Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza, emessa il 31 maggio 1991, nel corso del
giudizio sull'ammissione al visto ed alla registrazione del decreto
del Ministro del tesoro 8 aprile 1991 n. 126354, concernente
variazioni allo stato di previsione della spesa dello stesso
ministero per l'anno finanziario 1991 e nel bilancio pluriennale per
gli anni 1992 e 1993, la Corte dei conti - Sezione del controllo, ha
sollevato, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2
comma 2 e 3, e 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 che
prevede interventi a favore degli enti di gestione delle
partecipazioni statali per la realizzazione di programmi di
investimento.
Le norme impugnate, inserendosi in un contesto normativo che
autorizza i predetti enti a reperire notevoli risorse finanziarie
attraverso la contrazione di mutui e l'emissione di obbligazioni,
pongono, in gran parte, il relativo onere - articolato nella duplice
previsione normativa del concorso al pagamento degli interessi a
decorrere dal 1990 (art. 2 comma 2) e dell'ammortamento della quota
capitale a decorrere dal secondo semestre del 1993 (art. 2 comma 3) -
a carico dello Stato, individuando, però, la copertura finanziaria
soltanto per l'onere derivante dal pagamento degli interessi negli
anni 1990-92, (art. 7 comma 2).
Si ritiene nell'ordinanza di rinvio che nonostante il
provvedimento sottoposto al controllo si limiti a dare attuazione a
quest'ultima previsione normativa, ciò nondimeno, la questione di
legittimità costituzionale delle disposizioni che pongono a carico
dello Stato l'ammortamento della quota capitale dei mutui e delle
obbligazioni senza indicare la relativa copertura finanziaria, non
potrebbe non riflettersi sulla legittimità del provvedimento che,
pur disponendo in ordine al solo pagamento degli interessi,
riguarderebbe, tuttavia, un intervento sostanzialmente unitario e
finanziariamente indivisibile, anche per l'impossibilità di scindere
l'ammortamento della quota capitale dal pagamento degli interessi
che, del primo costituiscono un accessorio. Essendo unico l'onere
posto a carico dello Stato, il relativo problema della copertura
finanziaria coinvolgerebbe tutte le disposizioni che tale onere
prevedono e la cui eventuale illegittimità costituzionale farebbe
venir meno la possibilità di emanare il provvedimento sottoposto a
controllo.
Così precisata la rilevanza della questione, si osserva che la
mancata quantificazione e previsione di copertura degli oneri di
ammortamento della quota capitale dal secondo semestre 1993 (anno
compreso nel bilancio pluriennale in corso alla data di entrata in
vigore delle disposizioni impugnate) non appare in armonia con le
regole dettate, per l'attuazione dell'art. 81, comma 4, della
Costituzione, dalla legge 5 agosto 1978, n. 568 come modificata dalla
legge 23 agosto 1988, n. 362.
D'altra parte, l'invocato parametro costituzionale disporrebbe
l'obbligo della copertura finanziaria per ogni legge che importi
nuove o maggiori spese senza distinguere fra spese correnti o in
conto capitale, annuali o pluriennali ovvero permanenti. Da ciò la
conseguenza che le disposizioni legislative, quali quelle impugnate,
che introducono spese pluriennali a quote annuali crescenti sono
costituzionalmente obbligate ad individuare i mezzi idonei a
fronteggiare, nell'ambito di un programma finanziario, le quote di
ciascun anno, evitando di riversarle, sia pure implicitamente, sui
bilanci futuri che, soprattutto in una situazione di grave deficit
quale l'attuale, non sarebbero assolutamente in grado di sostenerle
con le normali entrate. Nel caso di specie, la copertura finanziaria
per gli anni 1990-92, individuata dall'art. 7, comma 2, per l'onere
relativo agli interessi, risulterebbe del tutto insufficiente
rispetto al complessivo onere derivante dalle norme impugnate della
cui legittimità costituzionale, per gli stessi motivi esposti
nell'ordinanza di rimessione, si dubitò anche nel corso dei relativi
lavori parlamentari.
2. - Nel giudizio cosi promosso è intervenuta l'Avvocatura
generale dello Stato rilevando anzitutto che le operazioni
finanziarie previste dalla legge cui appartengono le disposizioni
impugnate non potranno non iniziare con un anno di ritardo rispetto
agli originari programmi e, di conseguenza, l'onere di ammortamento
della quota capitale inciderà concretamente solo a partire dal 1994.
Non riguardando dunque il bilancio triennale 1991-1993, la mancata
indicazione della relativa copertura finanziaria non contrasterebbe
con le norme di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 568.
In riferimento a quest'ultime disposizioni che avrebbero dato
attuazione all'art. 81, quarto comma, della Costituzione,
l'interveniente osserva che il metodo della programmazione
finanziaria, al quale deve ispirarsi la previsione di entrata e di
spesa dello Stato (art. 1- bis), ha, in concreto, una dimensione
triennale, essendo difficile elaborare "credibili" documenti di
programmazione economico-finanziaria relativi ad un più lungo arco
di tempo. Di conseguenza, gli oneri di spesa ultratriennali,
porrebbero un problema non tanto di copertura finanziaria in senso
stretto, quanto piuttosto di copertura programmatoria, come
risulterebbe confermato dalla circostanza che le norme che
individuano e disciplinano le modalità della copertura finanziaria
in senso stretto, anche in relazione alle leggi che comportano una
spesa pluriennale (artt. 11- ter e 11-quater), fanno esclusivo
riferimento al bilancio triennale.
Ad avviso dell'interveniente, inoltre, l'onere previsto a carico
dello Stato per i due diversi interventi finanziari, in conto
interessi ed in conto capitale, non sarebbe affatto unico ed
indivisibile, in quanto è la stessa legge che lo concepisce in una
duplice forma, rendendolo oggetto di distinte previsioni normative, e
prevedendo, poi, che solo dall'"onere di ammortamento", e non anche
da quello relativo al pagamento degli interessi, siano esclusi i
finanziamenti ottenuti mediante obbligazioni convertibili.
Essendo dunque distinti i due interventi la questione sollevata
risulterebbe irrilevante ai fini del controllo del provvedimento
sottoposto al suo esame che, in relazione a quanto effettivamente
dispone (in ordine, cioè, al solo onere derivante dal pagamento
degli interessi), dà attuazione ad una norma provvista di copertura
finanziaria, mentre il dubbio di costituzionalità nei termini in cui
è stato prospettato non potrebbe che riguardare atti ancora
inesistenti e che saranno emanati in un futuro relativamente lontano.
La questione, inoltre, risulterebbe inammissibile, non solo per
palese irrilevanza, ma anche perché oggetto di censura dovevano
essere altre disposizioni, e precisamente, gli artt. 11 comma 3, 11-ter, comma 2, ed 11-quater, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n.
468 come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.
Nel merito, secondo l'Avvocatura, la questione risulterebbe
infondata sotto vari aspetti essendo state comunque osservate le
norme che danno attuazione all'art. 81, quarto comma, della
Costituzione, in modo esauriente.
Osserva infine l'interveniente che il recente d.d.l. presentato
dal Governo per la modifica dell'art. 81 della Costituzione, prevede
espressamente che l'individuazione della copertura finanziaria dovrà
riferirsi all'intero periodo di applicazione della legge, e ciò
nell'evidente presupposto che l'attuale testo della norma non impone
al legislatore un tale obbligo.
Considerato in diritto
1. - La Corte dei conti, Sezione del controllo, nel corso del
giudizio sull'ammissione al visto ed alla registrazione del decreto
del Ministro del tesoro che, ai sensi dell'art. 7, comma 2, della
legge 7 febbraio 1991, n. 42 (Interventi a favore degli enti delle
partecipazioni statali), dispone variazioni allo stato di previsione
della spesa dello stesso ministero per l'anno finanziario 1991 e nel
bilancio pluriennale per gli anni 1992 e 1993, ha sollevato questione
di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma
2, della citata legge.
Ad avviso dell'organo ausiliario di controllo la legge sottoposta
a scrutinio di costituzionalità, autorizzando (art. 1) gli enti
pubblici ivi previsti a reperire risorse finanziarie per complessivi
10.000 miliardi nell'anno 1990 da considerarsi quali conferimenti
dello Stato nei rispettivi fondi di dotazione dei predetti enti (art.
2, comma 4), mediante la contrazione di mutui e l'emissione di
obbligazioni, prevede l'assunzione a carico del bilancio dello Stato
degli oneri relativi ad una parte degli interessi e all'ammortamento
del capitale, (art. 2, commi 2 e 3) indicando la copertura
finanziaria (art. 7, comma 2), solo per i primi, relativamente agli
anni 1990-92 e, quindi, in modo "assolutamente insufficiente", tenuto
conto del protrarsi degli oneri derivanti dalla legge nel suo
complesso.
2. - Preliminarmente, deve essere ribadita la legittimazione della
Corte dei conti, nell'esercizio della funzione di controllo, a
promuovere il sindacato di costituzionalità delle leggi di spesa in
riferimento ai profili di copertura finanziaria posti dall'osservanza
dell'art. 81 della Costituzione.
Tale legittimazione è stata riconosciuta (sent. n. 226 del 1976)
alla Corte dei conti in ragione della sua particolare posizione
istituzionale e della natura delle sue attribuzioni di controllo.
Sotto il primo aspetto, viene posta in rilievo la sua composizione di
"magistrati, dotati delle più ampie garanzie di indipendenza (art.
100, comma 2, Cost.)" e la sua natura di "unico organo di controllo
che goda di una diretta garanzia in sede costituzionale". Sotto il
secondo aspetto, viene in evidenza il peculiare carattere del
giudizio portato dalla Corte dei conti sugli atti sottoposti a
controllo, che si risolve nel valutarne "la conformità ( ..) alle
norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento
che non sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioè di
garanzia dell'ordinamento, di "controllo esterno, rigorosamente
neutrale e disinteressato ( ..) preordinato a tutela del diritto
oggettivo".
Tali caratteri costituiscono indubbio fondamento della
legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di
costituzionalità limitatamente a profili attinenti alla copertura
finanziaria di leggi di spesa, perché il riconoscimento della
relativa legittimazione, legata alla specificità dei suoi compiti
nel quadro della finanza pubblica, "si giustifica anche con
l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come
nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero per altra
via, ad essa sottoposte" (sent. n. 226 del 1976 cit.).
È proprio in relazione a queste ipotesi che la Corte ha auspicato
(sent. n. 406 del 1989) che quando l'accesso al suo sindacato sia
reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti
all'osservanza dell'art. 81 della Costituzione, i meccanismi di
accesso debbano essere arricchiti. La Corte dei conti è la sede più
adatta a far valere quei profili, e ciò in ragione della peculiare
natura dei suoi compiti essenzialmente finalizzati alla verifica
della gestione delle risorse finanziarie.
3.1. - Va poi disattesa l'eccezione di inammissibilità per
asserita irrilevanza della questione, sostenuta dall'Avvocatura
generale dello Stato sotto il profilo che, ai fini della
registrazione del decreto di variazione, non dovrebbe farsi
applicazione delle norme oggetto d'impugnativa.
L'assunto non può essere condiviso perché, come si è riferito,
la Corte dei conti ha sollevato la questione di costituzionalità
dell'art. 2, commi 2 e 3, della legge n. 42 del 1991 che pone a
carico dello Stato gli oneri (per il pagamento di parte degli
interessi e per l'ammortamento del capitale) relativi ai mutui
contratti ed ai prestiti obbligazionari emessi dagli enti all'uopo
autorizzati, nonche dell'art. 7, comma 2, che provvede alla copertura
finanziaria dell'onere relativo agli interessi per gli anni 1990-92
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1990-92 al capitolo 9001 dello stato di
previsione del ministero del tesoro per l'anno finanziario 1990.
Orbene, è proprio per dare attuazione a questa norma concernente
la copertura finanziaria degli oneri assunti dallo Stato che il
Ministro del tesoro ha emanato, a norma del successivo comma 3 dello
stesso articolo, il decreto di variazione sottoposto a controllo,
onde è evidente la rilevanza della questione sollevata, poiché, in
conseguenza dell'eventuale declaratoria di illegittimità
costituzionale delle norme denunciate, verrebbe meno la copertura
finanziaria della variazione autorizzata (che nel decreto sottoposto
a controllo si estende fino al 1993) e quindi il presupposto
legittimante il relativo decreto.
3.2. - Neppure può essere condivisa l'altra eccezione di
inammissibilità, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato
nell'assunto che il decreto di variazione sottoposto al controllo
concerna il solo onere relativo al concorso nel pagamento degli
interessi relativi agli anni 1991-1993. Onere per il quale la
copertura, assicurata dall'art. 7, comma 2, impugnato, sarebbe
pienamente sufficiente, con la conseguenza che, rispetto al decreto
del Ministro del tesoro che dispone la suddetta variazione ai fini
della concreta assunzione della spesa, la questione risulterebbe
irrilevante.
L'eccezione di inammissibilità, testé riferita, trova già
puntuale risposta nella stessa ordinanza di rimessione la quale, in
relazione ad analoga eccezione dedotta nel corso del procedimento di
controllo dal rappresentante della ragioneria generale della Stato,
ha osservato che l'assunto "muove da valutazioni insufficienti della
portata e delle conseguenze del provvedimento di variazioni del
bilancio dello Stato, con il quale si dà ingresso ad un intervento
che è finanziariamente unico". Argomento questo che deve essere
condiviso, risultando evidente che nei casi, come quello in esame, in
cui da parte dello Stato viene congiuntamente assunto l'onere per gli
interessi e quello per l'ammortamento del capitale, la vicenda ha
necessariamente carattere unitario. Il pagamento degli interessi è,
quindi, inscindibilmente legato, in funzione accessoria,
all'ammortamento del capitale ed anche se, in un regime di prestiti
con periodi di preammortamento (come nel caso in esame), precede
cronologicamente l'inizio delle operazioni di rimborso del credito,
si presenta chiaramente prodromico rispetto a questa seconda fase,
dalla quale non può essere separato, trovando in essa la sua ragion
d'essere.
Di conseguenza, l'eventuale accertata mancanza di copertura
finanziaria della prevista assunzione dell'onere di ammortamento si
riverbera necessariamente, come sostiene l'ordinanza di rinvio,
sull'onere per gli interessi, in quanto l'indicazione di copertura,
per essere sufficiente, deve accompagnare l'operazione nella sua
globalità, proprio perché concepita, nella fattispecie in esame, in
modo unitario.
3.3. - Va infine disattesa l'eccezione di inammissibilità che
l'Avvocatura generale dello Stato deduce sostenendo, anche sotto
altro aspetto, la non rilevanza della questione che, a suo dire, non
dovrebbe avere ad oggetto le impugnate norme della legge n. 42 del
1991, bensì gli artt. 11, comma 3, 11- ter, comma 2, ed 11-quater,
comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla
legge 23 agosto 1988, n. 362, di quelle norme, cioè, che
limiterebbero ai soli anni del bilancio pluriennale in corso (che è
attualmente predisposto per un triennio) l'obbligo di quantificazione
delle quote di competenza attribuite a ciascuno di essi.
L'eccezione investe un profilo che attiene più propriamente alla
verifica della fondatezza della questione, onde si rinvia anche a
quanto, al riguardo, si chiarirà in prosieguo.
Ai fini della dedotta inammissibilità è sufficiente fin da ora
anticipare che le richiamate norme della legge n. 468 del 1978, come
modificate dalla legge n. 362 del 1988, hanno funzione di raccordo -
in attuazione dell'art. 81, quarto comma - della Costituzione, delle
leggi di spesa pluriennale con il bilancio annuale e con quello
pluriennale e dettano la relativa disciplina, subordinata al precetto
costituzionale, senza esaurire tutti gli aspetti che attengono alla
sua osservanza e che devono, perciò, per la parte non regolata dalla
legge ordinaria, attingere direttamente ad esso così come
interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.
In modo pertinente, quindi, la questione è stata sollevata solo
nei confronti della legge sostanziale di spesa che si assume priva di
sufficienti indicazioni di copertura finanziaria.
4.1. - Nel merito la questione è fondata.
La Corte costituzionale ha costantemente affermato la propria
competenza a sindacare leggi di spesa, per profili attinenti alla
loro copertura finanziaria, ai sensi dell'art. 81, quarto comma,
della Costituzione che, come è noto (dopo il terzo comma secondo cui
"con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire
nuovi tributi e nuove spese" prescrive che: "ogni altra legge che
importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte".
In proposito la sentenza n. 1 del 1966 (la prima in ordine di
tempo ad affrontare il problema dalla copertura finanziaria delle
leggi dello Stato, all'uopo richiamando principi già affermati in
precedenti pronunce relative a leggi regionali) a fronte dei due noti
indirizzi interpretativi dell'art. 81, quarto comma, ha ritenuto
conforme allo spirito ed alla lettera della Costituzione, quello
diretto ad attribuirgli un significato estensivo, comprendente non
solo la legge di bilancio, ma anche la legislazione ad essa
preesistente nel suo complesso. A tal fine si è rilevato che tale
precetto "tiene di vista l'insieme della vita finanziaria dello
Stato, che ( ..) non può essere artificiosamente spezzata in termini
annuali, ma va, viceversa, considerata nel suo insieme e nella sua
continuità temporale, segnatamente in un tempo ( ..) nel quale gli
interventi statali ( ..) impongono previsioni che vanno oltre il
ristretto limite di un anno e rendono palese la necessità di
coordinare i mezzi e le energie disponibili per un più equilibrato
sviluppo settoriale e territoriale dell'intera comunità". Di
conseguenza, si è precisato che, nonostante il legame fra il terzo
ed il quarto comma dell'art. 81, della Costituzione, il significato
del termine "ogni altra legge", non è tale che possa essere
ricondotto "ad ogni legge successiva al bilancio in corso, e
modificatrice in peius dell'equilibrio contabile di esso, ma
viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia legge di bilancio,
senza alcuna connessione cronologica con questa". Si è inteso cioè
dire che il quarto comma dell'art. 81, non ha un significato
contabile, ma una portata sostanziale che attiene ai "limiti ( ..)
che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua
politica di spesa, che deve essere contrassegnata non già
dall'automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale
conseguimento dell'equilibrio tra entrate e spesa".
Né potrebbe sostenersi che questa interpretazione colpisca il
principio dell'unità del bilancio con l'assegnare ad ogni spesa una
determinata entrata, avendo la già citata sentenza n. 1 del 1966
chiarito al riguardo che la predetta interpretazione "non conduce ad
una precisa aggregazione di una entrata ad una spesa, laddove,
invece, l'indicazione dei mezzi che essa richiede per fronteggiare
spese nuove o maggiori, si riduce a determinare ed individuare un
incremento dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel
quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate ( ..)
assicuri il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio
presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l'unità".
4.2. - La funzione sostanziale così riconosciuta al quarto comma
dell'art, 81, pur considerato in stretta connessione con il terzo
comma dello stesso articolo, ha indotto a risolvere il problema della
copertura finanziaria delle leggi pluriennali di spesa, nell'unico
modo coerente con la premessa. La Corte ha, difatti, sempre ritenuto
(sentt. n. 16, 37 del 1961, n. 1 del 1966, n. 47 del 1967, nn. 17,
22, 94 del 1968, n. 158 del 1969, n. 140 del 1976, n. 12 e 13 del
1987, n. 69 del 1989, n. 283 del 1991) che l'obbligo della copertura
debba essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti
di spese nuove o maggiori che la legge preveda siano inserite negli
stati di previsione della spesa di esercizi futuri.
Il che è possibile perché l'adempimento dell'obbligo
costituzionale, come si è detto, non implica necessariamente il
riferimento a documenti contabili già formati o da formarsi.
Per tale ragione, dovendosi necessariamente prendere atto della
diversità degli effetti che gravano su un bilancio già approvato,
rispetto a quelli che si producono sui bilanci non ancora formati, si
è affermato che l'obbligo della copertura deve essere "osservato con
puntualità rigorosa nei confronti di spese, che incidono sopra un
esercizio in corso per il quale è stato (già) consacrato, con
l'approvazione del Parlamento, un equilibrio ( ..) tra entrate e
spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico
del Paese e della situazione finanziaria dello Stato" (in termini:
sent. n. 1 del 1966 cit.).
Indirizzi meno rigidi e più articolati, ma nel contempo diretti
ad evitare indicazioni di copertura fittizie ed arbitrarie, sono
stati invece dettati dalla giurisprudenza con riferimento agli
esercizi futuri, relativamente ai quali un equilibrio tra entrate e
spese specificamente quantificate in tutte le loro voci non è stato
ancora consacrato in documenti contabili, nella considerazione
dell'impossibilità di formulare puntuali previsioni di lunga durata.
Esse vincolerebbero, infatti, in modo esorbitante la funzione del
Parlamento e del Governo in ordine a quei possibili mutamenti delle
situazioni di fatto e all'andamento della vita del Paese che
potrebbero indurre ad una modifica degli indirizzi di politica
economica e quindi della impostazione dei bilanci.
Si è al riguardo considerato che, rispetto agli esercizi futuri,
"la legge di spesa si pone come autorizzazione al Governo che la
esercita non senza discrezionalità nel senso che, nella
predisposizione del bilancio, le spese possono essere ridotte o
addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della
spesa, salvi sempre l'approvazione ed il giudizio politico del
Parlamento, quante volte l'esigenza dell'equilibrio e dello sviluppo
economico sociale consiglino una diversa impostazione non globale del
bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio".
Si è ammessa, conseguentemente, la possibilità di ricorrere, nei
confronti della copertura di spese future, oltre che ai mezzi
consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi esistenti,
la riduzione di spese già autorizzate, l'accertamento formale di
nuove entrate, l'emissione di prestiti e, anche alla previsione di
maggiori entrate, tutte le volte che detta previsione si dimostri
"sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in un
equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli
esercizi futuri, e non in contraddizione con le previsioni del
medesimo Governo, quali risultano dalla relazione sulle situazione
economica del Paese e dal programma di sviluppo del Paese: sui quali
punti la Corte potrà portare il suo esame nei limiti della sua
competenza" (sent. n. 1 del 1961 cit.).
Va a questo punto chiarito che gli indirizzi testé illustrati,
sono stati in gran parte enunciati anteriormente all'emanazione della
legge n. 468 del 1978 che ha introdotto il bilancio pluriennale, ed
anche se ripetuti successivamente si riferivano solo all'esercizio
annuale in corso, distinguendo tra periodi di spesa riferiti a tale
esercizio e periodi di spesa riferiti agli anni successivi.
Ma una volta introdotta con la legge per ultimo citata la regola
del bilancio pluriennale, previsto come bilancio non inferiore al
triennio dalla modifica di cui alla legge n. 362 del 1988, che ha
sancito l'abbligo della quantificazione della spesa per tutta la
durata del documento contabile triennale, tali indirizzi, coordinati
con la nuova disciplina, restano inalterati per quel che riguarda gli
esercizi successivi al triennio.
Va da sé che il controllo di costituzionalità non coinvolge
aspetti di politica economica perché il parametro di giudizio non
implica, in questo caso, un sindacato sulle leggi di tipo diverso da
quello istituzionalmente proprio di questa Corte. L'art. 81, quarto
comma, della Costituzione, costituisce il parametro di riferimento
per valutare l'attendibilità delle deliberazioni di spesa anche di
lunga durata e non solo per garantire l'equilibrio dei bilanci già
approvati. Specie quando, come nel caso della legge in esame, gli
oneri che vanno a gravare sugli esercizi futuri siano inderogabili,
l'esigenza imposta dalla costante interpretazione dell'art. 81,
quarto comma, della Costituzione, lungi dal costituire un
inammissibile vincolo per i Governi ed i Parlamenti futuri, tende
anzi proprio ad evitare che gli stessi siano costretti a far fronte,
al di fuori di ogni margine di apprezzamento, ad oneri assunti in
precedenza senza adeguata ponderazione dell'eventuale squilibrio
futuro.
L'obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi di
copertura anche per gli anni successivi è diretto ad indurre il
legislatore ordinario a tener conto dell'esigenza di un equilibrio
tendenziale fra entrate e spese la cui alterazione, in quanto
riflettentesi sull'indebitamento, postula una scelta legata ad un
giudizio di compatibilità con tutti gli oneri già gravanti sugli
esercizi futuri.
4.3. - Dagli indirizzi interpretativi della giurisprudenza
costituzionale relativi all'art. 81, quarto comma, della
Costituzione, si può arguire che l'attenuazione dell'obbligo di
puntuale indicazione dei mezzi per far fronte alle spese che andranno
a gravare sui bilanci non ancora approvati, è legata alla
discrezionalità con cui il Governo, con l'approvazione del
Parlamento, esercita il potere di predisposizione del bilancio, il
che consente di ridurre o addirittura di non iscrivere spese già deliberate in leggi precedenti nei capitoli degli stati di previsione
quante volte ciò possa essere imposto da una diversa visione
dell'equilibrio economico finanziario e dal concreto sviluppo
economico-sociale del Paese.
Più di recente l'attenuazione di tale obbligo è stata collegata
anche alla non determinabilità della spesa a priori nella sua esatta
entità (sent. n. 12 del 1987 cit.).
Nonostante però che, relativamente alla legge oggetto del
presente giudizio non sussistano né l'uno né l'altro carattere
(flessibilità delle determinazioni nel momento attuativo e
indeterminabilità della spesa), trattandosi di oneri inderogabili e
determinabili in relazione all'ammontare dell'operazione finanziaria
autorizzata, si è addirittura omessa, per gli anni successivi al
triennio, ogni indicazione dei mezzi di copertura degli oneri.
Deve perciò essere condiviso l'assunto della Corte dei conti
circa l'indicazione di copertura finanziaria "assolutamente
insufficiente" perché limitata al periodo del bilancio pluriennale
in corso. .
Al riguardo, e di ciò si è già avuto modo di riferire nel
respingere una delle eccezioni di inammissibilità, l'Avvocatura
dello Stato - ribadendo la tesi già esposta dal rappresentante del
Governo e dai sostenitori della legge nel corso del dibattito
parlamentare ad essa relativo, secondo cui "non esisterebbe un
obbligo normativo di dare corrispondente copertura certa fuori
dell'arco triennale del bilancio" - è dell'avviso che l'obbligo di
indicare i mezzi di copertura finanziaria sia stato compiutamente
osservato. Sostiene l'Avvocatura, che l'art. 7, comma 2, della legge
in questione, cioè proprio una delle norme oggetto di impugnativa,
stabilisce che all'onere per gli interessi gravanti sugli anni 1990,
1991 e 1992 si debba far fronte mediante "corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
1990-1992, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero
del tesoro per l'anno finanziario 1990 all'uopo utilizzando
l'accantonamento ivi previsto".
Che l'art. 81, quarto comma, della Costituzione risulti cosi
osservato discenderebbe dal fatto che l'art. 11- ter della legge n.
468 del 1978 come modificato dall'art. 7 della legge n. 362 del 1988
ha natura attuativa del precetto costituzionale. Tale norma, nello
stabilire che le leggi pluriennali di spesa in conto capitale
"quantificano la spesa complessiva, l'onere per competenza relativo
al primo anno di applicazione, nonché le quote di competenza
attribuite a ciascuno degli anni considerati nel bilancio
pluriennale", esaurirebbe, secondo l'Avvocatura dello Stato, nel
riferimento al triennio, l'obbligo costituzionale dell'indicazione
della copertura finanziaria delle leggi pluriennali di spesa. La
difesa erariale è difatti dell'opinione che sarebbe "palesemente
arduo produrre credibili documenti di programmazione economico-finanziaria e bilanci pluriennali per un più lungo arco di tempo".
Poiché l'art. 11- ter citato, introdotto nella legge n. 468 del 1978
dall'art. 7 della legge n. 362 del 1988, anche quando menziona le
leggi pluriennali di spesa, non si spinge oltre la durata del
bilancio triennale, la legge impugnata relativamente agli anni
successivi al primo triennio di propria applicazione non porrebbe
profili di copertura finanziaria, bensì solo di natura
programmatoria.
In proposito va considerato che nella legge impugnata e nella
relazione tecnica manca, comunque, anche qualsiasi indicazione del
genere che possa consentire il sindacato sulla sua concreta idoneità
a soddisfare l'osservanza dell'art. 81, quarto comma, come
interpretato dalla costante giurisprudenza.
Quanto all'art. 11- ter citato, esso non è esaustivo delle
modalità di attuazione della norma costituzionale, ma, essendo
inserito in un contesto normativo (quale la legge nn. 468 del 1978 e
362 del 1988) diretto essenzialmente a disciplinare la formazione
degli strumenti di programmazione economico-finanziaria, del bilancio
annuale e pluriennale, della legge finanziaria, si riferisce alle
leggi pluriennali di spesa solo per stabilirne le modalità di
collegamanto con gli strumenti legislativi e contabili oggetto della
disciplina, mentre non prende in considerazione i periodi ulteriori
delle leggi di spesa.
Gli indirizzi della giurisprudenza di questa Corte, che impongono
di indicare i mezzi di copertura per tutto il periodo di durata delle
leggi di spesa, non possono perciò ritenersi contraddetti dalla
legge n. 468 del 1978 come modificata dalla legge n. 362 del 1988,
non ponendosi neppure - come già si è avuto modo di anticipare in
occasione dell'esame di una delle eccezioni di inammissbilità - un
problema di costituzionalità di dette ultime norme. Queste non
contrastano con il precetto dell'art. 81, quarto comma, della
Costituzione, limitandosi a dargli parziale attuazione limitatamente
alla durata dei documenti contabili oggetto della disciplina, senza
incidere sulle ulteriori modalità di attuazione del precetto
costituzionale che restano quelle enunciate dalla consolidata
giurisprudenza di questa Corte.
4.4. - Nemmeno possono seguirsi le argomentazioni svolte
dall'interveniente che, per suffragare la tesi della assenza di ogni
obbligo di indicazione dei mezzi di copertura per gli esercizi
successivi a quelli contemplati nel bilancio pluriennale, fa
riferimento, da un canto, alla prassi seguita nell'approvazione di
recenti leggi di spesa, dall'altro, al disegno di legge
costituzionale di iniziativa governativa di modifica dell'art. 81,
quarto comma, della Costituzione che, tendendo a rendere effettivo
l'obbligo per l'intero periodo di applicazione della legge di spesa,
ne confermerebbe l'attuale insussistenza.
Quanto al primo argomento, va osservato che leggi indicative di
eventuali prassi, contrastanti con i precetti costituzionali, non
possono assumere alcun rilievo esemplare nel giudizio di
costituzionalità.
In ordine poi al secondo argomento, a parte che non è possibile
ancora stabilire quale possa essere l'evoluzione dell'iniziativa
legislativa del Governo, va osservato che l'argomento dell'assenza
attuale di tale obbligo potrebbe trarsi solo dall'inequivpcabile
significato innovativo della modifica proposta. Significato
quest'ultimo che non è possibile però desumere dal raffronto con
l'attuale testo della norma costituzionale, quale costantemente
interpretata da questa Corte, che riferisce l'obbligo all'intera
durata della legge, sia pur con le enunciate attenuazioni per quel
che riguarda gli anni successivi agli esercizi contemplati nei
documenti contabili già approvati.