Ritenuto in fatto
1. - Nel corso del procedimento instaurato a seguito della
richiesta del pubblico ministero volta ad ottenere la convalida del
provvedimento del questore di Milano mediante il quale è stato
vietato al minore De Lisi Tommaso di accedere per il periodo di un
anno a tutti gli stadi e campi sportivi ove si svolgono campionati e
incontri di calcio, il giudice per le indagini preliminari presso la
pretura circondariale di Milano ha sollevato, in riferimento agli
artt. 25, primo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, terzo comma,
della legge 13 febbraio 1989, n. 401 (Interventi nel settore del
giuoco e delle scommesse clandestine e tutela della correttezza nello
svolgimento delle competizioni agonistiche) nel testo sostituito
dall'art. 1 del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, convertito
nella legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Misure urgenti per prevenire
fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche).
Nell'ordinanza si espone che il questore di Milano, con il
provvedimento richiamato, ha disposto nei confronti del De Lisi, ai
sensi dell'art. 6, primo comma, della legge n. 401 del 1989, il
divieto di accesso per un anno a tutti gli stadi e i campi sportivi
ove si svolgono campionati o incontri di calcio, nonché, ai sensi
dell'art. 6, secondo comma, della stessa legge, l'obbligo di
comparire personalmente presso la stazione dei carabinieri di Cologno
Monzese in determinati giorni ed orari compresi nel periodo di tempo
in cui si svolgono le competizioni sportive in questione.
Secondo l'ordinanza di rimessione, la norma impugnata, attribuendo
la competenza per la convalida del provvedimento del questore al
giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale,
verrebbe, in primo luogo, a violare il principio costituzionale del
giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25, primo
comma, della Costituzione, dal momento che - tenuto conto delle
analogie tra la fattispecie in esame e quelle della convalida
dell'arresto e del fermo del minore - la competenza a decidere
dovrebbe spettare, anche nella fattispecie in esame, al giudice per
le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni. In
secondo luogo, la stessa norma risulterebbe lesiva dell'art. 31,
secondo comma, della Costituzione, dal momento che l'esclusione degli
organi giudiziari che solitamente esercitano funzioni nei confronti
dei minori dal procedimento di convalida in questione risulterebbe
illogico e pregiudizievole per gli interessi del minorenne. I minori
implicati in episodi di violenza durante le competizioni agonistiche
potrebbero, infatti, avere necessità di particolare attenzione da
parte dei servizi sociali, ai fini di indagini sulla loro
personalità che possono essere compiute adeguatamente dal tribunale
per i minorenni, ma non dal giudice delle indagini preliminari presso
la pretura circondariale, che non dispone di attribuzioni specifiche
nei confronti dei minori.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione
sia dichiarata inammissibile o infondata.
Ad avviso dell'Avvocatura, la competenza del procuratore della
Repubblica e del giudice per le indagini preliminari presso la
pretura, nell'ambito del procedimento di convalida disciplinato dalla
norma impugnata, sarebbe destinata a cedere allorché, come nel caso
in esame, il fatto all'origine del provvedimento interdittivo sia
stato commesso da un minore. In questo caso varrebbero, infatti, le
norme speciali che regolano il processo minorile e le attribuzioni
del tribunale per i minorenni, (art. 1 del d.P.R. 22 settembre 1988,
n. 488 e art. 4, terzo comma, r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404). Di
conseguenza, sempre secondo l'Avvocatura, il giudice a quo avrebbe
dovuto risolvere l'apparente antinomia in via interpretativa,
attraverso il criterio della specialità, pervenendo
all'individuazione della competenza dell'organo giudiziario minorile.
L'Avvocatura contesta, infine, che la norma censurata violi il
principio sanzionato all'art. 25, primo comma, della Costituzione,
dal momento che, nella specie, non sussisterebbero le condizioni
indicate dalla giurisprudenza costituzionale per individuare una
lesione di tale principio.
Considerato in diritto
1. - Il giudice per le indagini preliminari presso la pretura di
Milano solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 6,
terzo comma, della legge 13 febbraio 1989, n. 401, nel testo
sostituito dall'art. 1 del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717,
convertito nella legge 24 febbraio 1995, n. 45, nella parte in cui
prevede che la convalida del provvedimento emesso dal questore, ai
sensi dell'art. 6, secondo comma, della stessa legge, nei confronti
di un minore di età spetti al giudice per le indagini preliminari
presso la pretura circondariale e non al giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale per i minorenni.
L'ordinanza di rimessione ritiene che la norma impugnata violi: a)
il principio del giudice naturale di cui all'art. 25, primo comma,
della Costituzione, dal momento che le analogie tra la fattispecie in
esame e la procedura di convalida dell'arresto e del fermo del minore
(disciplinate dagli artt. 16 ss. del d.P.R. 22 settembre 1988, n.
488) indurrebbero a ritenere che spetti al giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale per i minorenni la competenza per la
convalida del provvedimento di cui all'art. 6, secondo comma, ove lo
stesso risulti adottato nei confronti di un minore; b) l'art. 31,
secondo comma, della Costituzione, dal momento che l'esclusione della
competenza del giudice minorile risulterebbe pregiudizievole degli
interessi del minore e precluderebbe la possibilità di intervento
dei servizi sociali minorili ai fini dell'indagine sulla personalità
del soggetto destinatario della misura prescrittiva in questione.
2. - La questione prospettata con riferimento all'art. 25, primo
comma, della Costituzione non è fondata.
In proposito va ricordato che, secondo un orientamento costante
della giurisprudenza costituzionale, "il principio della
precostituzione del giudice sancito dall'art. 25, primo comma, della
Costituzione deve ritenersi rispettato allorché l'organo giudicante
sia stato istituito dalla legge sulla base di criteri generali
fissati in anticipo e non già in vista di singole controversie" e
che lo stesso principio non comporta necessariamente la
determinazione legislativa di una competenza generale per una
determinata materia, ma può comprendere anche tutte quelle
disposizioni che prevedono deroghe a tale competenza in base a
criteri che valutino in modo ragionevole i diversi interessi
coinvolti nel processo (v. sentenze nn. 42 del 1996, 217 del 1993,
369 del 1992; ordinanza n. 508 del 1989).
Alla luce di tale giurisprudenza, la norma impugnata non può
ritenersi lesiva del richiamato principio costituzionale, dal momento
che essa indica preventivamente, e non in vista di singole
controversie, il giudice competente, mentre dalla disciplina
costituzionale non è dato, d'altro canto, desumere un vincolo a che
tutte le competenze giurisdizionali concernenti i minori debbano
essere esercitate dal tribunale per i minorenni.
3. - La questione è, invece, fondata in relazione all'art. 31,
secondo comma, della Costituzione.
Come risulta anche dai lavori preparatori, con l'art. 6, secondo
comma, della legge n. 401 del 1989, il legislatore ha inteso
introdurre la possibilità di imporre una misura cautelare nei
confronti di persone per le quali sia già stato disposto, ai sensi
del primo comma dello stesso articolo, un divieto di accesso ai
luoghi di svolgimento di talune manifestazioni sportive, conseguente
al fatto che tali persone siano state denunciate o condannate per
determinati reati, o abbiano preso parte a episodi violenti in
occasione di manifestazioni sportive, ovvero in tali circostanze
abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. La misura
consiste nel fatto che a questi soggetti il questore può prescrivere
l'obbligo di comparire presso l' ufficio o il comando di polizia
territorialmente competente in orario compreso nel periodo di tempo
in cui si svolgono le competizioni sportive per le quali vige il
richiamato provvedimento interdittivo.
Tale misura incide nella sfera della libertà personale del
soggetto tenuto a comparire, dal momento che, attraverso
l'imposizione di un obbligo di presenza in un luogo determinato,
comporta una restrizione nella libertà di movimento dello stesso
soggetto durante una particolare fascia oraria. Questo carattere
restrittivo del provvedimento adottato dal questore ai sensi
dell'art. 6, secondo comma, della legge n. 401 trova, del resto,
conferma sia nei lavori preparatori della disposizione denunciata
(dai quali emerge il richiamo all'art. 13, secondo comma, della
Costituzione: v. Senato, Commissione affari costituzionali, sedute
del 2 e del 7 febbraio 1995) , sia nella prevista garanzia del
ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di convalida del giudice
per le indagini preliminari (v. art. 6, quarto comma). Né va
trascurato che la procedura prescelta dal legislatore per
disciplinare le modalità della convalida del provvedimento in
questione ricalca quella prevista dall'art. 390 del codice di
procedura penale per la convalida dell'arresto o del fermo, sia per
quanto concerne gli organi interessati (pubblico ministero,
competente per la richiesta di convalida, e giudice per le indagini
preliminari, competente per la convalida), sia in riferimento ai
termini entro i quali deve addivenirsi alla richiesta ed alla
convalida (quarantotto ore per ognuna delle due fasi), sia, infine,
in relazione agli effetti del mancato rispetto di tali limiti
temporali (da cui discende l'inefficacia della misura).
Ora, con riferimento al quadro della specifica tutela prevista a
favore dei minori dall'art. 31, secondo comma, della Costituzione,
questa Corte ha avuto modo di sottolineare come il principio
costituzionale espresso in tale norma richieda l'adozione di un
sistema di giustizia minorile caratterizzato dalla specializzazione
del giudice, dalla prevalente esigenza rieducativa, nonché dalla
necessità di valutazioni, da parte dello stesso giudice, fondate su
prognosi individualizzate in funzione del recupero del minore
deviante (v. sentenza n. 222 del 1983). Ed è proprio in coerenza con
queste finalità che le norme vigenti prevedono per i reati commessi
dai minori la competenza generale del tribunale per i minorenni in
quanto struttura "diretta in modo specifico alla ricerca delle forme
piu'adatte per la rieducazione dei minorenni" (v. sentenza n. 78 del
1989), mentre le disposizioni relative al processo minorile
introducono garanzie specifiche riferite all'iter processuale ed alla
possibilità di avvalersi dei servizi minorili, allo scopo di
approfondire la conoscenza della personalità e delle condizioni di
vita del minore, nonché la rilevanza sociale del fatto per cui si
procede.
Alla luce di quanto precede la competenza del giudice minorile
deve, pertanto, ritenersi necessaria anche con riferimento alla
fattispecie in esame, dal momento che l'imposizione di una misura
restrittiva della libertà personale, come quella prevista dalla
norma impugnata, non può non presupporre, per raggiungere la
finalità di protezione indicata dall'art. 31, secondo comma, della
Costituzione, una valutazione adeguata da parte del giudice della
personalità del minore nonché dell'utilità ai fini educativi della
stessa misura, anche in relazione alle modalità della sua
applicazione.
Va, pertanto, affermata l'illegittimità costituzionale della norma
impugnata, nella parte in cui prevede che la competenza per la
convalida del provvedimento del questore che dispone nei confronti
del minore la misura prescrittiva in esame spetti, su richiesta del
procuratore della Repubblica, al giudice per le indagini preliminari
presso la pretura del circondario in cui ha sede l'ufficio di
questura, anziché al giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale per i minorenni che ha sede nel distretto di Corte di
appello nel cui ambito rientra la questura che ha emesso il
provvedimento. Date le funzioni omologhe svolte dagli organi della
giustizia minorile rispetto agli ordinari organi giurisdizionali (v.
art. 4, ultimo comma, del R.D.L. n. 1404 del 1934), il questore
dovrà, pertanto, trasmettere il provvedimento che dispone la misura
prescrittiva adottata nei confronti del minore all'ufficio del
procuratore della Repubblica presso il competente tribunale per i
minorenni, ai fini della richiesta di convalida del provvedimento
medesimo.