Titolo
SENT. 1/71 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - NORME COSTITUZIONALI CHE SI ASSUMONO VIOLATE - INDICAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE A QUO - NON PRECLUDE ALLA CORTE COSTITUZIONALE DI RINVENIRE LA PRESUNTA VIOLAZIONE DI ALTRI PRECETTI. (LEGGE 11 MARZO 1953, N. 87, ART. 23).
Testo
L'indicazione, da parte del giudice a quo, delle norme costituzionali che si assumono violate, non preclude alla Corte di rinvenire, nelle argomentazioni contenute nell'ordinanza di rimessione, la presunta violazione di altri precetti costituzionali, non espressamente richiamati. (Nella fattispecie, sebbene il giudice di sorveglianza presso il tribunale di Genova avesse sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 224, secondo comma, del cod. pen., in riferimento ai soli artt. 27, 30 e 31 della Costituzione, la Corte ha ravvisato, nelle argomentazioni dell'ordinanza, anche la doglianza di irragionevolezza della norma denunziata).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 27
Costituzione
art. 30
Costituzione
art. 31
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 23
Riferimenti normativi
codice penale
n. 0
art. 224
co. 2
Titolo
SENT. 1/71 B. MISURE DI SICUREZZA - MISURE DI SICUREZZA PERSONALI - MINORE DEGLI ANNI QUATTORDICI - RICOVERO OBBLIGATORIO IN RIFORMATORIO GIUDIZIARIO - COD. PEN., ART. 224, SECONDO COMMA - ASSERITA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 27, 30 E 31 DELLA COSTITUZIONE - ESCLUSIONE - DISPARITA' DI TRATTAMENTO - SUSSISTENZA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE.
Testo
L'art. 224, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui contempla la presunzione di pericolosita' e dispone il ricovero obbligatorio di un minore di anni quattordici in riformatorio giudiziario, nel caso di delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, non viola ne' l'art. 27 Cost., che attiene soltanto alle pene, ne' ai successivi artt. 30 e 31, in quanto l'inidoneita' dei centri di rieducazione, in genere, dei riformatori in ispecie, riguarda la concreta organizzazione funzionale degli stessi ad opera della p.a. e, in ultima analisi, postula l'intervento del legislatore. La norma denunziata viola invece l'art. 3 Cost., in quanto regola in modo identico situazioni diverse, quali rispettivamente, quella del minore che si avvicini ai quattordici anni (cioe' sia in eta' matrimoniale) e quella invece dell'infante o di un bimbo in tenera eta'.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 27
Costituzione
art. 30
Costituzione
art. 31
Riferimenti normativi
codice penale
n. 0
art. 224
co. 2
N. 1
SENTENZA 12 GENNAIO 1971
Deposito in cancelleria: 20 gennaio 1971.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 22 del 27 gennaio 1971.
Pres. BRANCA - Rel. CAPALOZZA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GIUSEPPE BRANCA, Presidente - Prof.
MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI -
Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO
- Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE -
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 224, secondo
comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 28 febbraio
1969 dal giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni di
Genova nel procedimento per il ricovero in riformatorio giudiziario del
minore Pallanca Michele, iscritta al n. 147 del registro ordinanze 1969
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 128 del 21
maggio 1969.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1970 il Giudice
relatore Enzo Capalozza;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
Il tribunale per i minorenni di Genova, in data 3 luglio 1968,
dichiarava non doversi promuovere l'azione penale, per difetto di età,
nei confronti di Michele Pallanca, di anni otto, che, in uno scatto
d'ira, trovandosi in mano un coltellino, aveva inferto alla madre un
colpo alla regione inguinale, dal quale era derivata la di lei morte.
Nel corso del procedimento per il ricovero del non imputabile in un
riformatorio giudiziario, ai sensi dell'art. 224, secondo comma, del
codice penale, il giudice di sorveglianza presso quel tribunale, con
ordinanza del 28 febbraio 1969, riteneva rilevante e non manifestamente
infondato il dubbio di legittimità costituzionale della citata
disposizione, sotto il duplice profilo dell'automatismo della misura di
sicurezza e della mancata previsione di un'età minima per la sua
applicazione, facendo, nella motivazione (e non nel dispositivo),
riferimento agli artt. 27, 30 e 31 della Costituzione.
Nell'ordinanza si fa presente che il minore, tuttora ricoverato in
un istituto di osservazione - dove pur denotando elementi di
immaturità in soggetto di intelligenza normale, aveva tenuto ottima
condotta e dimostrato valida capacità di adattamento - era stato
sottoposto ad approfonditi esami psico-diagnostici, che sconsigliavano
l'adozione di misure di tipo punitivo e suggerivano, invece, il
collocamento in un collegio a normale organizzazione e l'affidamento al
servizio sociale, anche perché era apparso che il disadattamento
intrafamiliare e la conseguente reattività fossero il risultato di una
erronea impostazione educativa.
Ciò premesso, per quanto concerne l'automatismo di applicazione
della misura, pur prendendosi atto della sentenza n. 19 del 1966, con
la quale questa Corte ebbe a dichiarare non fondata analoga questione
in riferimento all'art. 13 della Costituzione, si pongono tra l'altro
in luce i profili differenti che il caso attuale presenta.
Al riguardo, si sottolinea il pregiudizio che, in un riformatorio
giudiziario, subirebbe un bambino di così tenera età, pur se
protagonista inconsapevole di tanto grave delitto. Si osserva che
questo istituto, per quanto - lato sensu - destinato ad educare, è
divenuto ricetto degli irriducibili e dei non altrimenti ricuperabili,
a seguito delle innovazioni contenute nella legge n. 1404 del 1934 sul
funzionamento del tribunale per i minorenni, a sua volta modificata
dalla successiva legge n. 888 del 1956, le quali hanno messo a
disposizione del giudice una gamma di istituti graduati per il recupero
del minore disadattato o traviato.
Ad avviso del giudice di sorveglianza, l'assegnazione ad un
riformatorio giudiziario di un minore dell'età del Pallanca si
risolverebbe in una misura restrittiva assimilabile alla pena, che,
avulsa dalle altre misure che tendono effettivamente alla rieducazione,
contrasterebbe - per il suo indiscriminato automatismo e per il fatto
di dover essere applicata, in ispregio ad ogni nozione di psicologia
evolutiva -, in particolare, con l'obbligo dello Stato di sostituirsi
positivamente alla famiglia in caso di incapacità dei genitori,
nell'esplicazione dei suoi compiti di protezione dell'infanzia e della
gioventù.
Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi è stata costituzione di
parte privata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto con atto
depositato il 10 giugno 1969, nel quale chiede che la questione sia
dichiarata non fondata.
Afferma l'Avvocatura che gli argomenti dell'ordinanza intesi a
porre la questione dell'automatismo della misura denunziata su un piano
diverso da quello considerato dalla sentenza n. 19 del 1966 di questa
Corte, non sembrano decisivi, sia perché si verterebbe in un caso
particolare di mero fatto, sia perché varrebbero, comunque, per essa i
principi già affermati dalla Corte.
Ciò premesso, l'Avvocatura, limitando le sue argomentazioni ai
precetti costituzionali espressamente menzionati nella motivazione
dell'ordinanza, sostiene che la disposizione denunziata non avrebbe
alcun rapporto né con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, in
quanto tale precetto riguarda le pene e non le misure di sicurezza, a
quelle non assimilabili, né con gli artt. 30 e 31, dappoiché, anzi,
proprio al fine di sostituirsi positivamente alla famiglia, la legge ha
previsto centri di rieducazione per i minorenni, e tra questi i
riformatori giudiziari, con speciali sezioni per i minori non
imputabili.
Circa la mancanza di un limite minimo di età per l'applicazione
dell'anzidetta misura, l'Avvocatura deduce che tratterebbesi, tutt'al
più, di un difetto della norma, al quale potrà supplire la
sensibilità del magistrato, e, comunque, non tale da rendere
illegittima la disposizione, quanto meno in rapporto ai precetti
costituzionali esplicitamente indicati dal giudice a quo, le cui
considerazioni potrebbero soltanto valere nell'ambito di un'auspicabile
scelta legislativa, per il perfezionamento del sistema ora vigente.
Considerato in diritto:
1. - Con l'ordinanza di rinvio, il giudice di sorveglianza presso
il tribunale di Genova ha sottoposto a questa Corte la seguente
questione: se sia costituzionalmente illegittimo - per contrasto con
gli artt. 27 (finalità rieducative della pena), 30 (obbligo dello
Stato di sostituirsi alla famiglia in caso di incapacità dei genitori)
e 31 della Costituzione (protezione dell'infanzia e della gioventù) -
l'art. 224, secondo comma, del codice penale, in quanto contempla la
presunzione di pericolosità e dispone il ricovero obbligatorio del
minore di anni quattordici in riformatorio giudiziario, allorché il
delitto (non colposo) - per il quale egli non è imputabile - sia
astrattamente punibile con "l'ergastolo o la reclusione non inferiore
nel minimo a tre anni", e ciò con riferimento sia alla
conseguenzialità automatica dell'obbligo, sia alla mancata previsione
di una età minima del minore cui è applicabile la misura di
sicurezza.
2. - Sebbene l'ordinanza, come si è premesso, invochi
espressamente gli artt. 27, 30 e 31 della Costituzione, tuttavia dalle
diffuse argomentazioni in essa contenute emerge più volte la doglianza
di irragionevolezza: il che risulta pure, in maniera specifica, sia
dalla seguente frase della motivazione:
"La questione appare non manifestamente infondata anche con
riferimento allo spirito tutto, ai principi informatori della
Costituzione per quanto concerne la tutela della personalità"; sia dal
dispositivo che, mentre non menziona gli artt. 27, 30 e 31, si
attaglia, così come è formulato, proprio all'art. 3 della
Costituzione.
3. - Non è a parlarsi di violazione dell'art. 27 della
Costituzione, il quale, per giurisprudenza costante e anche recente di
questa Corte, attiene soltanto alle pene (vedi, per le misure di
prevenzione della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, le sentenze n. 23
del 1964 e n. 76 del 1970).
È, del resto, da ricordare che, con le sentenze n. 19 del 1966 e
n. 68 del 1967, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice
penale - che comprende l'ipotesi dell'art. 224, secondo comma -,
ritenendo che non siano violate le disposizioni costituzionali degli
artt. 13, 24, 27 e 32 e ravvisando una sufficiente garanzia nella
motivazione del provvedimento e nella previsione della revoca della
misura di sicurezza, dopo la trascorrenza di un determinato lasso di
tempo, giustificato dalla necessità di un controllo sulle condizioni
psichiche e sanitarie del soggetto (art. 207 cod. pen., il quale
statuisce, inoltre, che la revoca della misura di sicurezza possa
essere anticipata con decreto del ministro della giustizia).
Tali precedenti la Corte non ha ragione di smentire, per ciò che
attiene al principio generale e complessivo della pericolosità
presunta, entro i confini della pregressa prospettazione, che, in
parte, corrisponde alla prospettazione attuale; non senza avvertire
che, allora, non veniva direttamente in considerazione l'art. 224,
secondo comma, cod. pen. Invero, il principio dell'applicazione
obbligatoria di misure di sicurezza (detentive e non detentive: art.
215 cod. pen.) investe (o può investire) - oltreché l'età minore
degli anni quattordici - altre svariate situazioni (età tra gli anni
quattordici e i diciotto; abitualità, professionalità e tendenza a
delinquere; infermità psichica, cronica intossicazione da alcool o da
sostanze stupefacenti e sordomutismo; ubriachezza abituale e uso
abituale di sostanze stupefacenti, ecc.).
4. - Circa gli artt. 30 e 31, è stato obiettato che, proprio al
fine di sostituire lo Stato alla famiglia e di conferirgli la funzione
educativa che i genitori non abbiano esplicato o non esplichino, la
legge ha istituito centri di rieducazione per i minorenni, tra cui
sono, appunto, i riformatori giudiziari. L'inidoneità di questi
centri (e di questi riformatori) - a causa della loro struttura e
dell'ormai superato indirizzo pedagogico -, allo scopo per il quale
sono stati predisposti riguarda la concreta organizzazzione funzionale
degli stessi ad opera della pubblica amministrazione e, in ultima
analisi, postula l'intervento del legislatore.
5. - L'art. 3 della Costituzione appare, invece, per più versi
vulnerato.
In primo luogo, situazioni diverse sono riguardate in modo
identico: ed è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che
l'art. 3 risulta violato non soltanto quando situazioni identiche
vengono disciplinate in modo difforme dalla legge, bensì anche quando
situazioni difformi vengono disciplinate in modo eguale (sentenze n. 53
del 1958 e n. 22 del 1966).
Non può negarsi davvero che diverso sia l'atteggiamento psichico,
rispetto a una condotta qualsiasi (lecita o illecita o, più
pertinentemente, rilevante dal punto di vista giuridico-penale),
allorché si tratti di un minore che si avvicini ai quattordici anni di
età (cioè sia in età matrimoniale: art. 84, secondo comma, cod.
civ.) e allorché si tratti di un infante o di un bimbo in tenera età.
Con la disposizione impugnata, al limite, anche l'infante dovrebbe
essere ristretto in riformatorio giudiziario, per pericolosità
presunta (il che, talvolta, è avvenuto): conseguenza, questa, tanto
palesemente contraria a qualunque criterio di ragionevolezza, da
costituire di per sé una condanna della norma da cui deriva.
6. - Non v'è dubbio che la severa misura di sicurezza sia
obbligatoriamente comminata nel presupposto della pericolosità sociale
del minore. Senonché, la presunzione di pericolosità, che negli
altri casi previsti dal codice si basa sull'id quod plerumque accidit,
non ha fondamento allorché si tratti della non imputabilità del
minore di anni quattordici: ché, al contrario, può ben dirsi che qui,
data la giovanissima età del soggetto, la pericolosità rappresenti
l'eccezione, per cui l'obbligatorietà ed automaticità del ricovero in
riformatorio giudiziario non ha giustificazione alcuna. Da tale
premessa muove la relazione ministeriale al recente disegno di legge
che sopprime la norma denunciata (Atti del Senato, V Leg., doc. n.
351).
7. - La disposizione, dunque, va dichiarata illegittima per quanto
concerne i minori degli anni quattordici.
Superfluo ricordare che l'art. 224, secondo comma, è applicabile
anche a chi ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i diciotto,
se egli sia riconosciuto non imputabile (terzo comma), e continuerà ad
essere applicato pur dopo la presente pronunzia di illegittimità
costituzionale: la questione relativa, essendo estranea al giudizio a
quo, non è stata sollevata, né poteva esserlo, in questa sede.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 224, secondo
comma, del codice penale, nella parte in cui rende obbligatorio ed
automatico, per i minori degli anni quattordici, il ricovero, per
almeno tre anni, in riformatorio giudiziario.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1971.
GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI -
COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE
CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ -
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI -
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE
ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI
- NICOLA REALE - PAOLO ROSSI.