Ritenuto in fatto
1. − Con ricorso notificato il 31 gennaio 2011 e depositato il successivo 4 febbraio (reg. ric. n. 5 del 2011) il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera m), 11, commi 5, 6 e 7, e 17, comma 1, lettere a) e b), della legge della Regione Calabria 22 novembre 2010, n. 28 (Norme in materia di sport nella Regione Calabria), in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La legge impugnata reca un’articolata disciplina dello sport e delle attività sportive sul territorio regionale, includendo in tale ambito un intervento relativo a figure professionali operanti in tale settore.
In particolare, l’art. 3, comma 1, lettera m), stabilisce che la Regione istituisce gli albi relativi alle figure professionali operanti in ambito sportivo.
L’art. 11, comma 5, individua nominativamente tali figure nelle seguenti: a) associazioni sportive dilettantistiche; b) dirigenti sportivi; c) esperti gestori di impianti sportivi; d) istruttori qualificati; e) tecnici federali; f) assistenti o operatori specializzati; g) atleti e praticanti; h) fisioterapisti e massaggiatori; i) altre figure tecnico-sportive. Sempre l’art. 11, comma 6, prevede che l’iscrizione agli albi necessiti di un titolo professionale rilasciato previo espletamento di uno specifico corso, mentre il comma 7 regola l’aggiornamento degli albi.
Infine, l’art. 17, comma 1, lettere a) e b), attribuisce alla Giunta regionale il potere sia di definire con regolamento i profili professionali, laddove non disciplinati dalla legge statale, individuando caratteristiche e requisiti dei percorsi formativi, sia di costituire i relativi albi.
Il ricorrente, basandosi su ampi richiami alla giurisprudenza di questa Corte, ritiene che tali disposizioni violino la competenza dello Stato a determinare i principi fondamentali della materia “professioni” (art. 117, terzo comma, Cost.), posto che tra di essi si deve includere la definizione delle figure professionali e l’istituzione dei relativi albi, senza spazio per la legislazione regionale che pretenda di «riempiere un vuoto normativo» avocando a sé la competenza dello Stato.
2. – La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1. − Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera m), 11, commi 5, 6 e 7, e 17, comma 1, lettere a) e b), della legge della Regione Calabria 22 novembre 2010, n. 28 (Norme in materia di sport nella Regione Calabria), in relazione all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Con la legge impugnata, il legislatore regionale ha inteso disciplinare organicamente le attività sportive e ricreative: in tale ambito, le disposizioni specificamente oggetto di censura si occupano della disciplina dei profili professionali rilevanti e della istituzione dei relativi albi.
In particolare, l’art. 11, comma 5, reca un elenco delle «professioni in ambito sportivo», mentre il comma 6 indica le condizioni richieste ai fini dell’iscrizione negli albi professionali, di cui il comma 7 regola l’aggiornamento.
L’istituzione di tali albi è disciplinata dall’art. 3, comma 1, lettera m), e dall’art. 17, comma 1, lettera b), che assegna alla Giunta il potere di costituirli, mentre la lettera a) le conferisce il compito di definire i profili professionali nelle discipline sportive, laddove non disciplinati dalla legge statale, e di individuare caratteristiche e requisiti dei percorsi formativi.
Il ricorrente ritiene che tali disposizioni ledano la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della materia a riparto concorrente “professioni”, nella quale rientra l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti didattici, come è stato affermato da questa Corte fin dalla sentenza n. 353 del 2003.
2. − La questione è fondata.
Le disposizioni impugnate vanno senza dubbio ascritte alla materia, di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.), delle professioni, dato che ne è evidente la finalità, e l’effetto obiettivo, di incidere sulla individuazione dei profili professionali operanti nell’ambito sportivo: questa Corte ha già ritenuto che, ai fini della selezione della materia pertinente, non abbia «alcuna influenza» l’oggetto su cui si esercita l’attività professionale, venendo in rilievo la sola prioritaria attinenza dell’intervento legislativo al campo delle professioni (sentenze n. 424 del 2005, n. 138 del 2009, n. 222 del 2008, n. 40 del 2006).
Si tratta, perciò, di decidere se il legislatore regionale abbia ecceduto i limiti della normativa di dettaglio.
Sotto tale profilo, va posto in rilievo che le norme censurate operano su di un duplice livello: da un lato, esse consentono alla Giunta, ove la legge statale non abbia riconosciuto determinate figure professionali, di definirne gli elementi costitutivi e le modalità formative (art. 17, comma 1, lettera a); dall’altro lato, istituiscono direttamente (art. 3, comma 1, lettera m; art. 11, comma 5) o per atto della Giunta (art. 17, comma 1, lettera b), e comunque disciplinano (art. 11, commi 6 e 7) gli albi professionali.
Si è perciò in presenza di un articolato intervento, il cui nucleo si colloca nella fase genetica di individuazione normativa della professione: all’esito di essa una particolare attività lavorativa assume un tratto che la distingue da ogni altra e la rende oggetto di una posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico, di cui si rende espressione, con funzione costitutiva, l’albo.
Questa Corte ha costantemente ritenuto che una simile operazione abbia carattere di principio e competa pertanto al solo legislatore statale (ex plurimis, sentenze n. 300 del 2010, n. 328 del 2009, n. 93 del 2008, n. 57 del 2007, n. 153 del 2006, n. 424 del 2005 e n. 353 del 2003).
In particolare, non spetta alla legge regionale né creare nuove professioni, né introdurre diversificazioni in seno all’unica figura professionale disciplinata dalla legge dello Stato (sentenza n. 328 del 2009), né, infine, assegnare tali compiti all’amministrazione regionale, e in particolare alla Giunta (sentenze n. 93 del 2008, n. 449 del 2006). Infatti, la potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale (art. 1, comma 3, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30, recante norme in tema di ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131).
Nel caso di specie, le disposizioni impugnate sono incorse in tutti questi profili di invasione della competenza statale: l’art. 11, comma 5, contiene un elenco di professioni sportive, anche ignote, in quanto tali, alla legge nazionale (cariche nelle associazioni sportive dilettantistiche; dirigenti sportivi; esperti gestori di impianti sportivi; istruttori qualificati; tecnici federali; assistenti o operatori specializzati; atleti e praticanti; altre figure tecnico-sportive): l’incompiutezza della descrizione normativa rende, poi, obbligato il ricorso ad un atto della Giunta, al fine di definirne in forma sufficientemente analitica gli elementi costitutivi.
Nel contempo, l’albo professionale non svolge una funzione meramente ricognitiva o di comunicazione e di aggiornamento di professioni già riconosciute dalla legge statale, come è invece consentito disporre da parte della legge regionale (sentenza n. 271 del 2009), ma, all’esito di un percorso formativo cui è subordinata l’iscrizione, assume una particolare capacità selettiva ed individuatrice delle professioni, che ne tradisce l’illegittimità costituzionale, «anche prescindendo dal fatto che la iscrizione nel suddetto registro si ponga come condizione necessaria ai fini dell’esercizio della attività da esso contemplata» (sentenze n. 93 del 2008, n. 132 del 2010, n. 138 del 2009).
L’introduzione dell’albo, inoltre, diviene indice sintomatico (sentenza n. 93 del 2008) dell’illegittimità dell’intervento normativo regionale, anche con riguardo alle figure dei fisioterapisti e dei massaggiatori, indicate dall’art. 11, comma 5, lettera h), ma oggetto di normazione da parte della stessa legge dello Stato.
Quanto ai fisioterapisti, non è consentito alla legge regionale, a fronte di un profilo compiutamente descritto dal decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 (Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista), sulla base dell’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), conferire una particolare specificità al fisioterapista sportivo, giungendo a richiedere a tal fine il conseguimento di un titolo rilasciato da enti pubblici o istituzioni sportive abilitate, in potenziale contrasto con le competenze attribuite sul punto al Ministro dell’università e della ricerca scientifica (art. 6, comma 3, del d. lgs. n. 502 del 1992).
Analogamente, la normativa statale si è limitata ad istituire l’albo dei massaggiatori privi della vista (art. 8 della legge 21 luglio 1961, n. 686, recante norme sul collocamento obbligatorio dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi), senza conferire invece ai massaggiatori sportivi alcuna posizione differenziata, rispetto a quanto previsto in via generale, e con riguardo anche al titolo di studio necessario, dalla legge 19 maggio 1971, n. 403 (Nuove norme sulla professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi) (sentenze n. 179 del 2008, n. 449 del 2006, n. 319 del 2005).
Né emerge quale particolare collegamento vi possa essere tra le disposizioni censurate e le peculiari esigenze della realtà territoriale cui la legge regionale si rivolge, e in relazione alle quali soltanto si giustifica l’intervento legislativo di dettaglio nella materia delle professioni (sentenza n. 153 del 2006).
3. − In conclusione, tutte le disposizioni impugnate si pongono in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., e vanno conseguentemente dichiarate costituzionalmente illegittime.