Titolo
SENT. 225/74 A. TELEVISIONE E SERVIZI RADIOELETTRICI - SERVIZI DI TELEVISIONE CIRCOLARE A MEZZO DI ONDE RADIO ELETTRICHE - RISERVA ALLO STATO - DIVIETO DI IMPIANTARE ED ESERCITARE SERVIZI DEL GENERE SENZA LA PRESCRITTA CONCESSIONE - INCOMPATIBILITA' CON GLI ARTT. 21, 33, 41 E 43 COST. - ESCLUSIONE.
Testo
La riserva allo Stato dei servizi di televisione circolare a mezzo di onde radio elettriche, e il conseguente divieto di impiantare ed esercitare servizi del genere senza la prescritta concessione non sono, in via di principio, incompatibili con gli artt. 21, 33, 41 e 43 Cost. attesoche': a) esiste una attuale limitatezza dei canali utilizzabili, talche' la televisione si caratterizza indubbiamente come una attivita' predestinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno all'oligopolio di fatto; b) i servizi televisivi si collocano, pertanto, tra le categorie di imprese che si riferiscono a situazioni di monopolio, nel senso di cui all'art. 43 Cost.; c) ricorrono altresi' gli altri due requisiti voluti da detto articolo, e cioe' l'attivita' di preminente interesse generale e le ragioni di utilita' generale, idonee a giustificare l'avocazione in esclusiva dei servizi allo Stato; d) data la limitatezza di fatto della possibilita' di utilizzazione del mezzo televisivo, lo Stato monopolista si trova istituzionalmente nelle condizioni di obiettivita' ed imparzialita' piu' favorevoli per superare le difficolta' frapposte dalla naturale limitatezza del mezzo alla realizzazione del precetto dell'art. 21 Cost., volto ad assicurare a tutti la possibilita' di diffondere il pensiero con qualsiasi mezzo. Cfr.: sent. n. 59 del 1960.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Costituzione
art. 33
Costituzione
art. 41
Costituzione
art. 43
Titolo
SENT. 225/74 B. TELEVISIONE E SERVIZI RADIOELETTRICI - LIMITATA DISPONIBILITA' DELLE BANDE DI TRASMISSIONE - SITUAZIONE DI MONOPOLIO - SERVIZIO PUBBLICO ESSENZIALE CARATTERIZZATO DA PREMINENTE INTERESSE GENERALE - RISERVA ALLO STATO EX ART. 43 COST.
Testo
Se la ratio della disposizione dell'art. 43 Cost. risiede nella previsione che quando non esiste, o addirittura non e' possibile, la libera concorrenza, il monopolio statale (o degli altri soggetti tassativamente indicati) meglio garantisce l'interesse della collettivita' (ed al monopolio di fatto va equiparato l'oligopolio, identificandosi sostanzialmente le due situazioni rispetto ai servizi radiotelevisivi, poiche' la disponibilita' in poche mani di uno strumento di comunicazione di massa non presenterebbe rischi minori di quelli insiti in un monopolio in senso stretto), cio' vale a maggior ragione quando, come nel caso di servizi radiotelevisivi, si tratti di attivita' che, ben al di la' della sua rilevanza economica, tocca molto da vicino fondamentali aspetti della vita democratica. Pertanto, la riserva allo Stato dell'attivita' di radiotelediffusione circolare risulta rispondente alla ratio del precetto costituzionale, stante la limitazione delle bande di trasmissione disponibili che integra quella situazione di monopolio richiesta dalla norma, e considerato inoltre che la radiotelediffusione costituisce un servizio pubblico essenziale caratterizzato da preminente interesse generale, in quanto adempie a fondamentali compiti di informazione, concorre alla formazione culturale del paese, diffonde programmi che in vario modo incidono sulla pubblica opinione, per cui e' necessario che essa non divenga strumento di parte, il che puo' essere impedito solo dall'avocazione allo Stato.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 43
Titolo
SENT. 225/74 C. TELEVISIONE E SERVIZI RADIOELETTRICI - MONOPOLIO DELLO STATO - VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI TUTTI DI MANIFESTARE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO CON OGNI MEZZO - INSUSSISTENZA - NON RIENTRA IN TALE DIRITTO ANCHE QUELLO DI DISPORRE DI TUTTI I POSSIBILI MEZZI - GIUSTIFICAZIONE - MONOPOLIO PUBBLICO E PLURALISMO - RAPPORTI.
Testo
La limitazione delle bande di trasmissione comporta che la liberalizzazione dei servizi radiotelevisivi si tradurrebbe in una effettiva riserva a pochi con violazione del principio di eguaglianza, nell'esercizio di un fondamentale diritto di liberta'. Sicche' in definitiva il monopolio pubblico, in materia, deve essere considerato come necessario strumento di allargamento dell'area di effettiva manifestazione della pluralita' delle voci presenti nella nostra societa'. Esso pertanto non e', in via di principio, incompatibile con l'art. 21 Cost. , a parte il rilievo che il diritto di tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero non puo' significare che tutti debbano avere, in fatto, la materiale disponibilita' di tutti i possibili mezzi di diffusione. Cfr.: sent. n. 105 del 1972.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Titolo
SENT. 225/74 D. TELEVISIONE E SERVIZI RADIOELETTRICI - RISERVA ALLO STATO - AMBITO DI OPERATIVITA' - ATTIVITA' DEI RIPETITORI DI STAZIONI TRASMITTENTI ESTERE - DISCIPLINA LEGISLATIVA DI QUESTA A TUTELA DI PUBBLICI INTERESSI - GIUSTIFICAZIONE DI UN REGIME DI AUTORIZZAZIONE, NON DELL'ESCLUSIONE DEL DIRITTO DEL SINGOLO.
Testo
Posto che il monopolio radiotelevisivo statale trova il suo presupposto giustificativo nel numero limitato delle bande di trasmissione assegnate all'Italia, ne consegue che esso non puo' abbracciare anche attivita', come quelle inerenti ai ripetitori di stazioni trasmittenti estere, che non operano sulle bande anzidette. L'impianto e l'esercizio di siffatti ripetitori debbono pertanto essere sottoposti ad una disciplina legislativa articolata in considerazione della tutela di pubblici interessi, la quale peraltro puo' realizzarsi con un regime di autorizzazione ma non esige certo l'esclusione del diritto del singolo.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Titolo
SENT. 225/74 E. RADIOTELEDIFFUSIONE - RADIOTELEDIFFUSIONE CIRCOLARE A MEZZO DI ONDE ELETTROMAGNETICHE - RISERVA ALLO STATO - CONDIZIONI MINIME NECESSARIE PERCHE' IL MONOPOLIO RISULTI CONFORME AI PRINCIPI COSTITUZIONALI - GARANZIE INERENTI ALLA OBIETTIVITA', ALLA IMPARZIALITA', AL CONTROLLO PARLAMENTARE, ALLA LIMITAZIONE DELLA PUBBLICITA', ALL'ACCESSO DEI GRUPPI, AL DIRITTO ANCHE DEL SINGOLO ALLA RETTIFICA - MANCATA ASSICURAZIONE NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE - R. D. 27 FEBBRAIO 1936, N. 645, ARTT. 1, 166, 168, N. 5, 178 E 251; D.P.R. 29 MARZO 1973, N. 158, ARTT. 1, 183 E 195 - CONTRASTO, NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE, CON GLI ARTT. 21, 41 E 43 COST. - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE QUA.
Testo
La riserva allo Stato del mezzo radiotelevisivo e' legittima solo se assicuri che il suo esercizio sia preordinato ai due fondamentali obiettivi: a) della realizzazione di trasmissioni che rispondano alle esigenze di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obiettivita' e completezza d'informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella societa': b) di favorire e rendere effettivo il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. Mancando invece una disciplina legislativa che imponga queste due linee direttive e predisponga gli strumenti all'uopo adeguati, il mezzo radiotelevisivo, riservato allo Stato, rischia di essere un poderoso strumento a servizio di parte e di tendere a fini e risultati opposti a quelli voluti dalla Costituzione. Il monopolio radiotelevisivo quindi, legittimo in linea di principio, non lo e' in concreto, non essendo disciplinato, nella legislazione vigente, in modo da soddisfare tali imprescindibili esigenze. Sono pertanto costituzionalmente illegittimi, nei sensi di cui in motivazione e nella parte relativa ai servizi di radiotelevisione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche, - perche' in contrasto con gli artt. 21, 41 e 43 Cost. - gli artt. 1, 166, 168 n. 5, 178 (in parte modificato dalla legge 14 marzo 1952, n. 196), e 251 del r. d. 27 febbraio 1936, n. 645 e gli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Costituzione
art. 41
Costituzione
art. 43
Riferimenti normativi
regio decreto
27/02/1936
n. 645
art. 1
co. 0
regio decreto
27/02/1936
n. 645
art. 166
co. 0
regio decreto
27/02/1936
n. 645
art. 168
co. 0
regio decreto
27/02/1936
n. 645
art. 178
co. 0
regio decreto
27/02/1936
n. 645
art. 251
co. 0
regio decreto
29/03/1973
n. 156
art. 1
co. 0
regio decreto
29/03/1973
n. 156
art. 183
co. 0
regio decreto
29/03/1973
n. 156
art. 195
co. 0
Titolo
SENT. 225/74 F. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - OGGETTO - D.P.R. 5 AGOSTO 1966, N. 1214, ART. 9; D.P.R. 26 GENNAIO 1952, N. 180 (IN MATERIA DI RADIOTELEDIFFUSIONI) - NATURA DI ATTI NON AVENTI NATURA DI LEGGE - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.
Testo
L'atto avente natura regolamentare sfugge al sindacato di costituzionalita', onde l'inammissibilita' della questione che lo concerne. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 21, 41 e 43 Cost. - dell'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (Nuove norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori), e del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed esecutorieta' delle convenzioni per la concessione alla RAI del servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione sul filo).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 134
Titolo
SENT. 225/74 G. TELEVISIONE E SERVIZI RADIOELETTRICI - LEGGE 14 MARZO 1952, N. 196, ART. 3 - OBBLIGO DI PREVENTIVA DENUNCIA DELLA DETENZIONE DI APPARECCHI RADIOTRASMITTENTI - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 21, 41 E 43 COST. - INSUSSISTENZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
L'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196, in quanto si limita a disporre l'obbligo di preventiva denuncia della detenzione di apparecchi radiotrasmittenti, non viola in alcun modo gli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione. E' pertanto infondata la questione di legittimita' costituzionale che concerne detta disposizione.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Costituzione
art. 41
Costituzione
art. 43
Riferimenti normativi
legge
14/03/1952
n. 196
art. 3
co. 0
N. 225
SENTENZA 9 LUGLIO 1974
Deposito in cancelleria: 10 luglio 1974.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 187 del 17 luglio 1974.
Pres. BONIFACIO - Rel. VERZÌ
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente -
Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott. LUIGI
OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO
CAPALOZZA - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO
ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA Prof. EDOARDO
VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale:
- degli artt. 1, 2 e 18 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067 (Norme
per il servizio delle comunicazioni senza filo); -
degli artt. 1, 166, 168, n. 5,178 (come sostituito dall'art. 1, n. 2,
della legge 14 marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n.
645 (Approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni);
- del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed esecutorietà
della Convenzione per la concessione alla RAI del servizio di
radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione
su filo);
- dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196 (Modificazioni
degli articoli 178, 269 e 270 del codice postale e delle
telecomunicazioni, approvato con regio decreto 27 febbraio 1936, n.
645);
- del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (Nuove norme sulle concessioni
di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori);
- degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156
(Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia
postale, di bancoposta e di telecomunicazioni);
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 15 maggio 1971 dal pretore di Poggibonsi nel
procedimento penale a carico di Parronchi Sergio, iscritta al n. 273
del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 240 del 22 settembre 1971;
2) ordinanza emessa il 14 gennaio 1972 dal pretore di omegna nel
procedimento penale a carico di Porta Giuseppe ed altro, iscritta al n.
40 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972;
3) ordinanza emessa il 17 febbraio 1972 dal pretore di Macerata nel
procedimento penale a carico di Meschini Italo, iscritta al n. 95 del
registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 11 O del 26 aprile 1972;
4) ordinanze emesse l'11 aprile 1972 dal pretore di Sampierdarena
nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Parodi Giancarlo ed
altri e di Parodi Giovanni ed altro, iscritte ai nn. 197 e 198 del
registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 165 del 28 giugno 1972;
5) ordinanze emesse il 18 aprile 1972 dal pretore di Sestri Levante
nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Marchetti Pier
Giorgio e di Di Gennaro Gian Luigi, iscritte ai nn. 212 e 213 del
registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 180 del 12 luglio 1972;
6) ordinanze emesse il 18 e il 20 maggio 1972 dal pretore di
Bologna nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Ricco'
Vitaliano ed altro e di Buscemi Ignazio, iscritte ai nn. 244 e 245 del
registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 226 del 30 agosto 1972;
7) ordinanza emessa il 6 giugno 1972 dal pretore di Bologna nel
procedimento penale a carico di Gelli Giorgio, iscritta al n. 262 del
registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 247 del 20 settembre 1972;
8) ordinanza emessa il 27 giugno 1972 dal pretore di Fidenza nel
procedimento penale a carico di Colacicco Michele, iscritta al n. 312
del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972;
9) ordinanza emessa il 15 marzo 1972 dal pretore di Milano nel
procedimento penale a carico di Begozzi Bruno ed altri, iscritta al n.
324 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 296 del 15 novembre 1972;
10) ordinanza emessa il 9 dicembre 1972 dal pretore di Assisi nel
procedimento penale a carico di Di Bernardino Vittorio, iscritta al n.
16 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 55 del 28 febbraio 1973;
11) ordinanza emessa il 9 marzo 1973 dal pretore di Terni nel
procedimento penale a carico di Pierantoni Pietro ed altro, iscritta al
n. 170 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 169 del 4 luglio 1973;
12) ordinanza emessa il 5 febbraio 1973 dal pretore di Genova nel
procedimento penale a carico di Giacobbe Emilio ed altro, iscritta al
n. 228 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1 agosto 1973;
13) ordinanza emessa il 21 ma'ggio 1973 dal pretore di Gavirate nel
procedimento penale a carico di De Zuanni Gianfrancesco ed altri,
iscritta al n. 280 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;
14) ordinanza emessa il 12 ottobre 1972 dal pretore di Torino nel
procedimento penale a carico di Bedello Donatella ed altri, iscritta al
n. 287 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;
15) ordinanza emessa il 22 marzo 1973 dal pretore di Perosa
Argentina nel procedimento penale a carico di Ferraretto Franco,
iscritta al n. 334 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 26 settembre 1973;
16) ordinanza emessa il 15 giugno 1973 dal pretore di Verona nel
procedimento penale a carico di Pinton Giorgio ed altri, iscritta al n.
423 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 2 del 2 gennaio 1974.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 29 maggio 1974 il Giudice relatore
Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Le ordinanze indicate in epigrafe, emesse tutte da pretori dal
maggio 1971 al giugno 1973, hanno riproposto, in riferimento all'art.
21 - e talune anche agli artt. 41 e 43 della Carta - la questione di
legittimità costituzionale della riserva in esclusiva allo Stato dei
servizi di telecomunicazioni (artt. 1 r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067; 1
r.d. 27 febbraio 1936, n. 645; 1 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156).
Quasi tutte le suddette ordinanze denunziano, poi, per contrasto
con i menzionati articoli della Carta, anche gli artt. 2 e 18 del r.d.
8 febbraio 1923, n. 1067; 166, 168 n. 5, 178 (così come sostituito
dall'art. 1, n. 2, della legge 14 marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27
febbraio 1936, n. 645; 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156; 3
della legge 14 marzo 1952, n. 196; il d.P.R. n. 1214 del 5 agosto 1966;
il d.P.R. n. 180 del 26 gennaio 1952.
I procedimenti penali nel corso dei quali le cennate questioni di
legittimità costituzionale sono state sollevate riguardano, in
prevalenza, la detenzione non denunziata e l'uso privato di apparecchi
radio ricetrasmittenti, senza averne ottenuto preventivamente la
prescritta concessione. In pochi casi (procedimenti pendenti presso i
pretori di omegna, di Gavirate, di Perosa Argentina e di Verona),
trattasi di istallazione abusiva di ripetitori, allo scopo di poter
ricevere i programmi televisivi svizzeri o jugoslavi.
In tutti i giudizi avanti questa Corte non vi è stata costituzione
di parti. Soltanto in quelli conseguiti alle ordinanze dei pretori di
Poggibonsi, Omegna, Macerata e Verona è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri.
2. - Dai giudici di merito si premette che, dopo aver attribuito
l'appartenenza in esclusiva allo Stato dei servizi di
telocomunicazioni, il legislatore ha statuito, tra l'altro, che
"nessuno può eseguire od esercitare impianti di telecomunicazioni
senza aver ottenuto la relativa concessione" (art. 166 r.d. n. 645 del
1936; art. 183 d.P.R. n. 156 del 1973 e, prima ancora,
sostanzialmente, art. 2 r.d. n. 1067 del 1923); "che l'impianto e
l'esercizio di stazioni radioelettriche fisse e terrestri, ad uso
esclusivamente privato, può essere concesso, purché concorrono
ragioni di pubblico interesse" (art. 251 r.d. n. 645 del 1936) e che
per detenere apparecchi radiotrasmittenti occorre averne fatta
preventiva denuncia all'autorità locale di pubblica sicurezza ed al
Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (art. 3 legge 14 marzo
1952, n. 196). Sono state, altresì, dettate norme per la concessione
di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori (d.P.R. 5 agosto
1966, n. 1214) e per la concessione in esclusiva alla RAI per il
periodo di venti anni dei servizi delle radioaudizioni e di televisione
circolare (d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180). L'infrazione alle
surriportate disposizioni il legislatore ha poi sanzionato penalmente
(art. 178 del r.d. n. 645 del 1936, così come sostituito dall'art. 1,
n. 2, legge n. 196 del 1952; art. 3 di questa legge; art. 195 del
d.P.R. n. 156 del 29 marzo 1973).
Ciò posto si osserva che la legittimità costituzionale di
siffatta disciplina legislativa, conseguente al monopolio statuale
delle telocomunicazioni e, prima ancora, la legittimità costituzionale
di questo monopolio, non può ritenersi inconfutabilmente dimostrata
dalla sentenza n. 59 del 1960 della Corte costituzionale. Inoltre, dopo
oltre dieci anni da tale decisione, le considerazioni di ordine più
strettamente tecnico sulle quali essa è fondata sarebbero state
superate dallo sviluppo della scienza delle radiotelediffusioni.
3. - Per quanto attiene più specificamente alla detenzione di
apparecchi radio ricetrasmittenti e all'uso esclusivamente privato di
essi (artt. 3 legge 14 marzo 1952, n. 196; 251, 166, 178 r.d. n. 645
del 1936), si fa presente che l'art. 21 della Costituzione sancisce la
libertà di manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione;
chiunque, quindi, ha diritto di manifestare in qualsiasi modo ed in
ogni circostanza il proprio pensiero, diritto da considerarsi
inviolabile ai sensi dell'art. 2 della medesima Carta.
Ne discende che il dovere, per chiunque intenda stabilire od
esercitare un impianto radioelettrico, di richiedere ed ottenere la
prescritta concessione, il cui rilascio è del tutto discrezionale per
la competente autorità, costituisce una grave ed ingiustificata
limitazione del diritto di manifestare "liberamente" il proprio
pensiero con ogni mezzo di diffusione. Tanto più che siffatto diritto,
da qualificarsi come uno dei fondamentali proclamati e protetti dalla
Costituzione e come uno di quelli che meglio caratterizzano l'attuale
regime democratico vigente nello Stato, non può incontrare che
limitazioni sostanziali fondate in precetti e principi costituzionali
enunciati esplicitamente nella Costituzione, oppure desumibili da
questa mediante una rigorosa interpretazione giuridica.
Le ragioni inerenti alla limitatezza del mezzo devono dirsi venute
meno con il notevole diffondersi, anche a seguito della sentenza n. 39
del 1963 di questa Corte, del fenomeno dei radiotelefoni portatili,
certamente non destinate a dar luogo ad una situazione di oligopolio.
In definitiva, in Italia, il commercio dei radiotelefoni è libero,
ma il cittadino che li acquista è obbligato a denunciarne la
detenzione ai sensi dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196; ed
è in ogni caso impossibilitato non solo a farne uso, ma anche e
soprattutto a conservarli nella propria abitazione in condizioni di
"possibile uso".
È certo che all'uso indiscriminato degli apparecchi
radioelettrici, quale mezzo di diffusione del pensiero, si frappongono
interessi di natura politica, economica, militare, che è difficile
individuare con esattezza. Ma nessuna pratica giustificazione appare
sufficiente a legittimare il mantenimento della riserva statale.
Tuttavia, se questa fosse abolita, un valido regolamento di esercizio
delle radio-comunicazioni potrebbe, nel rispetto dei principi vigenti
in materia, assicurare allo Stato un'efficace funzione di controllo e
di repressione degli illeciti eventualmente commessi a mezzo delle
radionde.
Va infine fatto presente che lo Stato ha fatto luogo alla
liberalizzazione della vendita e dell'uso di apparecchi radio
trasmittenti e riceventi di modesta potenza operanti sulle bande dei 27
MHz, ma non ha provveduto ad abolire le norme che vietano la
trasmissione e la ricezione su queste frequenze (art. 9 d.P.R. 5 agosto
1966, n. 1214); il che contrasta con l'art. 21 della Costituzione.
4. - Le norme contenute negli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29
marzo 1973, n. 156 (già artt. 1, 166 e 178 r.d. 27 febbraio 1936, n.
645) pongono inoltre rilevanti ostacoli al diritto alla circolazione di
informazioni, protetto dall'articolo 21 della Costituzione, ove si
osservi che, sanzionando penalmente anche l'istallazione e l'esercizio
d'impianti idonei alla sola ricezione e diffusione di programmi
televisivi esteri, s'impone al cittadino di attingere le proprie
notizie unicamente dai servizi radiotelevisivi nazionali, attualmente
affidati in regime di monopolio alla RAI-TV, precludendogli la
possibilità di accedere ad altre non irrilevanti fonti di informazione
e selezionare, in base alle proprie personali opzioni, le fonti
medesime. E ciò pur non sussistendo nella specie alcuna delle ragioni
in forza delle quali la Corte, con la sentenza n. 59 del 13 luglio 1
960, ritenne comprimibile il bene protetto dall'art. 21 e conforme ai
precetti costituzionali la riserva allo Stato dei servizi
radiotelevisivi e l'attuale regime di affidamento degli stessi in
concessione esclusiva alla RAI.
L'istallazione e l'esercizio di impianti del tipo in esame non
sono, infatti, certamente tali da originare situazioni di monopolio o
di oligopolio, ove si consideri che essi sono alla portata di semplici
commercianti di materiali radiotecnici, e che, soprattutto, sono volti
non già a consentire a pochi privilegiati di manifestare il proprio
pensiero quanto, invece, a permettere alla generalità di accedere
agevolmente ad una pluralità di fonti d'informazione.
Né l'esercizio degli impianti in parola può essere riguardato
come servizio pubblico essenziale od attività di preminente interesse
generale non ponendosi, evidentemente, nella specie alcuno dei problemi
di obbiettività ed imparzialità considerati dalla Corte nella
sentenza n. 59 del 1960 ed essendo invece i ripetitori destinati ad
ampliare, in sostanziali condizioni di eguaglianza per i destinatari
del servizio, il novero degli strumenti di informazione e consentire la
libera circolazione tra i consociati di notizie e di idee.
Non va, inoltre, trascurato che i "ripetitori" sono dotati di
limitatissima potenza e sono idonei ad irradiare segnali per un raggio
di poche decine di chilometri, così da rendere meramente teorico il
pericolo di interferenze tra diverse stazioni.
5. - L'Avvocatura dello Stato osserva che, contrariamente a
quanto si asserisce nelle ordinanze di rimessione, oggi, rispetto al
1960 (epoca in cui questa Corte ha pronunciato la più volte menzionata
sentenza n. 59 del 1960) la limitata disponibilità dei canali
televisivi è rimasta immutata. E all'uopo esibisce - con una memoria
illustrativa - un parere emesso in tal senso il 9 aprile 1974 dal
Consiglio Superiore Tecnico delle Telecomunicazioni. Conseguentemente
permangono tutti i motivi illustrati in detta sentenza, per i quali fu
dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del
monopolio televisivo, e ulteriormente chiariti, per quanto attiene
all'art. 21 della Costituzione, nella successiva sentenza n. 105 del
1972, secondo la quale il principio della libertà di manifestazione
del pensiero va inteso non già nel senso che tutti debbono avere, in
fatto, la materiale disponibilità di tutti i possibili mezzi di
diffusione. Più realisticamente, sta a significare che a tutti la
legge deve garantire la giuridica possibilità di usarne o di
accedervi, con le modalità ed entro i limiti resi eventualmente
necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla
esigenza di assicurarne l'armonica coesistenza col pari diritto di
ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente
apprezzabili. E secondo l'Avvocatura, quanto affermato in detta
sentenza vale anche per i cosiddetti ripetitori, perché anch'essi, in
definitiva, sono stazioni trasmittenti onde hertziane. A nulla
rileverebbe che testi trasmettono non programmi originali, ma programmi
trasmessi da altre trasmittenti. In realtà, per i mezzi tecnici
impiegati, e per le interferenze cui possono dar luogo, sarebbero
assoggettabili pleno jure alla disciplina delle radiotelocomunicazioni.
6. - Per quanto attiene alla eccepita incostituzionalità dell'art.
251 del codice postale, che disciplina il settore dei radiocollegamenti
ad uso privato, occorre osservare - continua l'Avvocatura - che la
limitatezza delle frequenze d'onda, assegnate in sede internazionale ai
singoli Paesi, impone la necessità di vagliare le richieste di
concessioni o di autorizzazioni per soddisfare, nei limiti delle
disponibilità dei mezzi, quelle che siano motivate da imprescindibili
esigenze di utilità generale o che siano rivolte, se avanzate da
singoli o da enti commerciali o industriali, al miglioramento delle
condizioni economiche e sociali della collettività.
In difetto di una "disciplina delle frequenze" si verificherebbero
inammissibili interferenze fra i vari radiocollegamenti sì da rendere
impossibile usufruire di detto mezzo anche a quegli organismi o
istituzioni pubbliche che utilizzano su scala nazionale determinate ed
appropriate bande di frequenza (stazioni radio p.t.; servizi
radioelettrici delle FF.AA. e della Polizia; stazioni a bordo di navi;
radiotelevisione, etc.), con grave pregiudizio di servizi essenziali o
di interesse generale.
L'esistenza di concessioni di radiocollegamenti ad uso privato
peraltro dimostra che il monopolio statale è temperato dalla larghezza
con cui si fa luogo al rilascio di autorizzazioni o concessioni a
privati di collegamenti radiotelegrafici o radiotelefonici.
7. - In ordine, infine, alla questione di incostituzionalità
dell'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214, nella parte in cui non
ha abrogato le norme che vietano la trasmissione e ricezione da
apparecchi operanti sulla banda dei 27 MHz, l'Avvocatura rileva che il
menzionato decreto ha natura regolamentare; la questione di
costituzionalità della citata norma non può quindi essere sollevata
avanti alla Corte costituzionale, che ai sensi dell'art. 134 della
Costituzione può conoscere solo della costituzionalità di norme
aventi forza di legge.
Considerato in diritto:
1. - Le ordinanze indicate in epigrafe propongono - in riferimento
agli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione - identiche o analoghe
questioni di legittimità costituzionale concernenti disposizioni in
forza delle quali i servizi di radiodiffusione e televisione circolare
a mezzo di onde elettromagnetiche sono riservati allo Stato e di
conseguenza non possono essere esercitati - anche se si tratti di
apparecchi ricetrasmittenti per uso privato - da chi non ne abbia avuta
la concessione.
I relativi giudizi, congiuntamente discussi nell'udienza pubblica,
vengono pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - Con la sentenza n. 59 del 1960, questa Corte ha già
dichiarato che gli artt. 21, 41, 33 e 43 della Costituzione non sono
violati dalla riserva allo Stato dei servizi di televisione circolare a
mezzo di onde radio elettriche, e dal conseguente divieto di impiantare
ed esercitare servizi del genere senza avere ottenuto la prescritta
concessione. E la decisione si articola sulle seguenti proposizioni:
a) esiste una attuale limitatezza dei canali utilizzabili, talché
la televisione si caratterizza indubbiamente come una attività
predestinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno
all'oligopolio di fatto;
b) i servizi televisivi si collocano, pertanto, tra le categorie di
imprese che si riferiscono a situazioni di monopolio, nel senso in cui
all'art. 43 della Costituzione;
c) ricorrono altresì gli altri due requisiti voluti dall'articolo
43 della Costituzione, e cioè l'attività di preminente interesse
generale e le ragioni di utilità generale, idonee a giustificare
l'avocazione in esclusiva dei servizi allo Stato;
d) non è violato l'art. 21 della Costituzione, perché data la
limitatezza di fatto della possibilità di utilizzazione del mezzo
televisivo, lo Stato monopolista si trova istituzionalmente nelle
condizioni di obbiettività e imparzialità più favorevoli per
conseguire il superamento delle difficoltà frapposte dalla naturale
limitatezza del mezzo alla realizzazione del precetto costituzionale
volto ad assicurare a tutti la possibilità di diffondere il pensiero
con qualsiasi mezzo.
Quasi tutte le ordinanze dei pretori assumono invece che la
limitatezza dei canali di trasmissione, sulla quale fondamentalmente si
basa la motivazione suindicata, sarebbe oramai superata dallo sviluppo
della scienza e della tecnica delle radiodiffusioni. L'esistenza di
ampie bande di frequenza, i moderni metodi di trasmissione multicanale,
ed il sistema di emissioni su uno stesso canale da parte di stazioni
lontane, fra loro non interferenti, renderebbero pressoché illimitata
la possibilità di trasmissioni.
Aggiungono, poi, che la sentenza avrebbe fatto ricorso al concetto
di oligopolio, assimilandolo alla situazione di monopolio di cui
all'art. 43 della Costituzione, mentre la parificazione fra le due
situazioni si rivelerebbe inaccettabile; che la riserva allo Stato, con
la conseguente eliminazione degli operatori privati, esige che il
fenomeno comporti un beneficio per la collettività, mentre il sistema
del monopolio - consentendo allo Stato di lasciare inutilizzata buona
parte delle frequenze - , produce "una strozzatura del consumo", in
contrasto con i fini di utilità generale di cui all'art. 43 della
Costituzione; che è molto più facile diffondere notizie parziali e
non obbiettive in regime di monopolio, quando manca il confronto con lo
stesso mezzo di diffusione; che è contestabile il presupposto da cui
muove la sentenza, che cioè l'attività televisiva costituisca un
servizio destinato alla diffusione del pensiero e che lo Stato,
avocandolo a sé, ne sia il migliore garante. Dopo aver affermato che
l'art. 21 regola la materia in modo autonomo, sottraendola a quella dei
rapporti economici, concludono che alla conclamata libertà di
diffusione del pensiero dovrebbe accompagnarsi la libertà di fare uso
dei mezzi indispensabili ad essa.
3. - La Corte rileva che sussistono tuttora, nonostante il
contrario assunto delle ordinanze di rimessione, quelle stesse ragioni
giustificative della riserva allo Stato che nella precedente decisione
furono enunciate a proposito della televisione circolare. E difatti sia
per quest'ultima, sia per la radiodiffusione circolare la
disponibilità delle bande di trasmissione, come risulta dalla motivata
ed analitica relazione del Consiglio superiore delle telecomunicazioni
allegata agli atti, è tanto limitata da consentire solo a pochi, ove
la riserva non fosse disposta, l'utilizzazione del mezzo
radiotelevisivo.
4. - Quanto innanzi si è detto consente di affermare che, a causa
della limitazione delle bande di trasmissione disponibili, l'attività
di radiotelediffusione circolare integra quella situazione di monopolio
che l'art. 43 della Costituzione considera legittimo presupposto della
riserva allo Stato.
Se la ratio di quella disposizione costituzionale risiede nella
ragionevole previsione che, là dove non esiste o addirittura non è
possibile la libera concorrenza, il monopolio statale (o degli .altri
soggetti tassativamente indicati) meglio garantisce l'interesse della
collettività, ciò vale a maggior ragione quando, come nella materia
in esame, si tratti di attività che, ben al di là della sua rilevanza
economica, tocca molto da vicino fondamentali aspetti della vita
democratica. Né vale l'obbiezione che nella specie vi sarebbe, al
più, pericolo di un oligopolio, non già di un monopolio. Ed invero le
due situazioni, almeno se riferite ai servizi di cui qui si discorre,
sostanzialmente si identificano negli effetti, atteso che la
disponibilità in poche mani di uno strumento di comunicazione di massa
non presenterebbe rischi minori di quelli insiti in un monopolio in
senso stretto.
Del resto ricorre nella specie anche un'altra delle tre ipotesi
contemplate nell'art. 43 della Costituzione. Ed infatti, non potendosi
minimamente dubitare che nell'attuale contesto storico la
radiotelediffusione soddisfi un bisogno essenziale della collettività,
si deve convenire che trattasi di un servizio pubblico essenziale,
caratterizzato da quel preminente interesse generale che la norma
costituzionale richiede perché legittimamente possa essere disposta la
riserva.
Che poi ricorrano "fini di utilità generale" è cosa che già
risulta da quanto s'è detto. La radiotelevisione adempie a
fondamentali compiti di informazione, concorre alla formazione
culturale del paese, diffonde programmi che in vario modo incidono
sulla pubblica opinione e perciò è necessario che essa non divenga
strumento di parte: solo l'avocazione allo Stato può e deve impedirlo.
5. - Il monopolio statale, che per le cose dette trova fondamento
nell'art. 43 della Costituzione e per ciò stesso non viola l'art. 41
Cost., non risulta nemmeno incompatibile con l'art. 21 della
Costituzione.
La Corte, anche qui ribadendo argomenti già svolti nella ricordata
decisione n. 59 del 1960, rileva che, se quel monopolio non venisse
disposto, non per ciò riuscirebbe ad avere attuazione il diritto di
"tutti" di manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo
di diffusione. A parte la considerazione che siffatto diritto non
comprende anche quello di disporre di tutti i possibili mezzi (cfr.
sent. n. 105 del 1972), giova riaffermare che, non essendo
controvertibile che il numero delle bande di trasmissione sia limitato,
la liberalizzazione inevitabilmente si tradurrebbe in una effettiva
riserva a pochi, comportando con ciò grave violazione di quel
principio di eguaglianza che è cardine del nostro ordinamento e la cui
scrupolosa osservanza si impone specialmente là dove venga in giuoco
l'esercizio di un fondamentale diritto di libertà.
La verità è che proprio il pubblico monopolio - e non già la
gestione privata di pochi privilegiati - può e deve assicurare, sia
pure nei limiti imposti dai particolari mezzi tecnici, che questi siano
utilizzati in modo da consentire il massimo di accesso, se non ai
singoli cittadini, almeno a tutte quelle più rilevanti formazioni
nelle quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta. Ché,
anzi, è proprio questa un'ulteriore via attraverso la quale si devono
raggiungere quei "fini di utilità generale" in funzione dei quali
l'art. 43 della Costituzione rende legittima la riserva: il monopolio
pubblico, in definitiva, deve essere inteso e configurato come
necessario strumento di allargamento dell'area di effettiva
manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra
società.
6. - Le considerazioni fin qui esposte concorrono a dimostrare che
il monopolio statale dei servizi radiotelevisivi a trasmissione
circolare non viola in via di principio le disposizioni costituzionali
di raffronto. Ma occorre a questo punto accertare se quel monopolio
risulti costituzionalmente giustificato in tutta la sua ampiezza e se,
nella parte di sua legittima operatività, esso sia accompagnato da
garanzie idonee ad assicurare che il suo esercizio sia effettivamente
diretto al conseguimento di quei fini di utilità generale che soli
possono consentirlo.
7. - Quanto al primo aspetto, la Corte osserva che la riserva allo
Stato, in quanto trova il suo presupposto nel numero limitato delle
bande di trasmissione assegnate all'Italia, non può abbracciare anche
attività, come quelle inerenti ai c.d. ripetitori di stazioni
trasmittenti estere, che non operano sulle bande anzidette. È evidente
che in questo particolare settore, senza apprezzabili ragioni,
l'esclusiva statale sbarra la via alla libera circolazione delle idee,
compromette un bene essenziale della vita democratica, finisce col
realizzare una specie di autarchia nazionale delle fonti di
informazione. Può ammettersi che l'impianto e l'esercizio di siffatti
ripetitori debbano essere sottoposti ad una disciplina legislativa in
considerazione della salvaguardia di pubblici interessi. Ma è anche
vero che la tutela di questi ultimi può realizzarsi con un regime di
autorizzazione, non esige certo l'esclusione del diritto del singolo.
8. - Volgendo ora l'esame al diverso problema delle garanzie che
devono accompagnare la riserva allo Stato, occorre trarre le debite
conclusioni da quanto si è detto nei Precedenti paragrafi. La
sottrazione del mezzo radiotelevisivo è legittima solo se si assicuri
che il suo esercizio sia preordinato a due fondamentali obbiettivi: a
trasmissioni che rispondano alla esigenza di offrire al pubblico una
gamma di servizi caratterizzata da obbiettività e completezza di
informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da
imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società;
a favorire, a rendere effettivo ed a garantire il diritto di accesso
nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. In mancanza di una
disciplina legislativa che imponga queste due linee direttive e che
predisponga gli strumenti all'uopo adeguati, il mezzo radiotelevisivo,
posto nella libera disponibilità di chi lo gestisce, rischia - non
meno, e forse con maggior danno, che se fosse nelle mani di pochi
privati - di essere un poderoso strumento a servizio di parte, non
certo a vantaggio della collettività. In altri termini, il monopolio
pubblico, una volta libero da ogni regola che correttamente ed
efficientemente ne disciplini l'esercizio, potrebbe tendere a fini e
portare a risultati diametralmente opposti a quelli voluti dalla
Costituzione.
Nel fare questa affermazione la Corte non intende esprimere alcun
giudizio sul modo col quale i mezzi radiotelevisivi sono stati finora
gestiti: intende solo adempiere al suo dovere di accertare quali siano
le condizioni minime necessarie perché il monopolio statale possa
essere considerato conforme ai principi costituzionali.
A tal proposito la Corte - pur nel rispetto della discrezionalità
del legislatore di scegliere gli strumenti più appropriati ad
assicurare il conseguimento dei due fondamentali obbiettivi di cui
innanzi si è discorso - ritiene che la legge debba almeno prevedere:
a) che gli organi direttivi dell'ente gestore (si tratti di ente
pubblico o di concessionario privato purché appartenente alla mano
pubblica) non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o
indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere
esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne
l'obbiettività; b) che vi siano direttive idonee a garantire che i
programmi di informazione siano ispirati a criteri di imparzialità e
che i programmi culturali, nel rispetto dei valori fondamentali della
Costituzione, rispecchino la ricchezza e la molteplicità delle
correnti di pensiero; c) che per la concretizzazione di siffatte
direttive e per il relativo controllo siano riconosciuti adeguati
poteri al Parlamento, che istituzionalmente rappresenta l'intera
collettività nazionale; d) che i giornalisti preposti ai servizi di
informazione siano tenuti alla maggiore obbiettività e posti in grado
di adempiere ai loro doveri nel rispetto dei canoni della deontologia
professionale; e) che, attraverso una adeguata limitazione della
pubblicità, si eviti il pericolo che la radiotelevisione, inaridendo
una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi
grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di
energica tutela; f) che, in attuazione di un'esigenza che discende
dall'art. 21 della Costituzione, l'accesso alla radiotelevisione sia
aperto, nei limiti massimi consentiti, imparzialmente ai gruppi
politici, religiosi, culturali nei quali si esprimono le varie
ideologie presenti nella società; g) che venga riconosciuto e
garantito - come imposto dal rispetto dei fondamentali diritti
dell'uomo - il diritto anche del singolo alla rettifica.
A tanto non provvede la legislazione vigente, nella quale - a parte
alcune disposizioni contenute nel d.l.C.P.S. 3 aprile 1947, n.428
(modificato dalla legge 23 agosto 1949, n. 681), palesemente
insufficienti ad assicurare serie direttive in ordine ai programmi ed a
consentire un efficiente controllo del Parlamento - nulla si rinviene
che possa corrispondere a quel minimo di regolamentazione a cui innanzi
si è fatto cenno.
9. - Per le ragioni esposte deve essere dichiarata, nei sensi di
cui in motivazione e nella parte relativa ai servizi di
radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche,
l'illegittimità costituzionale: a) degli artt. 1, 166, 168, n. 5, 178
e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 (in parte modificato dalla
legge 14 marzo 1952, n. 196); b) degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R.
29 marzo 1973, n. 156.
10. - L'ordinanza 15 maggio 1971 del pretore di Poggibonsi impugna
gli artt. 1, 2 e 18 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067, ma,
correttamente interpretando il provvedimento, le censure devono essere
ritenute rivolte alle corrispondenti norme contenute nel r.d. n. 645
del 1936, oggetto della dichiarazione di parziale illegittimità.
L'ordinanza 17 febbraio 1972 del pretore di Macerata impugna l'art.
9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214, e l'ordinanza 22 marzo 1973 del
pretore di Perosa Argentina impugna il d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180.
In entrambi i casi si tratta di atti non aventi forza di legge e
pertanto le relative questioni devono essere dichiarate inammissibili.
Varie ordinanze impugnano, fra l'altro, l'art. 3 della legge 14
marzo 1952, n. 196. Ma poiché ovviamente tale disposizione, che si
limita a disporre l'obbligo di preventiva denuncia della detenzione di
apparecchi radiotrasmittenti, non viola gli artt. 21, 41 e 43 della
Costituzione, la questione deve essere dichiarata non fondata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 166,
168, n. 5, 178 (così come sostituito dall'art. 1, n. 2, della legge 14
marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645
(Approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni), e degli
artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del
testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di
bancoposta e di telocomunicazioni), nella parte relativa ai servizi di
radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche;
b) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (Nuove
norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di
radioamatori), e del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed
esecutorietà della convenzione per la concessione alla RAI del
servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di
telediffusione su filo), sollevata in riferimento agli artt. 21, 41 e
43 della Costituzione;
c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196, sollevata in
riferimento agli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della consulta, il 9 luglio 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE
VERZÌ - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE
MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO
CAPALOZZA - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI
- GIULIO GIONFRIDA EDOARDO VOLTERRA -
GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere