Titolo
SENT. 27/98 A. SALUTE (TUTELA DELLA) - TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI - DANNI RIPORTATI DAL VACCINATO - INDENNIZZO - OMESSA PREVISIONE PER I VACCINATI NEL PERIODO DI VIGENZA DELLA L. N. 695 DEL 1959 - PRETESA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2 E 32 COST. - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE.
Testo
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 2 e 32 Cost., l'art. 1, comma 1, l. 25 febbraio 1992 n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959 n. 695 (Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomelitica), in quanto - posto che la vaccinazione antipoliomelitica e' stata resa obbligatoria con legge 4 febbraio 1966 n. 51; che, anteriormente alla predetta legge, la legge 30 luglio 1959 n. 695 aveva fortemente incentivato la vaccinazione pur non imponendola come obbligo giuridico; e che non e' costituzionalmente lecito alla stregua degli artt. 2 e 32 Cost., richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettivita' stessa sia disposta a condividere, come e' possibile, il peso delle eventuali conseguenze negative - non vi e' ragione di differenziare, dal punto di vista dell'anzidetto principio, il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui esso sia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorita' in vista della sua diffusione capillare nella societa'; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria. - S. nn. 307/1990, 118/1996. red.: S. Di Palma
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 2
Costituzione
art. 32
Riferimenti normativi
legge
25/02/1992
n. 210
art. 1
co. 1
legge
04/02/1966
n. 51
art. 0
co. 0
legge
30/07/1959
n. 695
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 27/98 B. SALUTE (TUTELA DELLA) - TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI - DANNI RIPORTATI DAL VACCINATO - INDENNIZZO - RIDUZIONE, PER IL PASSATO, DEL 70 PER CENTO ANNUO CON ESCLUSIONE DELLA RIVALUTAZIONE E DEI RATEI ARRETRATI MATURATI E NON RISCOSSI - PRETESA INCIDENZA SUL DIRITTO ALLA SALUTE E SULLA GARANZIA PREVIDENZIALE - PRETESA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI ENUNCIATI NELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 118/1996 - NON FONDATEZZA.
Testo
Non e' fondata, con riferimento agli artt. 2, 32, 38, commi primo e terzo, e 136 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, l. 25 febbraio 1992 n. 210, come sostituito dall'art. 7 d.l. 23 ottobre 1996 n. 548, convertito nella l. 20 dicembre 1996 n. 641, e dell'art. 1, comma 2, l. n. 641 del 1996, nella parte in cui, per il passato, riducono l'indennizzo del 70 per cento annuo ed escludono il diritto agli interessi e alla rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi, in quanto - posto che le disposizioni denunciate prevedono che ai soggetti, i quali hanno diritto o ai quali spetta l'indennizzo a norma dell'art. 1 l. n. 210 del 1992, e' corrisposto, a domanda, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo previsto dall'art. 2, commi 1 e 2 prima parte della legge un assegno "una tantum" nella misura pari, per ciascun anno, al 30 per cento dell'indennizzo " a regime", con esclusione di interessi legali e rivalutazione; che alla Corte costituzionale non e' dato sovrapporre le proprie valutazioni di merito a quelle che spettano e sono riservate al legislatore nelle determinazioni volte a predisporre i mezzi necessari a far fronte alle obbligazioni dello Stato nella materia dei cosiddetti diritti sociali, essendo soltanto il legislatore costituzionalmente abilitato a compiere gli apprezzamenti necessari a comporre nell'equilibrio del bilancio le scelte di compatibilita' e di relativa priorita' nelle quali si sostanziano le politiche sociali dello Stato; e che, nel rispetto dell'ampia discrezionalita' che dev'essere riconosciuta al legislatore, alla Corte, nell'esercizio del controllo di costituzionalita' sulle leggi compete tuttavia di garantire la misura minima essenziale di protezione delle situazioni soggettive che la Costituzione qualifica come diritti, al di sotto della quale si determinerebbe, con l'elusione dei precetti costituzionali, la violazione di tali diritti - l'assegno "una tantum" previsto dalla legge assume il significato di misura di solidarieta' sociale fondata negli artt. 2 e 32 Cost., cui non necessariamente si accompagna una funzione assistenziale a norma dell'art. 38, comma 1, Cost., essendo esso dovuto indipendentemente dalle condizioni economiche dell'avente diritto e non mirando di per se' agli scopi per i quali l'art. 38 stesso e' stato dettato (vedi Massima "A"). - S. nn. 307/1990 e 118/1996. red.: S. Di Palma
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 2
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 38
co. 1
Costituzione
art. 38
co. 3
Costituzione
art. 136
Riferimenti normativi
legge
25/02/1992
n. 210
art. 2
co. 2
decreto-legge
23/10/1996
n. 548
art. 7
co. 0
legge
20/12/1996
n. 641
art. 0
co. 0
N. 27
SENTENZA 23-26 FEBBRAIO 1998
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e
2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore
dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa
di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati), quest'ultimo come sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23
ottobre 1996, n. 548, convertito, con modificazioni, nella legge 20
dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, della legge 20
dicembre 1996, n. 641 (Conversione in legge, con modificazioni, del
d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, recante interventi per le aree
depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali,
nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), promossi con
ordinanze emesse il 10 ottobre 1996 dal pretore di Massa, il 5
febbraio 1997 dal tribunale di Firenze, il 12 giugno 1997 dal pretore
di Trento, rispettivamente iscritte al n. 1294 del registro ordinanze
1996, e ai nn. 174 e 611 del registro ordinanze 1997, pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie
speciale, dell'anno 1996 e nn. 15 e 39, prima serie speciale,
dell'anno 1997;
Visti gli atti di costituzione di Tavarini Stefania, Brogini
Roberto ed altri e Vaia Riccarda, nonché l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1997 il giudice relatore
Gustavo Zagrebelsky;
Uditi l'avvocato Sergio Grasselli per Tavarini Stefania, Brogini
Roberto e altri e Vaia Riccarda e l'avvocato dello Stato Gabriella
Palmieri per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. - Nel corso di un giudizio promosso, per la corresponsione
dell'indennizzo di cui all'art.1 della legge 25 febbraio 1992, n.
210, da un soggetto che affermava di aver contratto la poliomielite
in conseguenza della vaccinazione praticata con metodo Sabin il 21
marzo e il 20 aprile 1964, il pretore di Massa, con ordinanza del 10
ottobre 1996 (reg. ord. n. 1294 del 1996), ha sollevato, per
contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in rapporto
agli artt. 2 e 38 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), "nella parte in cui esclude
dall'indennizzo per menomazioni permanenti dell'integrità fisica
coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non
obbligatoria dopo l'entrata in vigore della legge n. 695 del 1959, al
di fuori dei casi previsti dal comma 4 dell'art. 1 della legge n. 210
del 1992".
Il giudice a quo rileva che illegittimamente la norma impugnata non
riconosce il diritto all'indennizzo a chi si sia sottoposto a
vaccinazione antipoliomielitica in un'epoca in cui essa, non ancora
obbligatoria, era ritenuta comunque necessaria, mentre lo prevede per
coloro che abbiano contratto il virus dell'HIV o abbiano subìto
esiti permanenti di epatiti a seguito di emotrasfusioni, ovvero per
la persona che si sia sottoposta a vaccinazioni necessarie, seppure
non obbligatorie, per motivi di lavoro o per incarico del suo ufficio
o per poter accedere a uno stato estero (commi 2, 3 e 4 del medesimo
art. 1). Con tali disposizioni il legislatore, come evidenziato dalla
sentenza n. 118 del 1996 della Corte costituzionale, ha inteso
realizzare un intervento di natura assistenziale, costituzionalmente
consentito dagli artt. 2 e 38 della Costituzione, in favore di
soggetti non giuridicamente obbligati ma eventualmente solo
necessitati a sottoporsi al trattamento sanitario: intervento,
questo, che si giustifica come scelta di socializzazione di un danno
di particolare rilievo.
Le situazioni degli emotrasfusi - che abbiano contratto il virus
dell'HIV a seguito del trattamento sanitario o abbiano subìto danni
irreversibili da epatite post-trasfusionale - in relazione alle quali
viene riconosciuto un indennizzo, non sono manifestamente
incomparabili con quella della ricorrente nel giudizio a quo,
trattandosi sempre di danni derivati al singolo a seguito di un
trattamento sanitario diretto alla protezione della salute, ma fonte
di pericoli per lo stesso bene che il trattamento è diretto a
proteggere, in quanto astrattamente rischioso, e vertendosi comunque
in ipotesi nelle quali difficilmente un'efficace tutela può essere
assicurata dagli ordinari strumenti civilistici di risarcimento del
danno.
Parimenti la situazione dei soggetti vaccinati contro la
poliomielite nella vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695,
secondo il rimettente, non è manifestamente incomparabile con quella
di coloro la cui vaccinazione sia necessaria per motivi di lavoro o
d'ufficio o per poter accedere a uno stato estero, secondo le
previsioni di cui al comma 4 dell'art. 1 della legge n. 210 del
1992: difatti anche in questi casi la vaccinazione non è
obbligatoria ma soltanto necessaria e la necessità del trattamento
viene ritenuta dalla legge rilevante sempre che sussistano il motivo
o il fine normativamente previsti, anche se gli interessi, alla base
di tali finalità, sono diversi. Nel caso di specie il soggetto si
era determinato alla vaccinazione per la tutela della salute sua e di
quella altrui, in rapporto all'elevato rischio di contagio in età
scolare e prescolare.
1.2. - Si è costituita in giudizio la parte privata, chiedendo
l'accoglimento della questione. Sussisterebbe, a suo avviso, una
chiara disparità di trattamento tra la ricorrente (e con lei i
vaccinati contro la poliomielite prima della legge n. 51 del 1966) e
coloro che siano stati danneggiati da emotrasfusioni, i quali, ai
sensi dell'art. 1 della legge n. 210 del 1992, possono chiedere e
ottenere l'indennizzo previsto dall'art. 2 della medesima legge
indipendentemente dall'epoca del contagio e dall'esistenza
dell'obbligo di sottoporsi al trattamento che li ha danneggiati.
Riguardo a tali soggetti lo Stato "ha ritenuto giusto assumere su di
sé gli oneri indennitari" per i danni conseguenti alle
emotrasfusioni, che venivano e vengono praticate sotto il suo diretto
controllo, anche nel caso in cui il danneggiato sia stato prima
informato del rischio connesso a quella pratica terapeutica e lo
abbia accettato espressamente, e ciò per la impossibilità di un
controllo diffuso circa la genuinità delle sostanze inoculate.
La vaccinazione antipolio, anche prima del 1966, era nella
coscienza sociale sentita come obbligatoria per il coinvolgimento
delle strutture pubbliche nelle fasi del controllo farmacologico,
della somministrazione e della propaganda, per la mancanza della
preventiva espressione di un consenso informato e per la conseguenza
del rifiuto di ammissione negli asili e nelle scuole. Da ciò la
violazione, non solo degli artt. 3 e 38, ma anche dell'art. 32 della
Costituzione, in quanto si tratta di danni alla salute. La mancata
previsione dell'indennizzo per coloro che in età infantile sono
stati danneggiati dal vaccino antipolio contrasterebbe altresì con
la Convenzione sui diritti del fanciullo, stipulata a New York il 20
novembre 1989 e ratificata in Italia con legge 27 maggio 1991, n.
176.
2.1. - Nel corso di un altro giudizio, instaurato per
l'impugnazione della sentenza parziale del pretore di Firenze - con
la quale questi, riassunto il giudizio a seguito della sentenza n.
118 del 1996 della Corte costituzionale, aveva dichiarato il diritto
del minore, colpito da invalidità permanente in conseguenza della
vaccinazione obbligatoria antipolio cui era stato sottoposto nel
luglio del 1978, a percepire l'indennizzo con decorrenza dalla data
della manifestazione lesiva, determinato in via equitativa nella
stessa misura attualmente percepita, oltre rivalutazione monetaria e
interessi legali secondo la normativa sui crediti assistenziali - il
tribunale di Firenze, con ordinanza del 5 febbraio 1997 (reg. ord. n.
174 del 1997), ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 32, 38,
primo e terzo comma, e 136 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge 25
febbraio 1992, n. 210, come sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23
ottobre 1996, n. 548, convertito, con modificazioni, nella legge 20
dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, della legge n. 641 del
1996 (che ha fatto salvi gli effetti di alcuni decreti-legge non
convertiti), "nella parte in cui riduce l'indennizzo per il passato
del 70 per cento annuo ed esclude il diritto agli interessi e alla
rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi".
Premette il rimettente che la nuova normativa si caratterizza,
rispetto alla legge n. 210 del 1992, per vari elementi, quali: la
decorrenza delle provvidenze dall'evento e non dall'entrata in vigore
della legge n. 210 del 1992; la rivalutazione annuale dell'assegno,
secondo il tasso di inflazione programmato; la sua cumulabilità con
qualsiasi altro emolumento; la sua reversibilità per quindici anni;
la determinazione degli arretrati, con decurtazione del 70 per cento
e con l'esclusione di rivalutazione monetaria e interessi legali.
Proprio queste ultime previsioni violerebbero gli artt. 2, 32, 38,
primo e terzo comma, della Costituzione, per la sproporzione che
determinano tra l'assegno a regime e gli arretrati, che hanno
carattere irrisorio, tenuto conto della natura assistenziale della
provvidenza. Questa, infatti, anche alla luce della sentenza n. 118
del 1996, non ha né carattere risarcitorio, né previdenziale, né
si configura come un credito inerente al rapporto di lavoro, trovando
invece fondamento nel dovere di solidarietà sociale. Difatti
l'esigenza del ristoro non nasce direttamente dal danno alla salute
ma dal fatto che il danno, provocato dagli eventi in questione,
normalmente implica uno stato di bisogno che costituisce la ragion
d'essere dell'intervento statale; donde la natura assistenziale della
provvidenza, come si desume anche dalla disciplina positiva
dell'indennizzo (è corrisposto attraverso un assegno continuativo
reversibile; è commisurato alla pensione privilegiata; in caso di
morte dell'interessato viene erogato non a tutti gli eredi, ma a
individuate figure di familiari a carico; è cumulabile con altri
emolumenti).
Le disposizioni censurate violerebbero anche l'art. 136 della
Costituzione, perché ridurrebbero per il passato la portata della
sentenza n. 118 del 1996 ad un livello prossimo a quell'irrisorietà
esclusa dalla sentenza medesima.
2.2. - Si sono costituite le parti private, ovverosia i genitori
già esercenti la patria potestà sul soggetto colpito da invalidità
permanente e quest'ultimo, nel frattempo divenuto
maggiorenne, rilevando che le norme impugnate, nella parte in cui
riducono arbitrariamente al 30 per cento l'indennizzo dovuto per il
passato, configurano un tentativo di eludere, in violazione dell'art.
136 della Costituzione, il disposto della sentenza n. 118 del 1996
della Corte costituzionale, che sancisce la retroattività
dell'indennizzo, nonché il disposto della precedente sentenza della
medesima Corte n. 307 del 1990. Infatti, in base a queste due
decisioni, i soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria
debbono ricevere dallo Stato un equo ristoro a partire dal momento in
cui è maturato il loro diritto, cioè dal momento in cui si è
verificato il danno, senza limitazioni temporali: l'unicità del
beneficio e la sua identità ontologica nel tempo non consentono
misure differenziate dell'indennizzo dovuto per il passato, rispetto
a quello conferito nella vigenza della legge n. 210 del 1992.
2.3. - In questo giudizio è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, sostenendo la manifesta infondatezza delle
sollevate questioni di costituzionalità. La quantificazione degli
arretrati da corrispondere a coloro che hanno subìto danni da
vaccinazioni obbligatorie rientrerebbe nella sfera discrezionale del
legislatore e, nel caso di specie, non sarebbe contraria a criteri di
ragionevolezza.
3.1. - Nel corso di un altro giudizio promosso da un soggetto, il
quale precisava di aver contratto la poliomielite in conseguenza
della vaccinazione antipolio praticata "in ottemperanza alle
richieste formulate dalle competenti autorità sanitarie in
esecuzione della legge 30 luglio 1959, n. 695", il pretore di Trento,
con ordinanza del 12 giugno 1997 (reg. ord. n. 611 del 1997), ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma
1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, "nella parte in cui non
riconosce il diritto all'indennizzo ivi previsto a colui che ha
riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una
menomazione permanente dell'integrità psicofisica, a causa di
vaccinazione antipoliomielitica praticata nel periodo di vigenza
della legge 30 luglio 1959, n. 695", per contrasto con gli artt. 2, 3
e 32 della Costituzione, nonché dell'art. 2, comma 2, della medesima
legge n. 210 del 1992, come sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23
ottobre 1996, n. 548, convertito, con modificazioni, nella legge 20
dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, della predetta legge
n. 641 del 1996, "nella parte in cui riduce per il passato del 70 per
cento annuo l'indennizzo ivi previsto ed esclude il diritto agli
interessi e alla rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non
riscossi", per violazione degli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma,
e 136 della Costituzione.
Il giudice a quo precisa, quanto alla prima delle proposte
questioni, che anche per le vaccinazioni praticate nella vigenza
della prima legge (n. 695 del 1959) ricorrerebbero i due presupposti
sulla base dei quali la Corte costituzionale ha statuito la
sussistenza, per lo Stato, dell'obbligo di indennizzare i danneggiati
da vaccinazioni antipoliomielitiche nella vigenza della legge
successiva n. 51 del 1966, e cioè: a) il fatto che la causa
dell'evento dannoso fortuito, di cui lo Stato si deve assumere i
costi, dipende da decisioni adottate in vista di un beneficio di
carattere generale; b) la compressione del diritto alla salute in
nome della solidarietà verso gli altri. In entrambi i casi si è
trattato di vaccinazioni eseguite per il conseguimento del fine
generale di immunizzazione della collettività, come emerge dai
provvedimenti adottati dalle pubbliche istituzioni per incentivare la
pratica della vaccinazione antipoliomielitica; inoltre, benché la
legge n. 695 del 1959 non prevedesse una vera e propria sanzione a
carico di coloro che non osservavano l'obbligo della vaccinazione,
tuttavia la scelta tra le due opzioni (far vaccinare o non far
vaccinare) non era libera, non potendosi definire il frutto di una
autodeterminazione, come mostra il tenore delle circolari all'epoca
emanate dal Ministero della sanità che facevano apparire insensata
una condotta opposta a quella consigliata.
Quanto alla seconda questione sollevata, il rimettente rileva la
irrisorietà degli arretrati e la riduzione della portata della
sentenza n. 118 del 1996 effettuata dalla normativa censurata.
3.2. - Si è costituita anche in questo giudizio la parte privata,
chiedendo l'accoglimento delle questioni proposte.
4. - In prossimità dell'udienza tutte le parti private, costituite
nei diversi giudizi, hanno depositato memorie nelle quali hanno
ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.
Anche l'Avvocatura generale dello Stato - intervenuta, come si è
già detto, nel solo giudizio di cui al reg. ord. n. 174 del 1997 -
ha depositato una sua memoria, rilevando che dalla giurisprudenza
costituzionale emergerebbe il carattere equitativo dell'indennità in
questione, che, prescindendo da un necessario adeguamento all'entità
del danno sofferto, a differenza di quanto avviene per la
responsabilità civile, si inquadra nell'ambito del sistema di
sicurezza sociale, ossia di un sistema caratterizzato da un numero
modesto e limitato di risorse economiche. La determinazione dei
caratteri specifici dell'indennità è, quindi, attività riservata
necessariamente al legislatore, cui spetta assicurare "nulla più che
un indennizzo parziale, entro i limiti di liberazione dal bisogno".
L'equiparazione, compiuta dal rimettente, di detto indennizzo a un
assegno di natura assistenziale risulta fuorviante, anche tenuto
conto della cumulabilità di tale indennità con altre, per cui non
risultano applicabili le regole che disciplinano i crediti
assistenziali. Né, secondo l'Avvocatura, la preesistenza del
diritto soggettivo all'indennità, rispetto alla legge n. 210 del
1992, muta la natura dell'indennità medesima, la cui determinazione
nel quantum spetta al legislatore, che l'ha compiuta in applicazione
della sentenza n. 118 del 1996, tenendo conto, nel bilanciamento di
tutti i fattori costituzionalmente rilevanti, anche dei profili
d'ordine finanziario alla luce dei lunghi periodi di tempo da
considerare.
Considerato in diritto
1. - Il pretore di Massa, il tribunale di Firenze e il pretore di
Trento sollevano due questioni di legittimità costituzionale sulla
disciplina dell'indennizzo a favore di coloro che hanno subi'to danni
irreversibili in conseguenza di vaccinazione antipoliomielitica.
Il pretore di Massa e il pretore di Trento dubitano della
legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 25 febbraio 1992,
n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze
di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui
esclude dall'indennizzo coloro che abbiano riportato lesioni o
infermità irreversibili, essendosi sottoposti a vaccinazione
antipoliomielitica non obbligatoria dopo l'entrata in vigore della
legge 30 luglio 1959, n. 695. Tale esclusione si porrebbe in
contrasto, per il pretore di Massa, con l'art. 3, primo comma, in
rapporto agli artt. 2 e 38 della Costituzione, e, per il pretore di
Trento, con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
Il tribunale di Firenze e il pretore di Trento dubitano poi della
legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge n. 210
del 1992, come sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23 ottobre 1996, n.
548, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n.
641, e dell'art. 1, comma 2, della medesima legge n. 641 del 1996,
nella parte in cui, per il passato, riducono l'indennizzo del 70 per
cento annuo ed escludono il diritto agli interessi e alla
rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi. Ritengono
i giudici rimettenti che la disciplina menzionata violi gli artt. 2,
32, 38, primo e terzo comma, e 136 della Costituzione.
2. - Investendo le tre ordinanze di rimessione aspetti connessi
della medesima disciplina, i relativi giudizi possono essere riuniti
per essere decisi con la medesima sentenza.
3. - La questione relativa alla mancata previsione
dell'indennizzabilità di quanti abbiano subi'to lesioni o
menomazioni permanenti dell'integrità psico-fisica per essersi
sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica a seguito della legge 30
luglio 1959, n. 695, è fondata.
La vaccinazione antipoliomielitica è stata resa obbligatoria con
la legge 4 febbraio 1966, n. 51. Essa, insieme alle prescrizioni
necessarie per realizzare l'obbiettivo della vaccinazione integrale
della popolazione infantile, all'art. 3 stabilisce che le persone
esercenti la patria potestà o la tutela sul bambino, ovvero il
direttore dell'istituto di pubblica assistenza o l'affidatario
nominato dall'istituto medesimo sono tenuti responsabili
dell'osservanza dell'obbligo della vaccinazione e che il
contravventore incorre in una sanzione penale.
Anteriormente alla legge citata, la legge 30 luglio 1959, n. 695
(Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione
antipoliomielitica) dettava norme per incentivare la pratica della
vaccinazione. L'art. 3, primo comma, stabiliva che "per l'ammissione
agli asili nido, alle sale di custodia, ai brefotrofi, agli asili
infantili, alle scuole materne, alle scuole elementari, ai collegi,
alle colonie climatiche ed a qualsiasi altra collettività di
bambini, da quattro mesi a sei anni di età, è richiesta all'atto
dell'iscrizione o della ammissione la presentazione dell'attestato"
di "subi'ta vaccinazione". Il terzo comma prevedeva peraltro che
"l'ammissione è tuttavia consentita qualora sia presentato un
certificato medico da cui risultino le ragioni di salute per le quali
il bambino non è in grado di subìre la vaccinazione, oppure una
dichiarazione, sottoscritta dall'esercente la patria potestà o la
tutela, di non voler sottoporre il bambino alla vaccinazione". Da
queste disposizioni - seguite da numerosi atti dell'amministrazione
sanitaria in tema di approvvigionamento, distribuzione e controllo
del vaccino, nonché di informazione, sollecitazione e
responsabilizzazione delle famiglie relativamente ai rischi per la
salute individuale e collettiva derivanti dalla mancata vaccinazione
dei bambini - appare chiaro che, fin dal 1959, era in atto una
pressante campagna pubblica di sensibilizzazione e persuasione
diffusa. Pur non essendo previsto un obbligo giuridico (come sarà
poi, dopo la legge del 1966), la sottrazione dei bambini alla
vaccinazione li esponeva a conseguenze discriminatorie di notevole
gravità, che potevano essere evitate soltanto ove si fosse adempiuto
a un onere di certificazione medica o di dichiarazione di volontà
contraria da parte dell'esercente la patria potestà o la tutela.
Con le sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996, questa Corte ha
riconosciuto l'esistenza di un diritto costituzionale all'indennizzo
in caso di danno alla salute patito in conseguenza della
sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie. Ora si pone in dubbio la
legittimità costituzionale del mancato riconoscimento del medesimo
diritto quando il danno sia derivato da vaccinazione che, pur non
giuridicamente obbligatoria, era tuttavia programmata e incentivata
nel modo che si è detto.
L'estensione così richiesta dai giudici rimettenti si presenta
come un'applicazione naturale e necessaria del principio cui si
ispirano le sopra indicate decisioni di questa Corte: il principio
che non è lecito, alla stregua degli artt. 2 e 32 della
Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria
salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa
sia disposta a condividere, come è possibile, il peso delle
eventuali conseguenze negative.
Non vi è infatti ragione di differenziare, dal punto di vista del
principio anzidetto, il caso - allora all'esame - in cui il
trattamento sanitario sia imposto per legge da quello - all'esame ora
- in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica
autorità in vista della sua diffusione capillare nella società; il
caso in cui si annulla la libera determinazione individuale
attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa
appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica
sanitaria.
Una differenziazione che negasse il diritto all'indennizzo in
questo secondo caso si risolverebbe in una patente irrazionalità
della legge. Essa riserverebbe infatti a coloro che sono stati
indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di
solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che
vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una
sanzione.
4. - La questione relativa alla misura dell'assegno una tantum
previsto dall'art. 2, comma 2, ultima parte, della legge n. 210 del
1992 non è invece fondata.
4.1. - Questa Corte, con la sentenza n. 307 del 1990, ha
riconosciuto che, se il rilievo costituzionale della salute come
interesse della collettività (art. 32 della Costituzione) giustifica
l'imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non
postula il sacrificio della salute individuale a quella collettiva.
Cosicché, ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di
conseguenze negative sulla salute di chi a essi è stato sottoposto,
il dovere di solidarietà previsto dall'art. 2 della Costituzione
impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in
suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una
"equa indennità", fermo restando, ove se ne realizzino i
presupposti, il diritto al risarcimento del danno.
Le conseguenze normative della sentenza n. 307 del 1990 sono state
tratte dalla legge n. 210 del 1992 che, in generale, ha disciplinato
"l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di
tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni
e somministrazione di emoderivati".
L'art. 2, comma 2, e l'art. 3, comma 7, di detta legge sono stati a
loro volta dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza
n. 118 del 1996 poiché e nella parte in cui questi attribuivano alla
nuova normativa una portata solo pro futuro, venendo a escludere il
diritto all'indennità, in caso di vaccinazione antipoliomielitica
obbligatoria, per il periodo ricompreso tra il manifestarsi
dell'evento dannoso prima dell'entrata in vigore della legge predetta
e l'ottenimento della prestazione determinata a norma della stessa
legge.
In attuazione dell'obbligo così riconosciuto a carico dello Stato
anche pro praeterito, il legislatore è intervenuto a fissare le
modalità di calcolo dell'indennizzo, attraverso provvedimenti
legislativi destinati a valere negli anni 1995, 1996 e 1997 "in
attesa di una nuova e più completa disciplina legislativa". Si
tratta, per gli anni 1995 e 1996, dell'art. 6 del d.-l. 1 luglio
1996, n. 344 e dell'art. 7 del d.-l. 30 agosto 1996, n. 450 (il
primo decaduto per decorrenza dei termini, il secondo abrogato
dall'art. 8 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, gli effetti dei quali
sono stati tuttavia salvati dall'art. 1, comma 2, della legge 20
dicembre 1996, n. 641) e dell'art. 7 del d.-l. 23 ottobre 1996, n.
548, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n.
641; per l'anno 1997, dell'art. 1 del d.-l. 4 aprile 1997, n. 92
(Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in
materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), decreto non convertito in
legge, i cui effetti sono stati tuttavia salvati dall'art. 2 della
legge 25 luglio 1997, n. 238, portante il medesimo titolo, e
dell'art. 1 della legge da ultimo menzionata.
Con le disposizioni anzidette si prevede che ai soggetti, i quali
hanno diritto o ai quali spetta l'indennizzo a norma dell'art. 1
della legge n. 210 del 1992, è corrisposto, a domanda, per il
periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e
l'ottenimento dell'indennizzo previsto dall'art. 2, commi 1 e 2,
prima parte, della legge, un assegno una tantum nella misura pari,
per ciascun anno, al 30 per cento dell'indennizzo - per così dire -
a regime, con esclusione di interessi legali e rivalutazione
monetaria.
Relativamente a tali decurtazioni, i giudici rimettenti sollevano
questione di costituzionalità, ritenendo che la somma residua
risulti irrisoria, la disciplina impugnata ponendosi in tal modo in
contraddizione con quanto da questa Corte riconosciuto nelle citate
sentenze n. 307 del 1990 e n.118 del 1996. Da qui, la prospettata
violazione, da un lato, degli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma,
e, dall'altro, dell'art. 136 della Costituzione.
4.2. - Deve preliminarmente essere osservato che alla Corte
costituzionale non è dato sovrapporre le proprie valutazioni di
merito a quelle che spettano e sono riservate al legislatore nelle
determinazioni volte a predisporre i mezzi necessari a far fronte
alle obbligazioni dello Stato nella materia dei cosiddetti diritti
sociali. Solo il legislatore è, infatti, costituzionalmente
abilitato a compiere gli apprezzamenti necessari a comporre
nell'equilibrio del bilancio le scelte di compatibilità e di
relativa priorità nelle quali si sostanziano le politiche sociali
dello Stato.
Nel rispetto dell'ampia discrezionalità che deve essere
riconosciuta al legislatore, a questa Corte, nell'esercizio del
controllo di costituzionalità sulle leggi, compete tuttavia di
garantire la misura minima essenziale di protezione delle situazioni
soggettive che la Costituzione qualifica come diritti, misura minima
al di sotto della quale si determinerebbe, con l'elusione dei
precetti costituzionali, la violazione di tali diritti.
Alla stregua delle proposizioni che precedono, deve ritenersi che,
nel caso in esame, la determinazione legislativa di ciò che ha da
essere l'indennizzo "equo", in relazione e nei limiti delle
possibilità della situazione data, potrebbe essere oggetto di
censura in sede di giudizio di legittimità costituzionale solo in
quanto esso risultasse tanto esiguo da vanificare, riducendolo a un
nome privo di concreto contenuto, il diritto all'indennizzo stesso,
diritto che, dal punto di vista costituzionale, è stabilito nell'an
ma non nel quantum. Ma ciò, pur in presenza della drastica
riduzione operata rispetto alla misura prevista dalla legge per il
periodo successivo alla sua entrata in vigore, ad avviso di questa
Corte non può affermarsi, anche tenendo conto della natura e della
finalità di tale indennizzo.
Ciò che conta, nel giudizio cui la Corte è chiamata, non è la
percentuale della riduzione, ma l'entità in sé della somma che ne
risulta. La sua valutazione in termini di legittimità costituzionale
deve tener conto che l'assegno una tantum previsto dalla legge assume
il significato di misura di solidarietà sociale, cui non
necessariamente si accompagna una funzione assistenziale a norma
dell'art. 38, primo comma, della Costituzione. Esso è infatti dovuto
indipendentemente dalle condizioni economiche dell'avente diritto e
non mira di per sé agli scopi per i quali l'art. 38 stesso è stato
dettato, aggiungendosi agli altri eventuali emolumenti a qualsiasi
titolo percepiti, e quindi anche a quelli di natura propriamente
assistenziale, in ipotesi dovuti anche in ragione dell'inabilità al
lavoro derivante dal danno subi'to in conseguenza del trattamento
sanitario (art. 2, comma 1, seconda parte, della legge n. 210 del
1992).
Il fondamento della misura indennitaria in questione negli artt. 2
e 32 della Costituzione e non nel diritto previsto dall'art. 38 della
Costituzione (sentenza n. 118 del 1996), e quindi non nelle esigenze
di vita e di assistenza dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti
dei mezzi necessari per vivere, vale a ulteriormente sottolineare
l'ambito delle scelte discrezionali entro il quale il legislatore è
in questo caso abilitato a operare. In tale ambito, la stessa
differenziazione del regime di determinazione dell'indennità per il
passato, rispetto a quello per il futuro, può trovare
giustificazione alla stregua delle valutazioni, spettanti al
legislatore, circa le conseguenze di ordine finanziario derivanti
dalle misure predisposte.
Per le stesse ragioni, neppure la censura relativa all'esclusione
del diritto alla rivalutazione e agli interessi può essere accolta.
Per quanto riguarda il periodo anteriore all'ottenimento
dell'indennizzo previsto dal comma 1 dell'art. 2 della legge n. 210
del 1992, il legislatore ha optato per il riconoscimento del diritto
alla corresponsione di una somma di danaro una tantum sia pure
calcolata tenendo conto degli anni di durata di tale periodo. In
altre parole, secondo una scelta di per sé - nella specie - non
irragionevole, ha considerato il diritto alla percezione della somma
indennitaria in modo unitario, nel momento in cui la quantificazione
legislativa l'ha reso esigibile. In mancanza, non si sarebbe del
resto neppure potuto correttamente parlare di mora debendi,
condizione che in generale giustifica il diritto alla percezione
degli accessori della somma dovuta a titolo principale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale
dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il
diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che
siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo
di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695 (Provvedimenti per
rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica);
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, come
sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, convertito,
con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 641, e dell'art.
1, comma 2, della predetta legge 20 dicembre 1996, n. 641, sollevata,
in riferimento agli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma, e 136 della
Costituzione, dal tribunale di Firenze e dal pretore di Trento con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 26 febbraio 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola