Ritenuto in fatto
1. - La prima ordinanza introduttiva dei presenti giudizi è stata
sollevata nel corso di un giudizio amministrativo promosso da
funzionari della Regione Lombardia, inquadrati nell'ottava qualifica
funzionale, che chiedevano l'annullamento del decreto del Presidente
della Giunta regionale n. 47065 del 15 gennaio 1985, con cui era
stata loro negata la partecipazione al corso-concorso riservato per
l'accesso alla prima qualifica dirigenziale, in quanto, alla data del
29 marzo 1983, non erano investiti della responsabilità di un
ufficio. Nel corso di tale giudizio, il T.A.R. per la Lombardia -
sezione staccata di Brescia, ritenendo che gli atti impugnati erano
stati adottati in attuazione della legge regionale 29 novembre 1984,
n. 60, ha sollevato, con ordinanza del 10 maggio 1985, una duplice
questione di costituzionalità: a) verso l'art. 35, primo e secondo
comma, della citata legge, per contrasto con gli artt. 3, 4, 51, 97 e
113 Cost.; b) dell'art. 47, primo comma, della stessa legge, per
contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
Il giudice a quo, osserva innanzitutto che l'art. 35, nel riservare
l'ammissione al corso-concorso per il conseguimento della prima
qualifica dirigenziale ai dipendenti provenienti dal settimo livello
funzionale e inquadrati nell'ottava qualifica funzionale, che fossero
investiti, ai sensi dell'art. 29 della legge regionale 1 agosto 1979,
n. 42, dell'incarico di responsabile di un ufficio, viola i principi
di eguaglianza e di imparzialità (artt. 3 e 97 Cost.), in quanto
attribuisce efficacia decisiva ad una qualità soggettiva, che, lungi
dal costituire un requisito normale del settimo livello funzionale,
è espressione di una scelta ampiamente discrezionale degli organi di
governo della Regione. In tal modo, senza alcuna ragionevolezza,
verrebbe favorito un determinato e ristretto gruppo di funzionari
dell'ottava qualifica, in ragione di presupposti eventuali e
temporanei, che, oltretutto, non sono acquisibili mediante ordinarie
procedure di selezione meritocratica o per anzianità di servizio.
Sempre ad avviso del giudice a quo, il sistema disciplinato
dall'art. 35 sarebbe in sé contraddittorio, in quanto, mentre per
principio generale l'affidamento di mansioni superiori può avere
valore, ai fini dell'accesso alla qualifica superiore, solo quando si
prevede l'inquadramento diretto senza ulteriori accertamenti di
carattere concorsuale, al contrario il requisito assunto dal
legislatore come elemento discriminante non è poi ritenuto tale da
poter obiettivamente attestare, da solo, il possesso di effettive
attitudini allo svolgimento di funzioni dirigenziali. La disposizione
impugnata, pertanto, violerebbe, gli artt. 3, 4, 51 e 97 Cost.
Il giudice a quo ravvisa un ulteriore profilo di illegittimità in
riferimento all'art. 113 Cost., in quanto, avendo l'art. 35 il
contenuto di un provvedimento amministrativo e la forma di una legge,
la tutela giurisdizionale accordata agli interessati risulterebbe
gravemente limitata e ridotta, in sostanza, alla formulazione di una
eccezione di legittimità costituzionale.
Infine, riguardo all'art. 47, primo comma, della stessa legge
regionale, il giudice a quo ravvisa la violazione dell'art. 81,
quarto comma, Cost. poiché tale disposizione, quanto agli oneri
derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 35,
indica solo genericamente i relativi mezzi di copertura, facendo, tra
l'altro, rinvio alle leggi di bilancio degli esercizi - di
riferimento.
1.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo
riservando ogni deduzione ad una successiva memoria e concludendo per
la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni
impugnate.
1.2. - È intervenuta altresì la Regione Lombardia chiedendo che
le questioni sollevate dal T.A.R. Lombardia - sezione staccata di
Brescia - vengano dichiarate non fondate.
Per quel che concerne le censure proposte in riferimento agli artt.
3, 4, 51 e 97 Cost., la Regione osserva che non è affatto
irragionevole che venga attribuito rilievo particolare alla posizione
di chi, avendo svolto funzioni comportanti la responsabilità di un
ufficio, è indubbiamente in possesso di una esperienza specifica,
che lo rende maggiormente idoneo a partecipare ad un corso-concorso
per accedere alla qualifica dirigenziale.
La situazione di chi è stato nominato responsabile di un ufficio,
infatti, non sarebbe eguale a quella di chi, pur facendo parte della
medesima qualifica funzionale, non abbia ricevuto tale incarico. Né
potrebbe considerarsi contraddittorio il fatto che il conferimento
dell'incarico non valga ai fini dell'inquadramento automatico nella
prima qualifica funzionale, in quanto la previsione del corso-concorso è volta a valorizzare lo sviluppo e la maturazione delle
capacità ed attitudini professionali dei dipendenti.
Quanto alla pretesa violazione dell'art. 113 Cost., la Regione
Lombardia assume che la tutela giurisdizionale degli interessati non
è minimamente ridotta per il fatto che le condizioni ed i
procedimenti necessari per l'inquadramento del personale siano
disciplinati dettagliatamente da una legge piuttosto che da un
provvedimento amministrativo. Del resto, essa aggiunge, a dimostrarlo
inequivocabilmente sta l'azione degli stessi interessati proposta
dinanzi al T.A.R., dalla quale ha origine il presente giudizio.
Infine, riguardo alla prospettata violazione dell'art. 81, quarto
comma, Cost., da parte dell'art. 47, primo comma, la Regione osserva
che, poiché la disposizione impugnata è compresa in una legge di
ordinamento e non di spesa, non si pone alcun problema di copertura
finanziaria di nuove o maggiori spese.
2. - Con ordinanza emessa il 9 maggio 1985, nel corso di tre
giudizi poi riuniti, il T.A.R. per la Lombardia ha sollevato
questione di costituzionalità sulle medesime disposizioni impugnate
con la precedente ordinanza, per contrasto con gli artt. 3, 51, 97 e
81 della Costituzione.
Il giudice a quo, movendo dalla premessa che la razionalità della
disciplina di una procedura concorsuale debba esser valutata alla
luce delle finalità cui la selezione è preordinata, osserva che la
procedura del corso-concorso, di cui all'art. 35, è diretta a
selezionare personale da immettere nella prima qualifica
dirigenziale, e cioè personale al quale, in base all'art. 5 della
stessa legge regionale n. 60 del 1984, verranno attribuite sia
funzioni di responsabile di un ufficio o di un centro di formazione
professionale o di scuole regionali, sia, in aggiunta o in via
esclusiva, "attività di studio e di ricerca dirette alla
formalizzazione e alla realizzazione dei programmi nell'ambito delle
competenze per materia o per obiettivo". In questa prospettiva, la
disposizione impugnata che, oltre all'inquadramento nell'ottava
qualifica funzionale, richiede come requisito di ammissione al corso-concorso anche l'incarico, alla data del 29 aprile 1983, della
responsabilità di un ufficio, appare irrazionale, in quanto il
personale inquadrato nell'ottava qualifica deve ritenersi dotato di
elevata specializzazione nel settore dello studio, della ricerca e
della elaborazione dei programmi (all. A alla l.r. n. 60 del 1984) e,
pertanto, già in possesso, per il solo fatto dell'inquadramento
nell'ottava qualifica, di una professionalità che lo rende idoneo a
svolgere attività di studio e di ricerca anche nelle qualifiche
funzionali più elevate.
In definitiva, secondo il giudice a quo, l'esclusione di questi
funzionari dalla partecipazione al corso-concorso se, da un lato,
diminuendo senza ragione le possibilità di scelta dei candidati più
idonei, contrasta con l'art. 97 Cost., dall'altro, attribuendo un
diverso trattamento a soggetti appartenenti alla medesima qualifica
funzionale e precludendo ad alcuni l'accesso alle qualifiche
superiori, viola gli artt. 3 e 51 della Costituzione.
Lo stesso giudice a quo, mentre ha ritenuto manifestamente
infondato il dubbio circa l'incostituzionalità dell'art. 35, primo e
secondo comma, rispetto all'art. 113 Cost., ha impugnato l'art. 47
l.r. n. 60 del 1984 con le stesse motivazioni prospettate dalla
precedente ordinanza.
2.1. - Si sono costituiti i funzionari regionali, ricorrenti nel
giudizio a quo, chiedendo che venga dichiarata la illegittimità
costituzionale delle disposizioni impugnate.
2.2. - Non è intervenuta la Regione Lombardia.
3. - Il T.A.R. per la Lombardia - sezione staccata di Brescia -
adito, con due distinti ricorsi, da tre funzionari della Regione
Lombardia che chiedevano l'annullamento degli atti con cui erano
stati esclusi dal corso-concorso, in quanto incaricati della
responsabilità di un ufficio con delibera anteriore al 29 aprile
1983, ma resa esecutiva successivamente a tale data, ha sollevato,
con ordinanza emessa il 20 dicembre 1985, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 35 della l.r. n. 60 del 1984 per contrasto
con gli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione.
Secondo il giudice rimettente, poiché la procedura concorsuale è
sostanzialmente ordinata quale prova di idoneità assoluta - tenuto
conto della possibilità di nomine anche in soprannumero non risulta
chiara, né ragionevole l'esclusione da quella procedura, non tanto
degli altri dipendenti collocati al settimo livello funzionale,
quanto di ogni altro dipendente egualmente nominato responsabile di
un ufficio, ancorché in data posteriore al 29 aprile 1983. Per
quest'ultima categoria di dipendenti, infatti, la partecipazione al
corso ed il superamento delle prove costituirebbero condizioni
necessarie per la conservazione della responsabilità dell'ufficio,
dalla quale i funzionari esclusi o non vittoriosi decadono
automaticamente.
La scelta di una scriminante temporale in un quadro caratterizzato
da inquadramenti soprannumerari apparirebbe, quindi, lesiva del
principio di eguaglianza, in relazione, oltreché all'art. 97 Cost.
(sotto il profilo del buon andamento), agli artt. 4 e 51 della
Costituzione.
E, anche se si volesse sostenere che la individuazione della data
del 29 aprile 1983 risponda ad esigenze di contenimento della spesa,
potrebbe egualmente ravvisarsi una violazione delle predette
disposizioni costituzionali, in quanto i posti disponibili dovrebbero
essere assegnati in ogni caso ai più meritevoli.
3.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo chiedendo
che venga dichiarata la illegittimità costituzionale della
disposizione impugnata con argomenti analoghi a quelli svolti
nell'ordinanza.
3.2. - Non è intervenuta, invece, la Regione Lombardia.
4. - Il T.A.R. per la Lombardia, adito da numerosi dirigenti della
Regione Lombardia che chiedevano l'annullamento della delibera della
Giunta regionale n. III/45597 dell'11 dicembre 1984 e del decreto del
Presidente della Giunta regionale n. 18174 del 17 gennaio 1985, con i
quali è stato indetto un concorso per titoli per la copertura di 152
posti della seconda qualifica dirigenziale del ruolo organico della
Giunta regionale, ha sollevato, con ordinanza del 9 maggio 1985,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 della legge
della Regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, per contrasto con
gli artt. 3 e 51, nonché 97 e 117 Cost., e dell'art. 47 della stessa
legge, per contrasto con l'art. 81 della Costituzione.
In ordine all'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, l'art.
36 dispone che i titoli valutabili siano costituiti: a) dal servizio
svolto presso la Regione dal 15 dicembre 1973, per un massimo di 15
punti; b) dai titoli di studio, per un massimo di 10 punti; c) dallo
svolgimento di funzioni, per un massimo di 40 punti. Tra questa
ultima categoria di titoli, l'incarico in atto di funzioni di
dirigente di servizio dà diritto, di per sé, a 20 punti.
Il giudice a quo osserva che, mentre deve ritenersi in armonia con
i principi fondamentali della materia desumibili dalla legge quadro
sul pubblico impiego, il fatto che venga privilegiato, nella
valutazione dei titoli, l'esercizio delle funzioni di dirigente di
servizio, al contrario appare irragionevole che l'affidamento
dell'incarico di dirigente di un servizio possa consentire di per sé
un apprezzamento di merito, a prescindere dal servizio effettivamente
prestato in tale funzione, che riceve una autonoma valutazione (6
punti per ogni anno). L'irragionevolezza deriva, secondo il giudice a
quo, dal fatto che la legge n. 42 del 1979, nel disciplinare il
conferimento di tali incarichi, non ha previsto alcuna procedura
diretta a verificare il merito e la professionalità degli
interessati, attribuendo in proposito alla Giunta Regionale la
discrezionalità più assoluta.
La previsione di un punteggio pari a circa un terzo dei punti a
disposizione non sarebbe, pertanto, in armonia con i principi di cui
all'art. 97, primo comma, Cost., e con i principi fondamentali della
materia (art. 117 Cost.), quali si desumono dagli artt. 4, 17 e 20
della legge quadro sul pubblico impiego (che impongono di valutare
per le qualifiche più elevate, non già il conferimento di un
incarico, ma il suo svolgimento).
Secondo il giudice a quo, sarebbe ravvisabile, poi, una violazione
degli artt. 3 e 51 Cost. a causa del differente trattamento, non
giustificato dalle finalità della procedura concorsuale, riservato
ai soggetti che non dispongono del requisito considerato. Per le
stesse ragioni, l'art. 36 della l.r. n. 60 del 1984 sarebbe
illegittimo per contrasto con gli artt. 97 e 117 (in relazione ai
ricordati principi fondamentali del pubblico impiego), 3 e 51 Cost.,
nella parte in cui limita la valutazione dei servizi pregressi a
quelli prestati in servizio di ruolo presso le regioni, escludendo
con ciò la valutazione di servizi che, pur prestati in posizioni
giuridiche diverse o presso altri enti, sono tuttavia tali da
coinvolgere la stessa professionalità e la stessa responsabilità.
Da ultimo, il giudice a quo, con considerazioni identiche a quelle
svolte nelle ordinanze precedenti, dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 47 della l.r. n. 60 del 1984, in riferimento
all'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
4.1. - Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo,
riservando ogni deduzione ad una successiva memoria e chiedendo che
venga dichiarata la illegittimità costituzionale delle disposizioni
impugnate.
4.2. - È intervenuta, altresì, la Regione Lombardia chiedendo che
le questioni vengano dichiarate non fondate.
La Regione osserva, in primo luogo, che l'attribuzione di un alto
punteggio ai dirigenti attualmente incaricati della responsabilità
di un servizio non è arbitraria, ma risponde alle obiettive esigenze
dell'amministrazione regionale, ove si consideri l'ampiezza dei
poteri riconosciuti ai dirigenti, le responsabilità di questi ultimi
per l'esatto adempimento delle funzioni loro affidate e la necessità
che un buon andamento degli uffici sia assicurato dalla fase di avvio
della ristrutturazione dell'organizzazione del personale regionale.
Non sarebbe pertanto ravvisabile alcuna violazione dell'art. 97
Cost., né dell'art. 117 Cost., in quanto le disposizioni impugnate
sarebbero del tutto in linea con i principi della legge quadro sul
pubblico impiego, che anzi, proprio per le qualifiche più elevate,
richiedono, tra l'altro, valutazioni soprattutto connesse alle
esperienze professionali e ai compiti di guida di gruppo, di ufficio
o di organi e alle relative responsabilità burocratiche (art. 17).
Né, secondo la Regione, potrebbe attribuirsi rilievo alla
circostanza che il conferimento delle responsabilità del servizio
sia avvenuto sulla base di scelte discrezionali, in quanto l'art. 36
si limita a privilegiare la posizione di coloro che abbiano adempiuto
a tali incarichi, valutando l'esperienza maturata dagli stessi per il
solo fatto di esservi stati preposti e di non essere stati revocati
dall'incarico per risultati giudicati non corrispondenti alle
attribuzioni loro affidate. Tali considerazioni valgono, sempre ad
avviso della Regione, ad escludere anche qualsiasi possibilità di
contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., tanto più che le situazioni
comparate dal giudice a quo non sarebbero affatto omogenee.
Secondo la Regione, anche la scelta legislativa sottostante alla
disposizione contenuta nell'art. 36, che limita la valutazione
concorsuale ai soli servizi prestati presso le regioni, risponde ad
un criterio logico ed è finalizzata al buon andamento
dell'amministrazione. Non sarebbe arbitrario, infatti, che per la
prima copertura di posti, che richiedono elevata professionalità e
comportano rilevanti responsabilità, venga attribuito rilievo solo
ai servizi prestati presso la regione in posizione di ruolo.
Infine, per quel che concerne la censura proposta nei confronti
dell'art. 47, in riferimento all'art. 81 Cost., la Regione svolge
considerazioni analoghe a quelle precedentemente ricordate.
5. - Nell'imminenza dell'udienza, i ricorrenti nei giudizi a quibus
hanno depositato due memorie nelle quali vengono svolte ulteriori
considerazioni sulla fondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale all'esame di questa Corte.
5.1. - Nella prima memoria, si sottolinea come l'art. 35 riferisca
erroneamente l'incarico di responsabile di ufficio ad una nomina, in
quanto l'art. 29 della l.r. n. 42 del 1979 aveva ad oggetto
l'affidamento sostanzialmente transitorio e provvisorio di funzioni
sulla base di motivazioni esclusivamente fiduciarie, che
prescindevano da qualsiasi accertamento meritocratico. Pertanto,
l'incarico assunto dalla disposizione impugnata a requisito
condizionante l'ammissione al corso-concorso non costituirebbe
affatto un requisito in più per chi lo possiede, né sarebbe
possibile desumere dallo stesso alcuna sicura professionalità o
esperienza nelle funzioni, tanto più che nella prima qualifica
dirigenziale risultano inquadrati i funzionari dell'ottavo livello
funzionale che non avevano la responsabilità di un ufficio.
Con riferimento alla prima delle questioni concernenti l'art. 36
della l.r. n. 60 del 1984, nella stessa memoria si rileva come, con
la forma della legge, sia stato in realtà adottato un provvedimento
amministrativo, che, non solo bandisce il concorso per l'accesso alla
seconda qualifica dirigenziale, ma si sostituisce del tutto alla
commissione giudicatrice, cui tradizionalmente spetta il compito di
predeterminare i criteri di valutazione. Infatti, il punteggio
attribuito ai dirigenti di servizio solo per l'incarico "in atto" (20
punti su un totale di 65), nonché la valutazione, sotto altro
profilo, dell'anzianità maturata nell'incarico (6 punti per ogni
anno), fanno sì che solo questi dirigenti possano risultare
vincitori, mentre tutti gli altri, che non abbiano avuto lo stesso
incarico, non possono aspirare neanche alla idoneità. Tutt'al più,
si conclude, l'incarico potrebbe costituire elemento professionale a
parità degli altri titoli, ma giammai titolo esclusivo per il
conseguimento della seconda qualifica dirigenziale.
Nella stessa memoria si insiste, inoltre, sul secondo profilo di
illegittimità dell'art. 36 prospettato dal medesimo giudice a quo.
In relazione a questo, si sottolinea come il sistema di valutazione
dei punteggi non consenta di attribuire alcun rilievo al servizio
prestato dai dirigenti di primo livello anteriormente al definitivo
inquadramento nei ruoli regionali, che è avvenuto per i ricorrenti,
in base alla legge n. 29 del 1982, con decorrenza 1 gennaio 1981.
Tale scelta del legislatore regionale sarebbe gravemente lesiva della
posizione giuridica soggettiva dei dipendenti, che non si vedono
riconosciuto il servizio prestato alle dipendenze della Regione in
posizione di comando, di trasferimento temporaneo o di altro.
Nella stessa memoria, si ribadisce, infine, l'illegittimità
costituzionale dell'art. 47 della legge n. 60 del 1984, in
riferimento all'art. 81 Cost., e si contesta l'assunto della Regione
Lombardia secondo il quale l'art. 47 è una disposizione di
ordinamento e non di spesa, e come tale non vincolata alla
indicazione dei mezzi di copertura.
5.2. - Nella seconda memoria, relativa al giudizio introdotto con
l'ordinanza del 20 dicembre 1985 (sub 3), si sottolinea che la
fissazione della data del 29 aprile 1983, quale limite ultimo per la
effettività del conferimento dell'incarico di responsabile di un
ufficio, è priva di qualsiasi ragionevolezza, sia perché è la
nomina a responsabile - in quanto tale e a prescindere dal momento di
perfezionamento dell'efficacia del provvedimento - ad attestare una
positiva valutazione da parte dell'amministrazione, sia perché
quella data è del tutto svincolata dalla procedura concorsuale,
nella quale, per regola generale, i requisiti devono sussistere alla
data di scadenza del termine di presentazione delle domande.
6. - Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria per
dimostrare la ragionevolezza e la non arbitrarietà della
attribuzione di 20 punti (su 65) ai responsabili di servizio in atto.
La Regione sottolinea innanzitutto il carattere di norma
transitoria della disposizione impugnata, la quale, inserendosi in un
complesso di norme diretto a riformare profondamente l'assetto
organizzativo regionale, si premura, nella sua prima ed unica
applicazione, di non stravolgere le preesistenti posizioni dei
dipendenti, che, con gli incarichi conferiti dalla Giunta nel
rispetto degli indirizzi generali previsti dall'art. 27, terzo comma
della l.r. n. 42 del 1979, avevano dato buoni risultati.
In secondo luogo, la Regione, pur riconoscendo che la norma
impugnata privilegia i responsabili di servizio in atto, rileva che
gli incarichi conferiti dalla Giunta hanno semplicemente confermato
le funzioni già svolte da anni in servizi che, seppur formalmente
istituiti solo con la l.r. n. 42 del 1979, erano già esistenti e
diretti, nella quasi totalità, dai medesimi funzionari cui è stata
attribuita formalmente la responsabilità del servizio.
In terzo luogo, la Regione fa presente che gli incarichi di
responsabile di servizio conferiti dalla Giunta hanno rispettato gli
indirizzi previsti dal citato art. 27, i quali fanno riferimento: a)
alla preparazione specialistica dimostrata nello svolgimento del
servizio prima dell'entrata in vigore della l.r. n. 42 del 1979; b)
alle capacità dirigenziali espresse nell'esercizio delle funzioni,
di cui all'art. 28 l.r. n. 42 del 1979; c) allo svolgimento di
incarichi con funzioni analoghe o assimilabili alle medesime; d)
all'espletamento di altri incarichi, svolti a seguito di delibere
della Giunta regionale; e) ad ogni altra esperienza culturale o
scientifica utile a caratterizzare l'impiegato in relazione alle
funzioni di dirigente del servizio per il quale viene proposto.
Infine, la Regione afferma che la scelta di assegnare la seconda
qualifica dirigenziale ai funzionari che avevano già avuto il
riconoscimento delle loro capacità da parte della Giunta regionale
può essere discussa in questa sede solo sotto il profilo della
ragionevolezza e non arbitrarietà. E, ricorda la Regione, è questo
un giudizio che non comporta la medesima profondità di analisi
implicata dal vizio di eccesso di potere degli atti amministrativi,
dal momento che spetta alla legge una discrezionalità maggiore
rispetto a quella propria degli atti amministrativi. In ogni caso,
conclude la Regione, la non arbitrarietà e irragionevolezza della
disposizione impugnata sarebbe dimostrata a posteriori anche dalla
circostanza di fatto che nel corso-concorso qui discusso quattro
dirigenti incaricati della responsabilità di un servizio non sono
risultati vincitori, mentre sono risultati vincitori ben 13 dirigenti
che non erano precedentemente responsabili di servizio.
Considerato in diritto
1. - Le quattro ordinanze introduttive dei presenti giudizi, che
hanno ad oggetto l'impugnazione degli artt. 35, 36 e 47 della legge
della regione Lombardia 29 novembre 1984, n. 60, pongono questioni
identiche oppure connesse. I relativi giudizi vanno pertanto riuniti
e decisi con un'unica sentenza.
2. - La prima questione riguarda l'art. 35, primo e secondo comma,
della citata legge regionale n. 60 del 1984, nella parte in cui
stabilisce che al corso-concorso per l'ammissione alla prima
qualifica dirigenziale possono partecipare soltanto i dipendenti
inquadrati nell'ottava qualifica funzionale, che, alla data del 29
aprile 1983, risultassero incaricati della responsabilità di un
ufficio. Delle disposizioni anzidette si sospetta
l'incostituzionalità per l'asserito contrasto con i seguenti
articoli:
a) art. 3 Cost., sotto l'aspetto della irragionevolezza della
disciplina stabilita, con particolare riguardo alla fissazione del
riferimento temporale al 29 aprile 1983 del possesso dei requisiti
richiesti per la partecipazione al corso-concorso di cui alla legge
impugnata, nonché sotto l'aspetto della violazione del principio
della parità di trattamento;
b) art. 97 Cost., in quanto il possesso del requisito
dell'incarico della responsabilità di un ufficio, il quale è
previsto come titolo di ammissione per il predetto corso-concorso, è
ritenuto dai giudici a quibus contrario al principio del buon
andamento della pubblica amministrazione, sia perché appare illogico
che quel requisito non sia considerato elemento sufficiente per
l'automatico inquadramento nella qualifica superiore, sia perché,
essendo l'effetto di una scelta meramente discrezionale, restringe
arbitrariamente l'area dei funzionari che possono utilmente
concorrere per il conseguimento della prima qualifica dirigenziale,
tanto più che i dipendenti esclusi sarebbero in possesso di
professionalità ritenute dalla stessa legge astrattamente idonee al
passaggio alla suddetta qualifica (cioè l'inquadramento nell'ottava
qualifica funzionale);
c) art. 51 Cost., perché, essendo l'ammissione al
corso-concorso in questione condizionata al requisito dell'incarico
della responsabilità di un ufficio ed essendo il possesso di
quest'ultimo il frutto di una scelta puramente discrezionale della
Giunta regionale, ne risulterebbe violato il principio meritocratico
del concorso pubblico;
d) art. 4 Cost., per l'asserita violazione del diritto al
lavoro, sotto specie di un preteso diritto alla progressione in
carriera;
e) art. 113 Cost., in quanto, avendo le disposizioni impugnate
un contenuto provvedimentale, esse finirebbero per conferire forza o
valore di legge ad atti che dovrebbero essere di competenza di
autorità amministrative, limitando così le possibilità di tutela
giurisdizionale degli interessati.
2.1. - È infondata la censura di incostituzionalità avverso
l'art. 35, primo e secondo comma, della legge impugnata, sotto il
profilo della presunta irragionevolezza (art. 3 Cost.) e della
violazione del principio del buon andamento della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.).
2.2. - La legge impugnata è stata adottata al fine di
ristrutturare lo stato giuridico e il trattamento economico del
personale della regione Lombardia per adeguarlo ai principi contenuti
nell'accordo nazionale 1983-1984. Nel preesistente ordinamento degli
uffici, che si basava sulla legge regionale 1° agosto 1979, n. 42, la
Lombardia, a differenza di tutte le altre regioni, aveva adottato un
modello organizzativo che prevedeva uffici e servizi, ad ognuno dei
quali era preposto un dipendente al fine di evidenziare precise
responsabilità. Mentre ai servizi, che costituivano aggregazioni
funzionali di più uffici, erano preposti funzionari dell'ottavo
livello, agli uffici, invece, operavano come responsabili dipendenti
di livello non inferiore al settimo, i quali erano prescelti sulla
base dei criteri fissati dalla ricordata legge regionale del 1979
(art. 29), senza peraltro godere di alcun aumento retributivo per
tale funzione, non essendo stata questa prevista nell'accordo
nazionale allora vigente.
È poi intervenuto l'accordo nazionale per gli anni 1983-1984,
che, delineando un ordinamento del personale basato su otto
qualifiche funzionali (sostitutive degli altrettanti livelli allora
esistenti) più due qualifiche dirigenziali, stabiliva, per le
funzioni superiori, il seguente meccanismo di adeguamento: mentre i
dipendenti dell'ottavo livello sarebbero passati automaticamente alla
prima qualifica funzionale dirigenziale, quelli del settimo livello
sarebbero stati inquadrati nell'ottava qualifica funzionale senza
possibilità di ulteriore progressione di carriera. Lo stesso
accordo, inoltre, prevedeva tanto la figura del dirigente di prima
qualifica, cui si riconosceva la responsabilità di strutture
organizzative di base (cioè di quelli che nella legge lombarda del
1979 erano definiti "uffici") e la relativa indennità, tanto la
figura del dirigente di seconda qualifica, cui si riconosceva la
responsabilità delle strutture organizzative più complesse, che
nella legge lombarda del 1979 erano qualificate come "servizi".
Con la legge n. 60 del 1984 la regione Lombardia ha tentato di
adeguare la propria organizzazione amministrativa alle indicazioni
dell'anzidetto accordo nazionale, cercando di non pregiudicare, per
quanto possibile, la struttura di fondo che si era precedentemente
data e, in particolare, l'articolazione in servizi e uffici. Così,
mentre i responsabili dei servizi, cioè i funzionari già
appartenenti all'ottavo livello e ora automaticamente inquadrati
nella prima qualifica dirigenziale, vengono agevolati da tale legge,
con il riconoscimento di un punteggio particolarmente elevato per
l'incarico posseduto (venti punti su un totale di sessantacinque), ai
fini dell'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, i responsabili
di uffici, invece, sono trattati diversamente a seconda del loro
livello di appartenenza: quelli già inquadrati all'ottavo livello,
passando automaticamente alla prima qualifica dirigenziale (come
previsto dall'accordo nazionale), potevano conservare la posizione di
responsabili di ufficio senza bisogno di alcun esame d'idoneità;
quelli già inquadrati al settimo livello erano automaticamente
trasferiti all'ottava qualifica funzionale (in armonia con il
predetto accordo nazionale), ma, non potendo in questa nuova
posizione conservare la responsabilità di un ufficio, era data loro
la possibilità di superare questo sbarramento partecipando a un
corso-concorso ad essi riservato, superando il quale potevano
accedere alla prima qualifica dirigenziale e mantenere così la
responsabilità dell'ufficio.
2.3. - Proprio quest'ultima disposizione, stabilita come norma
transitoria dall'art. 35, primo e secondo comma, della legge
regionale n. 60 del 1984, è, come s'è già detto, oggetto di una
prima censura sotto il profilo della sua irragionevolezza e per
contrasto con il principio del buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.).
Questa Corte ha costantemente affermato che le scelte
discrezionali del legislatore possono esser sindacate sotto l'aspetto
della loro ragionevolezza e possono essere dichiarate
incostituzionali nei casi di palese arbitrarietà delle stesse.
Tuttavia, la norma impugnata non rientra sicuramente fra le ipotesi
di uso manifestamente irragionevole del potere legislativo.
La decisione della regione Lombardia di dare attuazione
all'accordo nazionale del 1983 e il conseguente travaso nell'ottava
qualifica funzionale dei dipendenti prima inquadrati nel settimo
livello avevano creato un vuoto nell'ordinamento del personale,
dovuto al fatto che, mentre per l'innanzi la responsabilità di un
ufficio poteva esser affidata a un dipendente del settimo livello,
con la nuova struttura, delineata dall'accordo nazionale del 1983, la
medesima responsabilità non poteva più essere affidata ai
dipendenti collocati nell'ottava qualifica funzionale, ma doveva
esser data soltanto a quelli ora inquadrati nella prima qualifica
dirigenziale. Di fronte a questa difficoltà, il legislatore
regionale ha ritenuto, in sede di prima attuazione, di poter
ricoprire parte di quei posti, che sarebbero rimasti temporaneamente
scoperti per l'insufficienza del personale passato automanticamente
alla prima qualifica dirigenziale, attraverso il bando di un
corso-concorso, diretto a verificare l'idoneità dei candidati per il
passagio alla qualifica superiore, che fosse riservato a coloro che,
alla data della stipula dell'accordo nazionale del 1983 (29 aprile
1983), rivestivano l'incarico di responsabile di un ufficio. Che in
via del tutto transitoria il legislatore regionale abbia utilizzato
lo strumento del corso-concorso riservato, al chiaro scopo di
agevolare la continuità delle funzioni di chi già era incaricato
della responsabilità di un ufficio, non può esser considerato
frutto di una decisione arbitraria o irragionevole, ove si tenga
conto, per un verso, che il passaggio alla qualifica superiore è
subordinato a un giudizio d'idoneità e non è, quindi, automatico e,
per un altro, che quello strumento rientra, comunque, in una
disciplina di prima attuazione, essendo previsto, in quella a regime,
il ricorso agli ordinari meccanismi concorsuali. In altre parole, non
appare irragionevole, soprattutto con riferimento al principio del
buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), che, nella
delicata fase di passaggio da un regime all'altro dell'ordinamento
del personale, il legislatore regionale abbia inteso privilegiare,
con le garanzie appena ricordate, la continuità delle funzioni.
Del resto, contrariamente a quanto supposto dai giudici a quibus,
va altresì considerato, sempre ai fini del giudizio di
ragionevolezza, che il conferimento dell'incarico di responsabile di
un ufficio non poteva avvenire, a norma dell'art. 29, primo comma,
l.r. 1° agosto 1979, n. 42, sulla base di una scelta assolutamente
discrezionale della Giunta regionale. Al contrario, l'articolo appena
citato stabilisce che, ai fini anzidetti, occorre tener conto del
servizio complessivamente prestato, della figura professionale
rivestita in relazione alle funzioni attinenti all'ufficio in
considerazione, nonché dell'esperienza vantata in materie identiche
o analoghe a quelle in questione. Si tratta, certo, di criteri
elastici, ma comunque tali da restringere la discrezionalità della
Giunta regionale in sede di conferimento del suddetto incarico e da
permettere una tutela, anche giurisdizionale, di fronte ad eventuali
abusi. Su questa specifica base, non è dunque irragionevole che il
legislatore regionale abbia previsto un corso-concorso per il
passaggio alla prima qualifica dirigenziale riservato a coloro che
avessero la responsabilità di un ufficio, ove si consideri che sia
il conferimento della stessa, sia l'effettivo svolgimento dei compiti
corrispondenti a quell'incarico possono essere ragionevolmente
considerati come indici di esperienza professionale in grado di
consentire di trattare diversamente coloro che si trovassero in
quella posizione.
2.4. - Di una più particolare censura, sempre sotto il profilo
della ragionevolezza, è oggetto l'art. 35, primo comma, nella parte
in cui viene esclusa la partecipazione al corso-concorso dei
funzionari che erano stati incaricati della responsabilità di un
ufficio in data successiva al 29 aprile 1983. Questa censura è stata
prospettata dall'ordinanza del 20 dicembre 1985, emessa dal T.A.R.
della Lombardia nel corso di un giudizio promosso da alcuni
dipendenti che, pur essendo stati incaricati della responsabilità di
un ufficio con una delibera adottata prima del 29 aprile 1983, non
sono stati ammessi al corso-concorso di cui alla disposizione
impugnata, in quanto la relativa delibera è divenuta esecutiva
successivamente a quella data.
Quando l'art. 35, l.r. n. 60 del 1984, stabilisce che può
partecipare al corso-concorso soltanto il personale incaricato della
responsabilità di un ufficio che "risulti esser nominato alla data
del 29 aprile 1983", pone una norma chiaramente diretta ad evitare
eventuali abusi nel conferimento dei predetti incarichi e, in
particolare, quello di gonfiare arbitrariamente l'area dei
legittimati a partecipare al corso-concorso attraverso nomine di
comodo effettuate tra la stipula dell'accordo nazionale e l'adozione
della legge regionale diretta ad attuarlo. Il 29 aprile 1983 è,
infatti, la data della firma dell'accordo nazionale alla cui
attuazione era diretta la legge impugnata. Pertanto il termine posto
dall'art. 35, l.r. 29 novembre 1984, n. 60, non appare irragionevole
ove sia interpretato come uno sbarramento verso i conferimenti degli
anzidetti incarichi effettuati dopo la data della firma dell'accordo
nazionale del 1983 e, come tali, sospetti di non essersi attenuti
alla dovuta imparzialità. Ma, così interpretato, l'art. 35, primo
comma, comporta l'irrilevanza del momento dell'esecutività della
delibera di conferimento dell'incarico, nel senso che il termine ivi
previsto sbarra la strada per l'ammissione al corso-concorso soltanto
a chi abbia ricevuto l'incarico con un atto deliberato dopo il 29
aprile 1983, non già a chi lo abbia avuto con una decisione adottata
prima di quella data, ma divenuta esecutiva successivamente.
Così interpretata, la norma oggetto della presente censura appare
immune dai vizi prospettati dal giudice a quo.
2.5. - L'art. 35, primo e secondo comma, è stato impugnato anche
per l'asserita violazione del principio della parità di trattamento,
come si desume dalla garanzia costituzionale dell'eguaglianza a tutti
i cittadini (art. 3, primo comma, Cost.) e dal principio di
imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). A
motivo dell'impugnazione si assume che la riserva di partecipazione
al corso-concorso, di cui all'art. 35, a favore dei soli dipendenti
inquadrati nell'ottava qualifica funzionale con l'incarico della
responsabilità di un ufficio comporterebbe un trattamento
discriminatorio a danno di quelli inquadrati nella stessa qualifica
senza avere la responsabilità di un ufficio. In altre parole, si
assume che l'art. 35, primo e secondo comma, avrebbe trattato
diversamente due situazioni effettivamente eguali.
La censura non è fondata.
In realtà, la premessa da cui muovono le argomentazioni dei
giudici a quibus non trova conferma nell'ordinamento degli uffici e
del personale che la regione Lombardia si è legislativamente dato.
Le due categorie di dipendenti cui l'art. 35, primo e secondo comma,
riserva un trattamento diseguale non possono essere considerate
eguali di fronte alla legge. Infatti, pur se è vero che l'una e
l'altra appartengono alla medesima qualifica funzionale (così come
prima appartenevano allo stesso livello), il fatto che, a norma
dell'art. 29, primo comma, l. r. 4 agosto 1979, n. 42, la
responsabilità di un ufficio deve essere affidata, come si è già
detto, in considerazione del complessivo servizio prestato, della
specifica figura professionale rivestita in relazione alla funzione
da svolgere e dell'esperienza di lavoro acquisita, porta a concludere
che gli incaricati della responsabilità di un ufficio siano stati
selezionati in quanto riconosciuti in possesso di una
professionalità o di un'esperienza di servizio superiori o,
comunque, diverse rispetto a quelli esclusi da quell'incarico. Ciò
significa che lo stesso legislatore regionale ha ritenuto le due
categorie di dipendenti ora considerate come diverse sotto il profilo
professionale e che, pertanto, non può ritenersi in contrasto con il
principio della parità di trattamento l'averle trattate diversamente
ai fini della partecipazione al corso-concorso di cui alla
disposizione impugnata.
2.6. - Quanto alle restanti censure prospettate dai giudici a
quibus in relazione al medesimo art. 35, primo e secondo comma, l.r.
n. 60 del 1984, nessuna di esse può essere accolta.
Non quella con cui si prospetta la possibile violazione dell'art.
51 Cost., poiché, come questa Corte ha già avuto occasione di
affermare (sent. n. 217 del 1986), la norma invocata come parametro
costituzionale si riferisce espressamente all'accesso ai pubblici
uffici, non già al passaggio da un livello all'altro o da una
qualifica all'altra del personale già in servizio. Beninteso, a
quest'ultima ipotesi resta comunque applicabile il generale principio
di eguaglianza, sotto la duplice veste della parità di trattamento e
della non arbitrarietà della disciplina adottata. Ma, come si è
mostrato nei punti precedenti della motivazione, la disposizione
impugnata ha già superato il vaglio di costituzionalità sotto i
predetti profili.
Del pari infondata è la censura prospettata nei confronti della
garanzia a tutti i cittadini del diritto al lavoro (art. 4 Cost.).
Se, infatti, non vi può esser dubbio che da questa norma
costituzionale siano desumibili diritti più particolari, come ad
esempio la libertà di professione o il diritto dei lavoratori a non
subire licenziamenti arbitrari, non è tuttavia possibile,
contrariamente a quel che suppongono i giudici a quibus, trarre da
essa criteri di decisione aventi un qualche significato per i
problemi relativi alla progressione delle carriere nel pubblico
impiego (regionale). Sotto tale aspetto, come questa Corte ha più
volte affermato, pur se ad altro proposito (v. sent. n. 10 del 1980,
punto 6 della motivazione, nonché sentt. nn. 22 del 1967, 10 del
1970, 98 del 1973), l'infondatezza della questione può esser dedotta
sulla base di un modello di giudizio, per il quale la norma invocata
come parametro è troppo ampia o troppo indeterminata per poterne
trarre un preciso criterio di decisione in relazione al caso cui si
pretende di applicarla.
Anche la censura prospettata dall'ordinanza del T.A.R. della
Lombardia - Sez. staccata di Brescia, del 10 maggio 1985 (r.o. n. 774
del 1985), relativa alla presunta incostituzionalità dell'art. 35,
primo e secondo comma, della legge regionale n. 60 del 1984 nei
confronti dell'art. 113 Cost., deve ritenersi infondata.
Il giudice a quo, partendo dalla premessa che una legge regionale
non possa avere un contenuto provvedimentale e riscontrando siffatto
carattere nelle statuizioni impugnate, ritiene che l'aver
ingiustificatamente dato la forma di legge a un atto materialmente
amministrativo abbia prodotto una limitazione delle possibilità di
tutela giurisdizionale garantite agli interessati dall'art. 113 della
Costituzione.
Questa argomentazione è, tuttavia, errata proprio nella sua
premessa.
Come si è già affermato per le leggi statali e per quelle di
alcune regioni a statuto speciale (sentt. nn. 20 del 1956, 60 del
1957, 61 del 1958), anche per le leggi delle regioni a statuto
ordinario si deve escludere che esse non possano avere un contenuto
particolare e concreto. Per un verso, infatti, tanto la Costituzione
(artt. 70 e 121) quanto gli Statuti regionali definiscono la la
legge, non già in ragione del suo contenuto strutturale o materiale,
bensì in dipendenza dei suoi caratteri formali, quali la provenienza
da un certo organo o potere, il procedimento di formazione e il
particolare valore giuridico (rango primario delle norme, trattamento
giuridico in sede di controllo o di sindacato, etc). Per altro verso,
nessuna disposizione costituzionale o statutaria prevede che gli atti
a contenuto particolare e concreto debbano necessariamente avere la
forma di atto amministrativo. Su questa base si deve escludere
qualsiasi fondamento alla pretesa del giudice a quo di individuare
nell'adozione di un atto particolare e concreto in forma legislativa
la causa della lesione dei diritti garantiti dall'art. 113 della
Costituzione.
3. - Con ordinanza emessa il 9 maggio 1985 (r. o. n. 429 del 1986)
il T.A.R. per la Lombardia ha posto una duplice questione relativa
all'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60. Con la
prima questione si dubita della legittimità costituzionale del
predetto articolo nella parte in cui, ai fini dell'accesso alla
seconda qualifica dirigenziale attraverso un concorso per soli
titoli, prevede l'attribuzione di venti punti, su un totale di
sessantacinque, oltre a quelli spettanti per lo svolgimento pregresso
delle medesime funzioni (sei punti ogni anno), a favore dei dirigenti
inquadrati nella prima qualifica dirigenziale che avessero l'incarico
in atto delle funzioni di dirigente di servizio. Questa norma è
sospettata d'incostituzionalità sotto un triplice profilo: a) per
violazione del principio del buon andamento della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.); b) per violazione del principio
fondamentale, secondo il quale il conferimento delle qualifiche più
elevate deve avvenire nel rispetto della parità delle posizioni e
sulla base di determinati requisiti culturali e di esperienza
professionale (art. 117 Cost., in relazione agli artt. 4, 17 e 20
della legge 29 marzo 1983, n. 93); c) per lesione del principio della
parità di trattamento e di quello del concorso (artt. 3 e 51 Cost.).
Nei termini in cui sono poste, le predette questioni non sono
fondate.
3.1. - Sul presupposto del massimo rispetto delle scelte
legislative nella predisposizione dei mezzi più idonei onde
assicurare l'efficienza degli uffici pubblici, questa Corte ha
costantemente interpretato il principio del buon andamento di cui
all'art. 97 Cost. come un criterio di congruenza e di non
arbitrarietà della disciplina posta in essere in relazione al fine
che si vuol perseguire (v. sent. n. 10 del 1980, con specifico
riferimento alla materia del pubblico impiego). Pertanto, anche per
le censure proposte contro l'art. 36 della legge impugnata, va
seguito il paradigma del giudizio di ragionevolezza, non diversamente
da quanto compiuto in relazione all'analoga questione,
precedentemente affrontata, riguardo all'art. 35 della stessa legge.
Innanzitutto, anche le disposizioni oggetto della presente
impugnazione dettano norme per la prima attuazione, e non norme a
regime. Anch'esse, dunque, pongono una disciplina transitoria, resa
necessaria dalla decisione regionale di modificare la propria
struttura organizzativa secondo le indicazioni contenute nell'accordo
nazionale del 1983. Quest'ultimo, dopo aver previsto l'inquadramento
automatico dei dipendenti dell'ottavo livello nella prima qualifica
dirigenziale, stabiliva poi che l'accesso alla qualifica superiore,
la sconda appunto, dovesse avvenire, in sede di prima attuazione,
attraverso una selezione per titoli (e/o una prova d'esame) per
almeno il 90% dei posti disponibili, lasciando la copertura degli
altri a normali concorsi pubblici per titoli ed esami.
La regione Lombardia, con la legge impugnata, si è uniformata a
questo modello organizzativo e vi ha dato attuazione cercando di
salvaguardare al massimo le posizioni preesistenti, nel senso di
travasare queste ultime nelle nuove qualifiche agevolando l'accesso
alla più elevata qualifica dirigenziale di chi già si trovava nella
posizione a questa corrispondente, vale a dire dei responsabili dei
servizi. A tal fine, l'impugnato l'art. 36 riconosce a questi ultimi
funzionari, sempreché incaricati in atto della responsabilità di un
servizio, ben venti punti su un totale di sessantacinque, nonché sei
punti per ogni anno di servizio per lo svolgimento pregresso delle
medesime funzioni.
Analizzata sotto il profilo del buon andamento, non si può certo
negare che nelle concrete circostanze del caso appaia tutt'altro che
irragionevole una disposizione di legge regionale, la quale, nel
ristrutturare sostanzialmente l'organizzazione degli uffici, abbia
tentato di evitare uno sconvolgimento delle posizioni attualmente
ricoperte dai dipendenti e abbia pertanto predisposto, in sede di
prima attuazione, criteri di selezione diretti a facilitare il
mantenimento effettivo della responsabilità di un servizio a chi
già l'aveva, soprattutto in considerazione della delicata fase di
avvio della ristrutturazione dell'ordinamento del personale
regionale. Si può dire, anzi, che questo interesse alla stabilità
delle posizioni, con riguardo alla specifica fase transitoria cui si
riferisce la disciplina impugnata, non sia irragionevolmente
disgiunto dall'obiettivo di garantire l'efficienza amministrativa e,
quindi, il buon andamento degli uffici regionali, tanto più che
nelle norme a regime sono previsti, per l'accesso alla medesima
qualifica dirigenziale, gli ordinari meccanismi concorsuali.
3.2. - Un altro aspetto della medesima questione va individuato nel
rilievo dello stesso giudice a quo relativo alla pretesa
arbitrarietà della concessione di venti punti per l'incarico in atto
della responsabilità di un servizio, la quale si baserebbe sul fatto
che il predetto incarico è considerato frutto di una valutazione
totalmente discrezionale della Giunta regionale, e non già di una
selezione basata sui titoli di professionalità.
Posto che il giudice a quo non solleva il problema del rispetto
della riserva di legge ex art. 97 Cost., per il quale la
giurisprudenza di questa Corte ritiene sufficiente che la legge si
limiti a fornire una base al potere di organizzazione
dell'amministrazione (v. ad es. sentt. nn. 221 del 1976, 21 del
1980), va ricordato che, contrariamente a quanto opinato
nell'ordinanza di rimessione, l'art. 27, terzo comma, l. r. n. 42 del
1979, dispone che la nomina dei responsabili di servizio debba
avvenire, sulla base di indirizzi formulati dalla Giunta regionale,
previo parere delle organizzazioni sindacali contro la cui
violazione, come è noto, è possibile attivare i meccanismi
processuali della tutela giurisdizionale. Con delibera n. 25839 del
18 settembre 1979, la Giunta della Regione Lombardia ha stabilito
tali indirizzi, alcuni dei quali sono diretti ad accertare il
possesso di capacità dirigenziali generiche e altri il possesso di
quelle relative alle specifiche funzioni proprie del servizio in
questione.
Più precisamente, i criteri di valutazione per la nomima dei
dirigenti dei servizi sono dati da: a) congruità tra la
qualificazione tecnico-professionale posseduta e quella richiesta dal
servizio in considerazione; b) preparazione specialistica dimostrata
nello svolgimento delle funzioni prestate anteriormente alla legge
istitutiva dei servizi;
c) capacità dirigenziali espresse nell'esercizio delle funzioni di
dirigente di servizio o di funzioni equivalenti o assimilabili; d)
svolgimento di incarichi connessi a funzioni analoghe o assimilabili,
espletate a seguito di disposizioni di servizio adottate dal
Presidente della Giunta o dagli assessori; e) svolgimento di
incarichi attinenti alle funzioni di cui ai punti b) o c), espletate
a seguito di delibere della Giunta; f) ogni altra esperienza
culturale o scientifica in grado di caratterizzare professionalmente
il dipendente in relazione al servizio in considerazione.
Non si può certo negare che i predetti criteri non siano tali da
vincolare la discrezionalità della Giunta regionale
nell'accertamento dei requisiti richiesti per la nomina a
responsabile di un servizio, tanto più che, in base alla ricordata
delibera, la stessa Giunta, quando procede a nomine del genere, è
tenuta a motivare, seppure sinteticamente, in relazione a ciascuno
dei criteri ora menzionati. Sicché, non potendosi considerare
l'incarico di dirigente di un servizio come frutto di una scelta
assolutamente discrezionale e sostanzialmente priva di criteri di
valutazione delle attitudini professionali dei nominandi,
l'attribuzione di un punteggio particolare a chi rivestisse
quell'incarico non può ritenersi contrastante con l'obiettivo del
buon andamento dell'amministrazione regionale.
Del resto, occorre aggiungere, per raccogliere un dubbio adombrato
in pressoché tutte le ordinanze introduttive dei presenti giudizi,
che, anche se così non fosse, vale a dire anche se nella scelta dei
dirigenti del massimo livello dell'amministrazione regionale dovesse
pesare in modo rilevante l'aspetto fiduciario della relativa nomina,
non potrebbe per ciò stesso ritenersi violato il principio del buon
andamento, di cui all'art. 97 della Costituzione. Anzi, proprio il
massimo rispetto di quest'ultimo principio potrebbe legittimamente
indurre anche il legislatore regionale a prevedere, così come ha
fatto il legislatore statale (D.P.R. 30 giugno 1972, n. 478, art.
25), un sistema di selezione dei massimi dirigenti
dell'amministrazione che, partendo da una base obiettiva e
riconosciuta di competenze e di esperienze professionali, fosse
modellato sul carattere fiduciario dell'incarico nei confronti della
Giunta o dei singoli assessori regionali.
In un'amministrazione nella quale aumentano le zone d'ombra del
principio di legalità e si manifesta fortemente l'esigenza di
consistenti settori di delegificazione; nella quale la complessità
dell'organizzazione e la qualità e quantità dei servizi da erogare
possono esser adeguatamente risolte soprattutto con il riconoscimento
di un'ampia discrezionalità dei funzionari più elevati e di una
più spiccata capacità manageriale degli stessi; e nella quale le
accresciute responsabilità dei massimi dirigenti amministrativi
richiedono forme organizzative nuove e non più riassumibili in toto
nei classici dogmi della responsabilità politica (ministeriale o
assessorile), in un'amministrazione del genere la previsione di un
rapporto fiduciario tra i dirigenti di vertice dell'amministrazione
regionale e gli organi di Giunta sarebbe tutt'altro che in contrasto,
se assistito da idonee modalità che garantiscano un adeguato livello
di competenza e di professionalità dei prescelti, con il principio
del buon andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione.
3.3. - Infondate sono altresì le ulteriori questioni sollevate
dall'ordinanza da ultimo menzionata nei confronti delle disposizioni
dell'art. 36, l. r. n. 60 del 1984.
Per le censure prospettate in relazione al principio fondamentale
che esige, per la classificazione del personale nelle qualifiche più
elevate, che si tenga prevalentemente conto dei requisiti culturali e
di esperienza professionale, nonché dei compiti di guida di gruppo,
di uffici o di organi e delle derivanti responsabilità
amministrative (art. 117 Cost., in riferimento all'art. 17 della
legge quadro sul pubblico impiego, 29 marzo 1983, n. 93) valgono le
medesime considerazioni già svolte nel punto 3.2 della presente
motivazione. Da esse si desume che le esigenze prospettate dall'art.
17 della legge quadro sul pubblico impiego sono sufficientemente
soddisfatte dal sistema di selezione dei massimi dirigenti
amministrativi, di cui alle disposizioni oggeto dell'attuale
impugnazione.
Anche per le censure rivolte alle medesime disposizioni nei
confronti degli artt. 3 (parità di trattamento) e 51 Cost.
(principio del concorso per l'accesso nei pubblici uffici), nonché
nei confronti dell'art. 117 Cost., in relazione alle norme interposte
di cui all'art. 4 (princìpi di omogeneizzazione delle posizioni
giuridiche e di perequazione) e all'art. 20 (principio del concorso
nel reclutamento del personale) della legge quadro sul pubblico
impiego, l'infondatezza deriva da considerazioni analoghe a quelle
già svolte nei punti 2.5 e 2.6 della presente motivazione.
4. - Un secondo gruppo di questioni riguarda l'art. 36 della legge
regionale n. 60 del 1984, nella parte in cui limita il computo dei
servizi pregressi utili (fino al massimo di quindici punti) soltanto
a quelli prestati come dipendente inquadrato nei ruoli regionali, con
esclusione dei servizi prestati come dipendente regionale non di
ruolo o come dipendente di altri enti pubblici, compreso lo Stato.
Questa norma è impugnata sotto un duplice profilo: a) per violazione
degli artt. 3 e 51 Cost., in quanto comporta un'irragionevole
discriminazione nella valutazione di titoli analoghi ai fini del
conseguimento della medesima idoneità per l'accesso alla seconda
fascia dirigenziale; b) per violazione del principio di imparzialità
della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), nonché dei princìpi
desumibili dagli articoli della legge quadro sul pubblico impiego
prima menzionati (art. 117 Cost., in relazione agli artt. 4, 17 e 20
della legge 29 marzo 1983, n. 93).
La questione è fondata per la parte in cui l'art. 36, l.r. n. 60
del 1984, non considera affatto, riguardo alla formazione della
graduatoria del concorso per titoli per la copertura dei posti della
seconda qualifica dirigenziale, il servizio di ruolo prestato presso
enti pubblici diversi dalla regione.
Poiché la considerazione dei titoli in un concorso come quello
appena ricordato è essenzialmente diretta ad accertare l'esperienza
professionale e le capacità organizzative e direttive dei candidati,
è privo di qualsiasi giustificazione che il servizio di ruolo
prestato presso enti diversi dalla regione non venga affatto
valutato. La totale mancanza di valutazione di tale servizio appare,
infatti, in stridente contraddizione con il pricipio della qualifica
funzionale, il quale, come è noto, dà rilievo alle prestazioni
lavorative, considerate nei loro contenuti oggettivi e non già in
ragione dei particolari ambiti organizzativi in cui quelle siano
state svolte. Se pure nei limiti anzidetti, si deve, pertanto,
considerare incostituzionale tale omissione, che, fra l'altro, non ha
alcun riscontro nelle leggi adottate in altre regioni, nessuna delle
quali in ipotesi analoghe esclude da una qualche considerazione i
servizi prestati presso enti pubblici diversi dalla regione.
Diverso è invece il discorso relativo alla mancata valutazione,
sempre ai fini della formazione della graduatoria di cui al predetto
concorso, dei servizi prestati presso la regione in una posizione
diversa da quella di ruolo.
Il servizio non di ruolo è per sua natura precario, sia per
mancanza del posto in pianta organica, sia perché i posti di ruolo
vengono temporaneamente coperti con personale comandato. E poiché
(come rilevato anche nell'ordinanza n. 33 del 1986), la razionalità
della disciplina di una procedura concorsuale va valutata alla luce
delle finalità cui la selezione è preordinata, non è irragionevole
che il legislatore regionale abbia deciso di non dare rilevanza al
servizio non di ruolo in una selezione che mira a scegliere i
dirigenti delle strutture regionali di vertice, ai quali - al pari di
quanto richiesto dall'art. 17, secondo comma, della legge quadro sul
pubblico impiego n. 93 del 1983 - si richiedono prevalentemente
compiti di guida di strutture complesse, risultanti dal
raggruppamento di strutture di base.
Tale conclusione è confortata dalla considerazione che lo stesso
art. 36 nega qualsiasi rilevanza al servizio svolto presso la regione
prima del 15 dicembre 1973, e cioè in un periodo in cui mancava un
assetto stabile degli uffici. Sicché non può dubitarsi che nel caso
si tratti di un'insindacabile scelta del legislatore regionale, la
quale non può considerarsi palesemente arbitraria o irragionevole,
tanto più se si considera che anche le leggi delle altre regioni a
volte danno rilevanza ai servizi non di ruolo e altre volte la
negano.
Va pertanto dichiarata non fondata la questione di legittimità
costituzionale proposta nei confronti dell'art. 36 della legge
regionale n. 60 del 1984, nella parte in cui quest'ultimo non dà
rilevanza, ai fini della valutazione dei titoli di servizio, ai
servizi prestati come dipendente regionale non di ruolo.
Le considerazioni già esposte giustificano la dichiarazione di
non fondatezza della questione anche in riferimento al principio di
imparzialità della pubblica amministrazione, nonché ai princìpi
desumibili dagli artt. 4, 17 e 20 della legge n. 93 del 1983, prima
menzionati, dal momento che, per tali profili di costituzionalità,
così come sono proposti dal giudice a quo, valgono le medesime
motivazioni esposte ai punti 3.1 e 3.2 della presente motivazione.
5. - L'ultima questione, sollevata con le ordinanze iscritte ai nn.
774 del 1985, 33 e 429 del 1986, concerne l'art. 47, primo comma,
della medesima legge regionale 29 novembre 1984, n. 60. Questa
disposizione stabilisce che "agli oneri derivanti dall'applicazione
della presente legge, salvo quanto disposto dai precedenti artt. 30 e
31, si provvede mediante utilizzo delle somme che verranno stanziate
nello stato di previsione delle spese di bilancio per l'esercizio
finanziario 1984 e successivi, sui capitoli relativi al trattamento
economico previdenziale ed assistenziale del personale regionale". I
giudici a quibus prospettano il dubbio che tale norma violi l'art.
81, quarto comma, Cost., in quanto omette di indicare tanto gli oneri
finanziari derivanti dall'applicazione della legge in questione
(salvo quelli considerati negli artt. 30 e 31 della stessa), quanto i
relativi mezzi di copertura.
La questione non è fondata.
La disposizione impugnata è una diretta attuazione dell'art. 2,
della legge quadro in materia di bilancio e di contabilità delle
regioni (l. 19 maggio 1976, n. 335), il quale stabilisce testualmente
che "le leggi regionali che prevedono attività o interventi a
carattere continuativo o ricorrente determinano di norma solo gli
obiettivi da raggiungere e le procedure da seguire, rinviando alla
legge di bilancio la determinazione dell'entità della relativa
spesa". Si tratta, più precisamente, di una corretta attuazione di
tale articolo, poiché gli oneri cui si riferisce l'impugnato art. 47
sono indubbiamente di carattere continuativo o ricorrente, mentre
quelli che non posseggono questa stessa natura sono previsti negli
artt. 30 e 31 della stessa legge, che vi provvedono con una copertura
a parte.
La conformità del sistema previsto dall'art. 2 della legge quadro
sulla contabilità regionale e, quindi, dell'art. 47, che ne
rappresenta una fedele attuazione, è legata alla prescrizione che i
bilanci delle regioni devono essere necessariamente in pareggio (art.
4 della legge 19 maggio 1976, n. 335). Su tale premessa, il rinvio
della quantificazione delle spese continuative e ricorrenti, nonché
dei relativi mezzi di copertura, al momento della redazione e
dell'approvazione del bilancio, non può avere il significato di
un'elusione dell'obbligo di cui all'art. 81, comma quarto (e terzo),
Cost., dovendo comunque le regioni equilibrare in questa sede le
spese con le entrate. Al contrario, esso risponde a esigenze di
maggiore e di globale ponderazione degli oneri che ciascun bilancio,
necessariamente in pareggio, deve sopportare per il miglior
soddisfacimento dei bisogni della collettività regionale.