Ritenuto in fatto
1.− Nel corso di due procedimenti civili, nei quali venivano analogamente in contestazione altrettanti provvedimenti adottati dalla Provincia di Pisa nell’esercizio di funzioni non fondamentali (in materia, rispettivamente, di rifiuti e di demanio idrico), oggetto di successivo trasferimento alla Regione Toscana in attuazione della previsione di cui all’art. 1, commi 89 e seguenti, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), il Tribunale ordinario di Pisa – al fine del decidere sull’eccezione di sopravvenuto difetto di legittimazione passiva formulata dalla suddetta Provincia – ha sollevato, con due distinte ordinanze (r.o. n. 234 del 2016 e n. 152 del 2017), questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Toscana 3 marzo 2015, n. 22, recante «Riordino delle funzioni provinciali e attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni). Modifiche alle leggi regionali 32/2002, 67/2003, 41/2005, 68/2011, 65/2014», come modificata dalla successiva legge della Regione Toscana 5 febbraio 2016, n. 9 (Riordino delle funzioni delle province e della Città metropolitana di Firenze. Modifiche alle leggi regionali 22/2015, 70/2015, 82/2015 e 68/2011), nella parte in cui detto art. 10, sub comma 3, stabilisce che «[s]ono esclusi dalla successione i procedimenti già avviati al momento del trasferimento delle funzioni. Le province e la città metropolitana concludono tali procedimenti, mantengono la titolarità dei rapporti attivi e passivi da essi generati, curano l’eventuale contenzioso e l’esecuzione delle sentenze che ad essi si riferiscono».
E ciò per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in ragione della illegittima ingerenza del legislatore regionale nella materia, di competenza esclusiva dello Stato, «giurisdizione e norme processuali» (per di più in deroga al principio fissato dall’art. 1, comma 96, lettera c, della legge n. 56 del 2014, per cui «l’ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso […]»), e con l’art. 3 Cost., stante il carattere discriminatorio della regolamentazione dei rapporti processuali pendenti adottata dalla Regione Toscana, rispetto a quella delle altre Regioni. Per lesione altresì (secondo la sola ordinanza n. 234 del 2016) dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per ingerenza della disposizione regionale denunciata nella materia, del pari riservata alla competenza statale esclusiva, della «tutela dell’ambiente»; e per violazione, infine (nella prospettazione dell’ordinanza n. 152 del 2017), dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., anche con riguardo alla materia «ordinamento civile», e dell’art. 97 Cost., stante il già attuato trasferimento alla Regione anche del personale della Provincia, che si occupava delle funzioni non fondamentali, e dei fascicoli relativi all’esercizio di tali funzioni, ora in titolarità della Regione medesima.
1.1.– Il dispositivo dell’ordinanza n. 234 del 2016 fa riferimento anche all’art. 24 Cost. Ma tale indicazione è evidentemente dovuta ad un mero errore materiale, avendo il rimettente espressamente escluso, in motivazione, che la normativa censurata incorra nella violazione di detto parametro.
1.2.– La stessa ordinanza n. 234 del 2016 denuncia, per altro – in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere l) ed s), Cost. – anche l’art. 11-bis della legge reg. Toscana n. 22 del 2015, nella parte in cui (comma 5) dispone che «[r]estano comunque nella competenza della provincia e della Città metropolitana di Firenze le controversie, attinenti ai procedimenti, agli interventi, alle attività e ai rapporti di cui al comma 1, originate da fatti antecedenti alla data del 1° gennaio 2016, e l’esecuzione delle relative sentenze, con riferimento agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti».
2.– In entrambi i giudizi si è costituita, e ha depositato ulteriore memoria, la Provincia di Pisa, per chiedere che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali denunciate dal tribunale rimettente.
3.– È altresì intervenuta la Regione Toscana che, nel giudizio relativo all’ordinanza n. 234 del 2016, ha preliminarmente eccepito − e ribadito anche con successiva memoria − l’inammissibilità della questione sollevata, per difetto di rilevanza (venendo in quel caso in contestazione un provvedimento adottato dalla Provincia, antecedentemente al trasferimento alla Regione della funzione di pertinenza) e, in entrambi i giudizi, ha concluso (ed ulteriormente argomentato anche con duplice successiva memoria) per la non fondatezza, sotto ogni profilo, delle censure rivolte ai menzionati artt. 10 (comma 3) e 11-bis (comma 5) della propria legge n. 22 del 2015, come in prosieguo modificata dalla legge reg. Toscana n. 9 del 2016.
In particolare ha sostenuto che le disposizioni denunciate non avrebbero carattere processuale, costituendo un mero riflesso della disciplina sostanziale relativa al trasferimento delle funzioni previste dalla legge n. 56 del 2014. Ed ha aggiunto che, comunque, «in nessuna disposizione della […] c.d. legge Delrio, è prevista la successione automatica nelle controversie pendenti, con rinvio all’art. 110 del codice di procedura civile, come nei casi di successione in universum ius» e che, dunque, nella fattispecie, «la norma da applicare sarebbe quindi l’art. 111 del codice di procedura civile, per cui “Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie”».
Considerato in diritto
1.– Con le due ordinanze del Tribunale ordinario di Pisa di cui si è in narrativa detto – e che, per l’identità o connessione delle questioni sollevate, possono riunirsi per essere decise con unica sentenza – è sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale la disposizione di cui all’art. 10, comma 3, della legge della Regione Toscana 3 marzo 2015, n. 22, recante «Riordino delle funzioni provinciali e attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni). Modifiche alle leggi regionali 32/2002, 67/2003, 41/2005, 68/2011, 65/2014», come modificata dalla successiva legge della Regione Toscana 5 febbraio 2016, n. 9 (Riordino delle funzioni delle province e della Città metropolitana di Firenze. Modifiche alle leggi regionali 22/2015, 70/2015, 82/2015 e 68/2011), con riferimento ai parametri di cui (complessivamente) agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), con riguardo sia alla materia «giurisdizione e norme processuali», sia alla materia «ordinamento civile», e lettera s), della Costituzione.
Solo la prima di tali ordinanze r.o. n. 234 del 2016) censura anche l’art. 11-bis, comma 5, della stessa legge regionale n. 22 del 2015, per contrasto con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), prima parte, e lettera s), Cost.
1.1.– La legge reg. Toscana n. 22 del 2015, poi modificata dalla legge regionale n. 9 del 2016, interviene a valle del trasferimento delle funzioni non fondamentali delle Province – allo Stato o alle Regioni «secondo le rispettive competenze» − attuato dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), sub commi da 85 a 95 del suo art. 1, e fa seguito all’Accordo in sede di Conferenza unificata (previsto dal comma 91 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014), intervenuto tra lo Stato e le Regioni l’11 settembre 2014.
Nella cornice di tale quadro normativo, la legge regionale in esame trasferisce, quindi, alla medesima Regione, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, tra le altre funzioni non fondamentali, quelle, già spettanti alle Province, nelle materie della gestione dei rifiuti e della difesa del suolo e del demanio idrico, alle quali si riferiscono i provvedimenti adottati dalla Provincia di Pisa, oggetto di impugnazione nei giudizi a quibus, in relazione ai quali viene, appunto, in rilievo il quesito sulla legittimazione a resistere dell’uno o dell’altro ente.
1.2.– Le due disposizioni della legge regionale n. 22 del 2015, della cui legittimità costituzionale dubitano i rimettenti, rispettivamente stabiliscono che «[s]ono esclusi dalla successione i procedimenti già avviati al momento del trasferimento delle funzioni. Le province e la città metropolitana concludono tali procedimenti, mantengono la titolarità dei rapporti attivi e passivi da essi generati, curano l’eventuale contenzioso e l’esecuzione delle sentenze che ad essi si riferiscono» (art. 10, comma 3); e che «[r]estano comunque nella competenza della provincia e della Città metropolitana di Firenze le controversie, attinenti ai procedimenti, agli interventi, alle attività e ai rapporti di cui al comma 1, originate da fatti antecedenti alla data del 1° gennaio 2016, e l’esecuzione delle relative sentenze, con riferimento agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti» (art.11-bis, comma 5).
1.3.– Nella coincidente prospettazione dei giudici a quibus, entrambe le riferite disposizioni risulterebbero invasive della competenza statale esclusiva nella materia «giurisdizione e norme processuali», oltreché (secondo l’ordinanza r.o. n. 152 del 2017) in quella dell’«ordinamento civile». Dal che la denunciata loro illegittimità, per violazione dell’art. 117, primo comma, lettera l), Cost., illegittimità non superabile − sottolineano detti giudici − in via di «disapplicazione» delle norme stesse.
Ma, proprio in ragione di ciò, tali norme dispiegherebbero un «effetto diretto sull’applicabilità del comma 96 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014». Il quale, viceversa, dispone (sub lettera c) che «l’ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso […]».
1.3.1.– Sia l’art. 10, comma 3, sia l’art. 11-bis, comma 5, della denunciata legge regionale violerebbero, inoltre, l’art. 3 Cost., «inteso come principio di ragionevolezza, quale corollario del principio di uguaglianza, in quanto comport[erebbero] la conseguenza irragionevole ed incoerente di non consentire – diversamente da quanto accade nelle altre regioni – il subentro della Regione Toscana nelle controversie in corso» (così, testualmente, l’ordinanza r.o. n. 234 del 2016).
1.3.2.– Il solo art. 10, comma 3, della legge regionale n. 22 del 2015 contrasterebbe poi (secondo l’ordinanza n. 152 del 2017) anche con l’art. 97 Cost., «in quanto tutto il personale della Provincia che si occupava delle funzioni non fondamentali ora trasferite è transitato nei ruoli regionali, come alla Regione sono stati trasferiti i fascicoli relativi, con la conseguenza che la Provincia di Pisa non dispone più del personale necessario per lo svolgimento dei procedimenti pendenti, e non ha più la disponibilità materiale dei fascicoli, e tuttavia deve occuparsi del contenzioso pendente».
2.– Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione Toscana relativamente alle questioni sollevate con l’ordinanza n. 234 del 2016.
Al fine del decidere in punto di individuazione dell’ente legittimato a resistere nel processo principale, non verrebbero, infatti, in rilievo, secondo la difesa della Regione, i censurati artt. 10 e 11-bis della legge regionale n. 22 del 2015, poiché una tale legittimazione farebbe capo senz’altro alla Provincia, che ha applicato la sanzione amministrativa, avverso cui è stata proposta opposizione, nel 2015, in data quindi antecedente a quella (1° gennaio 2016) in cui essa Regione è subentrata nella titolarità e nell’esercizio della funzione cui quella sanzione è connessa.
2.1.– L’eccezione non è suscettibile di accoglimento.
Non è esatto che l’esercizio della funzione da parte dell’autorità si “esaurisca” – come sostenuto dalla Regione – «nel momento in cui è stata emessa l’ordinanza ingiunzione».
Per effetto dell’intervenuta impugnazione di tale ordinanza nel giudizio a quo, il procedimento volto ad ottenere il pagamento della correlativa sanzione è evidentemente tuttora «in corso», per cui, ai sensi del comma 96 dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014, in esso dovrebbe “succedere” l’ente [id est la Regione] che subentra nella funzione alla quale il rapporto sanzionatorio si riferisce.
Una tale successione è, però, impedita dalle disposizioni regionali censurate che, viceversa, la escludono con riferimento ai procedimenti, come nella specie, «già avviati» ovvero originati da «fatti antecedenti alla data del 1° gennaio 2016».
Da qui, dunque, la rilevanza della questione, che la Regione a torto contesta.
3.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 3, e 11-bis, comma 5, della legge regionale in esame sono entrambe fondate, in riferimento al parametro di cui all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., per il profilo della invasione della sfera di competenza esclusiva statale nella materia «giurisdizione e norme processuali», restando assorbita ogni altra censura.
3.1.– Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, anche in base alla riserva di legge statale stabilita dall’art. 108, primo comma, Cost., gli organi legislativi regionali, nel disciplinare gli oggetti rientranti nelle loro competenze, anche di tipo esclusivo, debbono astenersi da qualsiasi interferenza in materia giurisdizionale e processuale (sentenze n. 81 del 2017, n. 299 del 2010, n. 25 del 2007, n. 133 del 1998, n. 154 del 1995, n. 303 del 1994, n. 113 del 1993, n. 505 del 1991, n. 203 del 1987, n. 72 del 1977).
3.2.– Le disposizioni censurate attengono bensì alla vicenda del “riordino” e trasferimento delle funzioni non fondamentali delle Province − demandato (allo Stato o) alle Regioni «secondo le rispettive competenze» dai commi 89 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 56 del 2014, ma non esauriscono la loro portata precettiva nell’aspetto sostanziale di tale vicenda, poiché si spingono a regolarne anche l’ulteriore profilo, innegabilmente processuale, che attiene alla successione nelle controversie pendenti relative all’esercizio pregresso delle funzioni trasferite.
Dal che, per ciò stesso, lo sconfinamento delle disposizioni regionali in questione in ambito di materia di esclusiva competenza dello Stato, quale quello, appunto, delle «norme processuali», di cui alla lettera l) dell’art. 117, secondo comma, Cost.
3.3.– Sostiene, in contrario, la Regione Toscana che gli artt. 10 e 11-bis della propria legge n. 22 del 2015 – nell’escludere dalla successione i «procedimenti già avviati» e «l’eventuale contenzioso» in corso al momento del trasferimento (ad essa ricorrente) delle funzioni provinciali oggetto del riordino ex lege n. 56 del 2014 – si siano limitati ad esplicitare una regola implicita nella stessa legge del 2014, in coerenza con il carattere di successione a titolo particolare, e non in universum ius, del fenomeno di che trattasi, legato ad un trasferimento di funzioni che prescinde dall’estinzione dell’ente precedente titolare delle stesse. Ciò che sarebbe quindi riconducibile al paradigma dell’art. 111 del codice di procedura civile, per il quale, salvo intervento o chiamata in causa dell’ente subentrante, il processo prosegue tra le parti originarie.
3.3.1.– La tesi della Regione è già, di per sé, errata nella sua duplice premessa ermeneutica.
Per un verso, infatti, l’inclusione dei «rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso», tra quelli oggetto del trasferimento – testualmente disposta dall’art. 1, comma 96, della legge n. 56 del 2014 – non è riconducibile al paradigma dell’art. 111 cod. proc. civ., prefigurando una ipotesi, invece, di successione ex lege, disciplinata in via autonoma, con specifico riferimento al riordino delle funzioni delle Province. Per altro verso, la riferibilità alle Province degli «effetti di natura finanziaria» derivanti dalle sentenze che concludono le controversie pendenti (art. 11-bis della legge reg. Toscana n. 22 del 2015), viola anche il disposto dell’art. 111 cod. proc. civ., a tenore del quale «[l]a sentenza […] spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare […]».
Ma, a prescindere dalla conformità o difformità della legge regionale alla legge statale, è decisivo il rilievo che la novazione della fonte, con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale, costituisce comunque causa di illegittimità della norma regionale (ex plurimis, sentenze n. 40 del 2017, n. 234 e n. 195 del 2015, n. 35 del 2011 e n. 26 del 2005).
3.4.– Entrambe le disposizioni scrutinate sono, pertanto, costituzionalmente illegittime.