Titolo
SENT. 526/87. I.R.PE.G. (IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE) - AGEVOLAZIONI - PARTECIPANZE E UNIVERSITA' AGRARIE - RIDUZIONE D'IMPOSTA - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
L'agevolazione della riduzione alla meta` dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, prevista per gli enti indicati dall'art. 6 del D.P.R. 29 settembre 1971, n. 601, essendo riferita al reddito complessivo del soggetto tassato, non e` assimilabile, in quanto situazione del tutto eterogenea, all'agevolazione dell'esenzione totale del tributo, stabilita dal precedente art. 5, la quale e`, per contro, applicabile limitatamente alla sola componente del reddito derivante da alcuni immobili appartenenti agli enti pubblici territoriali, mentre per il residuo reddito anche gli enti ivi indicati soggiacciono alla medesima disciplina delle partecipanze ed universita` agrarie. L'esenzione tributaria ex art. 5 riguarda esclusivamente i beni demaniali e i beni patrimoniali indisponibili e la sua "ratio" sta nello stretto collegamento tra la qualita` dell'ente istituzionalmente preposto alla soddisfazione degli interessi propri di intere comunita` e la destinazione di quei beni alla immediata soddisfazione dei medesimi interessi. Essa non ricorre rispetto ad altri soggetti pubblici e rispetto agli stessi enti territoriali relativamente ai redditi provenienti dai beni disponibili i quali godono solo della riduzione alla meta` della imposta (art. 6 lett.a). (Non fondatezza della questione di legittimita` costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 6, lett. d, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 nella parte in cui prevede la riduzione alla meta` dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche relativamente alle partecipanze e universita` agrarie mentre esclude, all'art. 5 dello stesso provvedimento , dalla tassazione lo Stato, le province, i comuni e relativi consorzi).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
decreto del Presidente della Repubblica
29/09/1973
n. 601
art. 6
lett.d
co. 0
N. 526
SENTENZA 26 NOVEMBRE-17 DICEMBRE 1987
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, lett. d,
d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 (Disciplina delle agevolazioni
tributarie), promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1986 dalla
Commissione tributaria di secondo grado di Parma su ricorso proposto
dai Communalia di Baselica contro l'Amministrazione delle finanze
dello Stato, iscritta al n. 126 del registro ordinanze 1987 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima
serie speciale dell'anno 1987;
Visto l'atto di costituzione dei Communalia di Baselica nonché
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella pubblica udienza del 10 novembre 1987 il Giudice
relatore Francesco Saja;
Uditi l'avv. Franco Bassi per i Communalia di Baselica e
l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Avverso la cartella esattoriale per irpeg ed ilor relativa al
1980 i Communalia di Baselica proponevano ricorso alla Commissione
tributaria di primo grado di Parma, affermando di essere esenti da
dette imposte ai sensi dell'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601.
Il ricorso veniva rigettato, concernendo il cit. art. 5 soltanto
"i redditi dei terreni e dei fabbricati appartenenti allo Stato, alle
regioni, alle province, ai comuni ed ai relativi consorzi, destinati
ad usi o servizi di pubblico interesse".
Avendo l'ente proposto appello, la Commissione di secondo grado
con ordinanza del 4 giugno 1986 (reg. ord. n. 126 del 1987)
sollevava, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità
costituzionale dell'art. 6 d.P.R. cit., che (lett. d) riduce alla
metà l'imposta sui redditi delle persone giuridiche per le
"partecipanze ed università agrarie".
Sembrava alla Commissione che l'assoggettamento ad irpeg, sia pure
in misura dimezzata, dei redditi dei terreni appartenenti alle dette
associazioni e partecipanze, mentre erano esenti quelli degli
immobili comunali, desse luogo ad una violazione del principio di
eguaglianza. Infatti l'identità della consistenza fisica, della
destinazione e delle norme d'uso dei detti immobili rendeva
ingiustificato, ad avviso del collegio rimettente, il diverso regime
tributario, a seconda che essi appartenessero ai comuni o alle
associazioni agrarie.
2. - La Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta,
riteneva che vero oggetto della questione di legittimità
costituzionale fosse l'art. 5 d.P.R. cit. ed osservava che
l'esenzione ivi prevista era giustificata dall'"essenzialità" e
"indispensabilità" dei beni demaniali e patrimoniali (indisponibili)
al soddisfacimento delle necessità dei comuni e degli altri enti
territoriali; caratteristiche che non sussistevano per i beni di uso
civico.
Nella subordinata ipotesi che oggetto della censura dovesse
ritenersi l'art. 6 d.P.R. cit., l'interveniente osservava che esso
stabiliva un'agevolazione soltanto soggettiva e che perciò,
riguardando il giudizio di provenienza solo la natura e la funzione
dei beni assoggettati a tributo, la questione doveva ritenersi
inammissibile per irrilevanza.
3. - I Communalia di Baselica, costituitisi, si riportavano
sostanzialmente agli argomenti dell'ordinanza di rimessione, anche in
una memoria depositata in prossimità dell'udienza.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza in epigrafe la Commissione tributaria di
secondo grado di Parma ha denunciato la disposizione dell'art. 6
d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, relativo alla disciplina delle
agevolazioni tributarie. Secondo il giudice a quo tale norma sarebbe
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 3 Cost.,
nella parte in cui - lett. d) - prevede la riduzione alla metà
dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche relativamente alle
partecipanze e università agrarie, mentre l'art. 5 dello stesso
provvedimento escluderebbe dalla tassazione lo Stato, le province, i
comuni e i relativi consorzi, enti tutti che non sarebbero differenti
da quelli indicati nella ricordata lett. d) dell'art. 6, perché
analogamente perseguenti la soddisfazione di interessi pubblici.
2. - La censura è priva di giuridico fondamento.
A parte la considerazione che essa avrebbe dovuto più
propriamente essere rivolta non all'art. 6 bensì all'art. 5,
criticandosi in realtà con l'ordinanza di rimessione che tale
seconda disposizione non comprenda anche le partecipanze e
università agrarie, è comunque da rilevare come sia del tutto
inesatto il presupposto da cui muove il giudice a quo, in quanto la
previsione delle due norme non è quella da lui assiomaticamente
ritenuta.
L'art. 6, che dispone la riduzione del tributo, concerne l'imposta
sul reddito delle persone giuridiche considerata nella sua
unitarietà, anziché nelle sue componenti, ed è quindi riferita al
reddito complessivo del soggetto tassato. Per contro l'art. 5 prevede
bensì l'esenzione totale, ma limitatamente ad una sola di dette
componenti e cioè ai redditi di alcuni immobili aventi determinate
caratteristiche, mentre per il residuo reddito anche gli enti
indicati nella disposizione ora richiamata soggiacciono alla medesima
disciplina delle partecipazione ed università agrarie
(art. 6, n. 1).
Risulta conseguentemente di tutta evidenza come il giudice a quo,
chiamato a stabilire la legittimità dell'accertamento dell'intero
reddito del contribuente, non potesse fare riferimento a una norma,
il citato art. 5, che concerne una situazione profondamente
eterogenea e quindi non assimilabile a quella sottopostagli.
Sebbene la superiore osservazione sia decisiva ed assorbente, può
peraltro aggiungersi che l'esenzione ex art. 5, come già accennato,
non riguarda tutti gli immobili appartenenti agli enti territoriali,
ma esclusivamente i beni demaniali e quelli patrimoniali
indisponibili: ossia quei beni pubblici che sono destinati ai
medesimi enti per l'immediata soddisfazione, secondo la disciplina
dettata dall'ordinamento, dei bisogni socialmente rilevanti delle
comunità da essi istituzionalmente rappresentate. Il che è
correlato al fatto che trattasi di enti a fini generali (intendendo,
naturalmente, tale definizione con la necessaria, intuitiva
relatività, per quanto concerne le regioni) rispetto ai quali quei
beni rappresentano il mezzo necessario per la soddisfazione degli
interessi collettivi ad essi affidati.
In ciò appunto sta la ratio dell'esonero tributario stabilito dal
cit. art. 5, ossia nello stretto collegamento tra qualità dell'ente
istituzionalmente preposto alla soddisfazione degli interessi propri
di intere comunità e la destinazione di quei beni all'immediata
soddisfazione degli interessi medesimi, sicché il legislatore ha
ritenuto opportuno, limitatamente a tali beni, escludere
l'imposizione del tributo. La detta ratio non ricorre chiaramente
rispetto agli altri soggetti pubblici, così come non ricorre
neppure, per gli stessi enti territoriali indicati nell'art. 5,
relativamente ai redditi provenienti da beni disponibili, redditi che
godono soltanto della riduzione alla metà dell'imposta, secondo la
previsione del successivo art. 6, lett. a.
Deve quindi concludersi che la censura non può essere condivisa.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 6, lettera d), d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, sollevata
in riferimento all'art. 3 Cost. dalla Commissione tributaria di
secondo grado di Parma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: SAJA
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI