Reg. ord. n. 133 del 2023 pubbl. su G.U. del 11/10/2023 n. 41

Ordinanza del Tribunale di Milano  del 06/09/2023

Tra: Fallimento T. & T. SPA C/ Marco Benetel, Matteo Diasio, Giovanni Paolo Monti ed altri 8



Oggetto:

Prescrizione e decadenza - Responsabilità civile - Società – Responsabilità dei revisori contabili e delle società di revisione – Decorrenza del termine di prescrizione delle azioni nei confronti di revisori e società di revisione dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento – Irragionevole discriminazione rispetto alla disciplina di decorrenza del termine di prescrizione previsto per le azioni proponibili nei confronti degli amministratori e dei sindaci - Irragionevolezza intrinseca della previsione della decorrenza del termine in un momento in cui il danneggiato non è ancora titolare del diritto risarcitorio o non può essere solerte nell’esercizio del diritto in quanto il diritto non è ancora sorto o non è a conoscenza del danno subito – Lesione del diritto alla tutela giurisdizionale dei propri diritti e interessi legittimi.




Norme impugnate:

decreto legislativo  del 27/01/2010  Num. 39  Art. 15   Co.



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 24   Co.



Udienza Pubblica del 17 aprile 2024 rel. NAVARRETTA


Testo dell'ordinanza

N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 settembre 2023

Ordinanza  del  6  settembre  2023  del  Tribunale  di   Milano   nel
procedimento civile promosso da fallimento T. e T. SpA contro  R.  L.
T. G. . 
 
Prescrizione e  decadenza  -  Responsabilita'  civile  -  Societa'  -
  Responsabilita'  dei  revisori  contabili  e  delle   societa'   di
  revisione - Decorrenza del termine di prescrizione delle azioni nei
  confronti di revisori e societa'  di  revisione  dalla  data  della
  relazione di  revisione  sul  bilancio  d'esercizio  o  consolidato
  emessa al termine dell'attivita'  di  revisione  cui  si  riferisce
  l'azione di risarcimento. 
- Decreto legislativo  27  gennaio  2010,  n.  39  (Attuazione  della
  direttiva 2006/43/CE, relativa  alle  revisioni  legali  dei  conti
  annuali  e  dei  conti  consolidati,  che  modifica  le   direttive
  78/660/CEE e 83/349/CEE, e che  abroga  la  direttiva  84/253/CEE),
  art. 15, comma 3. 


(GU n. 41 del 11-10-2023)

 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 
                          Sezione XV civile 
 
    Il  Tribunale,  in  composizione  collegiale  nelle  persone  dei
seguenti magistrati: 
        dott. Angelo Mambriani - Presidente; 
        dott. Maria Antonietta Ricci - Giudice; 
        dott. Alima Zana - Giudice, 
nella causa civile di I grado iscritta al n. 31185/2023 R.G. promossa
da: 
        Fallimento «T. e T.  S.p.a.»,  con  il  patrocinio  dell'avv.
Bruno Inzitari, attore; 
    Contro  R.  L.  T.  G.,  con  il  patrocinio   dell'avv.   Monica
Iacoviello, convenuta, 
e nei confronti di: 
        P. T. e G.  M.,  con  il  patrocinio  degli  avv.ti  Giovanna
Roggero e Filippo Arata; 
        M. B., con il patrocinio dell'avv. Luigi Carlo Ravarini; 
        A. G., con il patrocinio dell'avv. Franco Brumana; 
        G. P. M. e  M.  D.  con  il  patrocinio  dell'avv.  Francesco
Galluzzo; 
        A. R., con il patrocinio dell'avv. Paolo Riccardo Coppola; 
        B. P. C. V. S.p.a. o «C. V. S.p.a.» in forma  abbreviata  «C.
S.p.a.», con il patrocinio degli  avv.ti  Adriana  Cavigioli,  Franco
Anelli ed Elena Bersani, convenuti; 
        A. M. S.p.a., con il patrocinio dell'avv. Elena Scorbatti; 
        T. A. S.p.a., con il  patrocinio  degli  avv.ti  David  Maria
Marino e Karin Tayel, terzi chiamati, 
ha pronunziato la seguente ordinanza. 
    In via preliminare si deve dare atto che in data odierna e' stata
depositata  sentenza  non  definitiva  nella  causa  principale  R.G.
50715/2018 avente ad oggetto azione di responsabilita'  proposta  dal
fallimento «T. e T. S.p.a.» (di seguito: il Fallimento) nei confronti
degli ex amministratori, ex componenti del comitato di controllo,  ex
sindaci, del C. V. S.p.a. e del revisore legale dott. R. L. T. G. (di
seguito: G.). In ordine alla prosecuzione del processo la sentenza ha
rinviato ad  ordinanza,  contestualmente  depositata,  con  cui,  tra
l'altro, e' stata disposta «la separazione del  rapporto  processuale
relativo alle domande svolte  dall'attore  Fallimento  T.  e  T.  nei
confronti  di  parte  convenuta  R.  L.  G.  nonche'   dei   rapporti
processuali relativi alle domande trasversali subordinate proposte da
parte convenuta R. L. G. nei confronti di tutti gli altri convenuti»,
disponendosi altresi' «la formazione a  cura  della  cancelleria  del
relativo fascicolo e l'assegnazione di un nuovo numero di ruolo». 
    Nel processo cosi' formato e' pronunciata la presente ordinanza. 
Sulla rilevanza 
    Il Tribunale  ha  affrontato  in  via  preliminare  le  eccezioni
relative al preteso difetto di autorizzazione del  fallimento  attore
alla  proposizione  dell'azione,  respingendole.  Ha   inoltre   gia'
dichiarato infondate le eccezioni di prescrizione sollevate da  tutti
i convenuti diversi  da  G.,  chiamata  in  giudizio  quale  revisore
contabile, la cui posizione e'  stata  oggetto  di  provvedimento  di
separazione, con iscrizione nel presente procedimento. 
    In particolare nella sentenza  non  definitiva  il  Tribunale  ha
affermato: 
    «Sulla prescrizione delle azioni promosse dal fallimento 
a.  Sulla  prescrizione  delle  azioni  promosse  nei  confronti   di
amministratori e membri del comitato di controllo. 
    Le difese di diversi  convenuti  e  delle  terze  chiamate  hanno
altresi'   preliminarmente   eccepito   l'intervenuta    prescrizione
dell'azione  proposta  dal  Fallimento,  per  decorso   del   termine
quinquennale dalla data di pubblicazione del bilancio di esercizio al
31 dicembre 2012 (avvenuta  in  data  ...),  da  cui  sarebbe  emersa
inequivocabilmente   l'insufficienza   del   patrimonio   sociale   a
soddisfare le pretese dei creditori. 
    E' al riguardo opportuno premettere che,  secondo  giurisprudenza
consolidata «l'azione di responsabilita' esercitata dal  curatore  ex
art. 146 L.F. cumula in se' le diverse azioni previste dagli articoli
2393 e 2394 codice civile a favore, rispettivamente, della societa' e
dei creditori sociali,  in  relazione  alle  quali  assume  contenuto
inscindibile   e   connotazione   autonoma   quale    strumento    di
reintegrazione del patrimonio  sociale  unitariamente  considerato  a
garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali» (Cass. civ.
n. 23452/2019)E, invero, e'  lo  stesso  curatore  del  Fallimento  a
precisare  di  agire  in  giudizio  nei   confronti   dei   convenuti
esercitando congiuntamente entrambe le azioni.. 
    L'azione  ex  art.  146   L.F.   implica   una   modifica   della
legittimazione  attiva,  ma  non  della  natura   giuridica   e   dei
presupposti delle due azioni, che rimangono diversi  ed  indipendenti
(cfr. per tutte Cassazione civ., sez. I, n. 23452  del  20  settembre
2019); tant'e' che il curatore puo', anche  separatamente,  formulare
le domande risarcitorie  in  commento,  una  di  natura  contrattuale
(l'azione   sociale   di   responsabilita'),   l'altra   di    natura
extracontrattuale (l'azione di responsabilita'  verso  i  creditori).
Tali azioni non  perdono  la  loro  originaria  identita'  giuridica,
rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto,  che  nella
disciplina   applicabile,   differenti   essendo   la   distribuzione
dell'onere  della  prova,  i  criteri  di  determinazione  dei  danni
risarcibili ed il regime di decorrenza del  termine  di  prescrizione
(Cass. civ. n. 24715/2015). 
    Con  riferimento  a  tale  ultimo  profilo  si  rende   opportuno
rammentare che: 
        l'azione sociale  di  responsabilita'  ex  art.  2393  codice
civile si prescrive nel  termine  di  cinque  anni;  il  termine,  in
applicazione del  principio  generale  di  cui  all'art.  2935  c.c.,
decorre  dal  momento  in  cui  il   danno   diventa   oggettivamente
percepibile  all'esterno,  manifestandosi  nella  sfera  patrimoniale
della societa'; il decorso rimane  sospeso  per  l'amministratore,  a
norma dell'art. 2941 n. 7 c.c., fino alla cessazione dalla carica (ex
multis, Cassazione n. 12666 del 2003, n. 10493 del 2006, n. 19022 del
2007, n. 5504 del 2012); 
        l'azione di responsabilita' dei  creditori  sociali  ex  art.
2394 codice civile si  prescrive  nel  termine  di  cinque  anni;  il
termine decorre dal momento dell'oggettiva percepibilita',  da  parte
dei  creditori,  dell'insufficienza  del  patrimonio   sociale,   per
l'inidoneita'  dell'attivo  -  raffrontato  alle   passivita'   -   a
soddisfare  i  loro  crediti  (Cass.  civ.  n.  15839/2020,  conforme
Cassazione civ. n. 21662/2018). In  ragione  della  onerosita'  della
prova gravante sulla procedura che agisce, sussiste  una  presunzione
«iuris tantum» di coincidenza tra il «dies a quo» di decorrenza della
prescrizione dell'azione de qua e  la  dichiarazione  di  fallimento,
ricadendo sugli amministratori convenuti  l'onere  di  fornire  prova
contraria della diversa data anteriore di conoscibilita' dello  stato
di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici  di
assoluta evidenza (Cass. civ. n. 830/2018, 31204/2017, 24715/2015). 
    Fatte queste doverose premesse in diritto,  il  Collegio  ritiene
che il dies a quo da cui far decorrere il termine di prescrizione  di
entrambe le azioni proposte dal curatore debba  nel  caso  di  specie
essere individuato nel giorno della declaratoria  di  fallimento,  in
data ... . 
    Con riferimento all'azione di responsabilita' verso  i  creditori
sociali il Collegio non ritiene superata la presunzione iuris  tantum
di cui poco sopra. Gli amministratori e i componenti del comitato  di
controllo  qui  convenuti  non  hanno  offerto  prova  idonea   della
sussistenza di  fatti  sintomatici  dell'insorgenza  dello  stato  di
incapienza patrimoniale in epoca antecedente al fallimento. 
    Dal bilancio di esercizio al 31 dicembre 2012 il patrimonio netto
della  societa',  sebbene  avesse  subito   un'importante   riduzione
rispetto all'esercizio precedente, risultava essere comunque positivo
per euro 470.000, fatto che ha sicuramente  ingenerato  un  legittimo
affidamento nei terzi circa l'idoneita' dell'attivo  a  soddisfare  i
crediti ventati nei confronti della fallita. 
    Tale conclusione non e' intaccata  dalle  precisazioni  contenute
nella nota integrativa al bilancio in commento, laddove si legge: «lo
squilibrio finanziario in cui si trova la societa' ha  indotto,  come
evidenziato sopra, l'organo amministrativo a  deliberare  il  ricorso
alla procedura  concordataria  che  la  legge  fallimentare  mette  a
disposizione per salvaguardare il patrimonio aziendale e favorire una
possibile  ricostruzione.  (...)  la  societa'  e'  in  procinto   di
depositare una domanda prenotativa di concordato preventivo, ai sensi
dell'art. 161 l.f., e di  usufruire  dei  termini  ivi  indicati  per
perfezionare e redigere un piano concordatario. Esprime  anche  dubbi
sulla capacita' della societa' di  operare  in  base  al  presupposto
della continuita' aziendale» (cfr. doc. 7 Fallimento). 
    La nota integrativa - il cui estratto si e' appena riportato - fa
riferimento a uno  squilibrio  finanziario  (inerente  la  liquidita'
della societa'), non  all'insufficienza  patrimoniale  richiesta  dal
disposto  di  cui  all'art.  2394  codice  civile   ai   fini   della
proposizione dell'azione di responsabilita' dei creditori sociali. Si
tratta di concetti differenti che non possono essere confusi. 
    Cio' che rileva ai fini del presente  procedimento  e'  il  fatto
che,  secondo  il  bilancio,  il  patrimonio  netto  della   societa'
risultasse in ogni caso positivo, senza che - e' bene precisarlo - ai
terzi possa essere richiesto di verificare che le poste  ivi  apposte
siano corrette. Si tratterebbe di onere eccessivamente gravoso e,  in
quanto tale, irragionevole. 
    Per scrupolo, si precisa che nemmeno la relazione al bilancio del
2012 del revisore contabile - laddove si da' atto, inter alia, di una
«situazione  di  difficolta'  finanziaria»  nonche'  di  un   «quadro
complessivo  di  riferimento  (che)  presenta  quindi  molteplici   e
significative incertezze in merito al mantenimento  delle  condizioni
di continuita' aziendale, che dipendono dall'accesso al concordato» -
puo'  modificare  l'orientamento  del  Tribunale  per   le   medesime
motivazioni poco sopra analizzate con riferimento al contenuto  della
nota integrativa al bilancio (senza  contare  che  la  relazione  del
revisore  non  deve  neppure  essere  depositata  al  registro  delle
imprese, sicche' la stessa non puo' essere conosciuta dai terzi). 
    Come preannunciato, anche con riferimento all'azione  sociale  di
responsabilita' questo Tribunale ritiene di individuare il dies a quo
di decorrenza della prescrizione nel  momento  del  fallimento  della
societa', quando il danno  e'  diventato  oggettivamente  percepibile
all'esterno, manifestandosi nella sfera patrimoniale  della  societa'
(momento in cui, peraltro, i convenuti - a  parte  M.  e  D.  -  sono
decaduti dalla carica). 
    Con riferimento alla posizione dei predetti M. e  D.  -  i  quali
risulterebbero aver comunicato le loro  dimissioni  dalle  rispettive
cariche sociali prima del ... (nella specie in data ...) e, pertanto,
vorrebbero far decorrere il termine quinquennale di  prescrizione  da
tale data - il Collegio rileva che alla data del ... il danno non era
ancora percepibile all'esterno,  essendosi  manifestato  nella  sfera
patrimoniale della societa' solo piu' tardi, alla data del fallimento
(id est .... ). 
    Ebbene, posto che prima che il danno si manifesti e' escluso  che
possa farsi valere un  qualsivoglia  diritto  risarcitorio  da  parte
della societa' ex art. 2935 codice civile e  che  dunque  decorra  il
termine prescrizionale, il fatto che i convenuti M.  e  D.  si  siano
dimessi prima della data del fallimento non rileva in alcun modo. 
    Individuato il dies a quo per entrambe  le  azioni  proposte  dal
curatore nella data della declaratoria di fallimento dell'attrice e a
fronte della notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio in
data ..., le azioni  proposte  congiuntamente  dal  curatore,  quella
sociale di responsabilita' ex art. 2393 codice  civile  e  quella  di
responsabilita' verso i creditori sociali ex art. 2394 codice  civile
non possono considerarsi  prescritte,  nemmeno  nei  confronti  della
convenuta  C.,  la  quale  e'  stata  chiamata  a  rispondere   quale
concorrente extraneus delle condotte poste in essere da  parte  degli
amministratori e dei membri del comitato  di  controllo  dell'odierna
fallita; 
b. Sulla prescrizione dell'azione promossa nei confronti del revisore
contabile e sulla separazione e sospensione del procedimento relativo
a R. L. G. per rimessione di questione di legittimita' costituzionale
alla Corte costituzionale 
    La difesa di R. L. G., revisore contabile di T. e T. dal ...,  ha
eccepito l'intervenuta prescrizione dell'azione  proposta  giusto  il
disposto di cui all'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39/2010,
per il quale il dies a quo del termine quinquennale  di  prescrizione
deve essere individuato nella data della relazione di  revisione  sul
bilancio  emessa  al  termine  dell'attivita'  di  revisione  cui  si
riferisce l'azione di risarcimento. 
    Detta norma, come gia' rilevato da questo Tribunale, «costituisce
lex specialis (di indubbio favore) che  esclude  l'applicabilita'  in
via analogica delle regole dettate per  l'azione  di  responsabilita'
contro gli amministratori e i sindaci con i quali  pure  il  revisore
sia chiamato «in correita'»; e che ricomprende indistintamente  tutte
le azioni risarcitorie, di qualunque natura, esperibili ai sensi  del
medesimo art. 15 contro il revisore dalla societa'  revisionata  come
anche dai soci di questa  e  dai  terzi  in  genere».  (Tribunale  di
Milano, sentenza n.  2068/2020  pubbl.  il  9  marzo  2020,  R.G.  n.
29276/2018,    estensore    dott.    Vannicelli,    reperibile     su
www.giurisprudenzadelleimprese.it). 
    In  applicazione  della  normativa  de  qua,   essendo   l'ultima
relazione a firma della G., relativa al bilancio 2012, datata ... e a
fronte del fatto che l'atto di citazione e' stato notificato in  data
..., l'azione dovrebbe in effetti considerarsi prescritta. 
    Questo Collegio tuttavia ritiene, come da separata ordinanza  che
si  deposita  contestualmente,  di  dover  sollevare   quesitone   di
legittimita' costituzionale proprio in relazione alla  norma  che  ha
introdotto  la  predetta  disciplina  speciale   della   prescrizione
dell'azione  di  responsabilita'  dei   revisori   legali,   la   cui
applicazione e' richiesta per la definizione del caso di specie. 
    Pertanto, considerati: 
        la separata ordinanza  di  rimessione  della  questione  alla
Corte costituzionale contestualmente depositata; 
        la  necessita'  di  attendere  la   pronuncia   della   Corte
costituzionale circa i dubbi  di  costituzionalita'  sollevati  dallo
scrivente  Tribunale  per  quanto  riguarda  la   definizione   della
posizione processuale  della  G.;  necessita'  che,  invece,  non  si
ravvisa con riferimento ai restanti rapporti processuali, per i quali
non si applica l'art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39/2010; 
        l'ingiustificato ritardo nella trattazione che subirebbero le
posizioni processuali diverse da quella di G.; 
        il  Tribunale  ritiene  di  dover   separare   la   posizione
processuale della convenuta R. L. G., disponendo la sospensione, come
da  ordinanza  che  si   deposita   contestualmente,   del   separato
procedimento in attesa che la Corte  costituzionale  si  pronunci  in
merito alla questione rimessa alla sua valutazione. 
    Eseguita la separazione della posizione di R. L. G., la  presente
causa va rimessa sul ruolo  del  giudice  istruttore  cui  competera'
l'adozione  degli  ulteriori  provvedimenti   per   la   prosecuzione
dell'istruttoria, come da separata ordinanza». 
    Il motivo di tale trattamento differenziato  puo'  dunque  essere
cosi' sintetizzato: per gli altri convenuti - amministratori di T.  e
T. S.p.a. - la giurisprudenza costante ritiene che il termine per  la
prescrizione delle domande azionate dal curatore decorra dal  momento
dell'oggettiva  percepibilita',  da  parte  della  societa'   e   dei
creditori,  dell'insufficienza  del  patrimonio  sociale  e   dunque,
secondo  l'id  quod  plerumque  accidit,   dalla   dichiarazione   di
fallimento; per la convenuta G., che ha tempestivamente  eccepito  la
prescrizione delle  azioni  proposte  dal  Fallimento  in  forza  del
disposto dell'art. 15,  comma  3,  decreto  legislativo  n.  39/2010,
andrebbe invece applicata tale norma. 
    Proprio   su   questa   norma   si   incentra   il   dubbio    di
costituzionalita', per i motivi che si illustreranno in  seguito.  Ed
e' evidente che, se la questione di legittimita'  costituzionale  qui
sollevata fosse accolta, il Tribunale potrebbe affrontare  il  merito
della controversia procedendo all'ammissione  delle  prove  richieste
relativamente alla posizione della G. . 
    Viceversa, qualora la questione  fosse  rigettata  (e  a  maggior
ragione se non venisse sollevata), il Tribunale dovrebbe applicare la
norma medesima  e  dichiarare  immediatamente  prescritte  le  azioni
risarcitorie promosse dal Fallimento, senza procedere  nei  confronti
del revisore dei conti G. ad alcuna attivita' istruttoria. 
    Infatti la relazione del revisore, relativa al bilancio 2012,  e'
stata depositata in data  ...  e  l'atto  di  citazione,  primo  atto
interruttivo del termine di prescrizione da allora, e' stato  portato
alla notifica in data ...,  quando  oramai  era  decorso  il  termine
quinquennale fissato per la prescrizione delle azioni risarcitorie. 
Sulla non manifesta infondatezza. 
1. Premesse. 
    L'art. 15 decreto legislativo n. 39 del 2010 prevede: 
        «1. I revisori legali  e  le  societa'  di  revisione  legale
rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei  confronti
della societa' che ha conferito l'incarico di revisione  legale,  dei
suoi soci e dei terzi per i  danni  derivanti  dall'inadempimento  ai
loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi  sono
responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato. 
        2. [...] 
        3. L'azione di risarcimento nei confronti dei responsabili ai
sensi del presente articolo si prescrive nel termine di  cinque  anni
dalla data della relazione di revisione sul  bilancio  d'esercizio  o
consolidato emessa al termine  dell'attivita'  di  revisione  cui  si
riferisce l'azione di risarcimento». 
    In base all'articolo in questione sono proponibili nei  confronti
dei  revisori  legali  due  tipi  di  azioni  risarcitorie,  una  per
inadempimento contrattuale da parte della societa' che  ha  conferito
l'incarico, l'altra per responsabilita'  extracontrattuale  da  parte
dei soggetti non legati al revisore da contratto e rispetto ai  quali
nemmeno potrebbe configurarsi una responsabilita' da contatto sociale
qualificato. 
    Tanto considerato, vanno svolte alcune premesse. 
    Anzitutto, in via generale, deve essere ricordato  che,  anche  a
livello europeo,  all'attivita'  di  revisione  e'  riconosciuta  una
funzione  di  tutela  di  interessi  qualificanti  l'ordine  pubblico
economico quali la correttezza  delle  comunicazioni  societarie,  la
fiducia che il mercato finanziario  deve  riporre  in  esse  e,  piu'
ampiamente, il corretto funzionamento del mercato dei capitali  (cfr.
Raccomandazione della commissione 2008/473/CE, considerando 2 e  art.
7).  Limitazioni  di  responsabilita'  del  revisore  che  gli  Stati
intendano introdurre non dovrebbero «pregiudicare il diritto  di  una
parte lesa di essere adeguatamente risarcita» (Raccomandazione  cit.,
considerando 4 e art. 2, comma 4). Tra i sistemi di limitazione della
responsabilita' del revisore non e' menzionato  un  intervento  sulla
disciplina  della   prescrizione   del   diritto   risarcitorio   del
danneggiato (Raccomandazione cit., considerando n. 6 e art. 5). 
    In secondo luogo mette conto considerare  che  l'art.  15  citato
disciplina la  prescrizione  dell'«azione  di  risarcimento».  E'  in
realta' pacifico che si tratta di metonimia di ascendenza romanistica
- si menziona l'azione per disciplinare il diritto azionato  -  assai
nota ed utilizzata anche in materia societaria (es.:  articoli  2393,
comma 3, 2949, comma 2, c.c.) e che,  percio',  di  prescrizione  del
diritto risarcitorio dei danneggiati si tratta e non di decadenza dal
potere di esercitare l'azione risarcitoria. 
    Sempre in premessa va  ricordato  che  le  norme  in  materia  di
prescrizione sono norme di ordine  pubblico,  attinenti  la  certezza
delle posizioni giuridiche soggettive individuali e percio' sottratte
all'autonomia privata (art. 2936 c.c.). 
    Per quel che qui interessa,  inoltre,  occorre  sottolineare  che
l'effetto estintivo determinato dalla  prescrizione  del  diritto  e'
collegato ad  un'inerzia  che  perdura  continuamente  per  tutto  il
periodo previsto dalla legge,  tanto  che  il  termine  ricomincia  a
decorrere se, entro quel periodo, e' compiuto  un  atto  interruttivo
(articoli 2943 e ss. c.c.). 
    Va considerato ancora che gli articoli 2393, comma 3, 2941  comma
1 n. 7, 2949, comma 1, codice civile sono dettati per disciplinare la
prescrizione del diritto  risarcitorio  della  societa'  -  anche  se
esercitato dai soci minoritari come  legittimati  straordinari  (art.
2393-bis c.c.) - verso i suoi amministratori, con i quali  e'  legata
dal rapporto di amministrazione. Le loro previsioni,  a  ben  vedere,
non sono poste in deroga al regime piu' generale della  prescrizione,
poiche' la durata del termine e' prevista,  proprio  per  i  rapporti
societari, dalla stessa disciplina codicistica (art.  2949,  comma  1
c.c.) ed i casi  di  sospensione  sono  sempre  specifici  e  recanti
ciascuno la sua ratio  individuabile  nei  particolari  rapporti  tra
creditore e debitore. 
    In  questo  quadro  di  sostanziale  omogeneita'  alla   generale
disciplina  codicistica,  la  formulazione  concessiva  del  disposto
dell'art. 2393, comma 3 codice civile ha  indubbiamente  favorito  il
rifiuto di una sua meccanica interpretazione a contrario ed invece la
riconduzione alle norme generali, segnatamente al disposto  dell'art.
2935 c.c.,  del  regime  di  decorrenza,  identificando,  secondo  la
giurisprudenza della Corte di cassazione (v. supra), il dies a quo in
quello in cui la societa'  puo'  rappresentarsi  il  danno  ricevuto,
esclusa ovviamente  la  rappresentazione  che  di  esso  abbiano  gli
amministratori danneggianti. 
    Gli stessi parametri interpretativi  sono  stati  applicati  alla
prescrizione dell'azione sociale verso i  sindaci,  considerando  che
l'art. 2407, comma 2, codice civile  estende  a  loro  l'applicazione
delle norme relative all'azione sociale  di  responsabilita'  e,  per
conseguenza, il relativo regime  prescrizionale,  ferma  la  pacifica
inapplicabilita' ad essi della sospensione ex art. 2949 n. 7 c.c. 
    La disciplina dell'azione dei creditori  verso  amministratori  e
sindaci (art. 2394, 2407, comma 3 c.c.) non  deroga  per  nulla  alle
norme generali poiche' - ricostruita dalla giurisprudenza della Corte
di cassazione, per quel che qui rileva, come azione extracontrattuale
- la lunghezza del termine (art. 2949, comma  2,  c.c.)  e'  conforme
alla previsione dell'art. 2947,  comma  1,  codice  civile  e  nessun
regime   particolare   connota   gli   altri   elementi   strutturali
dell'istituto (decorrenza, interruzione, ecc.). E' appena il caso  di
aggiungere che, se la responsabilita' degli  amministratori  verso  i
creditori sociali dovesse essere ricostruita, specie  dopo  l'avvento
del codice della crisi d'impresa e  dell'insolvenza  (articoli  2086,
comma 2 c.c., 3, 120-bis e ss. c.c.i.), in termini di responsabilita'
di tipo contrattuale ex art. 1173 c.c., nulla muterebbe  rispetto  al
tema qui considerato  posto  che  il  regime  prescrizionale  sarebbe
sempre quello stabilito dal codice civile (art. 2949, comma 2, c.c.).
Tutto cio' ha consentito  agevolmente  alla  giurisprudenza  di  fare
applicazione, quanto  alla  decorrenza  del  termine  prescrizionale,
della previsione  di  cui  all'art.  2935  c.c.,  interpretandolo  in
correlazione  al  momento  in  cui  il  danno   ai   creditori   puo'
determinarsi, cioe' il sopravvenire dell'insufficienza del patrimonio
sociale, e  divenire  conoscibile  ai  terzi  cioe',  secondo  comune
esperienza, il momento della dichiarazione di fallimento. 
    Nessuna particolare difficolta' interpretativa ha poi  riguardato
l'individuazione  del  regime  prescrizionale  della  responsabilita'
extracontrattuale degli amministratori e dei sindaci (articoli  2395,
comma 2, 2407, comma 3, c.c.), posto che l'«atto che ha  pregiudicato
il socio o il terzo» cui la norma si  riferisce  per  individuare  il
dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale, non  poteva  che
essere ricondotto al «fatto illecito» di cui all'art. 2947,  comma  1
c.c., necessariamente inclusivo di nesso di causalita' e danno, dalla
cui conoscenza il termine inizia a decorrere. 
    Quanto alle disposizioni del regime prescrizionale qui  rilevanti
non interessa, come si e' detto, la durata del termine - dato che  il
termine quinquennale e' previsto non solo per i  diritti  risarcitori
da responsabilita' extracontrattuale (azioni ex articoli 2394 e  2394
c.c.), ma anche per quelli da responsabilita' contrattuale  (articoli
2393, comma 3, 2929, comma 1, c.c.) -, ed invece l'individuazione del
dies a quo di decorrenza  del  termine  stesso,  identificato,  nella
normativa societaria, nel momento in cui e' oggettivamente  possibile
alla societa' e ai terzi avere contezza del danno loro  procurato  ed
invece dall'art. 15, comma 3, cit., nella «data  della  relazione  di
revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato  emessa  al  termine
dell'attivita'  di   revisione   cui   si   riferisce   l'azione   di
risarcimento». 
    Da tale quadro ricostruttivo derivano quattro conseguenze. 
    La prima e' che, posto che l'art. 15, comma 3 cit. disciplina sia
la decorrenza che il termine di prescrizione dei diritti  risarcitori
esercitabili verso i revisori, non e' consentito, con  riferimento  a
tali due aspetti di disciplina, fare ricorso a ragionamenti  di  tipo
analogico, posto che non si rinvengono lacune normative  ed  anzi  le
norme sono esplicite ed esaustive in proposito. Ne'  va  dimenticato,
nello stesso senso, che il legislatore, con l'art. 37, comma  9,  del
decreto legislativo n. 39 del 2010, ha  abrogato  l'art.  2409-sexies
c.c., il cui terzo comma, analogamente a quanto previsto per l'azione
di responsabilita' sociale verso gli amministratori,  determinava  in
cinque   anni   «dalla   cessazione   dell'incarico»    il    termine
prescrizionale per l'esercizio dell'azione di responsabilita' verso i
revisori. 
    La seconda e' che le disposizioni di cui  all'art.  15,  comma  3
cit. si  pongono  in  deroga  non  gia'  alle  disposizioni  speciali
previste dalla disciplina  societaria  ed  invece  direttamente  alle
corrispondenti norme  di  disciplina  generale,  cioe',  quanto  alla
durata del termine, all'art. 2946 codice  civile  -  con  riferimento
all'azione contrattuale esperibile dalla societa' verso il revisore -
e, quanto alla decorrenza del termine, all'art. 2935 c.c. 
    La terza e' che, preclusa la via dell'interpretazione  analogica,
considerato che si tratta di norme poste  in  deroga  a  quelle  piu'
generali previste dal  codice  e  considerata  soprattutto  l'estrema
chiarezza del testo normativo qui in esame e  l'evidente  coincidenza
con l'intenzione  del  legislatore,  rimane  preclusa  anche  la  via
dell'interpretazione costituzionalmente adeguatrice (Corte  cost.  n.
221 del 2019; Corte costituzionale n. 102 del 2021). 
    La  quarta  e'  che  le  norme  che  stabiliscono,   in   materia
societaria, il regime  della  prescrizione  dei  diritti  risarcitori
della societa' e dei creditori verso gli amministratori ed i sindaci,
proprio perche', seppur previste specificamente,  non  derogano  alle
norme generali, specie quelle in materia di  decorrenza  del  termine
prescrizionale,  allora  esse  ben  possono  costituire  il   tertium
comparationis rispetto al quale commisurare la  ragionevolezza  dello
speciale regime prescrizionale, previsto dal ridetto art.  15,  comma
3, dei diritti risarcitori della societa', dei soci e dei terzi - tra
i quali certamente i creditori della societa' (ma anche, ad  esempio,
gli investitori in azioni emesse dalla societa') - verso i  revisori.
Solo quest'ultimo, infatti, non solo deroga - in punto di  decorrenza
del termine prescrizionale - alle  generali  norme  codicistiche,  ma
prevede una  disciplina  (irragionevolmente)  diversa  rispetto  alle
corrispondenti norme di diritto societario. 
    Orbene, occorre  ancora  in  premessa  considerare  che  i  danni
provocati dal revisore alla societa', ai soci o  ai  terzi  sono  per
natura lungolatenti, danni che si verificano e manifestano a distanza
notevole di tempo rispetto al momento  del  comportamento  lesivo,  o
comunque, in ogni caso, che non si tratta affatto di danni in re ipsa
ricollegabili al deposito della relazione di revisione in quanto tale
ed invece di  danni/conseguenza  rispetto  ai  quali  e'  normale  il
verificarsi di uno iato temporale, qui  sempre  consistente,  che  li
separa  dal  fatto  generatore,  cioe'  appunto  il  deposito   della
relazione negligentemente redatta. 
    In particolare, la relazione del revisore che attesti  falsamente
- a mezzo del relativo giudizio positivo - la conformita' alla  legge
di un bilancio lede bensi' il diritto della societa', dei soci e  dei
terzi alla corretta informazione societaria, ma non provoca loro,  di
per se', un danno patrimoniale. Il danno  patrimoniale  si  determina
invece successivamente, con il concorso necessario di altri  soggetti
- concorrenti o vittime - che, utilizzando quella relazione,  tengono
comportamenti pregiudizievoli. 
    Cosi'  e'  per  il  danno  da   prosecuzione   non   conservativa
dell'attivita' economica della societa'  dopo  il  verificarsi  della
causa di scioglimento di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4 c.c.,  dove
il danno - concausato dal rilascio di relazione con giudizio positivo
invece che negativo o di dichiarazione di impossibilita' di esprimere
un giudizio e dal mancato esercizio da parte  dei  sindaci  del  loro
potere/dovere di vigilanza  e  reazione  -  e'  stato  provocato  dal
comportamento  gestorio  dell'amministratore.  La  prosecuzione   non
conservativa dell'attivita' d'impresa,  inoltre,  puo'  provocare  un
danno anche a distanza considerevole di tempo dal momento in  cui  la
relazione e' stata rilasciata ed a distanza  ancora  maggiore  essere
divenuto noto. 
    Cosi' e' per il credito erogato da un fornitore  in  base  ad  un
bilancio falso oggetto di positiva  relazione   del  revisore  o  per
l'acquisto, da parte di un terzo, sulla base  di  quel  bilancio,  di
titoli  emessi  dalla  societa',   salva   ovviamente   la   verifica
dell'inadempimento negligente della prestazione professionale  dovuta
dal revisore e del nesso causale. Fornitura e  acquisto  ben  possono
avvenire a distanza notevole di  tempo  dalla  data  della  relazione
negligentemente rilasciata dal revisore. 
    Cosi'   e'   nell'abusivo    ricorso    al    credito,    potendo
l'amministratore avvalersi  all'uopo  della  relazione  di  revisione
anche a distanza considerevole di tempo dalla sua data. Ma, in questo
caso, soccorre la disciplina penalistica della prescrizione (art. 218
l.f., art. 325 c.c.i., articoli 157 e ss. c.p., art.  2947,  comma  3
c.c.). 
    Non meno rilevanti le circostanze che - in relazione alla  natura
dell'inadempimento / illecito - impediscono  l'immediata  percezione,
da parte dei danneggiati, del danno subito. 
    Invero,  la  disposizione  in  questione  risulta   singolarmente
agevolativa del decorso  del  termine  prescrizionale:  il  fatto  di
venire meno ai propri  doveri,  depositando  una  relazione  che  non
evidenzi o addirittura occulti falsita' di bilancio o l'insufficienza
del patrimonio, pur costituendo  la  condotta  inadempiente/illecita,
contribuisce essa stessa, per la sua natura decettiva, ad allontanare
la conoscenza del danno  da  parte  dei  danneggiati  nel  mentre  il
termine  prescrizionale  decorre;  quanto  piu'  abilmente,  con   il
concorso  del  revisore  infedele  ai  propri  doveri,  lo  stato  di
insufficienza patrimoniale della societa' venga  occultato,  maggiore
sara' il vantaggio temporale di cui egli potra' godere. 
    Si tratta,  in  ogni  caso,  di  danni  derivanti  da  erronea  e
negligente applicazione  delle  norme  in  materia  di  revisione  di
contabilita' tenuta e bilanci  redatti  dagli  amministratori  ovvero
consistenti  in  condotte  fraudolente   e   decettive,   spesso   di
comportamenti  i  cui  negativi  effetti  patrimoniali  su  terzi  si
apprezzano  in  termini  controfattuali.  Cio'  significa   sia   che
l'accertamento   del   danno   e'   caratterizzato   da   particolare
complessita' tecnica, sia che  esso  suppone  che  coloro  che  hanno
compiuto i comportamenti dannosi abbiano lasciato i loro incarichi ed
in essi siano subentrati altri, solo cosi' essendo possibile che quei
comportamenti dannosi vengano alla luce, siano apprezzati nella  loro
portata  pregiudizievole  ed  infine  vengano  fatti  oggetto   delle
relative azioni risarcitorie. In mancanza,  infatti,  inevitabilmente
essi comportamenti vengono perpetuati dalle stesse persone o,  quanto
meno, vengono opportunamente occultati, per ovvi motivi. E  tuttavia,
tanto  gli  amministratori,  quanto  i  sindaci,  quanto  i  revisori
rimangono a svolgere per anni ed anni - anche istituzionalmente (es.:
la durata in carica  di  amministratori  e  sindaci  e'  triennale  e
rinnovabile) - i loro incarichi, sicche' nella  quasi  totalita'  dei
casi informazioni relative a loro comportamenti  pregiudizievoli  per
la societa' od i terzi emergono a distanza di anni. 
    La miglior riprova, a livello  normativo,  della  correttezza  di
questa considerazione e' che il decorso del  termine  prescrizionale,
nei confronti degli amministratori, rimane sospeso (art.  2941  n.  7
c.c.). 
    Vero  e'  che  cio'  non  accade  rispetto  ai  sindaci,  ma   e'
altrettanto vero che cio'  non  crea  disfunzioni  ne'  irragionevoli
discriminazioni nel regime di prescrizione  dei  diritti  risarcitori
proprio perche', anche  rispetto  ai  sindaci,  il  relativo  termine
decorre dal momento in cui i danneggiati hanno  avuto  oggettivamente
la possibilita' di conoscere il danno subito. 
    Anche nella materia  che  ne  occupa,  allora,  dovrebbero  poter
valere i principi affermati in diverso campo,  ma  analogo  quanto  a
fenomenologia di manifestazione del danno, secondo cui la fattispecie
di responsabilita' civile include nesso causale e danno e,  pertanto,
non puo' darsi prescrizione senza che il  danno  sia  conoscibile  al
danneggiato (Cass., sez. un., n. 576 del 2008). 
2. Illegittimita' dell'art. 15, comma 3, decreto  legislativo  n.  39
del 2010 nella parte in cui prevede  che  il  momento  di  decorrenza
della  prescrizione  dei  diritti  risarcitori  dei  danneggiati   da
inadempimenti o illeciti del revisore  e'  quello  della  data  della
relazione di revisione, per violazione degli articoli 3, comma  1,  e
24, comma 1, cost. per irragionevole differenziazione  rispetto  alle
norme previste, in materia, con riferimento  ai  diritti  risarcitori
dei danneggiati da  inadempimenti  o  illeciti  di  amministratori  e
sindaci. Illegittimita' dell'art. 15, comma 3, decreto legislativo n.
39 del 2010 nella parte in cui prevede che il momento  di  decorrenza
della  prescrizione  dei  diritti  risarcitori  dei  danneggiati   da
inadempimenti o illeciti del revisore  e'  quello  della  data  della
relazione di revisione, per irragionevolezza intrinseca in violazione
dell' art. 3, comma 1, cost. 
    Ritiene il Tribunale, sulla scorta  delle  considerazioni  svolte
sopra, che l'art. 15, comma 3 cit. differenzia  irragionevolmente  la
disciplina di decorrenza del termine  di  prescrizione  delle  azioni
risarcitorie proponibili ex contractu o ex delicto nei confronti  dei
revisori rispetto a quella prevista con riferimento alla prescrizione
delle stesse azioni proponibili nei confronti degli amministratori  e
dei  sindaci,  determinando   altresi',   con   cio',   un   ostacolo
irragionevole all'esercizio dei diritti risarcitori  della  societa',
dei soci e dei terzi, compresi i creditori. 
    La differenza sta nel fatto che, come detto, nel secondo  caso  -
azioni verso amministratori e sindaci -, in conformita'  ai  principi
generali, il termine decorre dal momento in cui i  danneggiati  hanno
conoscenza del danno subito,  momento  da  valutare  secondo  criteri
obiettivi. Nel primo, invece, il termine  decorre  dalla  data  della
relazione di revisione, cioe' da un termine fisso, identificabile  in
un comportamento bensi' generativo del danno ma  in  modo  per  nulla
affatto immediato e privo di alcun rapporto con il  manifestarsi  del
danno medesimo. 
    Quest'ultimo regime di  decorrenza  della  prescrizione  pone  un
ostacolo  effettivo  alla  tutela  dei  diritti   risarcitori   della
societa', dei soci e dei terzi, poiche' determina la rilevanza a fini
prescrizionali di un periodo di tempo -  quello  tra  la  data  della
relazione di revisione ed il momento (da  valutarsi  secondo  criteri
oggettivi) di conoscenza del danno da parte del danneggiato - in  cui
al danneggiato stesso non e' imputabile alcuna inerzia nell'esercizio
del suo  diritto.  Cioe'  l'effetto  di  estinzione  del  diritto  si
determina non per il perdurare  dell'inerzia  del  danneggiato  lungo
tutto il periodo che la  legge  considera  rilevante  per  addivenire
all'estinzione stessa,  ma  per  un  periodo  che  ben  puo'  essere,
pressoche' sempre e', sensibilmente inferiore - e' questione di fatto
se di  molto  o  di  poco  -  e,  addirittura,  puo'  esser  tale  da
determinare  l'estinzione  del  diritto  risarcitorio  senza  che  il
decorso del termine di prescrizione sia connotato da  alcuna  inerzia
dell'avente diritto, quando il danno risultasse percepibile solo dopo
il decorso del termine prescrizionale stesso. 
    Non solo, a ben vedere, quando - cioe' quasi sempre -, depositata
la relazione, il danno non si sia immediatamente prodotto, il termine
prescrizionale prende a decorrere senza che nemmeno, a quel  momento,
sia  configurabile  una  responsabilita'  risarcitoria  in  capo   al
revisore, responsabilita' che sorgera' solo quando il danno si  sara'
verificato. 
    Dunque  il  termine   di   prescrizione   inizia   a   decorrere,
paradossalmente, quando il diritto risarcitorio che  vi  e'  soggetto
nemmeno ancora esiste in capo al (non ancora) danneggiato. Cosi'  e',
riprendendo gli esempi di cui sopra, per danni da attivita' economica
non  conservativa  successiva  alla  causa  di   scioglimento,   che,
inizialmente non generativa di ulteriore sbilancio, ben puo' iniziare
a determinarlo in corso di  esercizio;  cosi'  e'  per  forniture  od
acquisti intervenuti anche a molti  mesi  di  distanza  dal  deposito
della relazione del revisore. 
    Ed allora si pongono  con  particolare  evidenza  un  aspetto  di
irragionevole discriminazione rispetto alla  disciplina  del  decorso
del   termine   prescrizionale   previsto   per   le   azioni   verso
amministratori e sindaci ed un profilo di irragionevolezza intrinseca
della previsione normativa qui censurata. 
    Quanto  al  primo  aspetto  sovviene  la  circostanza  che,   con
riferimento  alla  responsabilita'  di  amministratori   e   sindaci,
decorrendo il termine dal momento  della  conoscenza  del  danno,  e'
escluso che sia computato a fini prescrizionali un periodo  di  tempo
in cui il diritto  risarcitorio  non  e'  ancora  sorto  in  capo  ai
danneggiati  o  comunque  non  e'  loro  imputabile  alcuna   inerzia
nell'esercizio dei loro diritti. 
    Ne'   si   palesa   alcuna   giustificazione   nel    trattamento
dell'estinzione dei diritti risarcitori di cui si discute perche' una
volta riferiti a comportamenti di amministratori e sindaci  ed  altra
volta causati dal comportamento dei revisori. 
    Occorre notare, in proposito, anzitutto che  la  natura  solidale
della  responsabilita'  dei  revisori   rispetto   a   quella   degli
amministratori e' stabilita ex lege proprio dal primo comma dell'art.
15,  decreto  legislativo  n.  39  del  2010,  poiche'  il  controllo
contabile avviene su  prestazioni  gestorie  fondamentali  in  primis
dovute  dagli  amministratori,  cioe'  la   corretta   tenuta   della
contabilita' (articoli 2086, comma 2, 2214 e ss. c.c.) e la redazione
secundum legem del bilancio di esercizio  o  consolidato  (art.  2423
c.c., articoli 25 e ss., decreto legislativo n. 127 del 1991). 
    Ed e' indifferente che di funzione di controllo si tratti  e  non
gestionale, anzitutto perche' anche i sindaci esercitano una funzione
di controllo - sebbene sulla legalita' dell'amministrazione -  e  per
essi e' stabilita analoga regola di  responsabilita'  solidale  (art.
2407, comma 2, c.c.), ma anche, e soprattutto, perche' essa si rivela
adiacente, limitrofa, densa di rapporti e legami  rispetto  a  quella
del  revisore.   Basti   solo   por   mente,   a   titolo   meramente
esemplificativo, alla circostanza che, in caso di collegio sindacale,
almeno uno dei sindaci ed un supplente devono essere revisori  ed  il
sindaco unico deve  essere  revisore,  alla  relazione  che  anche  i
sindaci devono svolgere  sul  bilancio,  al  tema  della  continuita'
aziendale,  di  specifica  competenza   anche   dei   revisori,   che
costituisce presupposto per la redazione del bilancio (art. 2423-bis,
comma 1, n. 1 c.c.), al tema dell'insufficienza patrimoniale, che, in
quanto sinonimo di  negativita'  patrimoniale,  costituisce  eminente
voce di bilancio oggetto di attenzione dei revisori (art. 2424, comma
2, Passivo - A), ai rapporti e flussi informativi che  devono  essere
istituiti con i sindaci, ecc. ecc. 
    Ne deriva la  usuale  solidarieta'  nell'obbligo  risarcitorio  -
quando ve ne sono i presupposti per  ciascuno  -  di  amministratori,
sindaci, revisori ex articoli 2392, 2407 comma 2, c.c., 15, comma  1,
decreto legislativo n. 39 del 2010, 2055 c.c. 
    E' da aggiungere che,  rispetto  alla  tematica  che  ne  occupa,
giustificazioni soggettivistiche  paiono  assai  poco  convincenti  e
soprattutto collegate ad argomentazioni  di  mera  opportunita',  non
sorrette costituzionalmente e inidonee a  giustificare  le  discrasie
normative di cui si discorre, foriere  di  irragionevoli  lesioni  di
diritti soggettivi risarcitori. 
    Invero, se si ravvisasse un'opportunita' di non esporre troppo  a
lungo il  revisore  al  rischio  di  azioni  risarcitorie  per  fatti
risalenti nel tempo, sarebbe difficile negare che la stessa  esigenza
e' ravvisabile rispetto ad amministratori e, soprattutto,  sindaci  e
che essa e' stata soddisfatta, tra l'altro, ugualmente dimezzando per
tutti  loro  l'ordinario  termine   di   prescrizione   dei   diritti
risarcitori da inadempimento contrattuale. 
    Se invece ci si volesse riferire ad una ritenuta sproporzione tra
entita'  del  danno  che  il  revisore  responsabile  e'  chiamato  a
risarcire ai danneggiati, in assoluto o rispetto alla percentuale  di
responsabilita'  che  usualmente  gli  e'  riconosciuta  rispetto  ad
amministratori e sindaci, allora si deve considerare anzitutto che la
problematica in questione era  nota  ben  prima  dell'adozione  della
disciplina di cui al decreto legislativo  n.  39  del  2010,  che  la
Raccomandazione della Commissione 2008/473/CE citata, come detto, non
indica tra i sistemi utili a limitare o diversamente proporzionare la
responsabilita' dei revisori la  disciplina  della  prescrizione  del
diritto risarcitorio ed anzi ammonisce in  ordine  alla  salvaguardia
dei diritti dei danneggiati, che la raccomandazione stessa indica ben
altri sistemi per addivenire, in modo assai piu' certo e trasparente,
a limitazioni di quella responsabilita'. 
    Ed  allora,  appunto,  la  differenziazione  di   disciplina   di
decorrenza della prescrizione tra i soggetti di  cui  si  discute  si
evidenzia come priva di razionale giustificazione. 
    Quanto al profilo di irragionevolezza intrinseca della previsione
normativa qui censurata, sovviene una vera e  propria  contraddizione
in  termini:  il  termine  prescrizionale  decorre  anche  quando  il
danneggiato non e' ancora titolare del diritto risarcitorio o  quando
non puo' essere solerte nell'esercizio di quel  diritto,  perche'  il
diritto non e' ancora sorto o perche' non puo'  essere  a  conoscenza
del danno che ha subito. Cioe' la norma opera in assenza della  ratio
giustificatrice che ne regge gli effetti. 
    * Le medesime aporie sopra evidenziate connotanti  la  disciplina
qui scrutinata sono rilevanti, lo si ribadisce, anche  rispetto  alla
violazione   dell'art.   24,    comma    1,    cost.,    contribuendo
significativamente ad ostacolare, da parte del titolare  del  diritto
risarcitorio, il suo esercizio effettivo, sia perche', decorrendo  il
termine prescrizionale dalla  data  della  relazione,  essa  comunque
riduce, rispetto al termine  inderogabilmente  fissato  ex  lege,  il
tempo a disposizione del creditore per agire, una volta percepito  il
danno subito e  cosi'  agevola  la  fuga  dalla  responsabilita'  del
revisore  inadempiente,   sia   perche'   il   danneggiato   potrebbe
addirittura  vedersi  impedito   il   risarcimento   dall'intervenuta
prescrizione, che, in forza del meccanismo illustrato, corre anche in
caso di totale mascheramento e oggettiva impossibilita' di  avvedersi
del dato falso su cui abbia fatto affidamento o  dell'  insufficienza
patrimoniale del debitore revisionato. 
    * Alla stregua delle superiori considerazioni ed in  applicazione
degli articoli 137 cost. e 23, legge n. 87 del 1953, la questione  di
legittimita'  costituzionale   dell'art.   15,   comma   3,   decreto
legislativo n. 39 del 2010,  come  sopra  proposta,  sussistendone  i
presupposti di rilevanza e non manifesta  infondatezza,  deve  essere
portata innanzi alla Corte  costituzionale  perche'  la  decida,  con
conseguente sospensione del presente processo. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Milano, Sezione  XV  civile  -  Specializzata  in
materia di impresa, visti gli articoli 137 cost. e 23,  legge  n.  87
del 1953; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3, comma 1, e 24, comma 1, cost. e nei termini  di  cui
in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
15, comma 3, decreto legislativo n. 39 del 2010, nella parte  in  cui
prevede che il termine di prescrizione delle azioni nei confronti  di
revisori e societa' di revisione decorre dalla data  della  relazione
di revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato emessa al termine
dell'attivita'  di   revisione   cui   si   riferisce   l'azione   di
risarcimento. 
    Sospende il processo e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che a cura della cancelleria la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Milano, 15 settembre 2022 
 
                    Il Presidente est.: Mambriani