposto
dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970, aveva con l'ordinanza
impugnata ritenuto che la richiesta di referendum relativa all'intero
testo della legge 22 maggio 1975, n. 152, "Disposizioni a tutela
dell'ordine pubblico", non potesse più avere corso per l'art. 5,
abrogato e sostituito dall'art. 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533,
(contenente un più ampio divieto dell'uso di caschi protettivi o di
altri mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della
persona, con più gravi sanzioni per i contravventori); ed aveva
conseguentemente disposto la modificazione della formula di
proposizione con espressa eccettuazione dell'art. 5.
La già ricordata decisione di questa Corte, che ha dichiarato la
parziale illegittimità costituzionale dell'art. 39 della legge n. 352
del 1970, nei sensi e nei termini sopra riferiti, impone di riconoscere
che l'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione è ora chiamato a
valutare se la nuova normativa contenuta nell'art. 2 della legge n. 533
del 1977 abbia introdotto modificazioni tali da precludere la
consultazione popolare sulla preesistente disciplina offerta dall'art.
5 della legge n. 152 del 1975, o se invece il referendum debba
effettuarsi sulla nuova disciplina legislativa.
Di conseguenza, il ricorso per conflitto di attribuzione deve
essere accolto, annullando in parte qua l'ordinanza 6 dicembre 1977
dell'Ufficio centrale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che l'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, non
attribuisce all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di
cassazione il potere di disporre la cessazione delle operazioni del
referendum relative alla disposizione dell'art. 5 della legge 22 maggio
1975, n. 152, abrogata e sostituita dalla disposizione dell'art. 2
della legge 8 agosto 1977, n. 533, senza avere previamente valutato se
il referendum non debba effettuarsi sulla nuova disciplina legislativa;
e in conseguenza annulla l'ordinanza dell'Ufficio stesso in data 6
dicembre 1977, nella parte in cui modifica il quesito referendario
relativo alla legge n. 152 del 1975 eccettuandone l'art. 5.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 1978.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO
GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO
ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO
DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA -
GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE -
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO
MALAGUGINI - LIVIO PALADIN.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere