Sentenza 59/2024 (ECLI:IT:COST:2024:59)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: BARBERA - Redattore: BUSCEMA
Camera di Consiglio del 20/02/2024;    Decisione  del 22/02/2024
Deposito del 18/04/2024;   Pubblicazione in G. U. 24/04/2024  n. 17
Norme impugnate: Art. 8 della legge della Regione Calabria 05/10/2007, n. 22.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ordd. 42, 43 e 44/2023


Pronuncia

SENTENZA N. 59

ANNO 2024


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promossi dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, con tre ordinanze dell’8 febbraio 2023, iscritte ai numeri 42, 43 e 44 del registro ordinanze 2023 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 20 febbraio 2024.

Visto l’atto di intervento della Procura generale della Corte dei conti;

udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema;

deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024.


Ritenuto in fatto

1.– La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, con tre distinte ordinanze iscritte ai numeri 42, 43 e 44 del registro ordinanze 2023, tutte relative a giudizi di conto di società partecipate dalla Regione (le prime due aventi ad oggetto i conti degli agenti contabili di Fincalabra spa e l’ultima di Ferrovie della Calabria srl), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 103, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), il quale prevede che «[i] soggetti nominati o designati dalla Regione o proposti dai rappresentanti della Regione nelle assemblee [delle società partecipate dalla Regione] quali componenti degli organi di amministrazione o dei collegi sindacali delle [stesse] società sono, a tutti gli effetti, agenti contabili», che devono «rendere annualmente il conto» e che «sono assoggettati alla giurisdizione della Corte dei conti».

Secondo il rimettente la disposizione censurata, infatti, porrebbe l’obbligo di rendere il conto delle partecipazioni sociali in capo agli amministratori e ai sindaci della società partecipata, mentre tale responsabilità andrebbe posta in capo agli uffici regionali, perché la Regione Calabria, in qualità di proprietaria delle suddette partecipazioni, avrebbe la giuridica e concreta possibilità, esercitando i diritti del socio, di evitare che questi beni perdano di valore.

Con riferimento alle prime due ordinanze, la sezione regionale della Corte dei conti rimettente riferisce di dover decidere su alcuni giudizi di conto presentati dai convenuti – in qualità di componenti del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale – in merito alle azioni di Fincalabra spa (società partecipata dalla Regione Calabria), attinenti all’esercizio 2015 (ordinanza iscritta al n. 43 del r.o. 2023) e 2016 (ordinanza iscritta al n. 42 del r.o. 2023), tutti giudizi di simile tenore e relativi alla medesima gestione contabile.

Quanto alla terza e ultima ordinanza (ordinanza iscritta al n. 44 del r.o. 2023), rileva il rimettente che il giudizio principale si riferisce al conto giudiziale attinente all’esercizio 2015 in merito alle partecipazioni sociali di Ferrovie della Calabria srl (società partecipata dalla Regione Calabria), presentato dal convenuto in qualità di amministratore unico della società.

Afferma il giudice a quo che il magistrato istruttore ha rimesso al collegio «le valutazioni sulla regolarità o meno della gestione dell’agente contabile.

Rappresenta il giudice rimettente che, nella concreta fattispecie, i conti erano stati presentati dagli agenti contabili individuati dalla legge impugnata (componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale), approvati e parificati dal Dipartimento regionale delle finanze; tali conti presentavano una riduzione del valore (formale e sostanziale) delle partecipazioni regionali, a seguito di una delibera delle assemblee dei soci che aveva disposto la riduzione del capitale sociale a copertura di maggiori perdite di esercizio.

Oggetto del giudizio è il conto riferito alla gestione contabile del consegnatario delle partecipazioni della Regione Calabria in qualità di amministratore unico e che preliminarmente occorre accertare il soggetto obbligato a rendere il conto giudiziale, essendo privo di rilevanza giuridica un conto presentato da un soggetto su cui non incombano gli obblighi della gestione contabile di beni dell’amministrazione pubblica, e che quindi non sia responsabile con riguardo alle entrate non riversate e alle uscite prive di valido titolo (artt. 74 e 85 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, recante «Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato» e artt. 45 e 54 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti»).

Su tale questione il rimettente osserva che è pacificamente riconosciuto l’obbligo di rendere il conto delle partecipazioni di proprietà della Regione, in base alle norme generali di contabilità dello Stato (artt. 20, lettera c, 29, ultimo comma, e 32 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, recante «Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato»), applicabili alle regioni ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 3, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, recante «Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti», convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19 e degli artt. 3 e 6, comma 2, della legge 8 ottobre 1984, n. 658 (Istituzione in Cagliari di una sezione giurisdizionale e delle sezioni riunite della Corte dei conti) nonché dell’art. 93, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e degli artt. 137 e 18, lettera a), del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124).

Evidenzia, inoltre, il rimettente che le sezioni unite civili della Corte di cassazione, con ordinanza 27 marzo 2007, n. 7390, hanno precisato che tra i consegnatari «per debito di custodia» o «per debito di vigilanza» rientrano anche i consegnatari delle azioni, a prescindere da espressa previsione di legge o regolamento, in applicazione dell’art. 103 Cost. e che, nell’esame dei conti giudiziali, il sindacato della Corte dei conti «non è limitato alla custodia ed alla gestione dei titoli originari nella loro materialità, ma si estende alle variazioni del loro valore ed agli utili e ai dividendi distribuiti, dovendo il consegnatario risponderne ai sensi dell’art. 29, ultimo comma, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827».

Ciò non escluderebbe che oggetto del giudizio siano il conto e le operazioni effettuate dall’agente contabile sulla base delle direttive del socio, e non anche gli atti di esercizio dei poteri da parte dell’amministrazione (ex artt. 2350, 2351, 2408, 2409 del codice civile), dei quali risponderebbero i funzionari amministrativi nella diversa sede del giudizio di responsabilità.

Il rimettente prosegue esponendo che la Regione Calabria, a seguito della richiamata pronuncia della Corte di cassazione, con la disposizione oggi censurata ha attribuito «a tutti gli effetti» la qualifica di «agenti contabili a materia» ai suoi delegati negli organi di amministrazione o nei collegi sindacali delle società a partecipazione regionale, prevedendo che essi devono «adeguatamente supportare la Regione nell’esercizio dei diritti di azionista», «rendere annualmente il conto», così assoggettandoli alla giurisdizione della Corte dei conti nel rispetto della legislazione statale in materia.

Ricorda ancora il rimettente che, anche a seguito degli indirizzi di coordinamento organizzativo resi dalle sezioni riunite in sede consultiva della Corte dei conti (allegati al parere delle medesime Sezioni riunite 3 giugno 2015, n. 2), si era ritenuto che il consegnatario delle azioni fosse non chi custodisce materialmente i titoli (ovvero, di norma, il tesoriere), bensì il soggetto responsabile della gestione delle azioni, e quindi – a seconda di quanto previsto dall’ordinamento interno dell’ente – il titolare dell’ufficio cui riferiscono i soggetti che partecipano all’assemblea esercitando i diritti del socio, oppure il sindaco (o un suo delegato) quando la partecipazione all’assemblea sia riservata a quest’ultimo (o a un soggetto da lui delegato).

La questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale sarebbe quindi, rilevante e pregiudiziale per la decisione dei giudizi di conto, ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto alla presentazione del conto e della procedibilità del giudizio stesso.

Ad avviso del giudice a quo sussisterebbero dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007, la cui applicazione imporrebbe il riconoscimento della qualifica di agente contabile ai convenuti e la procedibilità del giudizio di conto.

Evidenzia il giudice a quo, richiamando la sentenza di questa Corte n. 114 del 1975, che l’art. 103 Cost. implicherebbe il necessario assoggettamento a giudizio di conto di coloro che “maneggiano” denaro e valori dell’ente pubblico, in funzione di garanzia obiettiva dell’ordinamento.

Sotto diverso profilo, è richiamata la sentenza di questa Corte n. 189 del 2020 secondo la quale, mentre i profili «pubblicistico-organizzativi» afferenti al rapporto di servizio degli amministratori regionali rientrerebbero nella competenza legislativa residuale delle regioni (art. 117, quarto comma, Cost.), apparterrebbero alla competenza legislativa statale (ex art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.) tanto i profili «civilistici», quali i diritti e obblighi dell’impiego privatizzato dei pubblici dipendenti, quanto i profili «giurisdizionali», come «la disciplina della responsabilità amministrativa, nella quale i profili sostanziali della stessa [sarebbero] strettamente intrecciati con i poteri del giudice chiamato ad accertarla».

L’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 non sarebbe compatibile con i principi costituzionali in quanto la funzione dell’obbligo di rendere il conto e del relativo giudizio di conto sarebbe quella di responsabilizzare il soggetto che detiene un bene pubblico sotto la sua custodia, onde evitare di disperderne il valore (a garanzia delle pubbliche finanze) e, qualora si tratti beni il cui valore sia dato dai diritti in essi cartolarizzati (come nel caso delle partecipazioni sociali), tale responsabilità non potrebbe che essere ricondotta a chi ha la giuridica e concreta possibilità di evitare che questi beni perdano di valore, e, nella fattispecie, l’ente proprietario della partecipazione che può esercitare i diritti di socio.

In questa prospettiva, secondo consolidata giurisprudenza della Corte dei conti, il “maneggio” di una quota o di una azione non potrebbe intendersi che come disponibilità dei relativi diritti di socio: soprattutto attesa la possibile “dematerializzazione” delle partecipazioni sociali (sono citate Corte dei conti, sezioni giurisdizionali per la Toscana, sentenze 4 giugno 2020, n. 127 e n. 302 del 2019; del Veneto, n. 99 del 2019 e n. 8 del 2019; della Calabria, n. 221 del 2021; del Molise, n. 53 del 2018).

L’art. 8 censurato individua come consegnatari delle partecipazioni sociali soggetti che non ne avrebbero il “maneggio”, ovvero gli amministratori o i sindaci delle società partecipate, soggetti che per definizione non potrebbero esercitare i diritti del socio.

Così facendo, la disposizione in esame finirebbe per deresponsabilizzare gli organi regionali e per depotenziare il giudizio di conto: gli agenti contabili da essa individuati non avrebbero l’effettivo maneggio delle partecipazioni sociali e quindi non potrebbero essere in alcun modo chiamati a risponderne all’esito del giudizio.

Sussisterebbe dunque contrasto con l’art. 103, secondo comma, Cost. e in particolare con la funzione di garanzia della legalità contabile propria del giudizio di conto di pertinenza della Corte dei conti; con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto – ferma restando la facoltà dell’ente, nell’ambito dei suoi poteri di autorganizzazione, di individuare gli uffici e i soggetti cui affidare la custodia dei propri beni – limiterebbe l’ambito della giurisdizione contabile e in tal modo inciderebbe su una materia riservata alla legge dello Stato; con l’art. 3 Cost., in quanto creerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre amministrazioni in cui l’agente contabile è colui che ha effettivo maneggio delle partecipazioni sociali, e che pertanto risponde della propria gestione (ad esempio, negli enti locali, il sindaco o il suo delegato, ai sensi dell’art. 9, comma 3, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica»).

Infine, ritiene il rimettente che l’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 manifesterebbe un’univoca volontà legislativa di esonerare gli uffici regionali dall’obbligo di rendere il conto delle partecipazioni sociali della Regione, traslandolo sugli amministratori delle società partecipate, e non sarebbe possibile accedere a una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione regionale censurata che renda superfluo il giudizio di legittimità costituzionale.

La questione sarebbe rilevante in quanto l’applicazione della normativa in esame inciderebbe sulla procedibilità dei giudizi sui conti, considerato che i convenuti non potrebbero ritenersi agenti contabili se non in forza della disposizione censurata.

Il dubbio di legittimità costituzionale riguardante l’individuazione del soggetto obbligato alla resa del conto condizionerebbe l’esito dei giudizi pendenti dinanzi al rimettente, in quanto, in caso di accoglimento della questione, l’obbligo di rendere il conto graverebbe su soggetti diversi dai convenuti. Inoltre, posto che nei giudizi di conto all’esame della sezione giurisdizionale della Corte dei conti è emersa una diminuzione del valore delle partecipazioni societarie, non sarebbe possibile addivenire a una pronuncia di discarico, che renderebbe priva di rilevanza la questione prospettata.

2.– Con riferimento a tutte le ordinanze di rimessione ha chiesto di intervenire nel presente giudizio il Procuratore generale della Corte dei conti il quale, nel riportarsi alle argomentazioni già diffusamente esposte dal giudice a quo, chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007.

Quanto all’ammissibilità del suo intervento, la Procura generale prospetta la sussistenza di un interesse concreto e attuale ad espungere la disposizione censurata dall’ordinamento. A tale riguardo sostiene che l’art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), prevederebbe il diritto ad intervenire – nei procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale – degli organi dello Stato e delle Regioni; tale disciplina sarebbe completata dall’art. 4, comma 3, del regolamento di procedura e dalle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, secondo cui l’intervento degli altri soggetti deve avvenire nel rispetto dei termini perentori previsti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Non vi sarebbe alcuna norma, nell’ordinamento, che impedirebbe l’intervento in giudizio del pubblico ministero contabile il quale sia parte nel giudizio a quo. Sarebbe poi evidente l’interesse concreto e attuale della Procura generale, nell’interesse della legge, a pervenire a una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione regionale censurata.


Considerato in diritto

1.– Con le ordinanze indicate in epigrafe, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 103, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007.

Tale disposizione prevede che «[i] soggetti nominati o designati dalla Regione o proposti dai rappresentanti della Regione nelle assemblee, quali componenti degli organi di amministrazione o dei collegi sindacali delle società a partecipazione regionale sono, a tutti gli effetti, agenti contabili a materia e rispondono, in tale qualità, della corretta gestione societaria. Gli stessi devono supportare adeguatamente la Regione nell’esercizio dei diritti di azionista, rendere annualmente il conto con le modalità e termini stabiliti dalla Giunta regionale e sono assoggettati alla giurisdizione della Corte dei conti nel rispetto della legislazione statale in materia, ferme restando le responsabilità previste dal codice civile».

2.– Le tre ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, censurata in riferimento agli stessi parametri. I relativi giudizi possono dunque essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.

3.– In tutte e tre le ordinanze il rimettente riferisce di dover decidere su giudizi di conto instaurati in virtù della disposizione censurata, che qualifica come agenti contabili – e come tali assoggettati al giudizio di conto – i soggetti nominati o designati dalla Regione o proposti dai rappresentanti della Regione nelle assemblee, quali componenti degli organi di amministrazione o dei collegi sindacali delle società partecipate dalla Regione Calabria (nei casi di specie: Fincalabra spa e Ferrovie della Calabria srl).

Le questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti in quanto i convenuti nel giudizio di conto non potrebbero ritenersi agenti contabili se non in forza della disposizione censurata, mentre gli stessi non avrebbero effettivo “maneggio” delle partecipazioni sociali e non dovrebbero, pertanto, essere sottoposti al predetto giudizio.

3.1.– Secondo il giudice a quo, le questioni di legittimità costituzionale sarebbero altresì non manifestamente infondate in quanto la disposizione censurata entrerebbe in conflitto anche con la funzione di garanzia della legalità contabile riservata al giudizio di conto di pertinenza della Corte dei conti. L’art. 103, secondo comma, Cost. implicherebbe infatti l’assoggettamento a giudizio di conto di coloro che “maneggiano” effettivamente denaro e valori dell’ente pubblico, ai sensi dell’art. 44 del r.d. n. 1214 del 1934, disposizione che dovrebbe ritenersi di applicazione generale, prevalente anche sulle esigenze di autonomia delle regioni.

Inoltre, la disposizione regionale censurata, limitando l’ambito della giurisdizione contabile, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto – ferma restando la facoltà della Regione di individuare gli uffici e i soggetti cui affidare la custodia dei propri beni in virtù del potere di autorganizzazione riconosciutole dall’art. 117, quarto comma, Cost. – sarebbe lesiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato attinente ai profili giurisdizionali e alla disciplina della responsabilità amministrativa di competenza della Corte dei conti.

L’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 violerebbe i parametri evocati in quanto non sottoporrebbe a giudizio di conto l’ente proprietario della partecipazione stessa, che soltanto ha la possibilità di esercitare i diritti di socio e quindi evitare che la partecipazione perda valore.

La disposizione censurata individuerebbe come agenti contabili soggetti che non avrebbero il “maneggio” delle partecipazioni sociali, non avendo l’effettiva possibilità di esercitare i diritti del socio.

Si determinerebbe in tal modo uno stravolgimento del giudizio di conto, anche in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto si creerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre amministrazioni in cui l’agente contabile (avendo effettivo “maneggio” della partecipazione sociale) risponderebbe della propria gestione, come accade negli enti locali, ove, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 175 del 2016, delle partecipazioni sociali sarebbe responsabile il sindaco o il suo delegato. Infatti, l’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 avrebbe esonerato gli uffici regionali dall’obbligo di rendere il conto delle partecipazioni sociali, traslandolo sugli amministratori e sui sindaci delle società partecipate.

4.– In relazione a tutte le ordinanze di rimessione è intervenuto il Procuratore generale della Corte dei conti, il quale, nel ribadire le argomentazioni del giudice rimettente, chiede che il suo intervento sia ammesso nel presente giudizio.

Relativamente a detto intervento va ricordato che sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (art. 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a quo, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale.

Nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, infatti, l’intervento di soggetti estranei al giudizio principale (art. 4, comma 3, delle Norme integrative) è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.

Alla luce del costante orientamento di questa Corte, il Procuratore generale della Corte dei conti non può ritenersi titolare di un interesse qualificato e pertanto il suo intervento non è ammissibile (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2024, con allegata ordinanza letta all’udienza del 24 gennaio 2024; n. 206 del 2019, con allegata ordinanza letta all’udienza del 4 giugno 2019; e n. 173 del 2019, con allegata ordinanza letta all’udienza del 18 giugno 2019).

5.– Le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 8 della legge reg. Calabria n. 22 del 2007 sono rilevanti in quanto la disposizione censurata trova effettiva applicazione nei giudizi a quibus, nei quali, ai sensi degli artt. 139 e 140, comma 3, del d.lgs. n. 174 del 2016, sono sottoposti a giudizio di conto i soggetti individuati come agenti contabili dalla disposizione regionale censurata.

6.– Ai fini della decisione nel merito appare opportuna una ricostruzione della figura dell’agente contabile nonché del quadro normativo e giurisprudenziale rilevante.

6.1.– L’agente contabile ha rappresentato fin dalla nascita dello Stato unitario una figura chiave nella cosiddetta gestione contabile delle pubbliche amministrazioni e, cioè, in quella fase della gestione operativa che segue quella amministrativa o volitiva condotta dall’apparato dirigenziale e direttivo e che è essenziale per mettere in atto le decisioni amministrative già prese in merito alla raccolta delle entrate, al pagamento delle spese e alla custodia dei beni precedentemente acquisiti dall’ente.

La descrizione dei soggetti incaricati della riscossione delle entrate e dell’esecuzione dei pagamenti o di quelli che ricevono somme dovute allo Stato o altre delle quali lo Stato stesso ne diventa debitore, unitamente a quei soggetti che maneggiano denaro pubblico o che si ingeriscono negli incarichi attribuiti ai detti agenti, è fornita dall’art. 74 del r.d. n. 2440 del 1923, di contabilità generale dello Stato.

Più precisamente, sono qualificati agenti contabili: gli agenti della riscossione o esattori, il cui compito risulta essere quello di riscuotere le entrate e di versarne il relativo ammontare; gli agenti pagatori o tesorieri, incaricati della custodia del denaro e dell’esecuzione dei pagamenti; gli agenti consegnatari, addetti alla conservazione di generi, oggetti e materie di pertinenza della pubblica amministrazione; nonché tutti coloro che, senza legale autorizzazione, si ingeriscono negli incarichi attribuiti agli agenti anzidetti e riscuotono somme di spettanza dello Stato, ex art. 178 del regolamento di contabilità (r.d. n. 827 del 1924).

Con riguardo alla fattispecie di beni in esame va precisato che i titoli azionari e partecipativi sono espressamente annoverati tra i beni mobili dello Stato, ai sensi dell’art. 20, lettera c), del r.d. n. 827 del 1924, il quale prevede che diritti e azioni, a norma del codice civile, sono considerati come beni mobili (la categoria dei beni mobili è determinata dal terzo comma dell’art. 812 cod. civ. per esclusione, cosicché sono considerati mobili tutti i beni che non possono essere qualificati come immobili ai sensi dei primi due commi del medesimo articolo).

I consegnatari dei beni mobili di cui al predetto art. 20 sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in custodia, fino a che non ne abbiano ottenuto legale discarico, mentre non sono direttamente e personalmente responsabili dell’abusiva e colpevole deteriorazione degli oggetti, se non in quanto abbiano omesso di adoperare quella vigilanza che loro incombe nei limiti delle attribuzioni del loro ufficio. I consegnatari dei diritti e azioni rispondono altresì delle variazioni che subiscono i crediti loro affidati (art. 29 del r.d. n. 827 del 1924).

L’obbligo di rendere il conto delle partecipazioni di proprietà della Regione è riconosciuto in base alle già richiamate norme generali di contabilità dello Stato (artt. 20, lettera c, 29, ultimo comma, e 32 del r.d. n. 827 del 1924) ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 3, del d.l. n. 453 del 1993, come convertito, e degli artt. 3 e 6, comma 2, della legge n. 658 del 1984, nonché degli artt. 137 e 18, lettera a), del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 cod. giust. contabile.

Secondo quanto disposto dall’art. 44 del r. d. n. 1214 del 1934, «la Corte [dei conti] giudica, con giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico o di tenere in custodia valori e materie di proprietà dello Stato, e di coloro che si ingeriscono anche senza legale autorizzazione negli incarichi attribuiti ai detti agenti».

Inoltre, l’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2002, n. 254 (Regolamento concernente le gestioni dei consegnatari e dei cassieri delle amministrazioni dello Stato), stabilisce che «[g]li agenti che ricevono in consegna i beni mobili dello Stato sono denominati consegnatari i quali, in relazione alle modalità di gestione e di rendicontazione ed alle conseguenziali responsabilità, assumono la veste, rispettivamente, di agenti amministrativi per debito di vigilanza e di agenti contabili per debito di custodia».

Un nuovo impulso al giudizio di conto è conseguente alle norme del codice di giustizia contabile, contenute negli articoli da 137 a 150 dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 174 del 2016, che integrano le varie disposizioni già presenti in normative specifiche di settore. Le richiamate disposizioni hanno riportato all’attenzione delle amministrazioni le attività relative al deposito e alla parifica del conto giudiziale da parte dei soggetti interni ed esterni tenuti a detto adempimento. Negli articoli da 137 a 150 dell’Allegato 1 al citato decreto legislativo, sono disciplinati l’ambito dei giudizi di conto e i compiti dell’agente contabile (articoli da 137 a 140); il giudizio di resa del conto (articoli da 141 a 144); il giudizio sul conto (articoli da 145 a 150).

Ai fini della questione di legittimità costituzionale in esame, vengono in rilievo in particolare specifiche disposizioni del citato codice di giustizia contabile.

È, anzitutto, opportuno richiamare i contenuti dell’art. 137 cod. giust. contabile circa la competenza della Corte dei conti a giudicare sui conti degli agenti contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto a termini di legge. Si tratta, dunque, di un’ampia platea che vede interessati tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi, le case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Ai sensi dell’art. 139, comma 2, dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 174 del 2016 l’amministrazione è tenuta a nominare un responsabile del procedimento il quale, espletata la fase di verifica o controllo amministrativo prevista dalla vigente normativa, entro trenta giorni dall’approvazione, previa parificazione del conto, deve depositarlo, unitamente alla relazione degli organi di controllo interno, presso la sezione giurisdizionale territorialmente competente.

A seguito della presentazione del conto giudiziale, l’amministrazione avvia le attività di parificazione attraverso un apposito procedimento autonomo e distinto dalle verifiche poste in essere da altri organi di controllo con la finalità di garantire alla pubblica amministrazione la correttezza della gestione del denaro o del patrimonio pubblico di sua pertinenza, anticipando l’attività affidata alla Corte dei conti che interviene solo quando sono stati svolti i controlli interni presso ciascuna amministrazione sulla predetta gestione.

Gli articoli da 137 a 150 cod. giust. contabile, afferenti all’ambito di operatività del giudizio di conto, devono essere letti in stretta connessione con i principi generali della giurisdizione contabile: di effettività e di concentrazione (artt. 2 e 3 cod. giust. contabile); del giusto processo (art. 4 cod. giust. contabile), dell’obbligo di motivazione e di sinteticità degli atti (art. 5 cod. giust. contabile).

Il principio di effettività di cui all’art. 2 cod. giust. contabile deve essere correlato al principio di concentrazione al fine di assicurare una tutela piena ed effettiva degli interessi e dei diritti soggettivi. L’intendimento del giudizio di conto è difatti quello di garantire la corretta gestione del pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni.

6.2.– Per quanto riguarda la figura dell’agente contabile, una sua possibile perimetrazione può essere ricavata, oltre che dalla lettura combinata delle disposizioni sopra richiamate, dalla interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza costituzionale, della Corte di cassazione e della Corte dei conti.

In virtù di un orientamento costante di questa Corte, l’art. 103, secondo comma, Cost., secondo cui «la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge», si riferisce all’ampio ambito della «tutela del pubblico danaro» (sentenze n. 169 del 2018, n. 371 del 1998, n. 185 del 1982, n. 68 del 1971). È stato a questo proposito ripetutamente affermato che la Corte dei conti ha giurisdizione piena ed esclusiva nelle materie di contabilità pubblica di cui all’art. 103, secondo comma, Cost. (sentenze n. 89 del 2023, n. 182 del 2022, n. 18 del 2019) ed è stato altresì chiarito che tradizionalmente tale giurisdizione comprende tanto i giudizi di responsabilità amministrativo-contabile, quanto i giudizi di conto (sentenze n. 169 del 2018, n. 378 del 1996).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è infatti «principio generale del nostro ordinamento che il pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni debba esser assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento del rendiconto giudiziale» (sentenze n. 1007 del 1988 e n. 114 del 1975). Ne discende, in ossequio al principio di necessarietà del giudizio di conto, l’obbligatorietà della resa del conto giudiziale da parte di chi ha maneggio di denaro o valori pubblici; in applicazione di tale principio a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di denaro e valori di proprietà dell’ente è consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere (ancora sentenze n. 1007 del 1988, n. 114 del 1975).

Il giudizio avente ad oggetto azioni e quote societarie si configura, pertanto, come un procedimento giudiziale, a carattere necessario ed ineludibile, per la salvaguardia di interessi generali della collettività connessi alla gestione del denaro o di beni pubblici (sentenze n. 114 del 1975 e n. 292 del 2001).

È utile anche richiamare quanto affermato dalle sezioni unite della Corte di cassazione in materia di giudizio di conto da parte di agente contabile di società per azioni, a prevalente capitale pubblico locale, costituita per la gestione di beni pubblici locali produttivi di entrate (gestione di parcheggi pubblici), secondo cui «[t]ale nozione allargata di agente contabile, la quale ricomprende anche i soggetti che abbiano di fatto maneggio di denaro pubblico […] è in perfetta armonia con l’art. 103 della Costituzione, la cui forza espansiva deve considerarsi vero e proprio principio regolatore della materia» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 9 ottobre 2001, n. 12367).

La qualità di agente contabile, perciò, è fondata sul presupposto essenziale che detto operatore è investito del maneggio di denaro (sia esso entrata di diritto pubblico o di diritto privato) d’indiscussa originaria pertinenza dell’ente pubblico che ha costituito a tale scopo la società di tipo privatistico, e ovviamente tale considerazione si estende anche alla gestione di materie di pertinenza pubblica.

Rileva anche il giudice di legittimità che la gestione deve svolgersi «secondo uno schema procedimentale di tipo contabile», alludendo al principio della rendicontazione fra agente contabile ed ente proprietario dei beni o del danaro gestito, adempimento di regola posto a chiusura dei doveri di gestione; rendiconto che assume la natura di conto giudiziale (ancora Cass., n. 12367 del 2001).

In un’altra pronuncia, la Corte di cassazione, con specifico riferimento a una fattispecie riguardante le partecipazioni sociali della Regione Calabria, ha affermato che l’inclusione dei diritti e azioni tra i beni mobili dello Stato, per i quali sussiste l’obbligo della resa del conto, è applicazione di un principio costituzionale, tanto più in considerazione dell’accresciuto rilievo delle partecipazioni societarie degli enti pubblici conseguente al processo di privatizzazioni e che la Corte dei conti ha giurisdizione anche in relazione ai conti aventi ad oggetto azioni e quote societarie (Cass., n. 7390 del 2007).

Con la medesima ordinanza, la stessa Corte ha precisato che la funzione di garanzia insita nella verifica circa la regolare gestione contabile e patrimoniale dell’ente pubblico rende necessario l’esercizio della giurisdizione di conto in tutte le sue componenti, patrimoniali e finanziarie.

Il d.lgs. n. 175 del 2016, all’art. 9, comma 2, prevede che «per le partecipazioni regionali i diritti del socio sono esercitati secondo la disciplina stabilita dalla regione titolare delle partecipazioni», mentre, al successivo comma 3, stabilisce che «[p]er le partecipazioni di enti locali i diritti del socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato»

In altri termini, con il citato art. 9 il legislatore ha individuato i soggetti deputati a esercitare i diritti dell’azionista nei seguenti termini: per le partecipazioni regionali, la presidenza della regione, salvo diversa disposizione di legge della stessa regione titolare delle partecipazioni; per quelle degli enti locali, il sindaco o il presidente o un loro delegato; in tutti gli altri casi le partecipazioni sono gestite dall’organo amministrativo dell’ente.

7.– Ciò posto, nel procedere ad esaminare il merito delle questioni, questa Corte, avvalendosi della facoltà di decidere l’ordine delle questioni da affrontare (sentenze n. 120 del 2022, n. 260 del 2021, n. 246 del 2020 e n. 258 del 2019), ritiene di esaminare innanzitutto la censura relativa al parametro concernente il riparto di competenze, poiché incidente sul piano delle fonti prima ancora che sul merito della scelta legislativa.

7.1.– La questione è fondata sotto il profilo della violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «giurisdizione e norme processuali» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Con riferimento ai giudizi in esame, va ricordato che i titoli azionari e partecipativi sono espressamente annoverati tra i beni mobili dello Stato, ai sensi dell’art. 20, lettera c), del r.d. n. 827 del 1924 e che il giudizio avente ad oggetto azioni e quote societarie si configura come un procedimento giudiziale a carattere necessario ed ineludibile, finalizzato alla salvaguardia di interessi generali della collettività connessi alla gestione del denaro o di beni pubblici (sentenze n. 292 del 2001 e n. 114 del 1975).

La stessa Corte di cassazione, con la più volte richiamata ordinanza n. 7390 del 2007, ha precisato in maniera chiara come la indefettibile funzione di garanzia insita nella verifica circa la regolare gestione contabile e patrimoniale dell’ente pubblico renda necessario l’esercizio della giurisdizione di conto su tutte le componenti patrimoniali e finanziarie, compresi i titoli azionari.

Ai sensi dell’art. 29, ultimo comma, del r.d. n. 827 del 1924, i consegnatari dei diritti e delle azioni indicati alla lettera c) dell’art. 20 del regolamento di contabilità generale rispondono anche delle variazioni che subiscono i crediti loro affidati. Detta disposizione è stata ulteriormente valorizzata dalla stessa Corte di cassazione (ancora Cass., ordinanza n. 7390 del 2007), con un articolato obiter dictum in cui è precisato che «il giudizio non può essere limitato al titolo originario nella sua materialità, ma deve riguardare anche le variazioni del valore dei titoli e gli utili o dividendi distribuiti».

Il giudizio di conto, come affermato da questa Corte, si configura essenzialmente come una procedura giudiziale a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico e ha avuto in carico risorse finanziarie provenienti da bilanci pubblici è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e non risulta gravato da obbligazioni di restituzione. In quanto tale, il giudizio di conto ha come destinatari non già gli ordinatori della spesa, bensì gli agenti contabili che riscuotono le entrate ed eseguono le spese (sentenza n. 292 del 2001).

La giurisdizione della Corte dei conti in questo giudizio risponde dunque all’esigenza del rispetto della legalità contabile delle risorse pubbliche, come affermato anche nella sentenza n. 129 del 1981 in cui questa Corte ha ricordato che la giurisdizione sui conti giudiziali – essendo retta da un impulso d’ufficio – presenta un carattere necessario e continuo, risolvendosi inevitabilmente in tanti giudizi quanti sono i conti che periodicamente si susseguono.

Tali affermazioni si inverano nell’art. 138, comma 1, cod. giust. contabile, secondo cui «le amministrazioni comunicano alla sezione giurisdizionale territorialmente competente i dati identificativi relativi ai soggetti nominati agenti contabili e tenuti alla resa del conto giudiziale» e nei successivi artt. 139 – che impone ai suddetti agenti di presentare il conto alla chiusura dell’esercizio finanziario salvo diverso termine previsto dalla legge – e 140, comma 1, che prevede il deposito del conto, parificato dall’amministrazione, presso la segreteria della sezione giurisdizionale competente.

Per effetto di tale deposito l’agente contabile si intende costituito in giudizio (art. 140, comma 3, cod. giust. contabile).

La disposizione regionale censurata, attribuendo autonomamente la qualifica di agenti contabili ai consiglieri di amministrazione e ai componenti del collegio sindacale, nominati dal Presidente della Regione o dai rappresentanti nelle assemblee sociali, delle società partecipate dalla Regione Calabria, esula dalla competenza del legislatore regionale.

Quest’ultimo può unicamente disciplinare l’assetto organizzativo interno della gestione ed eventualmente gli ambiti della delega, ma non può attribuire la qualifica di agente contabile invadendo la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «giurisdizione e norme processuali» (sentenze n. 160 del 2022, n. 285 del 2019, n. 8 del 2017, n. 19 del 2014).

Secondo quanto stabilito dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., difatti, spetta solo allo Stato dettare la disciplina relativa alla predetta materia «giurisdizione e norme processuali» e dunque, nello specifico, quella inerente al giudizio di conto.

8.– Sono assorbite le censure sollevate in riferimento agli altri parametri costituzionali evocati dal giudice rimettente.

9.– In assenza di una disciplina statale organica e tenuto conto che il giudizio di conto è materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, questa Corte esprime l’auspicio che il legislatore statale intervenga nella materia prendendo in adeguata considerazione l’evoluzione della figura e del ruolo dell’agente contabile con particolare riguardo alle partecipazioni societarie degli enti pubblici.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Calabria 5 ottobre 2007, n. 22 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’anno 2007 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8);

2) dichiara l’inammissibilità dell’intervento in giudizio del Procuratore generale della Corte dei conti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2024

Il Cancelliere

F.to: Valeria EMMA