Sentenza  370/1989 (ECLI:IT:COST:1989:370)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: SAJA - Redattore:  - Relatore: GRECO
Udienza Pubblica del 16/05/1989;    Decisione  del 03/07/1989
Deposito del 06/07/1989;    Pubblicazione in G. U. 12/07/1989
Norme impugnate:  
Massime:  13083
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 370

SENTENZA 3-6 LUGLIO 1989

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, quinto comma, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 7 settembre 1987, n. 30 (Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1988 dal Pretore di Latisana nel procedimento penale a carico di Girardi Giacomo, iscritta al n. 809 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1989;

Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1989 il Giudice relatore Francesco Greco;

Udito l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia;

Ritenuto in fatto

1. - Girardi Giacomo, quale legale rappresentante della ditta "Ceramiche Girardi S.p.a.", è imputato dal reato previsto dall'art. 26 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per avere tenuto presso la sede dello stabilimento sociale, in stoccaggio provvisorio, rifiuti tossici e nocivi provenienti dalle lavorazioni ivi eseguite e dall'impianto di abbattimento dei fumi, senza essere munito dell'autorizzazione regionale obbligatoria ex art. 16 del d.P.R. n. 915 del 1982. Detta norma prevede lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi tra le fasi di smaltimento e subordina il rilascio dell'autorizzazione all'accertamento, tra l'altro, della "rispondenza del sito e delle annesse attrezzature ai requisiti tecnici prescritti" nonché la specificazione nel provvedimento dei tipi e dei quantitativi massimi di rifiuti stoccabili.

Essa, inoltre, impone l'obbligo dell'autorizzazione regionale senza distinguere tra lo stoccaggio provvisorio, effettuato direttamente presso l'azienda che produce i rifiuti e quello effettuato altrove o da terzi, atteso che le esigenze della tutela della salute pubblica e della integrità del territorio sussistono in entrambi i casi, secondo quanto risulta anche dai punti 2 e 3 della deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, previsto dall'art. 5 del d.P.R. n. 915 del 1982, il quale esercita le funzioni di competenza statale nella prima applicazione del suddetto decreto.

Invece, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la legge regionale del 7 settembre 1987, n. 30, all'art. 15, quinto comma, ha previsto l'esclusione dall'obbligo dell'autorizzazione per "l'ammasso temporaneo di rifiuti tossici e nocivi effettuato dalle imprese nel corso dei rispettivi cicli produttivi all'interno degli stabilimenti di produzione, quando sia contenuto nei limiti quantitativi fissati dall'apposito regolamento".

Il Pretore osserva anzitutto che la pericolosità sussiste anche se i rifiuti prodotti sono destinati ad essere impiegati in un diverso ciclo produttivo nella medesima azienda; che v'è identità fra stoccaggio provvisorio e ammasso provvisorio, secondo quanto si ricava dalla stessa legge regionale, la quale non menziona affatto tra le fasi di smaltimento dei rifiuti, soggette ad autorizzazione, quella dell'ammasso temporaneo di quantità superiore ai limiti fissati dal regolamento.

Secondo lo stesso Pretore, l'art. 15, quinto comma, della legge regionale citata, è affetto da illegittimità costituzionale per violazione:

a) dell'art. 116 della Costituzione, in quanto la materia dello smaltimento dei rifiuti non rientra tra quelle per le quali è riconosciuta al Friuli- Venezia Giulia una potestà legislativa esclusiva o concorrente con quella statale: sicché la Regione può dettare solo norme integrative o attuative della disciplina statale, ai sensi dell'art. 6, ultimo comma, dello Statuto speciale (legge costituzionale 31 gennaio 1983, n. 1);

b) dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto detta norma incide nell'ambito di applicabilità di una disposizione penale (art. 26, d.P.R. n. 915 del 1982) e deve escludersi il potere delle Regioni di introdurre, con proprie leggi, nuove sanzioni penali.

2. - Nel giudizio si è costituito il Presidente della Giunta regionale. Ha eccepito, anzitutto, l'irrilevanza della questione, perché è censurata una norma penale di favore, la quale dovrebbe essere applicata nel giudizio a quo in forza dell'art. 2 del codice penale, anche se dichiarata costituzionalmente illegittima. Ha poi dedotto l'infondatezza della questione, in quanto, a seguito del trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di smaltimento dei rifiuti (d.P.R. n. 496 del 1987, artt. 6 e 7), alle stesse è attribuito, nel quadro delle direttive comunitarie fatte proprie dallo Stato, il potere di rideterminare, integrare e precisare il sistema autorizzativo concernente la materia in questione: e ciò anche a volere escludere che questa sia da ricomprendersi nell'urbanistica, attribuita in via esclusiva alla stessa Regione (art. 4, n. 12, dello Statuto speciale).

Inoltre, la particolarità della situazione locale giustificherebbe, in ogni caso, la deroga censurata.

In merito alla dedotta violazione dell'art. 25 della Costituzione, la difesa della Regione ha rilevato che, in materia penale, la riserva di legge statale è relativa (Corte cost., sentenze n. 26 del 1966 e n. 142 del 1969).

Nell'imminenza dell'udienza la Regione ha presentato una memoria con la quale ha insistito sulla infondatezza della questione, specie per quanto riguarda la violazione dell'art. 25 della Costituzione. Ha osservato in particolare che, nelle materie costituzionalmente attribuite alle Regioni, la ratio dell'attribuzione stessa sta nel riconoscimento della spettanza ad esse della cura degli interessi pubblici, il che comporta anche l'esigenza di imporre divieti penalmente sanzionati, a meno che non si voglia riconoscere la minore valenza di detti interessi.

Inoltre, il riconoscimento di una competenza in materia penale non può far discostare le Regioni dai principi della legge penale dello Stato, in quanto la riserva di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, le obbliga, in ogni caso, all'osservanza dei principi stessi.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Latisana dubita della legittimità costituzionale dell'art. 15, quinto comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 7 settembre 1987, n. 30, che ha escluso la necessità dell'autorizzazione regionale per alcuni casi di ammasso temporaneo di rifiuti tossici e nocivi.

A parere del giudice remittente, sarebbero violati l'art. 116 della Costituzione, in quanto la materia dello smaltimento dei rifiuti non rientra in alcuna di quelle per le quali è riconosciuta alla Regione Friuli-Venezia Giulia una potestà legislativa esclusiva o concorrente con quella statale; e l'art. 25 della Costituzione, in quanto, trattandosi di norma penale, la Regione non può rendere lecito ciò che per legge dello Stato non lo è (riserva di legge penale in favore dello Stato).

2. - La questione è fondata.

Il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, è stato emanato per attuare le direttive C.E.E. (nn. 75/442, 76/403, 78/318) in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, al fine di rendere omogenea per tutto il territorio dello Stato la relativa disciplina e di realizzare una uniformità di trattamento.

Esso contiene norme di principio e norme di dettaglio. Le prime sono quelle che, in istretta correlazione con l'esigenza di dare attuazione alle direttive comunitarie, delineano gli obiettivi essenziali ed i limiti di operatività della disciplina sullo smaltimento dei rifiuti. In esse sono designate anche le autorità competenti per la programmazione, l'organizzazione, l'autorizzazione ed il controllo delle operazioni di smaltimento dei rifiuti.

In particolare, gli artt. 6 e 16 prevedono l'obbligo dell'autorizzazione, da parte delle Regioni, per ciascuna delle fasi dello smaltimento, individuate nella raccolta ed il trasporto, nello stoccaggio provvisorio, nel trattamento e nello stoccaggio definitivo in discarica controllata.

È anche apprestato un sistema di sanzioni amministrative e penali. L'art. 26 punisce con l'arresto e l'ammenda chiunque effettui anche una sola delle dette operazioni senza autorizzazione. Tra la norma che determina le fasi dello smaltimento e quella che prevede la sanzione penale v'è, dunque, uno stretto collegamento.

La Regione Friuli-Venezia Giulia ha prima emanato la legge n. 19 del 5 aprile 1985 la quale, per i punti che interessano, non si è discostata dalla legge statale. Successivamente, però, con la legge 7 settembre 1987, n. 30, ha modificato la precedente disciplina e propriamente con l'art. 15, quinto comma, ora denunciato, ha previsto una fase nello smaltimento dei rifiuti che ha denominato "ammasso temporaneo", effettuato dalle imprese nel corso dei rispettivi cicli produttivi, all'interno degli stabilimenti di produzione e l'ha esentato dall'obbligo dell'autorizzazione, se contenuto entro i limiti quantitativi fissati dal regolamento.

Il Pretore remittente ha interpretato le norme di cui trattasi nel senso che l'autorizzazione è richiesta per lo smaltimento che avviene sia all'interno che all'esterno dello stabilimento di produzione perché in tutte e due le ipotesi ricorre quella pericolosità che la legge vuole evitare. Ha poi ritenuto la sussistenza della pericolosità anche se i rifiuti siano destinati ad essere immediatamente impiegati in un diverso ciclo produttivo nella stessa azienda anziché essere smaltiti come tali.

Per quanto riguarda la norma regionale (art. 5, quinto comma, legge regionale n. 30 del 1987) oggetto di censura, ha affermato che l'ammasso temporaneo non è cosa diversa dallo stoccaggio provvisorio.

Alla stregua di siffatta interpretazione, la norma regionale censurata altera il sistema previsto dalla norma statale e penalmente sanzionato.

Ora, questa Corte ha affermato (sentenze n. 179 del 1986) che entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni in quanto risulta sconvolta la complessiva logica della legge diretta ad attuare direttive C.E.E. con una uniformità di trattamento in tutto il territorio nazionale.

La potestà legislativa è destinata a cedere all'intervento statale legislativo ispirato a criteri di omogeneità ed univocità di indirizzo e generalità di applicazione in tutto il territorio nazionale con specifiche norme che riguardano anche i risvolti penali del problema ed aventi, comunque, lo spessore di leggi attuative di obblighi contratti in sede comunitaria.

Per quanto riguarda i profili penali, è stato anche affermato (sentenza n. 79 del 1977) che la fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale e che le Regioni non dispongono della possibilità di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in data materia; non possono cioè interferire negativamente con le norme penali, disciplinando e considerando, quindi, lecita una attività penalmente sanzionata dall'ordinamento nazionale.

Pertanto, poiché la disposizione impugnata contrasta con la norma contenuta nell'art. 16, primo comma, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, producendo di conseguenza un'ingiustificata differenziazione della disciplina penale generale, essa deve essere considerata costituzionalmente illegittima.

Può dirsi, infine, che, ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, non ha rilevanza l'assunto della Regione secondo cui nella fattispecie il giudice penale deve egualmente applicare la norma regionale, anche se dichiarata incostituzionale, essendo più favorevole all'imputato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 15, quinto comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia del 7 settembre 1987, n. 30 (Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1989.

Il Presidente: SAJA

Il redattore: GRECO

Il cancelliere: MINELLI

Depositata in cancelleria il 6 luglio 1989.

Il direttore della cancelleria: MINELLI