Ritenuto in fatto:
1. - Nel corso di un giudizio promosso su ricorso elettorale di
Biasone Pantaleone contro Mancini Luigi e successivamente proseguito -
stante la rinuncia dell'originario ricorrente - dal solo interventore
Tenaglia Ettore, il tribunale de L'Aquila, con ordinanza emessa il 28
febbraio 1972, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost. della norma di cui all'art.
5, n. 7, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, che esclude tra l'altro
l'eleggibilità a consigliere regionale nelle Regioni a statuto normale
per i capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato
nella Regione.
La rilevanza della questione è motivata con riferimento alla
qualifica di ispettore scolastico in Pescara rivestita dal resistente.
La sua non manifesta infondatezza viene dedotta con riferimento
alla disparità di trattamento esistente per l'eleggibilità a
consigliere nelle Regioni a statuto speciale (cfr. art. 6 d.P.R. 12
dicembre 1948, n. 1462, per la Sardegna; art. 6 legge 5 agosto 1962, n.
1257, per la Valle d'Aosta; art. 8 legge 3 febbraio 1964, n. 3, per il
Friuli-Venezia Giulia, oltre alle norme statutarie in materia) che non
risponde ad esigenze di una ragionevole previsione. Una disciplina
ingiustificatamente eguale di situazioni diverse ed ingiustificatamente
diversa di situazioni simili si riscontrerebbe, poi, anche in relazione
alla capacità elettorale riconosciuta a funzionari statali non capi di
ufficio ed a dirigenti di enti parastatali e di enti pubblici in
genere, la cui condizione appare tale da poter spesso influire
massicciamente sulla volontà dell'elettorato o determinare ipotesi di
conflitto rispetto alle funzioni connesse alla carica elettiva
regionale. Un ulteriore profilo di illegittimità viene, poi, motivato
assumendo che una così ampia e generica limitazione dell'elettorato
passivo non sembra né ragionevole né indispensabile al fine di
assicurare la tutela della libera espressione del voto e quella del non
condizionante o condizionato esercizio delle funzioni connesse con la
carica elettiva.
2. - Con deduzioni depositate il 18 marzo 1972, si è costituito
nel presente giudizio il sig. Tenaglia sostenendo la infondatezza
della questione, sia perché la differenza fra l'autonomia concessa
alle Regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario non
consentirebbe di raffrontare le normative rispettivamente vigenti in
tema di ineleggibilità a consigliere regionale, rimesse
all'apprezzamento discrezionale del legislatore che in ogni caso
avrebbe ragionevolmente tenuto conto della minore importanza degli
uffici statali nelle prime; sia perché la ineleggibilità per i capi
degli uffici statali risulterebbe oggettivamente giustificata in base
alla valutazione dell'id quad plerumque accidit, senza che abbia
rilevanza la considerazione di talune fattispecie concrete o la mancata
previsione di altre categorie meritevoli di un trattamento rigoroso.
Ulteriori argomenti sono stati poi sviluppati in una memoria depositata
il 12 ottobre 1972.
3. - Nella stessa data ha depositato un atto di costituzione e
deduzioni anche la difesa del resistente sig. Mancini Luigi, sostenendo
di non aver ricevuto notifica dell'ordinanza di rimessione.
4. - Alla pubblica udienza la difesa del Tenaglia ha insistito
nelle conclusioni precedentemente formulate.
Considerato in diritto:
1. - Deve essere preliminarmente dichiarata inammissibile per
tardività la costituzione nel presente giudizio del sig. Mancini
Luigi, avvenuta con deduzioni depositate il 12 ottobre del corrente
anno. Al riguardo, non occorre qui soffermarsi sul preciso significato
che assume il riferimento dell'art. 23, comma ultimo, della legge 11
marzo 1953, n. 87, alla lettura dell'ordinanza nel "pubblico
dibattimento", essendo sufficiente osservare che - nella specie -
l'ordinanza di rimessione a questa Corte, pronunciata dal tribunale de
L'Aquila, risulta esser stata regolarmente notificata in data 4 aprile
1972 agli avvocati Raffaele Di Primio e Fausto Migliorati, difensori
(ed il primo altresì procuratore domiciliatario) del Mancini nel
giudizio a quo, ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 21
giugno successivo.
Non vi ha dubbio, pertanto, che il termine di venti giorni,
prescritto dall'art. 25, comma secondo, della legge n. 87 ed
ulteriormente disciplinato dall'art. 3 delle Norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale del 16 marzo 1956, sia stato
di gran lunga oltrepassato, dovendosi ritenere applicabile anche ai
giudizi di contenzioso elettorale amministrativo, in forza del richiamo
contenuto nell'art. 82 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, così
come modificato dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1147, la disposizione
dell'art. 170 del codice di procedura civile.
2. - Nel merito, la questione di legittimità costituzionale, per
contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., dell'art. 5, n. 7, della legge 17
febbraio 1968, n. 108, nella parte in cui dichiara ineleggibili ai
consigli delle Regioni a statuto ordinario "i capi degli uffici
regionali, provinciali e locali, dello Stato nella Regione, coloro che
ne fanno le veci per disposizione di legge o di regolamento", è
fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le cause di
ineleggibilità sono di strena interpretazione e devono essere
contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento
delle esigenze di pubblico interesse, ricollegantisi alla funzione
elettorale, cui sono di volta in volta preordinate (sent. nn. 46 e 108
del 1969, nn. 38 e 189 del 1971, n. 58 del 1972). È vero che l'art.
51 Cost. rimette alla legge di stabilire i requisiti di eleggibilità,
i quali possono essere così positivi come negativi od ostativi (sent.
n. 38 del 1971, testé rammentata); ma, proprio perché questi ultimi,
risolvendosi in cause di ineleggibilità, formano altrettante eccezioni
al generale e fondamentale principio, enunciato in apertura dallo
stesso art. 51, del libero accesso, in condizione di eguaglianza, di
tutti i cittadini alle cariche elettive, è necessario che siano
tipizzati dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad
evitare, quanto più possibile, situazioni di persistente incertezza,
troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali
contraddittorie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la
proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini.
Al contrario, la norma denunciata stabilisce - oltre tutto, senza
precedenti e senza attuale riscontro nell'intera legislazione
elettorale italiana, se si prescinde da una disposizione,
sostanzialmente analoga, della legge regionale siciliana del 20 marzo
1951, n. 29 - una causa di ineleggibilità dai confini estremamente
generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in sede
interpretativa sino a ricomprendere le situazioni più diverse, come
invece all'opposto di applicazioni pratiche variamente restrittive,
circoscritte ad una parte soltanto delle ipotesi che potrebbero
egualmente, in astratto, giustificare ragionevolmente la
ineleggibilità a consigliere regionale.
Come si riconosce, infatti, anche negli scritti defensionali della
parte ricorrente, né nella legge in questione, né in altro testo
legislativo è dato rinvenire norme che definiscano l'"ufficio" e
specifichino che cosa debba intendersi per tale, o che definiscano la
nozione di "capo" di un ufficio. Allo stesso modo, sarebbe vano
ricercare nell'ordinamento vigente criteri univoci che permettano di
individuare con la desiderabile chiarezza quali "uffici" statali,
diversi da quelli ad ambito regionale e provinciale, siano da
qualificare "locali". Nemmeno soccorrono a tali fini elementi
desumibili dai lavori preparatori della legge del 1968, quale che sia
poi il valore che si debba a questi attribuire per ricostruire il
significato della norma. La causa di ineleggibilità di cui è
questione venne per la prima volta introdotta, senza spiegazione né
discussione alcuna, dalla prima commissione della Camera dei deputati,
in sede di esame del disegno di legge governativo presentato il 19
maggio 1964 e di altri progetti di legge in tema di elezioni dei
consigli regionali; successivamente essa ricompare (ed anche questa
volta, senza che ne risultino comunque addotte le ragioni
giustificatrici e la portata) nel nuovo disegno di legge governativo
presentato alla Camera il 21 giugno 1967, che diventerà poi la legge
de qua.
Il rilevato contrasto, per le considerazioni fin qui accennate,
dell'art. 5, n. 7, della legge n. 108 del 1968, nella parte
denunciata, con l'art. 51 Cost., che d'altronde rappresenta
specificazione del più generale principio di eguaglianza, rende
superfluo prendere in esame gli altri profili della questione sollevata
dal tribunale de L'Aquila, con più particolare riguardo all'art. 3
Cost. nei rapporti tra elezioni dei consigli delle Regioni a statuto
ordinario e dei consigli di quelle a statuto speciale.
È tuttavia da soggiungere che, ovviamente, il legislatore, nella
sua prudente discrezionalità, potrà sempre, ove lo ritenga
necessario, statuire, con uniforme riferimento a tutti i consigli
regionali, ipotesi ben determinate e chiaramente circoscritte di
ineleggibilità per particolari categorie di funzionari dello Stato
esplicanti le loro mansioni nelle Regioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
A) dichiara inammissibile per tardività la costituzione nel
presente giudizio della difesa del sig. Mancini Luigi;
B) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, n. 7,
della legge 17 febbraio 1968, n. 108, recante "Norme per la elezione
dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale", nella parte in
cui dispone l'ineleggibilità a consigliere regionale per "i capi degli
uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella Regione,
coloro che ne fanno le veci per disposizione di legge o di
regolamento".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta. il 21 novembre 1972.
GIUSEPPE CHIARELLI - COSTANTINO
MORTATI - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI - FRANCESCO PAOLO
BONIFACIO - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE
MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO
CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI
- GIULIO GIONFRIDA.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere