Titolo
SENT. 46/95 A. USI CIVICI - CONSERVAZIONE DEGLI USI CIVICI - INTERESSE UNITARIO DELLA COMUNITA' NAZIONALE NELL'AMBITO DI UNA TUTELA DELL'AMBIENTE IMPRONTATA A INTEGRALITA' E GLOBALITA' - TITOLARITA' E COMPETENZA DELLO STATO - FONDAMENTO COSTITUZIONALE - ATTRIBUZIONE ALLE REGIONI, IN BASE ALLA LEGISLAZIONE VIGENTE, SOLTANTO DI COMPETENZE DELEGATE.
Testo
Come la Corte ha riconosciuto, la legge 8 agosto 1985, n. 47, ha introdotto una tutela del paesaggio non legata alla visione frammentaria propria della legge 29 giugno 1939, n. 1497 - diretta in prevalenza alla tutela di singole bellezze naturali isolatamente considerate - ma improntata a integralita' e globalita', sicche' essa e' diventata sinonimo di tutela ambientale. Sotto questo profilo la sovrapposizione fra tutela del paesaggio e tutela dell'ambiente si riflette in uno specifico interesse unitario della comunita' nazionale - costituzionalmente garantito dagli artt. 9 e 32 Cost. - alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione tra uomo e ambiente naturale" (art. 1, comma 3, della legge quadro sulle aree protette, 6 dicembre 1991, n. 394). In ordine a questo interesse, a tutela del quale le zone gravate da usi civici sono state sottoposte, dall'art. 1, lett. h, della legge n. 431 del 1985, a vincolo paesaggistico, e di cui e' portatore lo Stato e che e' quindi inconfondibile con gli interessi locali di cui sono esponenti le Regioni, l'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (come modificato dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985) ha disposto soltanto una delega di attribuzioni a queste ultime. - Cfr. S. nn. 151/1986, 359/1985, 67/1992, 269/1993 e 1029/1988. V. anche la seguente massima C. red.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 9
Costituzione
art. 32
Altri parametri e norme interposte
legge
08/08/1985
n. false
art. 1
lett. h)
Titolo
SENT. 46/95 B. USI CIVICI - COMMISSARIO AGLI USI CIVICI - POTERE DI ESERCITARE DI UFFICIO LA PROPRIA GIURISDIZIONE - NEGATA PERMANENZA, SECONDO LA NUOVA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, IN SEGUITO AL TRASFERIMENTO ALLE REGIONI DELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE GIA' ESERCITATE DAL COMMISSARIO - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI SANCITI DAGLI ARTT. 3, 9 E 24, PRIMO COMMA, COST., CHE NEL CASO ESIGONO CHE A TUTELA DELL'INTERESSE DELLA COMUNITA' NAZIONALE ALLA CONSERVAZIONE DEGLI USI CIVICI, QUALE BENE AMBIENTALE, SIANO ABILITATI AD AGIRE IN GIUDIZIO, DAVANTI AI COMMISSARI, ORGANI DELLO STATO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA' - EFFETTI - LIMITI - RIPRISTINO DEL POTERE DI IMPULSO PROCESSUALE DEL COMMISSARIO AGLI USI CIVICI, MA, IN ATTESA DEL PREVISTO RIORDINO GENERALE DELLA MATERIA, SOLO IN VIA PROVVISORIA - ASSORBIMENTO DI ULTERIORI CENSURE (IN RIFERIMENTO AGLI ARTT. 104 E 108 COST.).
Testo
La nuova giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, espressa nella sentenza 28 gennaio 1994, n. 858, secondo cui la giurisdizione d'ufficio originariamente attribuita al Commissario per gli usi civici e' 'in toto' cessata in seguito all'attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative gia' esercitate dal Commissario, ascrive all'art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, un significato normativo che non ammette un organo statale ad agire in via preventiva davanti ai Commissari agli usi civici per la salvaguardia dell'interesse della comunita' nazionale alla conservazione dell'ambiente naturale nelle terre civiche soggette a vincolo paesistico. Tale significato normativo non e' consono con l'art. 24, primo comma, Cost., coordinato con l'art. 3 Cost., nonche' con l'art. 9, che il detto interesse garantisce insieme con l'art. 32 (che l'art. 1 della legge quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394, accoppia al primo). Ed invero, anche se dagli artt. 9 e 32 Cost. non discende, come soluzione costituzionalmente obbligata, l'attribuzione al Commissario di un potere di impulso processuale, tra la situazione ordinamentale attuale e la situazione anteriore nella quale - con incerta legittimita' dal punto di vista dell'art. 24, secondo comma, Cost., ma in aderenza alle esigenze di tutela ambientale poste dagli artt. 9 e 32 Cost. - il potere di iniziativa processuale era attribuito agli stessi commissari, e' preferibile allo stato la seconda, giusta un criterio di legittimita' costituzionale provvisoria piu' volte applicato dalla Corte Costituzionale, "in attesa del riordino generale della materia degli usi civici" preannunciato dall'art. 5 della legge 4 dicembre 1993, n. 491. Pertanto - assorbite le censure riferite agli artt. 104 e 108 Cost. - deve essere dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 29, secondo comma, della legge n. 1766 del 1927, nella parte in cui - come interpretato dalla Corte di cassazione - non consente la permanenza del potere di iniziativa processuale in questione. - V. la precedente massima A e la seguente C. red.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 9
Costituzione
art. 24
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 104
Costituzione
art. 108
Riferimenti normativi
legge
16/06/1927
n. 1766
art. 29
co. 2
Titolo
SENT. 46/95 C. ORDINAMENTO PROCESSUALE E GIUDIZIARIO - COMMISSARIO AGLI USI CIVICI - ATTRIBUZIONE DI FUNZIONI DI IMPULSO PROCESSUALE, PUR IN MANCANZA DI UNO SPECIFICO UFFICIO DEL PUBBLICO MINISTERO - GIUSTIFICAZIONE, IN VIA TRANSITORIA, IN VISTA DI UNA NUOVA ADEGUATA DISCIPLINA LEGISLATIVA.
Testo
La figura del Commissario per gli usi civici e' stata inserita nell'ordinamento giudiziario senza costituzione presso il medesimo di uno specifico ufficio del pubblico ministero. Tuttavia la confluenza nel giudice anche di funzioni di impulso processuale puo' essere transitoriamente giustificata in vista di una nuova disciplina legislativa improntata a una "rigorosa tutela della terzieta' del giudice". - Cfr. in un contesto analogo, S. nn. 268/1986 e 172/1987. V. anche S. nn. 398/1989 e 133/1993. red.: S.P.
Titolo
SENT. 46/95 D. USI CIVICI - TUTELA DEI DIRITTI DI USO CIVICO - SOGGETTI LEGITTIMATI AD AGIRE DAVANTI AL COMMISSARIO - NUOVA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE - INTERPRETAZIONE DELLA STESSA DA PARTE DEL GIUDICE 'A QUO' - RITENUTA ATTRIBUZIONE DEL POTERE RELATIVO ALLE SOLE REGIONI, CON CONSEGUENTE LAMENTATA ESCLUSIONE DELLE POPOLAZIONI TITOLARI DEI DIRITTI COLLETTIVI E DEI COMUNI CHE LE RAPPRESENTANO - ASSERITA INCIDENZA SULLE GARANZIE DEL DIRITTO DI AGIRE IN GIUDIZIO E DELLA INTEGRITA' DEI BENI PESAGGISTICI E AMBIENTALI, NONCHE' SUL PRINCIPIO DI INDIPENDENZA DEI GIUDICI SPECIALI - QUESTIONE SOLLEVATA IN BASE A NON CONDIVISIBILE PRESUPPOSTO INTERPRETATIVO - NON FONDATEZZA.
Testo
La statuizione della Corte di cassazione a sezioni unite, nella interpretazione da essa data, con sentenza 28 gennaio 1994, n. 858, all'art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, secondo cui "nell'ordinamento vigente la tutela dei diritti di uso civico e' demandata alle Regioni, che a tal fine esercitano i poteri amministrativi loro conferiti dalle leggi e promuovono le azioni nelle varie sedi giurisdizionali e, quindi, anche davanti al Commissario nelle materie di sua competenza", va intesa solo in relazione alla giurisdizione di ufficio che, gia' riconosciuta al Commissario, in pari tempo e' ritenuta cessata. Tale statuizione, pertanto, non tocca minimamente la legittimazione ad agire davanti al Commissario, per la difesa del loro interesse particolare, spettante alle popolazioni titolari dei diritti di proprieta' collettiva o di uso civico, nonche' ai Comuni in qualita' di enti rappresentativi delle collettivita' insediate sui rispettivi territori, sicche' vanno respinte le censure di incostituzionalita' in base al contrario assunto avanzate. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 104 e 108 Cost., dell'art. 29, legge 16 giugno 1927, n. 1766). red.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 9
Costituzione
art. 24
Costituzione
art. 104
Costituzione
art. 108
Riferimenti normativi
legge
16/06/1927
n. 1766
art. 29
co. 0
Titolo
SENT. 46/95 E. USI CIVICI - TERRENI GRAVATI DA USI CIVICI - PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI LEGITTIMAZIONE DEL POSSESSO - COMPETENZA DEL COMMISSARIO - LAMENTATA ESCLUSIONE - DENUNCIATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI RAGIONEVOLEZZA E DEL PRINCIPIO DI LEGALITA' IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DEI PUBBLICI UFFICI - QUESTIONE SOLLEVATA IN RELAZIONE AD UNA ISTANZA NON PROPOSTA, NE' PERALTRO PROPONIBILE, NEL GIUDIZIO 'A QUO' - INAMMISSIBILITA' PER DIFETTO DI RILEVANZA.
Testo
La questione di legittimita' costituzionale proposta, in riferimento agli artt. 3 e 97,primo comma, Cost., nei confronti degli artt. 66, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 9 e 10 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, 30 e 31 del r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, come interpretati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con sentenza 10 dicembre 1993, n. 12158, nella parte in cui escludono ogni competenza del Commissario nei procedimenti amministrativi di legittimazione del possesso di terreni gravati da usi civici, difetta di rilevanza. Il Commissario per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo, - che l'ha sollevata - non e' stato infatti investito di una domanda di legittimazione - che la parte interessata si e' solo riservata di produrre - del possesso dei terreni oggetto del giudizio da cui trae origine la ordinanza di rimessione, ne' comunque potrebbe esserlo, trattandosi di una istanza amministrativa. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., degli artt. 66, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 9 e 10, legge 16 giugno 1927, n. 1766, e 30 e 31, r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, come interpretato dalla Corte di cassazione). red.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 97
co. 1
Riferimenti normativi
decreto del Presidente della Repubblica
24/07/1977
n. 616
art. 66
co. 0
legge
16/06/1927
n. 1766
art. 9
co. 0
legge
16/06/1927
n. 1766
art. 10
co. 0
regio decreto
26/02/1928
n. 332
art. 30
co. 0
regio decreto
26/02/1928
n. 332
art. 31
co. 0
N. 46
SENTENZA 8-20 FEBBRAIO 1995
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 29 della legge
16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r.d. 22 maggio
1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel
Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del
r.d. 22 maggio 1924, n. 751, e del r.d. 16 maggio 1926, n. 895, che
proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l. 22 maggio 1924, n.
751), come interpretato dalla Corte di cassazione con sentenza 28
gennaio 1994, n. 858, degli artt. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio
1975, n. 382), 9 e 10 della legge citata n. 1766 del 1927 e 30 e 31
del Regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n.
332 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione della legge 16
giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno),
promossi con due ordinanze emesse il 20 aprile e il 9 giugno 1994 dal
Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in
Abruzzo nei procedimenti civili vertenti tra il Comune di L'Aquila e
la s.n.c. Elodia e tra il Comune di Popoli e Cafarelli Leandro
Maurizio rispettivamente iscritte ai nn. 332 e 490 del registro
ordinanze 1994 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica
nn. 25 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1994;
Visto l'atto di costituzione del Comune di L'Aquila nonché gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Uditi l'avv. Egidio D'Angelo per il Comune di L'Aquila e
l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio
dei ministri;
Ritenuto in fatto
1.1. - Nel corso di una causa civile promossa da due consiglieri
della circoscrizione di Camarda di l'Aquila contro la s.n.c. Elodia e
successivamente fatta propria dal Comune di l'Aquila, avente ad
oggetto la pretesa occupazione abusiva di alcuni terreni di presunta
natura demaniale civica situati nella detta frazione comunale, il
Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in
Abruzzo, con ordinanza del 20 aprile 1994, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 9, 24, 104 e 108 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell'art. 29 della legge 16 giugno 1927,
n. 1766, nelle parti in cui, secondo l'interpretazione accolta dalla
sentenza della Corte di cassazione, a sezione unite, 28 gennaio 1994,
n. 858, a seguito del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616: a) non prevede
che i giudizi innanzi ai commissari agli usi civici possano essere
promossi anche d'ufficio; b) attribuisce il potere di azione
esclusivamente alle Regioni.
Tali questioni sono state sollevate avendo la società convenuta
"eccepito in linea preliminare ed assorbente il difetto di
giurisdizione dell'adito Commissario, atteso che nel caso di specie,
contrariamente alla sentenza interpretativa della Corte di cassazione
n. 859 del 1994, l'azione non è stata proposta dall'ente Regione
Abruzzo, ma dai consiglieri della circoscrizione, i quali non
sarebbero legittimati ad agire".
Ad avviso del giudice rimettente, siffatta interpretazione - che
limita alla Regione la legittimazione di agire davanti al commissario
per la tutela dei diritti di uso civico - è connessa alla
statuizione interpretativa contenuta nella medesima sentenza (e in
altre quattro di pari data, distinte dai nn. 858, 860, 861 e 862),
secondo cui, dopo il trasferimento alle Regioni di tutte le funzioni
amministrative relative alla liquidazione degli usi civici (art. 66,
quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), il secondo comma
dell'art. 29 della legge n. 1766 del 1927 non offre più "uno
specifico supporto normativo" al riconoscimento del potere del
commissario di promuovere d'ufficio le controversie di sua
competenza: "pertanto nell'ordinamento vigente la tutela dei diritti
d'uso civico è demandata alle Regioni, che a tal fine esercitano i
poteri amministrativi ad esse conferiti dalle leggi e promuovono le
azioni nelle varie sedi giurisdizionali e, quindi, anche davanti al
commissario nelle materie di sua competenza".
A parte l'opinabilità degli argomenti addotti, diffusamente
criticati nell'ordinanza di rimessione, l'art. 29 della legge sugli
usi civici, così interpretato, è censurato per contrarietà: a)
all'art. 24 Cost., coordinato con l'art. 3 Cost., perché priva "i
naturali della collettività proprietaria di demani civici", nonché
i Comuni e altri enti preposti alla tutela dei beni ambientali del
potere di agire davanti al commissario per impedire l'occupazione o
l'alienazione abusiva di terre civiche; b) agli artt. 104 e 108
Cost., perché, "avendo stabilito che il commissario può esercitare
la sua giurisdizione solo su richiesta delle Regioni, fa praticamente
dipendere tale esercizio dall'arbitrio del potere politico, verso il
quale, pertanto, il magistrato degli usi civici verrebbe a trovarsi
in posizione di sudditanza"; c) infine anche all'art. 9 Cost.,
"giacché, con la suddetta interpretazione dell'art. 29, secondo
comma, della legge del 1927, non sarebbe più possibile al
commissario intervenire concretamente per la difesa dell'integrità
dei beni civici, definiti dalla stessa Corte costituzionale beni
ambientali e, quindi, paesaggistici".
1.2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituito il Comune di l'Aquila aderendo alle considerazioni del
giudice rimettente e concludendo per la dichiarazione di
illegittimità costituzionale della norma impugnata in quanto
interpretata nel senso che "l'azione demaniale dinanzi al commissario
agli usi civici può essere intrapresa esclusivamente dalla Regione".
1.3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata "inammissibile o quanto meno infondata".
Inammissibile, sia perché di fatto distorce l'incidente di
costituzionalità a strumento di una sorta di gravame avverso una
sentenza della Corte di cassazione, sia per palese irrilevanza della
questione circa il potere di impulso ufficioso del commissario, il
giudizio a quo non essendo stato promosso d'ufficio dal commissario e
l'eccezione di difetto di giurisdizione dovendo in realtà intendersi
come eccezione di difetto di legittimazione dei ricorrenti.
Infondata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., perché non è
in discussione la tutela giurisdizionale dell'interesse particolare
dei singoli titolari dei diritti di uso civico; in riferimento agli
artt. 104 e 108 Cost., perché i principi di autonomia della
magistratura e di indipendenza del pubblico ministero non postulano
l'attribuzione al giudice del potere di iniziativa processuale; in
riferimento all'art. 9 Cost., perché esso non impone l'attribuzione
di tale potere come strumento necessario di tutela del paesaggio.
2.1. - Nel corso di un procedimento civile promosso d'ufficio nei
confronti di Leandro Maurizio Cafarelli e del Comune di Popoli ai
fini della dichiarazione della natura di terre civiche di certi fondi
acquistati dal primo, il medesimo Commissario agli usi civici in
Abruzzo, con ordinanza del 9 giugno 1994, ha nuovamente sollevato,
con argomenti analoghi e in riferimento agli stessi parametri, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 29 della legge
sugli usi civici, in quanto interpretato nel senso di escludere il
potere di impulso ufficioso del commissario.
Poiché l'acquirente, dopo aver eccepito il difetto di
giurisdizione del giudice adito (in base alla sentenza più volte
citata delle Sezioni unite) e, nel merito, avere concluso per
l'infondatezza della pretesa demanialità dei terreni, si è
riservato, in estremo subordine, di chiedere la legittimazione
dell'occupazione, il giudice remittente ha sollevato ulteriormente
questione di legittimità costituzionale degli artt. 66 del d.P.R. n.
616 del 1977, 9 e 10 della legge n. 1766 del 1927 e 30 e 31 del
relativo regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 febbraio
1928, n. 332, nella parte in cui, secondo l'interpretazione statuita
dalla Corte di cassazione, a sezioni unite, 10 dicembre 1993, n.
12158, escludono ogni competenza del commissario nei procedimenti di
legittimazione del possesso di terreni gravati da usi civici.
Così interpretata, la normativa citata violerebbe il principio di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. unitamente al principio di
legalità di cui all'art. 97, primo comma, Cost., in materia di
organizzazione dei pubblici uffici.
2.2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che le questioni siano
dichiarate inammissibili o comunque non fondate.
Quanto alla seconda questione si rileva che non è precisata la
censura relativa all'art. 66, quinto comma, del d.P.R. n. 616 del
1977 e inoltre che gli artt. 30 e 31 del r.d. n. 332 del 1928 hanno
natura regolamentare. Quanto alla prima questione, già trattata in
relazione alla causa precedente (r.o. n. 332/1994), l'Avvocatura ha
depositato, in prossimità dell'udienza di discussione, una memoria
riferita a entrambi i giudizi, in cui insiste particolarmente sul
punto dell'inammissibilità, tenuto conto delle valutazioni espresse
dai Ministeri della giustizia e dell'agricoltura in merito alla
disarmonia tra la giurisprudenza di questa Corte e la giurisprudenza
della Corte di cassazione e richiamando anche le argomentazioni
svolte in occasione delle controversie concluse con la citata
sentenza n. 133 del 1993 di questa Corte, con l'ordinanza n. 425 del
1992 e con la sentenza n. 395 del 1992.
Considerato in diritto
1. - Con le ordinanze in epigrafe, il Commissario per la
liquidazione degli usi civici in Abruzzo ha sollevato questione di
legittimità costituzionale:
I) in riferimento agli artt. 3, 9, 24, 104 e 108 Cost.,
dell'art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, come interpretato
dalla Corte di cassazione, a sezioni unite, con sentenza 28 gennaio
1994, n. 858, nelle parti in cui: a) esclude il potere del
commissario agli usi civici di promuovere d'ufficio le controversie
di sua competenza; b) attribuisce la legittimazione ad agire davanti
al commissario, per la tutela di tali diritti, esclusivamente alla
Regione, negandola alle popolazioni titolari di diritti collettivi e
ai Comuni che le rappresentano;
II) in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., degli artt. 66 del
d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 9 e 10 della legge citata n. 1766 del
1927, nonché 30 e 31 del relativo regolamento di esecuzione
approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, come interpretati dalle
Sezioni unite della Corte di cassazione con sentenza 10 dicembre
1993, n. 12158, nella parte in cui escludono ogni competenza del
commissario nei procedimenti amministrativi di legittimazione del
possesso di terreni gravati da usi civici.
2. - I giudizi introdotti delle due ordinanze, avendo per oggetto
questioni analoghe o connesse, vanno riuniti e decisi con unica
sentenza.
3.1. - La prima questione ( sub I, lett. a) è fondata.
La revisione interpretativa dell'art. 29 della legge sugli usi
civici, operata dalla Corte di cassazione con la sentenza citata (e
altre quattro di pari data, nn. 859, 860, 861, 862) in relazione
all'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977, e confermata dalle Sezioni
unite con le sentenze nn. 2131, 3690, 4394, 7913 e 9287 del 1994, è
denunciata dal giudice rimettente ai fini dello scrutinio di
costituzionalità della norma che ne risulta.
Secondo tale interpretazione, nell'ordinamento della legge del
1927 "la giurisdizione officiosa del commissario era di natura
esclusivamente incidentale, perché gli derivava dall'esercizio delle
funzioni amministrative" previste, anche in via di procedimento di
ufficio, dal primo comma dell'art. 29. Perciò il trasferimento alle
Regioni delle funzioni amministrative relative alla liquidazione
degli usi civici, disposto dal d.P.R. n. 616 del 1977 in attuazione
dell'art. 117 Cost., ha rimosso anche il potere del Commissario di
esercitare d'ufficio la propria giurisdizione, sostituendolo col
potere di iniziativa processuale della Regione.
3.2. - Questa conclusione si fonda su una premessa che nega la
legittimità dell'interpretazione precedente là dove riconosceva al
commissario un potere di impulso processuale non solo in via
incidentale (cioè per la decisione delle opposizioni ai
provvedimenti adottati nel corso dei procedimenti amministrativi di
cui all'art. 29, primo comma), ma anche in via principale. In
contrario, la sentenza n. 133 del 1993 di questa Corte aveva
osservato che, nell'ordinamento attuale, la giurisdizione ufficiosa
in via principale (da tempo divenuta prevalente a causa del
rallentamento del programma liquidatorio degli usi civici) riceve una
nuova autonoma giustificazione, non condizionata dalla connessione
funzionale del secondo col primo comma dell'art. 29, dall'interesse,
costituzionalmente garantito, della collettività generale alla
conservazione dell'ambiente, a tutela del quale le zone gravate da
usi civici sono state sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi
della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (art. 1, lett. h, della legge 8
agosto 1985, n. 431). Questo argomento, originariamente avanzato sul
piano ermeneutico, si converte ora in argomento di illegittimità
costituzionale dell'art. 29 della legge del 1927 nei termini che
saranno spiegati più avanti.
La Corte di cassazione obietta che l'interesse protetto dal
vincolo paesaggistico "si distingue nettamente dall'interesse alla
conservazione degli usi civici, in quanto ha una propria autonomia e
riceve dagli organi istituzionali indicati dalla legge n. 1497 del
1939 una tutela specifica".
Va replicato anzitutto che l'obiezione è legata alla visione
frammentaria della tutela del paesaggio propria della legge del 1939,
in prevalenza diretta alla tutela di singole bellezze naturali
isolatamente considerate. La legge del 1985, invece, ha introdotto
"una tutela del paesaggio improntata a integralità e globalità"
(sent. n. 151 del 1986), sicché essa è diventata sinonimo di tutela
ambientale (cfr. sentenze nn. 359 del 1985, 67 del 1992, 269 del
1993). Sotto questo profilo la sovrapposizione fra tutela del
paesaggio e tutela dell'ambiente si riflette in uno specifico
interesse unitario della comunità nazionale alla conservazione degli
usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare
la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto
di "una integrazione tra uomo e ambiente naturale" (art. 1, comma 3,
della legge quadro sulle aree protette, 6 dicembre 1991, n. 394). In
ordine a questo interesse, di cui è portatore lo Stato,
inconfondibile con gli interessi locali di cui sono esponenti le
Regioni, l'art. 82 della legge n. 431 del 1985 ha disposto soltanto
una delega di attribuzioni a queste ultime, "caratterizzata dalla
previsione in capo allo Stato di specifici poteri, in realtà
difficilmente riducibili a quelli spettanti allo Stato stesso in
qualsiasi caso di delega" (cfr. sentenza n. 359 del 1985 cit.). Ciò
si argomenta indirettamente anche dall'art. 11, comma 5, della legge
n. 394 del 1991, che - modificando l'assetto delle competenze
concorrenti di Stato e Regioni stabilito dall'art. 66 del d.P.R. n.
616 del 1977 - ha ripristinato le funzioni amministrative dei
commissari agli usi civici in ordine alla liquidazione di diritti
collettivi di caccia o di altri prelievi faunistici gravanti su
terreni inclusi in parchi nazionali: si tratta in questo caso di usi
civici incompatibili con le finalità di protezione della natura
proprie del parco nazionale, delle quali il divieto di caccia e pesca
è un momento essenziale (sentenza n. 1029 del 1988).
In secondo luogo va replicato che la "tutela specifica" fornita
dagli organi istituzionali preposti dalla legge n. 1497 del 1939
all'attuazione del vincolo paesaggistico non comprende la
legittimazione a promuovere davanti ai commissari agli usi civici
l'accertamento giurisdizionale dell'insistenza di tali diritti sui
terreni in questione (cioè della c.d. qualitas soli), che è il
presupposto della costituzione (ex lege) del vincolo paesaggistico.
3.3. - La nuova giurisprudenza delle Sezioni unite - secondo cui
la giurisdizione d'ufficio originariamente attribuita al commissario
aveva soltanto carattere incidentale e quindi è in toto cessata per
il venir meno delle funzioni amministrative da cui dipendeva -
ascrive all'art. 29 un significato normativo che non ammette alcun
organo statale ad agire in via preventiva davanti al commissario per
la tutela dell'interesse della collettività generale sopra definito,
lasciando allo Stato solo il rimedio, successivo alla consumazione
dell'abuso, dell'azione di risarcimento del danno ambientale prevista
dall'art. 18, commi 3 e 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349; rimedio
oltre a tutto inutilizzabile quando l'abuso sia stato mediato da una
alienazione irregolarmente autorizzata di terre civiche a un
acquirente di buona fede. Tale significato non è consono con l'art.
24, primo comma, Cost., coordinato con l'art. 3 Cost., nonché con
l'art. 9 Cost., che garantisce il detto interesse insieme con l'art.
32 Cost. (quest'ultimo non richiamato dal giudice a quo, ma
accoppiato al primo dall'art. 1 della legge quadro citata sulle aree
protette).
Certo, dagli artt. 9 e 32 Cost. non discende, come soluzione
costituzionalmente obbligata, l'attribuzione al commissario di un
potere di impulso processuale. Anzi la rammentata sentenza n. 133 del
1993 ha manifestato dubbi non lievi in merito alla correttezza di
questa soluzione, specialmente sotto il profilo dell'art. 24, secondo
comma, Cost., ed ha sollecitato il legislatore a trovare altre
soluzioni, esemplificandone alcune. Ma tra la situazione
ordinamentale attuale che, violando il principio della tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, non abilita
alcun organo dello Stato ad agire davanti ai commissari agli usi
civici per la salvaguardia dell'interesse della comunità nazionale
alla conservazione dell'ambiente naturale nelle terre civiche
soggette a vincolo paesaggistico, e la situazione anteriore, nella
quale - con incerta legittimità dal punto di vista dell'art. 24,
secondo comma, Cost., ma in aderenza alle esigenze di tutela
ambientale poste dagli artt. 9 e 32 Cost. - il potere di iniziativa
processuale era attribuito agli stessi commissari, è preferibile
allo stato la seconda, giusta un criterio di legittimità
costituzionale provvisoria più volte applicato da questa Corte, "in
attesa del riordino generale della materia degli usi civici"
preannunciato dall'art. 5 della legge 4 dicembre 1993, n. 491. La
figura del commissario è stata inserita nell'ordinamento giudiziario
(sentenza n. 398 del 1989) senza costituzione presso il medesimo di
uno specifico ufficio del pubblico ministero (cfr. sentenza n. 133
del 1993 cit.). Tuttavia la confluenza nel giudice anche di funzioni
di impulso processuale può essere transitoriamente giustificata in
vista di una nuova disciplina legislativa improntata a una "rigorosa
tutela della terzietà del giudice" (cfr. in un contesto analogo,
sentenze nn. 268 del 1986 e 172 del 1987).
Deve pertanto essere dichiarata l'illegittimità costituzionale
dell'art. 29, secondo comma, della legge n. 1766 del 1927, nella
parte in cui non consente la permanenza del potere del commissario
agli usi civici di esercitare d'ufficio la propria giurisdizione pur
dopo il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative
previste dal primo comma dell'articolo medesimo.
Restano assorbite le censure riferite agli artt. 104 e 108 Cost.
4. - La questione sopra indicata al n. 1, sub I, lett. b), non è
fondata.
La statuizione della Corte di cassazione, secondo cui
"nell'ordinamento vigente la tutela dei diritti di uso civico è
demandata alle Regioni, che a tal fine esercitano i poteri
amministrativi ad esse conferiti dalle leggi e promuovono le azioni
nelle varie sedi giurisdizionali e, quindi, anche davanti al
commissario nelle materie di sua competenza", ha un valore relativo,
va intesa in relazione alla giurisdizione ufficiosa del commissario,
che in pari tempo è ritenuta cessata. Date le premesse da cui la
decisione è argomentata, essa non tocca minimamente la
legittimazione ad agire davanti al commissario, per la difesa del
loro interesse particolare, spettante alle popolazioni titolari dei
diritti di proprietà collettiva o di uso civico, nonché ai Comuni
in qualità di enti rappresentativi delle collettività insediate sui
rispettivi territori.
5. - La questione indicata sub II) è inammissibile per
irrilevanza, sia perché il commissario non è attualmente investito
di una domanda di legittimazione del possesso dei terreni oggetto del
giudizio da cui trae origine l'ordinanza di rimessione iscritta in
r.o. n. 490/1994, sia comunque perché non potrebbe esserlo in sede
giurisdizionale, trattandosi di un'istanza amministrativa.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 29, secondo
comma, della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del
r.d. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi
civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica
l'art. 26 del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, e del r.d. 16 maggio 1926,
n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l. 22
maggio 1924, n. 751), nella parte in cui non consente la permanenza
del potere del commissario agli usi civici di esercitare d'ufficio la
propria giurisdizione pur dopo il trasferimento alle Regioni delle
funzioni amministrative previste dal primo comma dell'articolo
medesimo;
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 29 della legge citata n. 1766 del 1927, sopra indicata al
n. 1, sub I, lett. b), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, 24,
104 e 108 Cost., dal Commissario regionale per il riordinamento degli
usi civici in Abruzzo con l'ordinanza in epigrafe iscritta in r.o. n.
332/1994;
Dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio
1975, n. 382), 9 e 10 della legge citata n. 1766 del 1927 e 30 e 31
del r.d. 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per
l'esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento
degli usi civici del Regno), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
97 della Costituzione, dal detto Commissario con l'ordinanza in
epigrafe iscritta in r.o. n. 490/1994.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1995.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA