Sentenza 108/1973 (ECLI:IT:COST:1973:108)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: BONIFACIO - Redattore:
Udienza Pubblica del 30/05/1973;    Decisione  del 26/06/1973
Deposito del 05/07/1973;   Pubblicazione in G. U.  n. 0
Norme impugnate:
Massime:  6768 
Massime:  6768 
Atti decisi:

Massima n. 6768
Titolo
SENT. 108/73. REATI E PENE - COD. PEN. ART. 169 - PERDONO GIUDIZIALE - ESCLUSIONE PER REATI LEGATI COL VINCOLO DELLA CONTINUAZIONE AD ALTRI PER I QUALI E' STATO CONCESSO IL BENEFICIO - VIOLAZIONE DELL'ART. 3 DELLA COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE QUA.

Testo
E' illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost. l'art. 169 c.p., nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione ad altri per i quali e' stato concesso il beneficio. Cio' in analogia a quanto deciso con sentenza n. 86 del 1970, sull'estensione della sospensione condizionale della pena ai reati legati col vincolo della continuita', successivamente giudicati, e, per qualche riflesso in analogia a quanto deciso con sentenza n. 73 del 1971, sulla reiterazione del beneficio per quei reati anteriormente commessi che potevano essere giudicati, per connessione, insieme a quelli per i quali e' concessa la sospensione.
Parametri costituzionali
Costituzione  art. 3

Riferimenti normativi
codice penale  n. 0  art. 169  co. 0


Pronuncia

N. 108

SENTENZA 26 GIUGNO 1973

Deposito in cancelleria: 5 luglio 1973.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 176 dell'11 luglio 1973.

Pres. BONIFACIO - Rel. CAPALOZZA


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 169, ultimo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 29 settembre 1971 dal tribunale per i minorenni di Torino nel procedimento penale a carico di Clementino Luigi, iscritta al n. 455 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 26 gennaio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1973 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto:

Nel corso di un procedimento penale per furto, essendo emerso che il fatto era legato dal vincolo della continuazione con altri per i quali era già stato concesso ad un imputato il perdono giudiziale, il tribunale per i minorenni di Torino, non potendo applicare nuovamente il beneficio al medesimo imputato, con ordinanza del 29 settembre 1971, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi venga giudicato, per tutti i fatti, in un unico contesto.

L'ordinanza pone in rilievo la varietà dei motivi per cui minori, che abbiano commesso episodi da ritenersi legati da unità di disegno criminoso, vengono frequentemente sottoposti a separati giudizi, riguardanti ciascuno solo una parte di quegli episodi.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte non vi è stata costituzione della parte privata.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto con atto depositato il 15 febbraio 1972, nel quale chiede che la questione sia dichiarata non fondata.

L'Avvocatura esclude che possa farsi richiamo ai principi affermati dalla Corte, con le sentenze n. 86 del 1970 e n. 73 del 1971, in tema di sospensione condizionale della pena. Cio in quanto il perdono giudiziale, sebbene sia anch'esso applicabile nell'ipotesi di reato continuato o di più reati in genere, purché in unico giudizio e con una valutazione contestuale dei fatti e della personalità del minore, non è soggetto a revoca, in caso di giudizi separati, a differenza della sospensione condizionale della pena.

Da ciò deriverebbe che il minore chiamato a rispondere, in un giudizio, di uno o più reati, oltre a non correre il rischio di perdere, in un giudizio successivo, il beneficio già ottenuto, conseguirebbe il perdono più facilmente di chi risponde di tutti i reati in unico giudizio; e, qualora la norma denunziata fosse dichiarata illegittima, verrebbe a trovarsi in una situazione ingiustamente più favorevole, traendo, per di più, profitto dalla sua reticenza.


Considerato in diritto:

1. - Con l'ordinanza di rimessione, il tribunale per i minorenni di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nei limiti in cui non consente che possa concedersi il perdono giudiziale per fatti che risultino legati col vincolo della continuazione ad altri episodi per i quali l'imputato abbia già beneficiato del perdono.

2. - Va premesso che l'ordinanza riguarda più violazioni commesse, bensì, in tempi diversi, ma tutte anteriormente alla concessione, per una o alcune di esse, del perdono giudiziale. Ciò risulta dal richiamo ai molti casi in cui i minori che hanno commesso più fatti criminosi "da ritenersi unificati ex art. 81, cpv., cod. pen., vengono sottoposti a più giudizi, ciascuno concernente una parte soltanto degli episodi criminosi, per i più vari motivi, cioè, ad esempio: non contestualità delle denuncie, competenza territoriale di distinte autorità giudiziarie in ordine ai singoli episodi, omessa riunione di procedimenti e, bene spesso, per il fatto che alcuni episodi siano stati commessi in correità con maggiorenni e quindi giudicati dal tribunale ordinario per attrazione di competenza".

Ché, se talune violazioni siano successive alla sentenza irrevocabile di condanna, deve, per esse, applicarsi la disciplina della recidiva che è inconciliabile, per il suo fondamento razionale e per i suoi effetti, con quella della continuazione; mentre l'efficacia interruttiva di fatti processuali diversi (denuncia, querela, arresto, cattura, contestazione dell'accusa, interrogatorio, citazione a giudizio ecc.), rispetto a reati per i quali si vorrebbe applicata la continuazione, deve essere ritenuta o negata caso per caso, con una valutazione concreta della permanenza o non permanenza del disegno penalmente antigiuridico.

3. - Così precisati i termini della censura, la questione deve ritenersi fondata.

Il principio invocato dall'ordinanza è lo stesso che ha informato la sentenza n. 86 del 1970 e, per qualche riflesso, la sentenza n. 73 del 1971 di questa Corte, in tema di sospensione condizionale della pena: la prima, per l'estensione del concesso beneficio ai reati legati col vincolo della continuità, successivamente giudicati; la seconda, per la consentita reiterazione del beneficio per quei reati anteriormente commessi che potevano essere giudicati, per connessione, insieme a quelli per i quali venne concessa la sospensione.

4. - L'Avvocatura generale dello Stato assume che l'analogia non sussiste, perché la sospensione condizionale è revocabile (art. 168 cod. pen.) e non lo è il perdono giudiziale. Ma questo argomento non è conferente, perché medesima è la ratio di entrambi gli istituti, pur nella loro autonomia e nei loro peculiari caratteri: e le regole che, per legge o per pronunzia della Corte, valgono per l'uno debbono valere anche per l'altro. Ché, anzi, il favor rei è più giustificato allorché l'imputato sia un minore degli anni diciotto.

Neppure regge l'obiezione dell'Avvocatura che il giudice poteva essere indotto a non concedere il perdono se avesse avuto contezza della reiterazione dei reati. Eguale argomento, invero, potrebbe addursi per la sospensione condizionale: il giudice poteva essere indotto a non concederla, se avesse avuto contezza della continuazione. Ciononpertanto, questa Corte si è - ripetesi - pronunziata, con la citata sentenza n. 86 del 1970, per la estensibilità del beneficio.

Di più: se il giudice avesse optato per la sospensione condizionale (la quale presuppone una pronunzia di condanna, che comporta conseguenze ed obblighi rigorosi), anziché per il perdono giudiziale, la sospensione ben potrebbe estendersi a reati anteriormente commessi e a reati che si riportano ad unica generale ideazione.

Ora, sarebbe non soltanto irrazionale, ma contradittorio che ciò non potesse avvenire, allorché fosse stato concesso un beneficio maggiore, qual è il perdono giudiziale, che implica una scelta meno severa in favore di un reo più meritevole.

D'altronde la concessione del perdono giudiziale non è mai obbligatoria, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice sui presupposti richiesti dalla legge.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 169 del codice penale, nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1973.

FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI.

ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere