Brescia

Casa della memoria - Auditorium "Primo Levi"

Giuliano Amato
13 novembre 2019

Diario di Viaggio

di Donatella Stasio

Due giornate dense con tre proiezioni in luoghi diversi ma tutti espressione della cittadinanza: un cinema comunale, l'auditorium di una scuola, il carcere di Verziano. Siamo a Brescia, con il giudice costituzionale Giuliano Amato, grazie all'impegno della camera penale locale ma soprattutto della Casa della memoria e dell'instancabile Manlio Milani che la rappresenta. Arriviamo a Brescia all'ora di cena e corriamo al cinema Sereno, dov'è prevista la prima delle tre proiezioni del film di Fabio Cavalli, di fronte a più di 300 persone, insegnanti, avvocati, pensionati, medici, casalinghe. Si replica la mattina dopo, ma con un pubblico diverso, fatto di studenti delle ultime classi della scuola superiore: si sono iscritti in 500 e tanti non hanno trovato posto. Infine il pomeriggio è dedicato al carcere, quello di Verziano, dove detenute e detenuti aspettano con curiosità di incontrare il giudice Amato.
AUDITORIUM CON LE SCUOLE
Gli studenti sono davvero tanti e il timore è che possano distrarsi durante la proiezione ma le parole introduttive di Manlio Milani devono toccare le corde giuste visto che per tutto il film regnerà un assoluto, e piuttosto inconsueto, silenzio. "Un vecchio detto contadino ci dice che quando si vuole arare di notte, per andare dritto bisogna guardare le stelle. Ecco, per noi le stelle sono la Costituzione e la Corte costituzionale e questo film sottolinea bene come la Costituzione sia inclusiva, la casa di tutti, anche di chi è in carcere". Quando le luci si accendono, Amato confessa di essere rimasto colpito dal "grande silenzio" e svolge una breve, ma intensa lezione sul rapporto tra il dentro e il fuori, sulle responsabilità del fuori rispetto a chi finisce dentro (emblematica la storia della detenuta cuoca a Rebibbia femminile) ma anche rispetto a chi esce dopo aver scontato la pena, alla facilità con cui i giovani possono sbagliare e alla "supplica" del biciclettaio di Sollicciano: "Nun ce venite, cercate de non venicce". Per certi versi imprevedibile, invece, anche nel tono, la prima domanda che rompe il ghiaccio dell'interlocuzione. "In base a che cosa la Corte ha deciso che l'ergastolo ostativo è incostituzionale? Si sa che in questo modo si daranno permessi a persone pericolosissime come Brusca, che hanno commesso reati gravi? In base a che cosa dite che è incostituzionale? Perché lo state cancellando". Nell'Auditorium parte un fragoroso applauso, che Amato spegne così: "Questo è un grande applauso a un grande falso, non d'autore ma privo d'autore, che probabilmente richiederà molto tempo per essere rimosso, come tutte le fake news per le quali ci si compiace per suscitare applausi nei luoghi più diversi. Non è così - scandisce -. La nostra sentenza non ha ad oggetto l'ergastolo ostativo. L'ergastolo ostativo è rimasto e la decisione non ha l'effetto di eliminarlo, come qualcuno dice.

Sarebbe bello - aggiunge con ancora più fermezza - che si smettesse di dirlo, perché se continuerà ad essere detto saremo costretti, come si usa dire, a passare a vie legali". Si alza qualche brusio, ma Amato è inflessibile. "Le cose legali a volte hanno una certa complicazione ma come tutte le cose complicate se si salta la complicazione si rischia di dire sciocchezze, come le ha dette incolpevolmente chi ha appena parlato. Se hai nella testa una sciocchezza - prosegue inesorabile in direzione del ragazzo - hai il dovere di ascoltare chi ti aiuta a togliertela dalla testa, la sciocchezza. Ed è bene ascoltare anziché cercare l'applauso di chi la dice, poi magari anche il voto, con tutto ciò che ne consegue". Fin qui la reprimenda, forse destinata anche a qualcuno fuori dall'Auditorium. Poi la lezione per ricordare che l'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario prevede, per chi commette una serie di gravi reati (mafia, terrorismo, droga, rapina ecc), un trattamento più severo rispetto ad altri detenuti: se non si collabora con la giustizia, non si può accedere ai benefici penitenziari, sconti di pena, permessi premio, misure alternative. "La norma è nata per i reati di mafia - ricorda ancora Amato- per i quali ha un senso particolare, che io trovo utile e significativo". E' stata questa disposizione ad essere impugnata, prosegue, "e per qualsiasi pena, a 5 anni come all'ergastolo, perché la norma non riguarda solo gli ergastolani". Nel ricostruire la vicenda, Amato ricorda che il giudice di sorveglianza che si è rivolto alla Corte ha sottolineato che l'emenda non è provata solo dalla collaborazione, ma le ragioni possono essere diverse. Perciò, richiamando un principio più volte affermato dalla Consulta, si dice che non può esserci una presunzione assoluta, un automatismo, ma il giudice deve valutare di volta in volta se la persona merita o no il beneficio, e noi abbiamo deciso solo per il permesso premio (di cui si trattava nella fattispecie), che "d'ora in poi non dipenderà solo dal fatto che abbia collaborato o no ma dalla valutazione del giudice di sorveglianza, che avrà una serie di indici ad aiutarlo". Certo, anche il giudice di sorveglianza può sbagliare, come la cronaca purtroppo ogni tanto ci ricorda, ergastolo o no. "Ma per evitare questo rischio nei confronti di qualcuno non dovremmo mai dare benefici a nessuno. Invece dobbiamo correre il rischio perché sono migliaia e migliaia i detenuti che possono trarne beneficio, oltre alla stessa società, anche in termini di "riduzione ella recidiva". Attraverso la concessione di un beneficio - è la conclusione di Amato - rischio che uno faccia del male ma consento a molti di non fare più del male". Di qui la raccomandazione a "non essere faciloni" quando si parla di queste cose. La mattinata finisce tra le strette di mano di tanti ragazzi che, invece di andarsene, aspettano il giudice e gli chiedono, lo ringraziano, gli sorridono.

L’incontro


Il video

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