Sentenza 100/2025 (ECLI:IT:COST:2025:100)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore: BUSCEMA
Udienza Pubblica del 06/05/2025;    Decisione  del 06/05/2025
Deposito del 08/07/2025;   Pubblicazione in G. U. 09/07/2025  n. 28
Norme impugnate: Art. 1, c. 1328°, della legge 27/12/2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» e art. 4, c. 3° bis, del decreto-legge 29/11/2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28/01/2009, n. 2.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ord. 191/2024


Pronuncia

SENTENZA N. 100

ANNO 2025


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Roberto Nicola CASSINELLI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» e dell’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, promosso dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, nel procedimento vertente tra il Ministero dell’economia e delle finanze e altri e la Società esercizi aereoportuali (SEA) spa, con ordinanza del 5 settembre 2024, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visti l’atto di costituzione della Società esercizi aeroportuali (SEA) spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2025 il Giudice relatore Angelo Buscema;

uditi l’avvocato Fabrizio Doddi per la Società esercizi aeroportuali (SEA) spa e l’avvocata dello Stato Agnese Soldani per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 6 maggio 2025.


Ritenuto in fatto

1.– La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con ordinanza del 5 settembre 2024, iscritta al n. 191 del reg. ord. 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», e dell’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, in legge 28 gennaio 2009, n. 2, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 23, 41 e 53 della Costituzione.

La controversia origina da un ricorso presentato dalla SEA spa contro il provvedimento dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) 31 luglio 2009, n. 00506444/DIRGEN/CEC e della tabella allegata, «con il quale si comunicava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la determinazione delle quote di contributo relative al Fondo per il servizio soccorso antincendio, istituito ex art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006, nonché di tutti gli atti ad essa presupposti, consequenziali e/o comunque connessi».

Il giudice tributario di primo grado ha annullato il citato provvedimento e la relativa tabella, ritenendo che l’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, «avrebbe inciso profondamente sul regime di cui all’art. 1, comma 1328, della legge n. 296/2006, avendo “modificato la destinazione dei proventi del fondo destinando gli stessi al pagamento di spese e costi diversi e slegati alla destinazione fissata dalla norma istitutiva di riferimento, proprio perché destinata a beneficiare tutti indistintamente i vigili del fuoco e non quelli addetti al servizio antincendio aereoportuale”». Tale decisione è stata impugnata in appello.

Secondo la parte appellante, la disposizione di cui all’art. 4, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, introdotti, in sede di conversione, dalla legge n. 2 del 2009, «individuando la retribuzione accessoria del personale come una delle destinazioni delle risorse del Fondo, non avrebbe alterato l’essenziale obiettivo della disposizione istitutiva della prestazione pecuniaria posta […] a carico delle società di gestione aeroportuale per diminuire i costi sostenuti per il servizio antincendio».

1.1.– Nel decidere su tale controversa questione, la Corte di giustizia tributaria solleva dubbi di legittimità costituzionale di entrambe le disposizioni, ritenendole, innanzi tutto, in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto assoggetterebbero al tributo, destinato ad assicurare il miglioramento della qualità del servizio di soccorso ordinario e tecnico urgente espletato all’esterno dell’aeroporto dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusivamente le società aeroportuali, in tal modo operando una “diversificazione arbitraria” tra tali società e altri soggetti, operanti nel medesimo perimetro spaziale dell’aeroporto. Fra tali soggetti vi sarebbero, in particolare, i vettori designati di cui all’art. 785 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione), in relazione ai quali, «in astratto», ricorrerebbe lo stesso elemento costitutivo del tributo e, cioè, il presupposto economico costituito dal traffico generato in aeroporto, riconducibile ai passeggeri o alle merci trasportati.

Secondo il giudice rimettente, come per le società aeroportuali, anche per i vettori aerei, sebbene per ambiti e con modalità diversi, sussisterebbe l’obbligo di garantire standard di sicurezza a salvaguardia dei passeggeri e delle merci trasportati; obbligo cui, peraltro, sarebbe condizionato il rilascio della licenza per l’esercizio dell’attività di trasporto aeroportuale. Ciò comporterebbe che, anche per i vettori, sarebbe ravvisabile la finalità del fondo – enunciata dall’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 – di concorrere alla «riduzione dei costi a carico dello Stato per far fronte al servizio antincendi negli aeroporti» espletato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

1.2.– L’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 violerebbe, inoltre, gli artt. 3 e 23 Cost., poiché individuerebbe «quale legittimato passivo del tributo unicamente una tipologia di contribuenti, le società aeroportuali». In tal modo, sarebbero travalicati gli ambiti della discrezionalità del legislatore, determinando «un’incongruenza del tributo-mezzo» (provocata dal fatto che il contributo non sarebbe esteso anche alle «altre tipologie di soggetti operanti in aeroporto») rispetto «al tributo-fine» (in relazione al quale vi sarebbe «l’esigenza che tutti gli operatori concorrano alla comune finalità della sicurezza aeroportuale»).

1.3.– La Corte rimettente censura, poi, l’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui prevede che il gettito del tributo in esame sia utilizzato, nella misura del 60 per cento, «al fine di assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo particolari emolumenti da destinare all’istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente» espletato anche all’esterno dello spazio aeroportuale.

In questo modo, il gettito del tributo non sarebbe più (come in origine) destinato a finanziare i costi di un servizio delimitato entro il perimetro aeroportuale, bensì a sostenere un servizio indifferenziato e, in particolare, a corrispondere una speciale indennità per il servizio di soccorso tecnico urgente spettante a tutto il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

La disposizione sarebbe arbitraria e non sorretta da una ragionevole giustificazione e violerebbe il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., poiché assoggetterebbe al tributo soltanto le società aeroportuali, e non altre tipologie di contribuenti, per finanziare servizi espletati a favore dell’intera collettività che dovrebbero, invece, gravare sulla fiscalità generale.

1.4.– L’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, è censurato anche in riferimento all’art. 41 Cost.

La disposizione comporterebbe una «ingiustificata», oltreché «irrazionale», ingerenza del legislatore nell’autonomia imprenditoriale, determinando una compressione della libertà di iniziativa economica della SEA spa e, in generale, di tutte le società di gestione aeroportuale.

La disposizione censurata, aggiungendo «“costi ulteriori”» a carico delle società di gestione aeroportuale, verrebbe ad alterare – «per effetto dell’accollo a dette società di “costi impropri” – il rapporto tra i “costi propri”, sostenuti in modo precipuo per l’attività di gestione aeroportuale (e tra esse, indirettamente, quella antincendi, che è […] posta a salvaguardia della generale sicurezza di persone e mezzi in aeroporto), gli utili derivanti dall’attività imprenditoriale in concessione e gli investimenti [occorrenti] per il miglioramento del servizio».

Afferma, inoltre, la Corte rimettente che «la sussistenza di un presupposto economico in capo alla società aeroportuale» (quale, nella specie, il traffico generato sull’aeroporto, da cui la società stessa attende il proprio margine di ricavo) non potrebbe giustificare, a suo carico, qualsivoglia concorso alle spese dello Stato; spese che, invece, alla luce dei principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost., dovrebbero, razionalmente, essere poste a carico della fiscalità generale.

2.– Con atto del 12 novembre 2024, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, eccependo in via preliminare l’inammissibilità delle questioni e deducendo, nel merito, la non fondatezza delle stesse.

2.1.– Sarebbero innanzitutto inammissibili, per difetto di rilevanza e di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito.

La Corte rimettente non si sarebbe, infatti, espressa sull’applicabilità della disposizione in esame nel giudizio a quo.

Ad avviso dell’Avvocatura generale, la disciplina introdotta dall’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sarebbe, in effetti, inapplicabile nel giudizio principale, in quanto il mutamento della destinazione delle risorse del fondo, da essa stabilito, opererebbe solo a partire dai contributi inerenti all’anno 2009.

Di là dal dato letterale (la norma stabilisce espressamente che la nuova destinazione si applica «a decorrere dal 1 gennaio 2009»), occorrerebbe considerare che, il comma 3-bis dell’art. 4 non era presente nell’originaria formulazione del d.l. n. 185 del 2008, ma è stato inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, sicché, in virtù del principio secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire, la disposizione non potrebbe comunque riguardare l’annualità 2008 oggetto di controversia.

2.2.– Sarebbero altresì inammissibili le questioni di legittimità costituzionale di entrambe le norme sollevate in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost., in quanto l’ordinanza di rimessione non avrebbe chiarito in quali termini sarebbe stata violata la riserva di legge in materia tributaria.

2.3.– Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che le censure riferite agli artt. 3 e 53 Cost., nonché agli artt. 3 e 23 Cost. non meriterebbero accoglimento, «non rinvenendosi, nel sistema delineato dalle [disposizioni] censurate, i profili di arbitrarietà e irragionevolezza denunciati»; il prelievo sarebbe «correttamente posto a carico dei concessionari», «titolari della particolare capacità contributiva generata dall’aumento del traffico aereo, in quanto l’espletamento del servizio antincendi[o] contribuisce al conseguimento [di una maggiore efficienza]», consentendo alle società di gestione aeroportuale di aumentare il traffico aereo e i connessi benefici in termini di ricavi.

Inoltre, l’impianto attuale del codice della navigazione – come integrato dal decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, recante la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione) – renderebbe evidente la differenza di posizione e di funzioni esistente tra le società aeroportuali, da un lato, e i vettori aerei e gli handlers (soggetti la cui attività è disciplinata dal decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, recante «Attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità»), dall’altro, dal momento che «“il gestore aeroportuale è il soggetto cui è affidato […] il compito di amministrare e di gestire [,,,] le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell’aeroporto” (art. 705 cod. nav.)». In sostanza, i vettori aerei e gli handlers negli scali aeroportuali risponderebbero alle società di gestione aeroportuale e sarebbero da esse coordinati e controllati.

La società di gestione sarebbe, quindi, il dominus dell’aeroporto e, per tale ragione, avrebbe l’onere di concorrere alle spese per il servizio antincendio. Inoltre, tale onere, espressamente previsto già dall’art. 2, comma 6, della legge 2 dicembre 1991, n. 384 (Modifiche alla legge 23 dicembre 1980, n. 930, recante norme sui servizi antincendi negli aeroporti), sarebbe «incluso e specificamente indicato negli atti di convenzione stipulati tra l’ENAC e le società» stesse.

Il perimetro soggettivo della disposizione sarebbe dunque correttamente circoscritto al gestore aeroportuale in quanto concessionario del servizio che, come tale, risponderebbe degli obblighi assunti nel rapporto di concessione dell’uso diretto ed esclusivo di beni demaniali.

Osserva altresì l’Avvocatura generale che il traffico generato sarebbe espressamente identificato quale indice della capacità contributiva della società di gestione aeroportuale, in quanto si identificherebbe con la capacità economica dell’aeroporto. In questo senso, il presupposto del tributo sarebbe dato «dalla capacità di generare traffico dell’aeroporto, quale manifestazione […] di una capacità contributiva precisamente riferibile al gestore, e non ad altri soggetti, che pur beneficiano dell’infrastruttura aeroportuale».

Non sarebbe dunque violato il principio di eguaglianza tributaria di cui agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto si tratterebbe di soggetti tra loro differenti, ai quali non potrebbe applicarsi lo stesso trattamento.

Inoltre, per quanto riguarda l’asserita violazione degli artt. 3 e 41 Cost., per irragionevole compressione della libertà di iniziativa economica delle società aeroportuali, evidenzia l’Avvocatura generale che le censure poggerebbero tutte su «un’intrinseca contraddizione», in quanto «la fase di impiego del gettito» sarebbe «estranea alla fattispecie del tributo», per cui «la supposta irragionevolezza della scelta legislativa di destinare [detto] gettito ad una finalità piuttosto che a un’altra non potrebbe incidere, viziandola, sulla fase del prelievo».

3.– La SEA spa si è costituita in giudizio, sostenendo la rilevanza delle questioni proposte e la fondatezza delle stesse.

3.1.– Ritiene la società che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 imporrebbe di interpretare «la locuzione “società aeroportuali” come estesa a tutti i soggetti (persone giuridiche) che svolgono una attività presso gli aeroporti, tale da incidere sull’entità del “traffico generato”». Difatti, qualora la disposizione fosse intesa nel senso di riferirsi alle sole «“società di gestione aeroportuale”, essa sarebbe palesemente illegittima per disparità di trattamento, atteso che su tali soggetti già graverebbe l’onere di mettere gratuitamente a disposizione dei vigili del fuoco le strutture occorrenti all’erogazione» dei servizi di soccorso antincendio.

La richiesta di un ulteriore contributo sarebbe perciò del tutto ingiustificata, arbitraria e irrazionale, nonché lesiva del principio di eguaglianza e del generale canone di ragionevolezza, non essendo in alcun modo giustificabile l’aver escluso dall’onere contributivo tutti gli altri soggetti che operano direttamente o indirettamente nello spazio aeroportuale e che usufruiscono del servizio antincendio in misura anche maggiore delle società di gestione aeroportuale.

Il giudice rimettente, peraltro, ha sollevato le questioni muovendo da una lettura restrittiva dell’anzidetta locuzione, che avalla implicitamente l’interpretazione compiuta dall’ENAC con il provvedimento e la tabella impugnati nel giudizio a quo.

Secondo questa lettura, l’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006, prevedendo un tributo in capo alle società di gestione aeroportuale «quale mezzo per il raggiungimento del fine “garanzia degli standard di sicurezza e salvaguardia dei passeggeri o delle merci trasportati”», violerebbe dunque gli artt. 3 e 23 Cost., giacché detta finalità non potrebbe ritenersi propria unicamente delle società di gestione aeroportuali, ma riguarderebbe anche, ad esempio, i vettori ex art. 785 cod. nav., esclusi dall’obbligo contributivo. Ciò sostanzierebbe una violazione dei canoni di logicità, razionalità, proporzionalità e non arbitrarietà cui il legislatore avrebbe dovuto attenersi.

La forfettaria previsione normativa, che quantifica «in 30 milioni di euro annui il gettito atteso dalla contribuzione al Fondo Antincendio da parte delle società aeroportuali», violerebbe il principio di proporzionalità e ragionevolezza; il mancato riferimento a una aliquota impositiva escluderebbe alla radice un rapporto tra il reddito presunto del contribuente e l’onere di contribuzione, con la conseguenza che all’aumento del traffico complessivo non corrisponderebbe un incremento del gettito al fondo e, viceversa, alla riduzione del traffico non si accompagnerebbe la diminuzione dell’onere contributivo.

3.2.– La disposizione in esame, inoltre, apparirebbe arbitraria e irragionevole «violando sia il principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. […] sia il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.» in quanto, a situazioni uguali, non corrisponderebbe lo stesso regime impositivo.

3.3.– Le medesime considerazioni varrebbero anche nei confronti dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito. La destinazione del Fondo prevista da detta disposizione apporterebbe un beneficio all’intera collettività, in quanto i contributi che vi confluiscono non sarebbero «più vincolati all’abbattimento dei costi sostenuti dallo Stato per l’espletamento del servizio antincendio in ambito aeroportuale», ma destinati, in generale, a sovvenzionare il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Ne deriverebbe che «la relativa copertura di spesa» non potrebbe che «gravare sulla fiscalità generale».

L’entrata in vigore della disposizione censurata avrebbe fatto venir meno ogni ipotetica connessione tra i soggetti tenuti al versamento del tributo di scopo e il beneficio derivante dal gettito, «interrompendo e spezzando» il vincolo di legittimazione alla prestazione di cui all’art. 53 Cost. per l’assenza di qualsiasi correlazione tra i soggetti passivi della prestazione imposta e la finalità dell’imposizione.

Tale obbligo di contribuzione configurerebbe, pertanto, una prestazione patrimoniale imposta alle società di gestione aeroportuale in violazione del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., «in quanto sprovvista di causa diretta e/o connessa al soggetto passivo e non più correlata all’utilità e finalità originariamente previste» e sarebbe irragionevole e ingiusto, in violazione dei principi sanciti dall’art. 3 Cost.

3.4.– Con riguardo all’asserita illegittimità costituzionale del medesimo art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento all’art. 41 Cost., sostiene la parte che la disposizione, nel porre a carico della società di gestione aeroportuale costi relativi a servizi «“indifferenziati”» a favore dell’intera collettività, si tradurrebbe in un’irragionevole compressione della libertà di iniziativa economica della stessa SEA (e delle società aeroportuali), sancita dall’art. 41 Cost.

4.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la SEA spa ha ribadito quanto già argomentato nell’atto di costituzione.


Considerato in diritto

1.– La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con ordinanza iscritta al n. 191 reg. ord. del 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 23, 41 e 53 Cost.

1.1.– La Corte rimettente dubita, innanzitutto, della legittimità costituzionale delle predette disposizioni, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto assoggetterebbero al tributo, destinato a migliorare la qualità del servizio di soccorso ordinario e tecnico urgente espletato dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusivamente le società di gestione aeroportuale, in tal modo determinando una “diversificazione arbitraria” tra dette società e altri soggetti operanti nel medesimo perimetro spaziale dell’aeroporto. Fra tali soggetti vi sarebbero, in particolare, i vettori designati di cui all’art. 785 cod. nav., in relazione ai quali ricorrerebbe il presupposto economico del tributo, costituito dal traffico generato in aeroporto per il trasporto di passeggeri e merci.

Ritiene il giudice a quo che anche i vettori debbano garantire i richiesti parametri di sicurezza a salvaguardia dei passeggeri e delle merci trasportati – obbligo al quale, peraltro, sarebbe condizionato il rilascio della licenza per l’esercizio dell’attività di trasporto aeroportuale – e, pertanto, anch’essi dovrebbero essere assoggettati, come le società di gestione, al pagamento del tributo.

1.2.– La Corte di giustizia tributaria censura altresì l’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost.

La disposizione individuerebbe unicamente una tipologia di contribuenti, quale soggetto passivo del tributo destinato a finanziare un servizio di interesse collettivo, le società di gestione aeroportuale. Tale previsione determinerebbe una incongruenza tra «tributo-mezzo» (cui sarebbero sottoposti solo alcuni soggetti operanti in aeroporto) e «tributo-fine» (che riguarderebbe tutta la collettività); incongruenza che si tradurrebbe in un irrazionale esercizio della discrezionalità del legislatore.

1.3.– Viene posta in dubbio poi la legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui prevede la destinazione del gettito del tributo in esame, nella misura del 60 per cento, al finanziamento di una speciale indennità operativa destinata a remunerare il servizio di soccorso tecnico urgente espletato dai vigili del fuoco anche all’esterno del perimetro aeroportuale.

La disposizione sarebbe arbitraria e non sorretta da una ragionevole giustificazione, violando così il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., in quanto assoggetterebbe al tributo soltanto le società di gestione aeroportuale, per finanziare servizi a favore dell’intera collettività che dovrebbero, invece, gravare sulla fiscalità generale.

1.4.– L’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sarebbe costituzionalmente illegittimo anche per violazione dell’art. 41 Cost. in quanto, aggiungendo «“costi ulteriori”» a carico delle società di gestione aeroportuale, altererebbe il rapporto tra i costi, gli utili derivanti dall’attività imprenditoriale in concessione e gli investimenti.

2.– In via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità dell’Avvocatura generale per difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale aventi a oggetto l’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito.

2.1.– Ad avviso della difesa statale l’ordinanza di rimessione non chiarisce in quali termini risulti violata la riserva di legge in materia tributaria, in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost.

L’eccezione non può essere accolta.

Il rimettente ha adeguatamente motivato in ordine all’asserita disparità di trattamento e irrazionalità della disposizione censurata, ritenendo che essa travalichi gli ambiti della discrezionalità legislativa, così determinando un’incongruenza del tributo-mezzo rispetto al tributo-fine in ragione del fatto che non tutti gli operatori aeroportuali potrebbero dirsi razionalmente esclusi dal perseguimento degli obiettivi di sicurezza negli aeroporti.

2.2.– Inoltre, l’Avvocatura generale eccepisce l’inammissibilità delle questioni per difetto di motivazione sulla rilevanza, in quanto il rimettente non avrebbe sufficientemente argomentato in ordine alla applicabilità, al giudizio a quo, della disciplina introdotta dalla norma censurata.

Ritiene, difatti, la difesa statale che il mutamento di destinazione del gettito del tributo, stabilito dalla disposizione in esame, assumerebbe rilievo solo a partire dai contributi inerenti all’anno 2009 e non riguarderebbe, pertanto, quelli oggetto di controversia nel giudizio principale, relativi all’anno 2008.

Anche questa eccezione non ha pregio.

Il rimettente ha invero sufficientemente motivato su tale specifico aspetto.

Sebbene l’art. 4, comma 3-bis, disciplini, per espressa previsione, la destinazione delle risorse del fondo a partire dal 1° gennaio 2009, in tale fondo confluiscono anche i contributi relativi ad annualità anteriori. Di conseguenza, l’ammontare richiesto dall’ENAC alla SEA spa nel luglio 2009, relativo all’anno 2008, è destinato anch’esso alle finalità censurate nel presente giudizio: tanto è sufficiente per superare il vaglio di ammissibilità.

In definitiva, il giudice a quo ritiene, non implausibilmente, di dover fare applicazione della disposizione censurata nel giudizio dinanzi a lui e dall’accoglimento o meno della questione sollevata discende un effetto diretto e immediato sull’esito della decisione finale (si vedano, al riguardo, le sentenze n. 77 e n. 25 del 2024 e n. 19 del 2022).

3.– Ancora in via preliminare, va invece accolta l’eccezione di inammissibilità, formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 41 Cost., per genericità della motivazione sulla non manifesta infondatezza.

Il rimettente si limita ad affermare che la disposizione, aggiungendo «“costi ulteriori”» a carico delle società di gestione aeroportuale, verrebbe ad alterare – per effetto dell’accollo a dette società di «“costi impropri”» – il rapporto tra i «“costi propri”» sostenuti in modo precipuo per l’attività di gestione aeroportuale, gli utili derivanti dall’attività imprenditoriale in concessione e gli investimenti eventuali da effettuare, da parte di dette società, per il miglioramento del servizio.

Tali argomentazioni risultano assertive e non suffragate da idonea documentazione al riguardo, non essendo dimostrato in alcun modo che alle società di gestione sia derivato un pregiudizio dalla disposizione in esame, tale da determinare un’ingiustificata e irrazionale ingerenza del legislatore nell’autonomia imprenditoriale (in tal senso, sentenze n. 171 del 2024 e n. 220 del 2023).

4.– Passando all’esame del merito, occorre definire il quadro normativo e perimetrare il concetto di società aeroportuale menzionato dalle disposizioni censurate.

L’art. 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)», e successive modificazioni, ha istituito l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili da versare «all’entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare ENAV spa, secondo modalità regolate dal contratto di servizio di cui all’articolo 9 della legge 21 dicembre 1996, n. 665, per i costi sostenuti da ENAV spa per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:

a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media delle seguenti percentuali: percentuale di superficie del territorio comunale inglobata nel recinto aeroportuale sul totale del sedime; percentuale della superficie totale del comune nel limite massimo di 100 chilometri quadrati;

b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell’incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie».

L’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 ha quindi stabilito che, «[a]l fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l’addizionale sui diritti d’imbarco sugli aeromobili, di cui all’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, è incrementata a decorrere dall’anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato. Un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, concorre al medesimo fine per 30 milioni di euro annui. Con decreti del Ministero dell’interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità “Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile” dello stato di previsione del Ministero dell’interno».

L’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ha poi previsto che «[l]e risorse del fondo istituito dall’articolo 1, comma 1328, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, destinate al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno, sono utilizzate, a decorrere dal 1° gennaio 2009, per il 40 per cento al fine dell’attuazione di patti per il soccorso pubblico da stipulare, di anno in anno, tra il Governo e le organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per assicurare il miglioramento della qualità del servizio di soccorso prestato dal personale del medesimo Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e per il 60 per cento al fine di assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo particolari emolumenti da destinare all’istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all’esterno».

Sebbene la normativa censurata faccia riferimento alle «società aeroportuali» e non specificamente alle «società di gestione aeroportuale», non risulta condivisibile la tesi che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 imporrebbe di interpretare la locuzione «società aeroportuali» come comprensiva di tutti i soggetti (persone giuridiche) che svolgono una attività presso gli aeroporti tale da incidere sull’entità del «traffico generato».

A tale opzione ermeneutica osta innanzitutto il disposto dell’art. 26, comma 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229), il quale dispone che «[n]egli aeroporti indicati nell’allegata tabella A, che costituisce parte integrante del presente decreto legislativo, ferme restando le previsioni dell’articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e dell’articolo 2 della legge 2 dicembre 1991, n. 384, il Corpo nazionale assicura il servizio di salvataggio e antincendio nel rispetto delle disposizioni internazionali, comunitarie e nazionali nonché degli appositi accordi con il gestore aeroportuale previsti dalle medesime disposizioni. Nei restanti aeroporti, ove previsto dalle norme dell’aviazione civile, il servizio è fornito dal gestore o da altro soggetto autorizzato».

Una ulteriore conferma che il tributo destinato ad alimentare il fondo antincendio debba essere versato dalle società di gestione aeroportuale è data dall’art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, in legge 29 novembre 2007, n. 222, come integrato dall’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», il quale fa espresso riferimento ai «corrispettivi a carico delle società di gestione aeroportuale relativamente ai servizi antincendi negli aeroporti, di cui all’articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296».

Questa Corte si è pronunciata sul citato art. 39-bis affermandone la natura interpretativa (sentenze n. 251 del 2014, n. 335 e n. 102 del 2008) e ha dichiarato, con la sentenza n. 167 del 2018, l’illegittimità costituzionale della disposizione – l’art. 1, comma 478, della legge n. 208 del 2015 – che aveva inserito nel catalogo recato dal predetto art. 39-bis i contributi al fondo antincendio escludendone la natura tributaria.

Nella sentenza da ultimo citata è stata ravvisata la presenza dei requisiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale per riconoscere la natura tributaria del prelievo, escludendone la natura sinallagmatica.

4.1.– Ciò premesso, le censure sollevate nei confronti dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. non sono fondate.

Come emerge chiaramente dalle argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni censurate per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. in quanto le stesse prevedono, per le sole società di gestione aeroportuale, l’obbligo di contribuire ad alimentare il fondo destinato a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendio negli aeroporti.

Occorre osservare che l’ordinanza mira chiaramente a ottenere una declaratoria di illegittimità costituzionale di tali disposizioni, nella parte in cui prevedono un’imposta gravante unicamente sulle società di gestione aeroportuale. Il giudice chiede quindi di ampliare, con una pronuncia additiva, la platea dei contribuenti da assoggettare al pagamento del tributo in esame, includendovi, in particolare, i vettori aerei designati per i quali, «in astratto», ricorrerebbe lo stesso presupposto economico espressivo di capacità contributiva.

4.2.– In tale ottica, è necessario verificare se esistano adeguate giustificazioni a fondamento del tributo posto esclusivamente a carico della categoria di soggetti individuata dalle disposizioni censurate, cioè delle società di gestione aeroportuale.

A tale interrogativo deve rispondersi in senso affermativo, in quanto non è dubitabile che dette società rivestano, nel perimetro aeroportuale, un ruolo diverso e preminente rispetto a tutti gli altri soggetti pure operanti nella stessa area. Esse sono costituite, ai sensi dell’art. 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), per la gestione dei servizi e la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti; a tali società, ai sensi dell’art. 705 cod. nav., sono affidate in concessione le infrastrutture aeroportuali attrezzate per il decollo e l’atterraggio di aeromobili, per il transito dei relativi passeggeri e del loro bagaglio, per il ricovero e il rifornimento dei velivoli.

Il gestore aeroportuale è quindi il soggetto cui è affidato, sotto il controllo e la vigilanza dell’ENAC, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale, compresi quelli che forniscono i servizi a terra (art. 705 cod. nav.).

In ragione di tale assetto, alle società di gestione aeroportuale è consentito lo sfruttamento economico delle concessioni e la riscossione dei diritti aeroportuali.

Nello specifico, la SEA spa è il soggetto a cui è affidato in via esclusiva, sotto il controllo dell’ENAC, il compito di gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività degli operatori privati presenti negli aeroporti di Milano Malpensa e Milano Linate. Ciò sulla base di una convenzione – stipulata tra la SEA spa e l’ENAC in data 4 settembre 2001, con scadenza 4 maggio 2041 – nella quale sono disciplinati i rapporti relativi alla gestione e allo sviluppo dell’attività aeroportuale, ivi compresi quelli concernenti la progettazione, la realizzazione, l’adeguamento, la manutenzione e l’uso degli impianti e delle infrastrutture strumentali all’esercizio di tali attività. L’idoneità della SEA spa a espletare tutte le predette attività, nel rispetto degli standard tecnici di sicurezza, è attestata dalla certificazione rilasciata dall’ENAC.

Il «gestore aeroportuale» è definito anche dal diritto dell’Unione europea e, in particolare, dall’art. 2 della direttiva 2009/12/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali, secondo cui esso è «il soggetto al quale le disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali nazionali affidano, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali o della rete aeroportuale e di coordinare e di controllare le attività dei vari operatori presenti negli aeroporti o nella rete aeroportuale interessati»; il gestore è altresì titolare dei «diritti aeroportuali», ossia dei «prelievi riscossi a favore del gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell’aeroporto per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi che sono forniti esclusivamente dal gestore aeroportuale e che sono connessi all’atterraggio, al decollo, all’illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci».

È quindi evidente la differente e preminente posizione delle società di gestione aeroportuale rispetto a quella di tutti gli altri soggetti che operano nell’aeroporto.

Ed è proprio tale differenziazione all’origine sia della base imponibile del tributo, sia della delimitazione dei soggetti passivi.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che «il principio dell’eguaglianza tributaria, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost., impone che “ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione” (sentenza n. 288 del 2019)» (sentenza n. 49 del 2024).

Peraltro, il legislatore gode di «un’ampia discrezionalità in relazione alle varie finalità alle quali s’ispira l’attività di imposizione fiscale» (sentenze n. 49 del 2024 e n. 108 del 2023). In altri termini, «non è di per sé lesivo del principio di uguaglianza e di capacità contributiva il fatto che il legislatore individui, di volta in volta, quali indici rivelatori di capacità contributiva, le varie specie di beni patrimoniali sia di natura mobiliare che immobiliare» (sentenza n. 49 del 2024).

Nel caso in esame, non risulta arbitrario, né in contrasto con il principio di eguaglianza tributaria, l’aver delimitato il perimetro soggettivo del prelievo in esame alle sole società di gestione aeroportuale, essendo tale misura sorretta da un’adeguata giustificazione obiettiva, consistente nella non assimilabilità dei soggetti che operano all’interno dello spazio aeroportuale.

4.3.– Neppure può ravvisarsi la violazione dell’art. 53 Cost. con riguardo al principio di capacità contributiva.

Occorre, infatti, richiamare quanto affermato da questa Corte, secondo la quale «nella Costituzione il dovere tributario, inteso come concorso alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva, è qualificabile come dovere inderogabile di solidarietà non solo perché il prelievo fiscale è essenziale – come ritenevano risalenti concezioni che lo esaurivano nel paradigma dei doveri di soggezione – alla vita dello Stato, ma soprattutto in quanto esso è preordinato al finanziamento del sistema dei diritti costituzionali, i quali richiedono ingenti quantità di risorse per divenire effettivi: sia quelli sociali – come, ad esempio, la tutela della salute, che peraltro deve essere assicurata gratuitamente agli indigenti (art. 32, primo comma, Cost.) – sia gran parte di quelli civili (si pensi alla spesa necessaria per l’amministrazione della giustizia, che è funzionale a garantire anche tali diritti). È infatti da tale legame, anche in forza della funzione redistributiva dell’imposizione fiscale e del nesso funzionale con l’art. 3, secondo comma, Cost., che discende la riconducibilità del dovere tributario al crisma dell’inderogabilità di cui all’art. 2 Cost., che rende, oltretutto, di immediata evidenza come il disattenderlo rechi pregiudizio non a risalenti paradigmi ma in particolare al suddetto sistema dei diritti. Tale qualifica, tuttavia, dato il contesto sistematico in cui si colloca, si giustifica solo nella misura in cui il sistema tributario rimanga saldamente ancorato al complesso dei principi e dei relativi bilanciamenti che la Costituzione prevede e consente, tra cui, appunto, il rispetto del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.)» (sentenza n. 288 del 2019).

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che per capacità contributiva, ai sensi dell’art. 53 Cost., si deve intendere l’idoneità del soggetto all’obbligazione d’imposta desumibile dal presupposto economico cui l’imposizione è collegata. Esso consiste in qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di legittimità costituzionale sotto il profilo della loro arbitrarietà o irrazionalità (sentenze n. 49 e n. 34 del 2025 e n. 108 del 2023).

L’art. 1, comma 1328, della citata legge n. 296 del 2006 individua, quale presupposto oggettivo del tributo, il traffico generato, espressamente definito quale indice della capacità contributiva.

Esso si riferisce all’insieme dei movimenti che coinvolgono passeggeri, aeromobili e merci in arrivo e in partenza da uno scalo e rappresenta un indicatore chiave per misurare l’attività e l’impatto di un aeroporto sul territorio. È composto dal numero totale di decolli e atterraggi, includendo sia voli commerciali che privati, dal numero di passeggeri che partono, arrivano o transitano (anche senza cambiare aereo) e dalla quantità di merci e posta trasportate.

Il traffico generato, pertanto, non è solo un dato tecnico, ma opera da motore economico finalizzato a creare ricchezza, che è indice della capacità economica dell’aeroporto.

Tale presupposto del tributo è stato pertanto correttamente riferito dal legislatore alle società di gestione aeroportuale e non ad altri soggetti che pure beneficiano dell’infrastruttura aeroportuale.

Ne discende che le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. non sono fondate.

5.– Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost., non è fondata.

Secondo il rimettente, la disposizione censurata sarebbe irrazionale in quanto anche i vettori aerei e altri soggetti (quali, ad esempio, gli handlers che, ai sensi del d.lgs. n. 18 del 1999, svolgono in aeroporto servizi di assistenza a terra), sia pure per ambiti e modalità diversi, dovrebbero garantire standard di sicurezza a salvaguardia dei passeggeri o delle merci trasportati.

Nella fattispecie in esame, quello di limitare l’obbligo di contribuzione al fondo antincendio ai soli gestori aeroportuali è un criterio che non può ritenersi né arbitrario, né irrazionale.

Non v’è dubbio, poi, che ai contributi in esame sia da attribuire la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall’art. 23 Cost.

Tale parametro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, configura una riserva di legge di carattere “relativo”, nel senso che essa deve ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione (sentenze n. 507 del 1988 e n. 67 del 1973), purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione (sentenze n. 105 del 2003, n. 180 del 1996, n. 182 del 1994 e n. 507 del 1988).

Nel caso in esame è lo stesso codice della navigazione, come rivisto per la parte aeronautica dal d.lgs. n. 151 del 2006, che rende evidente la differenza di posizione e funzioni esistente tra le società di gestione aeroportuale ai quali le disposizioni censurate impongono il tributo, rispetto ai vettori aerei e agli handlers, da esse coordinati e controllati.

Infatti, vettori aerei, ai sensi dell’art. 785 cod. nav., sono i soggetti designati al servizio di trasporto aereo, di cui al precedente art. 784 cod. nav., muniti di valida licenza di esercizio rilasciata dall’ENAC o da uno Stato membro dell’Unione europea, provvisti di mezzi finanziari, tecnici e assicurativi sufficienti a garantire il regolare svolgimento dei collegamenti in condizioni di sicurezza e a salvaguardare il diritto alla mobilità del cittadino. I rapporti fra l’ENAC e i vettori designati sono regolati da una convenzione, ove sono stabilite le condizioni di esercizio del servizio, nonché gli obblighi dei vettori medesimi. La vigilanza sull’attività dei vettori designati è esercitata dall’ENAC.

I servizi di assistenza a terra esercitati dagli handlers costituiscono un insieme di attività che supportano le compagnie aeree e i passeggeri; negli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale sono espletati sia dal gestore aeroportuale che dagli operatori terzi o dagli utenti in autoassistenza ritenuti idonei dall’ENAC, e sono regolati dalle norme speciali in materia (art. 706 cod. nav.).

La società di gestione è, quindi, il dominus dell’aeroporto e, per questa ragione, la legge le impone il dovere di concorrere alle spese per il servizio antincendio, anche secondo quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 384 del 1991 con riguardo a locali, attrezzature e infrastrutture ad esso relativi.

La previsione del concorso alle spese antincendio trova, quindi, fondamento logico-sistematico nella responsabilità, attribuita dall’ordinamento al gestore aeroportuale, di organizzare e amministrare l’esercizio complessivo dell’aeroporto in concessione.

La scelta del legislatore si radica nella circostanza che il gestore aeroportuale è il soggetto che per legge utilizza le infrastrutture aeroportuali, usufruendo di una concessione che ne permette lo sfruttamento economico e che, peraltro, gode dei diritti aeroportuali (art. 2 della direttiva 2009/12/CE).

In definitiva, la disposizione in esame non risulta affetta da irrazionalità, ma costituisce esercizio dei poteri discrezionali spettanti al legislatore in materia tributaria nella determinazione dei criteri in relazione alla finalità alla quale s’ispira l’attività di imposizione fiscale e rispettosa del principio di legalità di cui all’art. 23 Cost.

6.– Deve, infine, escludersi l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui prevede la destinazione del gettito del tributo in esame, nella misura del 60 per cento, per assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato anche all’esterno del perimetro aeroportuale.

Non può condividersi l’assunto del rimettente secondo cui la disposizione censurata avrebbe fatto venir meno l’originario legame tra il prelievo tributario e la sua finalità, essendo rimasta inalterata la ratio di ridurre il costo, a carico dello Stato, per il servizio antincendio prestato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco negli aeroporti.

Sul punto può richiamarsi la giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ha escluso che, nella specie, il tributo di cui trattasi sia un tributo di scopo.

Secondo la Corte di cassazione, difatti, «[l]’obbligo che l’art. 1, comma 1328, della l. n. 296/2006 pone a carico delle società aeroportuali, di alimentare, in proporzione al traffico generato, il Fondo antincendi, ha natura di tributo vincolato “al fine di ridurre il costo a carico dello Stato nel servizio antincendi negli aeroporti”, ponendosi il vincolo di destinazione limitatamente alla fase d’impiego del gettito. Ne consegue che la successiva previsione di cui all’art. 4, comma 3-bis del d. l. n. 185/2008, come inserita, in sede di conversione, dalla l. n. 2/2009, [...] non incide sulla persistenza del rapporto giuridico soggettivo d’imposta tra Stato e società medesime». Ciò comporta che «[l]a distrazione delle somme versate rispetto alla finalità primigenia, tuttora vigente, di ridurre il costo del servizio antincendi negli aeroporti a carico dello Stato, potrà rilevare al più, ove ne ricorrano i presupposti, in diversi ambiti – come quello, ad esempio, delle eventuali responsabilità di natura contabile – non potendo ravvisarsi in capo alle società alcun previo potere di scrutinio sulle modalità d’impiego delle somme rispetto al fine previsto dall’art. 1, comma 1328, della l. n. 296/2006» (Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza 10 gennaio 2024, n. 990).

Nella specie, pertanto, si è in presenza di un tributo peculiare che, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 e 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, ha, quali soggetti passivi del tributo, le società di gestione aeroportuale; quale presupposto economico, il traffico aereo generato sull’aeroporto; quale finalità, la riduzione del costo a carico dello Stato per il servizio antincendio negli aeroporti.

Sul piano contabile, in base al principio generale dell’unità del bilancio di cui all’Allegato 1 alla legge 31 dicembre 2009, n 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e all’art. 24 della medesima legge, il gettito di tale tributo è versato in un unico capitolo di entrata del bilancio dello Stato (capitolo 3543, denominato «Versamento da parte delle società aeroportuali al fondo istituito al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti») per essere destinato in un apposito capitolo-fondo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno.

Quanto sopra è sufficiente a escludere che la scelta legislativa di destinare le risorse del fondo a una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato anche all’esterno del perimetro aeroportuale sia manifestamente irragionevole e in contrasto con il principio di capacità contributiva.

In conclusione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. non sono fondate.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, sollevata, in riferimento all’art. 41 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», e dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost., dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 16, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l’8 luglio 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA