Sentenza 1105/1988 (ECLI:IT:COST:1988:1105)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: SAJA - Redattore:
Camera di Consiglio del 09/11/1988;    Decisione  del 12/12/1988
Deposito del 20/12/1988;   Pubblicazione in G. U. 28/12/1988  n. 52
Norme impugnate:
Massime:  12975 
Massime:  12975 
Atti decisi:

Massima n. 12975
Titolo
SENT. 1105/88. PROCEDIMENTO CIVILE - OPPOSIZIONE DI TERZO - ORDINANZA DI AFFRANCAZIONE IN RAPPORTI DI ENFITEUSI O SIMILARI - IDONEITA' AD ACQUISIRE EFFICACIA DI GIUDICATO - DINIEGO DEL RIMEDIO DELLA OPPOSIZIONE AL TERZO RIMASTO ESTRANEO ALLA FASE SOMMARIA DEL GIUDIZIO DI AFFRANCAZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE. - COD.PROC.CIV., ART. 404. - COST., ARTT. 3 E 24.

Testo
PROCEDIMENTO CIVILE - OPPOSIZIONE DI TERZO L'art. 404, primo comma c.p.c., nella parte in cui non consente opposizione di terzo avverso l'ordinanza di affrancazione ex art. 4 della legge n. 607 del 1966, viola gli artt. 3 e 24 Cost., poiche' l'doneita' di tale provvedimento ad acquisire autorita' di cosa giudicata (ove non sia promosso nei termini il giudizio di cognizione ordinaria per l'accertamento del diritto di affrancazione) impone che sia assicurata la tutela giudiziaria a quel terzo che, rimasto estraneo alla fase sommaria del procedimento, pretenda, tuttavia, di essere egli il titolare del diritto di affrancazione in luogo di colui che ha agisto ed ottenuto l'ordinanza pretorile, rimuovendosi cos  anche la palese disparita' di trattamento che la suddetta portata restrittiva della norma di previsione determina fra colui che agisce (o e' chiamato a contraddire secondo la sommaria valutazione effettuata dal pretore ex art. 3 cit.leg.) e colui che, sebbene titolare di quel diritto, sia rimasto estraneo al processo, col connesso rischio di perdita del diritto stesso.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 3
Costituzione  art. 24

Riferimenti normativi
codice di procedura civile  n. 0  art. 404  co. 0


Pronuncia

N. 1105

SENTENZA 12-20 DICEMBRE 1988


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI;


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 404, primo comma, cod. proc. civ. in relazione all'art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1987 dal Tribunale di Velletri nel procedimento civile vertente tra Toti Rocco e Verrelli Gino, iscritta al n. 110 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14/I/ ss. dell'anno 1988;

Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.


Ritenuto in fatto

Gino Verrelli, dichiarandosi colono perpetuo di due appezzamenti di terreno in agro di Segni, località Casarcione, per i quali egli e i suoi danti causa, da tempo immemorabile, avevano dato la corrisposta ai direttari, fratelli Gentili, proponeva opposizione ex art. 404, primo comma, c.p.c., avverso l'ordinanza con la quale il Pretore di Segni ne aveva disposto l'affrancazione da parte di Rocco Toti, convenendo in giudizio dinanzi allo stesso Pretore il Toti, perché si dichiarasse esso Verrelli l'unico colono perpetuo dei terreni in premessa o in subordine l'unico proprietario, previo rimborso del prezzo di affranco. Il contraddittorio veniva integrato con citazione dei fratelli Gentili.

Il Pretore qualificava il provvedimento come sentenza e accoglieva la domanda.

Appellava il Toti dolendosi, tra l'altro, della errata applicazione dell'art. 404 c.p.c.. Il Verrelli contestava i motivi di appello.

Il Tribunale ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 404 c.p.c. nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza pretorile di affrancazione di cui all'art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607.

Ha rilevato che, secondo l'indirizzo giurisprudenziale della Cassazione, il provvedimento de quo deve ritenersi ordinanza e non sentenza anche perché esso è espressamente qualificato come irrevocabile dalla legge (art. 4, legge n. 607/1966); è emesso a termine di una cognizione sommaria con acquisizione di scarso materiale probatorio; è contestabile dinanzi alla Sezione Specializzata Agraria del Tribunale, dinanzi alla quale, se del caso, il giudizio continua a cognizione piena.

Ha rilevato, poi, che il provvedimento diviene cosa giudicata se entro tre mesi non si propone opposizione e non si contesta con giudizio dinanzi al Tribunale. Ha ricordato che le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 7505/86) hanno affermato la natura provvisoria e ordinatoria del provvedimento e la sua non impugnabilità, ferma restando la facoltà di iniziare la fase di piena cognizione di merito dinanzi al Tribunale, ma solo da parte degli interessati che abbiano avuto conoscenza del procedimento e non da altro interessato che non sia stato citato nella fase svolta dinanzi al Pretore.

Secondo il Tribunale, risulterebbero violati l'art. 3 Cost. in quanto si verificherebbe disparità di trattamento tra il terzo che si assume leso dalla sentenza emessa ove sia stata promossa contestazione da una delle parti, nonché l'art. 24 Cost. in quanto si produrrebbe una sostanziale ingiustizia ed una irreparabile perdita del diritto preteso.

L'ordinanza è stata regolarmente comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Nel giudizio dinanzi alla Corte non si è costituita nessuna delle parti né è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato.


Considerato in diritto

1. - È sollevata dal Tribunale questione di legittimità costituzionale dell'art. 404, primo comma, c.p.c., nella parte in cui, secondo la costante giurisprudenza anche della Cassazione, non è ammessa l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza prevista dall'art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607, in tema di affrancazione di enfiteusi o rapporti similari con riferimento agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, Cost., per la disparità di trattamento che si verificherebbe tra il terzo che si assume leso dall'ordinanza in esame, come nella specie non notificatagli, ed il terzo che si assume leso dalla sentenza emessa, ove sia stata promossa contestazione da una delle parti, per la perdita del diritto connessa alla mancata tutela dinanzi al giudice.

La questione è fondata.

Il procedimento delineato dalla legge 22 luglio 1966, n. 607, per l'affrancazione dell'enfiteusi e dei rapporti ad essa assimilabili si colloca nella categoria dei procedimenti sommari che si caratterizzano per la successione di due fasi, integrate, tuttavia, in un unico processo di tipo giurisdizionale e contenzioso; la prima necessaria e a cognizione sommaria, affidata inderogabilmente al Pretore e che si conclude con l'ordinanza immediatamente esecutiva, destinata a divenire definitiva in caso di mancata prosecuzione del processo; la seconda, eventuale, a cognizione piena, affidata inderogabilmente alla Sezione specializzata agraria, che si conclude con sentenza impugnabile, poi, secondo il rito ordinario.

Per i profili processuali, questa Corte non ha ritenuto la legge costituzionalmente illegittima (sentenza n. 53 del 1974).

La detta ordinanza, sebbene abbia natura provvisoria ed ordinatoria e, per questo, sia stata ritenuta non impugnabile direttamente, ma soggetta al sindacato dal giudice di cognizione nella fase successiva che si instaura eventualmente dinanzi al Tribunale, è suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata ove non venga promosso nei termini, in caso di contestazione, il giudizio di cognizione per l'accertamento definitivo del diritto di affrancazione.

Sicché, il terzo che non ha avuto notizia del procedimento instaurato dinanzi al Pretore, anche perché non individuato come controinteressato all'affrancazione richiesta, e che, invece, pretende di essere egli il titolare del diritto di affrancazione al posto di colui che ha agito ed ha ottenuto l'ordinanza pretorile, a seguito e per effetto dell'ordinaza stessa potrebbe perdere, eventualmente anche in modo definitivo, il diritto preteso per il mancato riconoscimento della tutela giudiziale, se non avesse la possibilità di farlo valere in giudizio.

Risulterebbero, quindi, violati gli artt. 24 Cost., che assicura, invece, la tutela giudiziaria ai titolari dei diritti, e 3 Cost., per la palese disparità di trattamento che si verifica senza giustificato motivo tra colui che agisce o che è chiamato a contraddire secondo la sommaria valutazione effettuata dal Pretore, in base all'art. 3 della legge in esame, e colui che, benché titolare del diritto di affrancazione, per il diniego della tutela e per la interpretazione restrittiva data all'art. 404 c.p.c., rimane fuori del processo e rischia di perdere il diritto di cui è titolare.

Pertanto, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 404 c.p.c. così come finora interpretato.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 404 c.p.c. nella parte in cui non ammette opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il Pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4, legge 22 luglio 1966, n. 607.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1988.

Il Presidente: SAJA

Il redattore: GRECO

Il cancelliere: MINELLI

Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1988.

Il direttore della cancelleria: MINELLI