Titolo
SENT. 108/73. REATI E PENE - COD. PEN. ART. 169 - PERDONO GIUDIZIALE - ESCLUSIONE PER REATI LEGATI COL VINCOLO DELLA CONTINUAZIONE AD ALTRI PER I QUALI E' STATO CONCESSO IL BENEFICIO - VIOLAZIONE DELL'ART. 3 DELLA COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE QUA.
Testo
E' illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost. l'art. 169 c.p., nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione ad altri per i quali e' stato concesso il beneficio. Cio' in analogia a quanto deciso con sentenza n. 86 del 1970, sull'estensione della sospensione condizionale della pena ai reati legati col vincolo della continuita', successivamente giudicati, e, per qualche riflesso in analogia a quanto deciso con sentenza n. 73 del 1971, sulla reiterazione del beneficio per quei reati anteriormente commessi che potevano essere giudicati, per connessione, insieme a quelli per i quali e' concessa la sospensione.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
codice penale
n. 0
art. 169
co. 0
N. 108
SENTENZA 26 GIUGNO 1973
Deposito in cancelleria: 5 luglio 1973.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 176 dell'11 luglio 1973.
Pres. BONIFACIO - Rel. CAPALOZZA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente -
Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott.
LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof.
ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO
CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO
AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO
ASTUTI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 169, ultimo
comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 29 settembre
1971 dal tribunale per i minorenni di Torino nel procedimento penale a
carico di Clementino Luigi, iscritta al n. 455 del registro ordinanze
1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del
26 gennaio 1972.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1973 il Giudice relatore
Enzo Capalozza;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
Nel corso di un procedimento penale per furto, essendo emerso che
il fatto era legato dal vincolo della continuazione con altri per i
quali era già stato concesso ad un imputato il perdono giudiziale, il
tribunale per i minorenni di Torino, non potendo applicare nuovamente
il beneficio al medesimo imputato, con ordinanza del 29 settembre 1971,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 169
del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per
ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi venga
giudicato, per tutti i fatti, in un unico contesto.
L'ordinanza pone in rilievo la varietà dei motivi per cui minori,
che abbiano commesso episodi da ritenersi legati da unità di disegno
criminoso, vengono frequentemente sottoposti a separati giudizi,
riguardanti ciascuno solo una parte di quegli episodi.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte non vi è stata costituzione
della parte privata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto con atto
depositato il 15 febbraio 1972, nel quale chiede che la questione sia
dichiarata non fondata.
L'Avvocatura esclude che possa farsi richiamo ai principi affermati
dalla Corte, con le sentenze n. 86 del 1970 e n. 73 del 1971, in tema
di sospensione condizionale della pena. Cio in quanto il perdono
giudiziale, sebbene sia anch'esso applicabile nell'ipotesi di reato
continuato o di più reati in genere, purché in unico giudizio e con
una valutazione contestuale dei fatti e della personalità del minore,
non è soggetto a revoca, in caso di giudizi separati, a differenza
della sospensione condizionale della pena.
Da ciò deriverebbe che il minore chiamato a rispondere, in un
giudizio, di uno o più reati, oltre a non correre il rischio di
perdere, in un giudizio successivo, il beneficio già ottenuto,
conseguirebbe il perdono più facilmente di chi risponde di tutti i
reati in unico giudizio; e, qualora la norma denunziata fosse
dichiarata illegittima, verrebbe a trovarsi in una situazione
ingiustamente più favorevole, traendo, per di più, profitto dalla sua
reticenza.
Considerato in diritto:
1. - Con l'ordinanza di rimessione, il tribunale per i minorenni di
Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.
169 del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
nei limiti in cui non consente che possa concedersi il perdono
giudiziale per fatti che risultino legati col vincolo della
continuazione ad altri episodi per i quali l'imputato abbia già
beneficiato del perdono.
2. - Va premesso che l'ordinanza riguarda più violazioni commesse,
bensì, in tempi diversi, ma tutte anteriormente alla concessione, per
una o alcune di esse, del perdono giudiziale. Ciò risulta dal richiamo
ai molti casi in cui i minori che hanno commesso più fatti criminosi
"da ritenersi unificati ex art. 81, cpv., cod. pen., vengono
sottoposti a più giudizi, ciascuno concernente una parte soltanto
degli episodi criminosi, per i più vari motivi, cioè, ad esempio: non
contestualità delle denuncie, competenza territoriale di distinte
autorità giudiziarie in ordine ai singoli episodi, omessa riunione di
procedimenti e, bene spesso, per il fatto che alcuni episodi siano
stati commessi in correità con maggiorenni e quindi giudicati dal
tribunale ordinario per attrazione di competenza".
Ché, se talune violazioni siano successive alla sentenza
irrevocabile di condanna, deve, per esse, applicarsi la disciplina
della recidiva che è inconciliabile, per il suo fondamento razionale e
per i suoi effetti, con quella della continuazione; mentre l'efficacia
interruttiva di fatti processuali diversi (denuncia, querela, arresto,
cattura, contestazione dell'accusa, interrogatorio, citazione a
giudizio ecc.), rispetto a reati per i quali si vorrebbe applicata la
continuazione, deve essere ritenuta o negata caso per caso, con una
valutazione concreta della permanenza o non permanenza del disegno
penalmente antigiuridico.
3. - Così precisati i termini della censura, la questione deve
ritenersi fondata.
Il principio invocato dall'ordinanza è lo stesso che ha informato
la sentenza n. 86 del 1970 e, per qualche riflesso, la sentenza n. 73
del 1971 di questa Corte, in tema di sospensione condizionale della
pena: la prima, per l'estensione del concesso beneficio ai reati legati
col vincolo della continuità, successivamente giudicati; la seconda,
per la consentita reiterazione del beneficio per quei reati
anteriormente commessi che potevano essere giudicati, per connessione,
insieme a quelli per i quali venne concessa la sospensione.
4. - L'Avvocatura generale dello Stato assume che l'analogia non
sussiste, perché la sospensione condizionale è revocabile (art. 168
cod. pen.) e non lo è il perdono giudiziale. Ma questo argomento non
è conferente, perché medesima è la ratio di entrambi gli istituti,
pur nella loro autonomia e nei loro peculiari caratteri: e le regole
che, per legge o per pronunzia della Corte, valgono per l'uno debbono
valere anche per l'altro. Ché, anzi, il favor rei è più giustificato
allorché l'imputato sia un minore degli anni diciotto.
Neppure regge l'obiezione dell'Avvocatura che il giudice poteva
essere indotto a non concedere il perdono se avesse avuto contezza
della reiterazione dei reati. Eguale argomento, invero, potrebbe
addursi per la sospensione condizionale: il giudice poteva essere
indotto a non concederla, se avesse avuto contezza della continuazione.
Ciononpertanto, questa Corte si è - ripetesi - pronunziata, con la
citata sentenza n. 86 del 1970, per la estensibilità del beneficio.
Di più: se il giudice avesse optato per la sospensione
condizionale (la quale presuppone una pronunzia di condanna, che
comporta conseguenze ed obblighi rigorosi), anziché per il perdono
giudiziale, la sospensione ben potrebbe estendersi a reati
anteriormente commessi e a reati che si riportano ad unica generale
ideazione.
Ora, sarebbe non soltanto irrazionale, ma contradittorio che ciò
non potesse avvenire, allorché fosse stato concesso un beneficio
maggiore, qual è il perdono giudiziale, che implica una scelta meno
severa in favore di un reo più meritevole.
D'altronde la concessione del perdono giudiziale non è mai
obbligatoria, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice sui
presupposti richiesti dalla legge.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 169 del codice
penale, nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono
giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione
a quelli per i quali è stato concesso il beneficio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1973.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE
VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
- LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO -
ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA -
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO
CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO
ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO
GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere