Titolo
SENT. 74/96. ENFITEUSI - AFFRANCAZIONE DEL FONDO - DETERMINAZIONE DEL CAPITALE DI AFFRANCO - DISCIPLINA - REVIVISCENZA DI NORMA ABROGATA PER LA SUCCESSIVA DICHIARAZIONE DI INCOSTITUZIONALITA' DELLA NORMA ABROGATRICE - MANCATA PREVISIONE DELL'ADEGUAMENTO PERIODICO DEL CANONE ENFITEUTICO - DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ART. 42 COST. - FATTISPECIE - SENTENZA ADDITIVA DI PRINCIPIO - PERSISTENZA DELL'ABROGAZIONE - INESISTENZA DELL'OGGETTO - INAMMISSIBILITA'.
Testo
E' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 42 della Costituzione, dell'art. 971, ultimo comma, cod. civ., per inesistenza dell'oggetto del sollevato incidente di costituzionalita' (nella specie, e' stato affermato che la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974, n. 270, che abrogava l'art. 971, ultimo comma, cod. civ., non ha fatto rivivere la norma abrogata, in quanto, impregiudicata ogni questione circa la possibilita' di reviviscenza di norme abrogate da parte di disposizioni dichiarate incostituzionali, la sent. n. 406/1988 ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma abrogatrice per cio' che ometteva di disporre, somministrando, pertanto, una regola di aggiornamento del canone enfiteutico direttamente applicabile dal giudice comune anche in difetto delle necessarie integrazioni legislative, fermo restando l'effetto abrogativo dell'art. 971, ultimo comma, cod. civ.). - V. S. n. 406/1988. - Circa l'effetto della dichiarazione di illegittimita' costituzionale di una omissione legislativa, ord. n. 272/1993 e sent. n. 295/1991. red.: F. Mangano
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 42
Riferimenti normativi
codice civile
n. 0
art. 971
co. 0
legge
14/06/1974
n. 270
art. 1
co. 0
N. 74
SENTENZA 7-15 MARZO 1996
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 971, ultimo
comma, codice civile, promosso con ordinanza emessa il 13 luglio 1994
dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Rinaldi Vincenzo
contro Barone Elvira ed altri, iscritta al n. 601 del registro
ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1995;
Visto l'atto di costituzione di Barone Giovannina ed altri, nonché
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1996 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Orazio Russo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso del giudizio di cassazione, promosso da Vincenzo
Rinaldi, concedente, contro Elvira Barone e altri, enfiteuti, per
l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Salerno che
aveva rigettato l'opposizione del ricorrente avverso l'ordinanza
pretorile di determinazione del capitale di affranco di un fondo
concesso in enfiteusi in base a un rapporto costituito in data
posteriore al 28 ottobre 1941, la Corte di cassazione, con ordinanza
del 13 luglio 1994, pervenuta alla Corte costituzionale il 30 agosto
1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 42 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell'art. 971, ultimo comma, cod.civ., in
quanto - nel disporre che l'affrancazione si opera mediante il
pagamento di una somma di denaro risultante dalla capitalizzazione
del canone annuo sulla base dell'interesse legale - non prevede
l'aggiornamento periodico del canone enfiteutico, e quindi del
capitale di affranco, mediante l'applicazione di coefficienti di
maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con ragionevole
approssimazione, la corrispondenza con la realtà economica
effettiva.
Sul presupposto che la determinazione del capitale di affranco deve
essere fatta con riguardo alla data della domanda di affrancazione,
nella specie proposta il 2 novembre 1972, la corte del merito aveva
ritenuto esatto il calcolo effettuato dal consulente tecnico di
ufficio sulla base del canone determinato ai sensi dell'art. 2 della
legge 18 dicembre 1970, n. 1138, modificato dall'art. 1 della legge
14 giugno 1974, n. 270, e rivalutato con l'applicazione dei
coefficienti di aggiornamento dei redditi dominicali stabiliti dalla
commissione censuaria centrale per l'anno 1972, a norma della legge
20 ottobre 1954, n. 1044.
Ad avviso del giudice rimettente, la premessa assunta dalla corte
d'appello non è più sostenibile dopo l'entrata in vigore della
legge 22 luglio 1966, n. 607, che nell'art. 5, quarto comma, collega
l'effetto estintivo dell'enfiteusi non più al momento della domanda,
ma al momento della notifica dell'ordinanza pretorile di
affrancazione prevista dall'art. 4, quarto comma. Nella specie
l'ordinanza è intervenuta soltanto nel 1986, quando il detto
meccanismo di aggiornamento annuale dei canoni enfiteutici era da
tempo cessato in seguito all'abrogazione della legge citata n. 1044
del 1954, disposta dall'art. 58 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637.
Venuto meno il meccanismo di rivalutazione che integrava il criterio
di calcolo del prezzo di affrancazione previsto dall'art. 1 della
legge n. 270 del 1974, questa norma è stata dichiarata
incostituzionale in parte qua dalla sentenza n. 406 del 1988.
La Corte di cassazione ritiene che la dichiarazione di
illegittimità costituzionale abbia determinato la reviviscenza
dell'art. 971, ultimo comma, cod.civ., che era stato abrogato - anche
in relazione alle enfiteusi costituite dopo il 28 ottobre 1941 -
dalla legge colpita dalla sentenza ora citata. Senonché la
disposizione del codice è a sua volta affetta dal medesimo vizio di
costituzionalità perché non prevede alcun sistema di aggiornamento
del canone enfiteutico, base di calcolo del capitale di affranco, ai
mutati valori monetari.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono
costituiti gli enfiteuti chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile e infondata.
Il primo motivo ha carattere assorbente, in quanto contesta
l'esistenza dell'oggetto della sollevata questione di
costituzionalità. Si obietta che la sentenza n. 406 del 1988 non ha
annullato sic et simpliciter la norma impugnata, ma l'ha censurata,
con una pronuncia additiva di principio, nella parte in cui non
prevede un meccanismo di aggiornamento periodico del valore di
riferimento prescelto dalla legge del 1974 per la determinazione del
canone enfiteutico. La legge è rimasta intatta nella parte in cui
sostituisce un diverso sistema di affranco a quello previsto
dall'art. 971, ultimo comma, cod.civ., del quale pertanto resta ferma
l'abrogazione.
Ad abundantiam è contestata anche la premessa da cui muove la
Corte di cassazione nel sollevare la questione, cioè
l'interpretazione dell'art. 5, terzo e quarto comma, della legge n.
607 del 1966 nel senso di uno spostamento del termine di riferimento
dell'effetto estintivo dell'enfiteusi dalla data di presentazione
della domanda alla data della notifica dell'ordinanza pretorile di
affrancazione. Si obietta che il citato art. 5 riguarda soltanto
l'opponibilità dell'affrancazione ai terzi, non i rapporti tra le
parti, come si argomenta, in linea di interpretazione storica, dalla
disposizione corrispondente dell'art. 15, terzo comma, della legge 11
giugno 1925, n. 998; in linea di interpretazione letterale, dal terzo
comma del citato art. 4, il quale dispone la sospensione del rapporto
di enfiteusi dalla data del deposito della somma determinata dal
pretore quale capitale di affranco; infine, in linea di
interpretazione logico-sistematica, dai principii dell'ordinamento in
materia di retroattività processuale delle sentenze e di esercizio
dei diritti potestativi.
3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata inammissibile e infondata.
L'interveniente osserva che l'art. 971, ultimo comma, cod.civ., è
stato abrogato non tanto dall'art. 1 della legge del 1974,
concernente la determinazione del canone per le enfiteusi costituite
dopo il 28 ottobre 1941, quanto dall'art. 9 della legge n. 1138 del
1970, secondo cui "l'affrancazione si opera in ogni caso mediante il
pagamento di una somma pari a quindici volte l'ammontare del canone":
norma che dalla sentenza più volte citata non è stata minimamente
incisa.
Questa è la norma applicabile, come in effetti è stata applicata,
nella specie. Invero, dovendo il capitale di affranco essere
determinato con riguardo alla data di presentazione della domanda di
affrancazione, a quella data era ancora possibile integrare - in
conformità del precetto successivamente statuito dalla sentenza n.
406 del 1988 - l'art. 2 della legge n. 1138 del 1970, modificato
dall'art. 1 della legge n. 270 del 1974, con i coefficienti di
rivalutazione del canone stabiliti dalla commissione censuaria
centrale secondo la legge n. 1044 del 1954.
Considerato in diritto
1. - La Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all'art.
42 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 971,
ultimo comma, cod.civ., in quanto - nel disporre che l'affrancazione
si opera mediante il pagamento di una somma di denaro risultante
dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse
legale - non prevede l'aggiornamento periodico del canone
enfiteutico, e quindi del capitale di affranco, mediante
l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne
adeguata, con ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la
realtà economica effettiva.
2. - La questione è inammissibile.
Il giudice rimettente ritiene che, per le enfiteusi costituite dopo
il 28 ottobre 1941, in conseguenza della dichiarazione di
illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974,
n. 270 (aggiunto come terzo comma all'art. 2 della legge 18 dicembre
1970, n. 1138), pronunciata con sentenza n. 406 del 1988, sia
ritornata in vigore la norma citata del codice civile, di guisa che
si sarebbe riprodotto nell'ordinamento lo stato di diritto censurato
dalla sentenza citata perché mancante di un meccanismo di
aggiornamento del canone enfiteutico, e quindi del capitale di
affranco, ai mutamenti del potere di acquisto della moneta.
Impregiudicata ogni questione circa la possibilità di reviviscenza
di norme abrogate da disposizioni dichiarate incostituzionali,
importa qui osservare che la sentenza n. 406 del 1988 ha colpito la
norma impugnata non per ciò che dispone, ma per ciò che omette di
disporre. L'art. 1 della legge n. 270 del 1974 è rimasto intatto
nella parte in cui determina, in relazione a una regola di calcolo
diversa da quella del codice civile, l'ammontare minimo del canone
enfiteutico, sulla base del quale si computa il capitale di
affrancazione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 1138 del 1970, non
toccato né dalla sentenza n. 145 del 1973, né dalla sentenza n. 406
del 1988. In forza di quest'ultima norma, applicabile "in ogni caso",
l'art. 971, ultimo comma, cod.civ., è stato definitivamente
abrogato, fin dal 1970, per tutti i rapporti di enfiteusi.
Né varrebbe replicare che la mancata integrazione legislativa
dell'art. 1 della legge n. 270 del 1974 in conformità della sentenza
n. 406 del 1988 ha reso inapplicabile l'art. 9 della legge n. 1138
del 1970. Anzitutto, tale situazione (provvisoria) di
inapplicabilità della norma per difetto di un presupposto
applicativo (aggiornamento del canone enfiteutico), anche se fosse
vera, non potrebbe comportare l'asserita reviviscenza dell'art. 971,
ultimo comma, cod.civ. In secondo luogo si deve rammentare che "la
dichiarazione di illegittimità costituzionale di una omissione
legislativa - com'è quella ravvisata nell'ipotesi di mancata
previsione, da parte della norma di legge regolatrice di un diritto
costituzionalmente garantito, di un meccanismo idoneo ad assicurare
l'effettività di questo - mentre lascia al legislatore,
riconoscendone l'innegabile competenza, di introdurre e di
disciplinare anche retroattivamente tale meccanismo in via di
normazione astratta, somministra essa stessa un principio cui il
giudice comune è abilitato a fare riferimento per porre frattanto
rimedio all'omissione in via di individuazione della regola del caso
concreto" (sentenza n. 295 del 1991; ordinanza n. 272 del 1993).
Pertanto la questione va dichiarata inammissibile per inesistenza
dell'oggetto del sollevato incidente di costituzionalità.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 971, ultimo comma, codice civile, sollevata, in riferimento
all'art. 42 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con
l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Mengoni
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola