Firenze

Università di Firenze - Convegno "Meriti e limiti della pena carceraria"

Giorgio Lattanzi
11 novembre 2019

Diario di Viaggio

di Francesco Bianco

Oggi che si sentono espressioni come "'buttare la chiave, marcire in carcere', cose che non si erano più sentite da anni è ancora più importante la riflessione sui meriti della pena carceraria". Così il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, intervenendo a Firenze al convegno "Meriti e limiti della pena carceraria", organizzato dall'Ateneo fiorentino alla presenza del presidente emerito della Corte costituzionale Grossi. Al convegno anche il rettore dell'Università di Firenze Luigi Dei e i professori Emilio Dolcini e Francesco Palazzo nonché il garante nazionale dei diritti dei detenuti Mauro Palma, il presidente della camera penale di Firenze Luca Bisori e il presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze Marcello Bartolato. Lattanzi ha ricordato il 'viaggio nelle carceri' intrapreso dalla Corte costituzionale: "Inizialmente abbiamo avuto anche dei dubbi. Ha senso, ci siamo chiesti, questo nostro andare a parlare loro della Costituzione? Per noi aveva senso perché la Costituzione è di tutti, la Costituzione non conosce le mura del carcere e anzi può essere vista come un ponte per il mondo esterno". Un numero come "60mila detenuti per 50mila posti in carcere" oggi in Italia "ci fa pensare che stiamo per raggiungere di nuovo una situazione di emergenza, ciò che ha dato luogo alla sentenza Torreggiani, e a leggi che hanno cercato di contenere il numero dei detenuti ma che non ci sono riuscite". Uno Stato che riflette - ha proseguito il presidente Lattanzi - dovrebbe porsi tra gli altri problemi un problema di questo genere. Qual è il numero fisiologico di detenuti in un paese come il nostro? C'è un numero fisiologico: non si può immaginare un paese in cui i detenuti siano in numero troppo elevato, anche per ragioni economiche. Va individuato un numero da considerare fisiologico e strutturare le carceri per quel numero". C'è in Italia "un ricorrente senso di insicurezza, che poi statisticamente mi pare non sia nemmeno giustificato. Sono stato per molti anni al ministero della Giustizia con vari ruoli

- ha ricordato - e mi pare che quasi ogni anno dovevamo fare un 'pacchetto sicurezza', cioè ogni anno dovevamo fare leggi che sembravano risolutive, dopodiché' l'anno dopo scoprivamo che quella sicurezza non l'avevamo raggiunta e allora dovevamo fare un altro pacchetto sicurezza, io non so quanti ne abbiamo fatti". Il presidente della Corte ha sottolineato che oggi sono detenute "24mila persone con pena inferiore a tre anni: non pensavo che fosse così, contando che ci sono anche le misure alternative, ma se leggiamo i giornali sembra che siano tutti fuori; e mi ha sorpreso in questi giorni scoprire il numero degli ergastolani, sembra che tutte le pene siano miti, ma le cose stanno diversamente. Ci sono 60mila detenuti: non è vero che tutti sono fuori, che tutti vengono messi in mezzo alla strada". Infine Lattanzi ha sostenuto che "il detenuto deve avere diritto alla speranza" aggiungendo che "Si percepisce immediatamente il contrasto tra l'ergastolo ostativo e l'articolo 27 della Costituzione. Chi non ha questa speranza, e il detenuto all'ergastolo ostativo questa speranza non ce l'ha, difficilmente può essere risocializzato. Ci sarà una sentenza della Corte - ha proseguito Lattanzi - che verrà ampiamente discussa, quindi esprimo le mie idee. Come si giustifica l'ergastolo ostativo, cioè il mantenere in stato di detenzione chi non intende collaborare? Le ragioni teoriche possono essere due: chi non intende collaborare per ciò solo può essere pericoloso", ma "la Corte ha detto moltissime volte che le presunzioni assolute non sono consentite". "L'altra ragione ha spiegato Lattanzi - può essere una ragione di politica criminale: attraverso questo strumento spero di ottenere la tua collaborazione, ma questa non credo sia sostenibile dal punto di vista costituzionale". Per il presidente della Corte costituzionale "da un lato c'è l'articolo 27 che è un principio fondamentale della Costituzione, ma dall'altro non ci sono neppure ragioni veramente giustificative di questa posizione".

L’incontro


Il video