Sentenza  183/1988 (ECLI:IT:COST:1988:183)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: SAJA - Redattore:  - Relatore: CASAVOLA
Udienza Pubblica del 15/12/1987;    Decisione  del 10/02/1988
Deposito del 18/02/1988;    Pubblicazione in G. U. 24/02/1988
Norme impugnate:  
Massime:  10408
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 183

SENTENZA 10-18 FEBBRAIO 1988

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 79, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"), promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1986 dalla Corte d'appello di Venezia - Sezione per i minorenni - sul reclamo proposto da Moro Lorenzo ed altra, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima Serie speciale, dell'anno 1987;

Visto l'atto di costituzione di Moro Lorenzo ed altra;

Udito nell'udienza pubblica del 15 dicembre 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 28 novembre 1986, la Corte d'appello di Venezia - Sezione per i minorenni - sul reclamo proposto da Moro Lorenzo ed altra, solleva questione di legittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3, in relazione agli artt. 2 e 30, commi primo e secondo, della Costituzione, dell'art. 79, comma primo, della legge 4 maggio 1983, n. 184 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"), nella parte in cui non consente l'estensione degli effetti dell'adozione nei confronti degli adottati con adozione avente, all'epoca, gli effetti dell'adozione ordinaria se - a norma dell'art. 6, secondo comma, della legge (e a differenza, invece, di quanto previsto in casi particolari dall'art. 44, comma quinto) - la differenza di età tra adottanti e adottando superi i quaranta anni.

Con ricorso del 5 luglio 1986 i coniugi Lorenzo Moro e Arlette-Maria Giaraiseh, genitori adottivi della piccola Rita (nome successivamente cambiato in Martina) per provvedimento della "Latin Ecclesiastical Court" di Amman del 30 gennaio 1980 dichiarato poi efficace in Italia con sentenza della Corte d'appello di Venezia del 18 giugno 1981, proponevano reclamo avverso la reiezione dell'istanza (per difetto dei requisiti di cui all'art. 6 della legge n. 184 del 1983, superando i quarant'anni la differenza di età tra il padre adottivo e la minore) diretta ad ottenere l'estensione al loro provvedimento degli effetti dell'adozione piena o legittimante. Decidendo su tale reclamo e sulla eccezione, sollevata dalla parte, di illegittimità costituzionale dell'art. 79 della legge n. 184 del 1983, già dichiarata dallo stesso tribunale manifestamente infondata, la Corte d'appello di Venezia - Sezione per i minorenni si pronuncia innanzitutto affermativamente sulla rilevanza della questione di legittimità in quanto, indipendentemente dallo svolgimento delle indagini previste nell'art. 79, secondo comma, della legge n. 184 del 1983, la domanda dei coniugi Moro andrebbe respinta preliminarmente già in base al richiamo ai "requisiti di cui all'art. 6", contenuto nell'art. 79, primo comma, della legge n. 184 del 1983.

Ricorda il giudice a quo come questa Corte, nelle sentenze nn. 197 e 198 del 1986, abbia affermato rientrare tra i "preminenti interessi del minore", di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della Costituzione, "l'acquisizione dello status di figlio legittimo pleno iure" ed abbia precisato che su quelle norme costituzionali si basa la tendenza unificatrice della disciplina dell'adozione realizzata con la legge n. 184 del 1983, espressione di una scelta mirante ad eliminare il più possibile "le situazioni in cui il diritto ad essere riconosciuto figlio legittimo pleno iure nell'ambito di un'unica famiglia non trova concreta attuazione" ed a garantire, nelle situazioni particolari di cui all'art. 79 della legge, "il diritto dell'adottato o affiliato ex art. 291 del codice civile ad avere - ove ciò risponda al suo interesse - un'unica famiglia acquisendo lo status di figlio legittimo pleno iure".

Circa il rapporto (massimo e minimo) di età tra genitori adottivi e minore adottato, si osserva nell'ordinanza che il legislatore ha inteso di modellare al massimo l'adozione sullo schema normale della filiazione naturale; tuttavia tale rapporto si pone diversamente allorché si debbano esaminare le condizioni preliminari di una domanda di adozione e quando, viceversa, si debbano semplicemente estendere effetti giuridici più ampi ad una adozione già in atto (considerato pure che, al momento del sorgere del rapporto adozionale in questione, vigeva, anche per l'adozione speciale, a norma dell'art. 314/2, secondo comma, del codice civile, una differenza più elevata di età, rispettata nella fattispecie).

Né va dimenticato che lo stesso art. 44 della legge n. 184 del 1983, regolando "casi particolari" di adozione (sempre ad efficacia piena), stabilisce, all'ultimo comma, che "l'adottante deve superare di almeno 18 anni l'età di coloro che intende adottare": in tal modo, fermo restando il criterio del rapporto minimo (ritenuto imprescindibile per il suo parallelismo con la filiazione naturale), si viene a derogare al criterio del rapporto massimo e quindi a moderare il rigore del requisito della differenza di età.

Neppure, poi, va trascurato, secondo il giudice a quo, come fattispecie regolate transitoriamente dall'art. 79 presentino (al pari di quelle "particolari" e, pur diverse, disciplinate nell'art. 44) la "particolarità" della sopravvivenza - nel regime, più aderente allo spirito della Costituzione, dell'adozione piena o legittimante - di adozioni ad efficacia più limitata precedentemente disposte in base alle norme allora in vigore.

Non appare pertanto coerente con i principi sistematici la limitazione della possibilità di estensione degli effetti pieni dell'adozione a fattispecie adottive già legittimamente sorte quando il rapporto di età era diverso solo perché il limite massimo (meno significativo di quello minimo) non sussiste secondo la nuova normativa, risultando così, senza apprezzabili ragioni, compresso il diritto del precedente adottato "ordinario" a divenire figlio di pieno diritto (mentre tale possibilità è riconosciuta a chi si trova nelle condizioni previste dall'art. 44).

2. - Si sono costituiti nel presente giudizio i coniugi Moro-Giaraiseh, rappresentati e difesi dagli avvocati Ezio Adami e Pietro Serpe. Nella memoria di costituzione si fa richiamo agli argomenti svolti nelle scritture presentate alla Corte d'appello di Venezia "a sostegno della sollevata eccezione di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 3 della Costituzione in base ai principii enunciati dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 197, 198 e 199 depositate il 18 luglio 1986". Anche in una successiva memoria si sottolinea come alla differenza di età tra adottanti e adottando vada assegnato, seguendo la distinzione operata da questa Corte nella sentenza n. 198 del 1986, il carattere di requisito oggettivo da accertare, al pari del requisito della persistenza del rapporto matrimoniale, con riferimento alla normativa in vigore al momento in cui l'adozione ordinaria fu pronunciata (art. 314/2 cod. civ., nel testo anteriore alla modificazione introdotta con l'art. 66 della legge 4 maggio 1983, n. 184). La riduzione a 40 anni della differenza di età, disposta dall'art. 6 (richiamato dall'impugnato art. 79) non può che riferirsi alle nuove adozioni, e ciò in applicazione dell'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale.

Pertanto, estendendo alle adozioni ordinarie e persino alle affiliazioni l'efficacia legittimante propria dell'adozione pleno iure (già speciale), con l'art. 79 si è inteso non tanto istituire un nuovo rapporto quanto consolidare un rapporto già in atto, previo accertamento, in concreto, nell'interesse del minore, dell'idoneità degli adottanti a fini educativi ed economici. In conclusione, escludendo dal beneficio dell'estensione degli effetti legittimanti i minori con genitori in possesso dei requisiti di età all'epoca della loro adozione ex art. 291 del codice civile: a) si verificherebbe un diverso trattamento tra minori inseriti pleno iure nella famiglia adottiva e minori inseriti soltanto parzialmente per continuare ad essere legati alla famiglia originaria, pur avendo con i loro genitori la stessa differenza di età; b) se si continuasse a far riferimento al momento della presentazione della domanda di estensione degli effetti legittimanti, si creerebbe una disuguaglianza irrazionale di regolamentazione, per il requisito oggettivo della differenza di età; c) ulteriore motivo di irrazionalità deriverebbe dalla possibilità di attribuire effetti legittimanti all'affiliazione, in cui gli affilianti siano in possesso dei requisiti di età e di negarli all'adozione ordinaria in cui gli adottanti abbiano perduto quei requisiti nel corso del rapporto.

Considerato in diritto

1. - La Corte d'appello di Venezia - Sezione per i minorenni - con ordinanza del 28 novembre 1986 (R.O. n. 228/87) chiede a questa Corte verifica di costituzionalità dell'art. 79, primo comma, della legge n. 184 del 1983, in relazione agli artt. 3, 2 e 30, commi primo e secondo, della Costituzione, in quanto non consente l'estensione degli effetti dell'adozione pleno iure nei confronti degli adottati con effetto di adozione ordinaria ai sensi della previgente normativa se, a norma dell'art. 6, comma secondo (e a differenza di quanto previsto in casi particolari dall'art. 44, quinto comma), la differenza di età tra adottante e adottato superi i 40 anni.

Il giudice remittente sottolinea l'ispirazione del legislatore, rilevata anche da questa Corte nelle sentenze 197 e 198 del 1986, di unificare al massimo la disciplina dell'adozione e di garantire il diritto dell'adottato ad avere un'unica famiglia nella quale goda dello status di figlio legittimo pleno iure.

Il requisito del divario di età tra adottante e adottato - 18 anni nel minimo e 40 nel massimo - in base al principio adoptio naturam imitatur, stabilito nell'art. 6 della legge n. 184, è derogato nel suo limite massimo nell'ultimo comma dell'art. 44 della stessa legge. Non si vede ragione perché ai casi particolari dell'art. 44, non si debba aggiungere la "particolarità" delle ipotesi di cui all'art. 79 - estensione degli effetti della adozione legittimante ai già adottati secondo la previgente normativa - con eguale deroga del limite massimo, anziché con il richiamo ad entrambi i limiti minimo e massimo di 18 e 40 anni di cui all'art. 6.

2. - La questione è fondata.

L'art. 79, primo comma, della legge n. 184 del 1983 sancisce "l'estensione degli effetti della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai sensi dell'articolo 291 del codice civile, precedentemente in vigore, se minorenni all'epoca del relativo provvedimento", su richiesta dei coniugi in possesso dei requisiti di cui all'art. 6 della legge. Il secondo comma di tale disposizione stabilisce in particolare: "L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quaranta anni l'età dell'adottando".

L'art. 314/2, secondo comma, del codice civile, del Capo III "Dell'adozione speciale", aggiunto dall'art. 4 della legge 5 giugno 1967, n. 431, disponeva: "L'età degli adottanti deve superare di almeno venti e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando".

L'art. 291, primo comma, del codice civile, in tema di adozione ordinaria, recita: "L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare".

3. - Prima di esaminare la questione di diritto intertemporale implicata dall'art. 79 della legge n. 184, è opportuno identificare la ratio delle variazioni adottata dal legislatore del 1983 rispetto a quello del 1967, in materia di divario di età tra adottanti e adottando diminuendo il minimo da 20 a 18 e il massimo da 45 a 40 anni.

È palese l'intento del legislatore italiano del 1983 di accostarsi alle prescrizioni di cui agli artt. 7 e 8 della Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967.

L'art. 7, n. 1, dispone: "Un enfant ne peut être adopté que si l'adoptant a atteint l'âge minimum prescrit à cette fin, cet âge n'étant ni inférieur à 21 ans, ni supérieur à 35 ans".

Inoltre, all'art. 8, n. 3 la Convenzione europea esige, in punto di principio, che tra adottante ed adottando intercorra quel divario di età che è naturale nel rapporto generativo genitori-figli.

È qui riecheggiata la regola romana: "Adoptio enim naturam imitatur et pro monstro est, ut maior sit filius quam pater. Debet itaque is, qui sibi per adrogationem vel adoptionem filium facit, plena pubertate, id est decem et octo annis praecedere (Inst. 1.11.4)".

Il legislatore italiano, che nel codice civile si era limitato alla regola romana, nella legge del 1983, stabilendo la distanza minima di età, che coincide oggi con gli anni della maggiore età, si adegua alla Convenzione europea: infatti, ex art. 84 del codice civile, la capacità matrimoniale si acquista con la maggiore età, cioè a 18 anni. Se si calcolano i tre anni di matrimonio richiesti ex art. 6, primo comma, della legge n. 184 del 1983 perché i coniugi possano adottare, si raggiunge il limite minimo dei 21 anni stabilito dall'art. 7, n. 1, della Convenzione di Strasburgo.

Il limite massimo stabilito in 40 anni - 5 in più rispetto ai 35 della Convenzione europea - è dovuto alla elevazione dell'età degli adottabili da 8 anni della legge del 1967 ai 18 della legge del 1983.

La diminuzione del minimo da 20 a 18 e del massimo da 45 a 40 ha la funzione di offrire al minore genitori adottivi giovani, in modo che il modello della famiglia degli affetti sia non dissimile nel divario generazionale da quello della famiglia del sangue. Non va tuttavia taciuto che, osservando il canone dell'id quod plerumque accidit, il legislatore avrebbe potuto più realisticamente rilevare come la maggior parte delle adozioni riguarda bambini in tenera età nei cui confronti il divario massimo di 40 anziché di 45 anni per i genitori adottivi ha l'effetto di escludere dalla domanda di adozione coppie ancora giovani e pienamente idonee al compito di procurare al minore "un focolare stabile ed armonioso".

4. - L'art. 79 della legge n. 184 del 1983 è norma transitoria, che entro un triennio dall'entrata in vigore della legge tende a realizzare, su impulso degli interessati, un vasto processo di unificazione dello status familiae degli adottati e degli affiliati in base alla previgente normativa, estendendo loro gli effetti dell'adozione legittimante.

Questa Corte, con sentenza n. 198 del 1986, l'ha così interpretata: "La norma è dunque chiaramente ispirata al criterio - che presiede alla complessiva disciplina di cui alla legge 184/1983 - di garantire il diritto dell'adottato (o affiliato) ex art. 291 c.c. ad avere - ove ciò risponda al suo interesse - un'unica famiglia, acquisendo lo status di figlio legittimo pleno iure, recidendo i residui legami con la famiglia di origine e così ponendo fine all'ambiguità della condizione che deriva dalla disciplina dell'adozione ordinaria, in cui da un lato tali legami permangono e, dall'altro, l'inserimento nella nuova famiglia è solo parziale".

Se tale è la ratio dell'art. 75, il richiamo ai requisiti dell'art. 6, nella misura in cui determina contraddittoriamente un effetto limitativo anziché estensivo del programma di unificazione della disciplina dell'adozione voluto dal legislatore del 1983, viola il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione ed ostacola la realizzazione di un diritto inviolabile dell'uomo, che nella combinazione dei valori costituzionali di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della Costituzione, si specifica nel diritto al riconoscimento pleno iure di quella formazione sociale primaria che è la famiglia, i cui titolari sono sia la coppia adottante, sia il minore adottato (o affiliato).

5. - L'art. 3 della Costituzione è altresì violato, nel contenuto precettivo del principio di eguaglianza, se si assume come tertium comparationis l'ultimo comma dell'art. 44 della stessa legge n. 184 del 1983, che recita: "In tutti i casi l'adottante deve superare di almeno diciotto anni l'età di coloro che intende adottare".

Se nel Titolo IV della legge del 1983, che recupera per casi particolari la disciplina residuale della adozione ordinaria, figura una disposizione adeguata al requisito minimo della distanza di età posto dall'art. 8, n. 3, della Convenzione di Strasburgo, non si vede perché trattamento diseguale e più sfavorevole debba essere riservato a soggetti i cui rapporti sono stati anch'essi in origine regolati dalla disciplina codicistica dell'adozione ordinaria.

6. - Questa Corte, nella citata sentenza n. 198 del 1986, ha già dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 79, primo comma, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui, "nella ipotesi di coniugi non più uniti in matrimonio alla data della presentazione della domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non consente di pronunziare l'estensione stessa nei confronti degli adottati ai sensi dell'art. 291 del codice civile, precedentemente in vigore".

La ratio decidendi, in tema di requisiti di cui all'art. 6 della legge n. 184 del 1983 richiamati dall'art. 79, primo comma, sia che si tratti della sussistenza del matrimonio, sia che si tratti dei termini di età, è la medesima.

Per le norme transitorie è regola di diritto intertemporale che le fattispecie costituite sulla base della normativa previgente e che si vogliano assorbire nella disciplina recenziore conservino i requisiti allora previsti e sussistenti, a meno che la scelta legislativa non sia esplicitamente ispirata a fini selettivi e restrittivi.

Data invece la finalità dell'art. 79, estensiva della disciplina dell'adoptio plena, i termini di distanza di età da considerarsi validi sono non quelli stabiliti nel minimo e nel massimo, di cui all'art. 6 - 18 e 40 anni - ma quello di origine romana di cui all'art. 291, primo comma, del codice civile, stabilito nel solo limite minimo di 18 anni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 79, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"), nella parte in cui non consente l'estensione degli effetti dell'adozione legittimante nei confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando la differenza di età tra adottanti ed adottato superi i 40 anni.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, palazzo della Consulta il 10 febbraio 1988.

Il Presidente: SAJA

Il redattore: CASAVOLA

Il cancelliere: MINELLI

Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1988.

Il direttore della cancelleria: MINELLI