Ritenuto in fatto:
Con decreto 4 agosto 1955 il vice Commissario del Governo per la
Regione Trentino-Alto Adige istituì un corso di preparazione,
riservato ai cittadini italiani oriundi della provincia di Bolzano, per
il conferimento dell'abilitazione alle funzioni di segretario comunale
in quella provincia e per la nomina ai posti di grado VII che si
sarebbero resi vacanti nel triennio decorrente dalla data di
approvazione della graduatoria dei candidati dichiarati idonei. Il
decreto vice-commissariale era emanato in virtù della disposizione
contenuta nell'art. 21, primo comma, primo parte, della legge 9 agosto
1954, n. 748, in relazione al decreto legislativo 13 dicembre 1946, n.
569.
I signori Folie Cristiano ed altri, di cui in epigrafe, impugnarono
il decreto vice-commissariale davanti al Consiglio di Stato, deducendo,
in linea principale, la illegittima applicazione della citata norma, in
quanto il particolare e transitorio sistema di abilitazione-concorso
previsto dal decreto legislativo 13 dicembre 1946, n. 569, cui fa
rinvio la legge n. 748 del 1954 per la copertura delle segreterie di
classe quarta della Provincia di Bolzano, sarebbe applicabile solo
quando, per la mancanza di aspiranti già provvisti del diploma di
abilitazione ed in possesso del requisito della bilinguità, non si
possa provvedere all'ammissione in carriera nei ruoli ordinari secondo
le disposizioni del T.U. della legge comunale e provinciale 3 marzo
1934, n. 383, e successive modificazioni. In via subordinata, cioè in
relazione all'ipotesi che si giudicasse esatta la diversa
interpretazione accolta dall'autorità amministrativa, fu denunciata la
illegittimità costituzionale della citata disposizione dell'art. 21,
primo comma, prima parte, della legge 9 agosto 1954 per contrasto con
gli artt. 3 e 51 della Costituzione, in quanto l'accesso alle sedi
suindicate non può essere precluso ai cittadini non oriundi di detta
Provincia.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza 13 aprile - 28 settembre 1957,
rimetteva gli atti alla Corte costituzionale, osservando che "è da
dubitare che l'art. 21 della legge n. 748 del 1954, e il rinvio in essa
contenuto alle disposizioni del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato del 1946, n. 569, siano conciliabili con i
richiamati precetti costituzionali, i quali garantiscono a tutti i
cittadini la uguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di razza
e di lingua (art. 3) ed assicurano a tutti i cittadini l'accesso ai
pubblici uffici in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti
stabiliti dalla legge (art. 51); talché è supponibile che tale
principio di uguaglianza abbia avuto applicazione anche con l'art. 120
della Costituzione, il quale dichiara non poter la Regione limitare il
diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio
nazionale la loro professione, impiego e lavoro".
L'ordinanza fu, in data 31 ottobre e 2 novembre 1957, comunicata ai
Presidenti dei due rami del Parlamento e notificata al Presidente del
Consiglio dei Ministri ed alle parti. Nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 301 del 5 dicembre 1957 ne fu fatta la pubblicazione.
I signori Folie Cristiano e gli altri ricorrenti al Consiglio di
Stato si costituirono con atto depositato il 24 dicembre 1957,
deducendo: cessato il reclutamento eccezionale che, in attuazione
dell'accordo De Gasperi - Gruber, era stato effettuato a norma del
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 dicembre 1946,
n. 569, tornarono ad essere applicabili le norme ordinarie della legge
comunale e provinciale con le modificazioni successivamente disposte.
Sopraggiunta la legge 9 agosto 1954, n. 748, la quale, all'art. 21,
primo comma, prima parte, fa riferimento al decreto legislativo sopra
citato, l'autorità amministrativa deliberava di istituire un nuovo
corso di reclutamento di segretari comunali ai sensi del decreto
legislativo del 1946.
Secondo i deducenti, se si vuole attribuire alla citata norma
dell'art. 21 un valore non contrastante in pieno con i principi della
Costituzione, occorrerebbe interpretare la norma stessa nel senso che,
quando, banditi i concorsi normali di reclutamento di segretari
comunali, i concorsi medesimi vadano deserti, potrebbe ammettersi
l'esperimento delle eccezionali misure di reclutamento previste dal
decreto legislativo del 1946.
Ma gli esponenti esprimono il dubbio che, anche così interpretata,
la norma denunziata possa sottrarsi alla censura di illegittimità
costituzionale. La formazione di un ruolo speciale di segretari
comunali che fosse riservato esclusivamente ad oriundi della Provincia
di Bolzano, come avverrebbe se fossero applicate le norme del decreto
legislativo del 1946, violerebbe il principio di eguaglianza stabilito
nell'art. 3 della Costituzione, principio che, nell'art. 51, primo
comma, riceve una specifica e perentoria applicazione in ordine
all'accesso agli uffici pubblici.
Come i segretari della Provincia di Bolzano debbono essere posti in
grado di essere trasferiti in Comuni di altre Provincie della
Repubblica, così i segretari dei Comuni di altre Provincie debbono
essere in grado di accedere ai Comuni della Provincia di Bolzano,
sempre che abbiano conoscenza della lingua tedesca. Questa duplice
esigenza si rende più sensibile mano mano che si sale ai gradi
superiori delle classi dei segretari comunali.
I deducenti concludevano chiedendo che si pronunciasse
l'illegittimità costituzionale della norma denunziata.
Si costituì in giudizio il Commissario del Governo per la Regione
Trentino-Alto Adige e vi intervenne il Presidente del Consiglio dei
Ministri, con atti depositati, rispettivamente, in data 25 dicembre e
20 novembre 1957. Per entrambi l'Avvocatura dello Stato ha dedotto che
il sistema adottato non viola il principio di eguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione, perché si limita ad assicurare un
servizio di carattere improrogabile attraverso un sistema temporaneo di
eccertamento generico e presunto in ordine alla conoscenza corrente
delle due lingue in relazione agli usi ed alle consuetudini locali.
Ricorrendo al criterio di assumere gli "oriundi", la legge non ha
inteso attuare una discriminazione etnica o di razza, ben potendo
interpretarsi il termine "oriundo" come comprensivo anche di elementi
di nazionalità e lingua italiana. Trattasi, invece, della adozione -
in via temporanea - di un criterio di accertamento di qualità solo
indirettamente ricollegabile al luogo di origine come presunta
conoscenza della lingua: tale criterio, secondo l'Avvocatura dello
Stato, è legittimo, tendendo esso a regolare, nell'interesse dei
pubblici servizi, una situazione particolare in modo obbiettivo, ossia
senza riferimento a persone, sulla base dell'accertamento delle
qualità occorrenti per il regolare espletamento dei servizi predetti.
L'Avvocatura, prima di concludere chiedendo che sia dichiarata la
legittimità costituzionale della norma denunziata, faceva rilevare che
la norma dell'art. 4 della Costituzione (la quale norma, in verità,
non è stata richiamata né nella ordinanza del giudice a quo né,
almeno in questa sede, da nessuna delle altre parti) è estranea al
problema, mentre l'art. 51 della stessa Costituzione subordina
l'accesso ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza secondo i
requisiti stabiliti dalla legge, onde la questione è assorbita da
quella riflettente la legittimita ai sensi dell'art. 3.
Dopo la discussione svoltasi nella pubblica udienza del 19 novembre
1958 fu emessa l'ordinanza n. 75 del 26 novembre successivo, con la
quale fu disposta l'acquisizione degli elementi relativi
all'applicazione data dagli organi amministrativi alla disposizione
concernente l'ammissione degli oriundi della provincia di Bolzano e
della zona mistilingue della provincia di Trento al corso che fu
bandito ed espletato per il reclutamento dei segretari comunali ai
sensi del decreto legislativo 13 dicembre 1946, n. 569.
Essendo stato depositato dall'Avvocatura dello Stato, a seguito
dell'ordinanza predetta, un fascicolo di documenti, fu fissata una
nuova udienza.
In data 26 novembre 1959, la difesa delle parti private produsse
una memoria, con la quale, anzitutto, fece rilevare che la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, mentre aveva depositato gli atti relativi
al corso predetto e cioè il bando di concorso, i verbali della
commissione di esame, la graduatoria di merito ed il decreto di nomina,
non aveva depositato i verbali della commissione che fu costituita
presso la Prefettura di Bolzano per esaminare le domande degli
aspiranti ai fini della loro ammissione o meno al corso.
Dopo avere esposto l'origine e lo sviluppo della controversia
specialmente in relazione alla situazione personale dei ricorrenti ed
agli interessi della categoria alla quale essi appartengono, la memoria
passava a riassumere le tesi in conflitto, precisando che i ricorrenti,
in via subordinata, hanno sostenuto e sostengono che l'art. 21 della
legge del 1954 ha richiamato in vigore soltanto l'art. 15 (copertura
provvisoria delle segreterie comunali vacanti) del decreto legislativo
del 1946 e non già tutte le disposizioni in esso contenute.
Delineate quelle che, secondo la difesa delle parti private, sono
le deroghe e le disposizioni conformi alla legge comune contenute nel
decreto legislativo predetto, e passando ad esporre l'applicazione che
di esso fece l'Amministrazione dell'interno, la memoria rileva che non
è dato sapere se la commissione che esaminò i titoli di ammissione al
corso abbia formulato o meno criteri per l'esame dei documenti allegati
dagli aspiranti alle domande di ammissione, quanti e quali siano stati
gli esclusi, quali i motivi di esclusione, quale il significato
attribuito dalla commissione (e dai sindaci che rilasciarono il
relativo certificato) al vocabolo "oriundo", se e come siano stati
valutati i certificati comprovanti la conoscenza delle lingue italiana
e tedesca agli effetti delle ammissioni al corso.
Tutto ciò - rilevava la memoria - poteva e doveva risultare dai
verbali delle riunioni tenute dalla commissione per l'ammissione degli
aspiranti al corso, verbali che non erano stati depositati dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonostante il fatto che -
rilevava ancora la memoria - la acquisizione di tali elementi aveva
costituito l'unica ragione addotta dalla Corte per motivare l'ordinanza
del 26 novembre 1958.
La memoria, poi, osservava che il termine "oriundo" poteva essere
interpretato in senso lato, dichiarando oriundi i nati nei vari Comuni
della Provincia di Bolzano da genitori ivi residenti all'atto della
nascita, come aveva ritenuto l'Avvocatura nelle sue deduzioni del 31
agosto 1959 (memoria che sarà in seguito riassunta); poteva essere
interpretato in senso stretto, dichiarando oriundi soltanto i nati in
quei Comuni da genitori che, a loro volta, vi erano pure nati e vi
avevano mantenuto la residenza fin dalla nascita.
Secondo la difesa delle parti private, l'interpretazione più
fondata potrebbe essere quella di ritenere che il termine oriundo sia
stato, di regola, attribuito a quelli (sia di lingua tedesca, sia di
lingua italiana, sia di lingua ladina) che erano pertinenti dei Comuni
della Provincia di Bolzano secondo le leggi austriache sul diritto di
incolato e che acquistarono di pieno diritto la cittadinanza italiana
in base all'ar. 70 del trattato di S. Germano, nonché ai discendenti
di essi, nati ed abitanti nella provincia di Bolzano.
La memoria soggiunge che può anche ritenersi, sempre come regola
(salve le eccezioni che potrebbero essere anche numerose), che
"oriundi" non siano stati considerati tutti quelli che acquistarono la
cittadinanza italiana per opzione in base all'art. 72 di quel trattato
e loro discendenti, nonché tutti quelli abitanti in Provincia di
Bolzano che acquistarono successivamente la cittadinanza italiana per
acquisizione o per concessione speciale sulla base della legge italiana
sulla cittadinanza ed infine i cittadini nati in altre Provincie della
Repubblica ed emigrati in quella di Bolzano successivamente
all'esecuzione del trattato di S. Germano.
Dopo qualche considerazione in ordine allo svolgimento degli esami
fatta sulla base dei relativi verbali e dopo avere esposto la
situazione delle segreterie comunali della Provincia di Bolzano in
rapporto al personale che attualmente vi è preposto, la memoria passa
a confutare alcune deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, contestando,
anzitutto, che i criteri di selezione degli aspiranti fossero
esclusivamente ispirati alla finalità di assicurare il funzionamento
di uffici che richiedono particolari cognizioni ambientali. Comunque -
conclude su questo punto la difesa - se si dovesse ammettere il
principio del selezionamento dei concorrenti ad un pubblico impiego
attraverso la conoscenza degli usi, dei costumi e degli idiomi locali,
si dovrebbe per tutte le Regioni della Repubblica scegliere gli oriundi
del luogo, il che sarebbe incostituzionale.
Esposte alcune precisazioni di fatto, la memoria passa a confutare
la tesi dell'Avvocatura dello Stato, secondo la quale l'art. 21 avrebbe
instaurato un sistema temporaneo di accertamento generale e presunto in
ordine alla conoscenza corrente delle due lingue in relazione agli usi
ed alle consuetudini locali. Sviluppa, quindi, gli argomenti relativi
alla illegittimità della disposizione denunziata per contrasto con gli
artt. 3 e 51 della Costituzione.
Il fatto della nascita avvenuta in una determinata parte del
territorio nazionale o all'estero costituisce una condizione personale
che non può essere presa a base per una distinzione tra cittadini e
cittadini. Ancora più in contrasto con il principio di eguaglianza è
il fatto di avere escluso dal concorso tutti i cittadini nati nella
stessa Provincia di Bolzano da famiglie che non sono originarie o, come
minimo, residenti in quelle terre.
Il fatto della nascita in un luogo piuttosto che in un altro o in
una famiglia piuttosto che in un'altra costituisce una condizione
personale e non una situazione personale, valevole come indice di
maggiore idoneità per l'ufficio.
Né, anche se fosse esatto che il sistema abbia una portata
transitoria, ciò potrebbe dare un'impronta di legittimità alla
disposizione.
La riserva a favore degli oriundi viola anche l'art. 51 della
Costituzione, perché pone delle discriminazioni sulla base di pure e
semplici condizioni personali, determinando una illegittima situazione,
in quanto il sistema tende ad istituire uno speciale diploma di
abilitazione per l'esercizio delle funzioni di segretario comunale nei
Comuni di grado VI e VII della Provincia di Bolzano; permette
l'ammissione al corso, e quindi al conseguimento del diploma ed al
conferimento dei posti, di coloro che sono in possesso di un titolo di
studio inferiore a quello richiesto a tutti gli altri aspiranti nel
restante territorio della Repubblica; dispone la formazione di una
graduatoria di merito esclusivamente sulla base dei voti riportati
negli esami, mentre per il restante territorio sono valutati anche gli
altri titoli di studio nonché i titoli professionali e di carriera;
determina la creazione nella Provincia di Bolzano di un ruolo chiuso
per quanto concerne le ammissioni nella carriera ed interamente
provincializzato, inaccessibile, anche nei gradi alti, ai segretari
comunali delle altre Provincie.
Si deduce, infine, la violazione dell'art. 6 della Costituzione e
dell'accordo De Gasperi - Gruber.
Il richiamo in vigore del decreto legislativo del 1946 ha
determinato una illegittima discriminazione tra cittadini di lingua
tedesca, e tra questi ed i cittadini di lingua italiana che conoscono
la lingua tedesca, violando anche l'accordo predetto che assicura
l'eguaglianza di diritti tra tutti gli abitanti di lingua tedesca
rispetto a quelli di lingua italiana.
Riaffermato che qualunque altro elemento diverso da quello della
conoscenza della lingua tedesca costituisce causa di illegittima
discriminazione, la memoria concludeva per la dichiarazione di
incostituzionalità della norma denunziata ed in subordine perché essa
venga interpretata nel senso che il richiamo ivi effettuato ha valore
soltanto per l'art. 15 del decreto legislativo del 1946.
L'Avvocatura dello Stato presentò una memoria del 31 agosto 1959,
depositata il 28 ottobre successivo.
Dopo avere riaffermato che la riserva a favore degli oriundi non
viola il principio di eguaglianza perché si limita ad assicurare un
servizio di carattere improrogabile attraverso un sistema temporaneo di
accertamento generico e presuntivo in ordine alla conoscenza corrente
delle due lingue in relazione agli usi ed alle consuetudini locali, la
memoria deduce che nel caso attuale il lamentato contrasto con l'art. 3
della Costituzione potrebbe ricollegarsi soltanto alle condizioni
personali e sociali, essendo escluso alcun riferimento al sesso, alla
lingua, alla religione ed alle opinioni politiche degli aspiranti. Ma
nella specie non si è trattato di distinzioni fondate su condizioni,
bensì su situazioni legittimamente valutabili dal legislatore con
apprezzamento discrezionale. Richiama ed illustra i precedenti
giurisprudenziali di questa Corte che, ad avviso dell'Avvocatura,
sarebbero conformi al suo assunto. Conclude, su questo punto,
riaffermando che è legittimo distinguere tra le situazioni diverse
degli oriundi e dei non oriundi rispetto ad un oggetto qual'è la
pienezza di cognizioni di luoghi o persone che presentino
caratteristiche singolari.
Anche nei riguardi dell'art. 51 della Costituzione l'Avvocatura si
richiama alla giurisprudenza di questo Collegio, nel senso che la legge
ordinaria può tener conto, nell'interesse dei pubblici servizi, delle
differenti attitudini di soggetti che presentino determinate
caratteristiche somatiche o morali ogni qualvolta ciò sia
ricollegabile, come mezzo al fine, allo assolvimento di servizi
altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato.
Aggiunge che occorre distinguere tra accesso ad un pubblico ufficio
e composizione del medesimo, in quanto l'accesso riguarda la condizione
giuridica soggettiva di coloro che possono aspirare a divenire titolari
di un pubblico ufficio, mentre la composizione attiene al funzionamento
di questo. Ora, il provvedere alla temporanea copertura di uffici che
altrimenti non potrebbero funzionare attiene alla composizione
dell'ufficio.
Del resto, la norma dell'art. 21 si inquadra in quella esigenza
della tutela delle minoranze linguistiche che l'art. 6 della
Costituzione e l'accordo De Gasperi - Gruber hanno inteso approntare.
L'Avvocatura, dopo aver espresso l'opinione che il richiamo
all'art. 120 della Costituzione è inconferente, fa presente che
l'abbassamento del titolo di studio rappresenta un indice della
difficoltà di reperire soggetti idonei al disimpegno delle funzioni,
mentre il possesso del titolo superiore costituisce titolo
preferenziale per l'ammissione. Rilevando che dall'elenco degli oriundi
ammessi al corso ed agli esami emerge che gli aspiranti con cognomi
italici erano 29 contro 31 di cognome tedesco, l'Avvocatura dello Stato
concludeva chiedendo che venga dichiarata la legittimità
costituzionale dell'art. 21 della legge 9 agosto 1954, n. 748.
Dopo la discussione svoltasi nella pubblica udienza del 9 dicembre
1959, fu emessa l'ordinanza n. 61 del 12 dicembre successivo, con la
quale fu disposta l'acquisizione dell'atto di nomina della commissione
nominata dal Prefetto di Bolzano per l'esame dei titoli di ammissione
al corso indetto a seguito del decreto legislativo 13 dicembre 1946, n.
569, ed i documenti presentati da ciascun candidato; e, nel caso in cui
tali atti non fossero più rintracciabili, i documenti relativi a
quegli aspiranti che hanno conseguito la nomina; nonché i verbali
delle operazioni della commissione predetta.
A seguito del deposito di un pacco di documenti a cura
dell'Avvocatura dello Stato, è stata fissata l'udienza del 17 febbraio
1960.
L'Avvocatura ha presentato una nuova memoria, deducendo che il
Consiglio di Stato non ha compiuto il dovuto esame sulla "rilevanza":
se tale esame avesse fatto, avrebbe concluso per l'irrilevanza della
questione ai fini della decisione del ricorso.
Difatti, i dieci ricorrenti al Consiglio di Stato, tutti oriundi
della Provincia di Bolzano, non trarrebbero alcun vantaggio dalla
eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma impugnata,
perché, in tale caso, essi si troverebbero, quanto ai requisiti
personali, in una situazione deteriore a causa della partecipazione di
aspiranti di ogni altra parte d'Italia, e, quanto al titolo di studio,
nella stessa identica situazione degli altri concorrenti.
L'Avvocatura ribadisce, poi, le argomentazioni svolte nelle
precedenti deduzioni, nel senso che nella norma denunziata non si
riscontra alcun contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione; che
anzi il disposto della norma stessa si armonizza, in forza dell'accordo
De Gasperi - Gruber, con i principi dei citati articoli della
Costituzione; che, riservando l'ammissione allo speciale corso-concorso
agli "oriundi" della Provincia di Bolzano, il legislatore ha inteso
affrontare una situazione particolare attraverso un "reclutamento
particolare" e l'ha affrontata sia con tempera - menti che non
attengono a questioni di legittimità costituzionale (corso e
abbassamento del titolo di studio), sia con temperamenti che "toccano,
bensì, il problema della legittimità, ma si risolvono con il
carattere peculiare della Regione Trentino - Alto Adige; il che è
giustificato anche dallo scopo di ottenere che il segretario comunale
sia in grado di conoscere in pratica e non in teoria le necessità
della popolazione".
L'Avvocatura rileva, infine, che il requisito di "oriundo" - con
riferimento al luogo di residenza - è stato richiesto in passato con
criteri di estrema larghezza (tanto che al precedente corso furono
ammessi anche un aspirante della provincia di Trento ed uno della
provincia di Belluno) e nessun concorrente risulta escluso da quel
corso per effetto di tale requisito.
Conclude perché gli atti siano restituiti al Consiglio di Stato e
per il dovuto esame di "rilevanza" e, in subordine, perché sia
dichiarata la piena legittimità costituzionale dell'art. 21 della
legge 9 agosto 1954, n. 748.
Nell'udienza i difensori hanno riaffermato le precedenti
conclusioni.
Considerato in diritto:
1. - Nella memoria presentata nell'ultima fase della controversia
la difesa dello Stato deduce che il Consiglio di Stato non avrebbe
compiuto il dovuto esame sulla "rilevanza", avendo omesso di vagliare
la circostanza che i ricorrenti non potrebbero trarre alcun beneficio
dalla eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della
norma denunziata; essi, anzi, essendo tutti oriundi della provincia di
Bolzano, ricevono un vantaggio dalla detta norma, mentre se questa
fosse dichiarata illegittima, verrebbero a trovarsi in una situazione
deteriore, in quanto, per effetto di tale dichiarazione, sarebbe resa
possibile la partecipazione al concorso di aspiranti di ogni altra
parte d'Italia.
Come appare manifesto dalla sua stessa enunciazione, il rilievo
dell'Avvocatura dello Stato non attiene alla rilevanza della questione
di legittimità costituzionale sulla controversia sottoposta al giudice
a quo, bensì all'ammissibilità del ricorso in quella sede. In
sostanza, l'Avvocatura deduce che i ricorrenti non avrebbero avuto
interesse a ricorrere al giudice amministrativo e si lagna che il
Consiglio di Stato non abbia esaminato preliminarmente la controversia
sotto questo aspetto.
La Corte ritiene che, essendo manifesta la rilevanza della
questione di legittimità costituzionale sul giudizio pendente davanti
al Consiglio di Stato ed avendo quel Giudice fornito in proposito
adeguata motivazione, non si possa in questa sede istituire un'indagine
volta a stabilire se sussistessero i presupposti per l'ammissibilità
del ricorso davanti al giudice a quo, anche se tale indagine non
tenderebbe, com'è ovvio, ad una decisione su questo punto, che è
sottratto interamente alla competenza della Corte, ma al rinvio degli
atti al Consiglio di Stato.
L'eccezione dell'Avvocatura deve, pertanto, essere disattesa.
2. - Occorre, ora, procedere all'interpretazione della norma
denunziata: operazione preliminare indispensabile per decidere sulla
sua legittimità costituzionale.
La difesa dello Stato afferma che la norma contenuta nell'articolo
21 della legge 9 agosto 1954, n. 748, abbia una portata temporanea,
mentre la difesa delle parti private ipotizza l'applicabilità della
norma stessa soltanto nel caso in cui non sia possibile assicurare con
il normale sistema il reclutamento dei segretari comunali per la
Provincia di Bolzano.
La Corte rileva che l'indagine sopra queste tesi non ha influenza
ai fini del decidere, giacché la norma, anche se avesse carattere
temporaneo o carattere suppletorio, sarebbe egualmente illegittima se
violasse le norme costituzionali invocate.
Tutto si riduce ad accertare che cosa la legge abbia voluto dire,
quando, con il richiamo del decreto legislativo 13 dicembre 1946, n.
569, ha disposto che al corso per il conferimento dell'abilitazione
alle funzioni di segretario comunale "potranno partecipare i cittadini
oriundi dei territori summenzionati".
Non è noto alcun precedente, sia del decreto del 1946 sia della
legge del 1954, né esiste alcun lavoro preparatorio, da cui si possano
trarre elementi utili per acclarare in che senso sia stato inteso il
termine "oriundi"; né il decreto del 1946 contiene altre norme dal cui
sistema si possa ricavare qualche orientamento. L'art. 2 di detto
decreto, nell'elencare i documenti per l'ammissione al corso, dispone,
nella lettera h, che deve essere presentato un certificato del sindaco
del Comune di residenza, dal quale risulti "che l'aspirante è oriundo
dei territori sopra menzionati".
La Corte ha emesso due ordinanze per acquisire gli atti relativi al
corso già espletato in base al decreto del 1946 (nessuna esecuzione è
stata ancora data all'art. 21 della legge del 1954) al fine di rilevare
quali criteri, in concreto, furono adottati nell'applicazione di quel
decreto.
Non si sono potuti acquisire i verbali della commissione nominata
dal Prefetto di Bolzano per esaminare i titoli di ammissione degli
aspiranti. Detti verbali, giusta la dichiarazione fatta dal vice
Commissario del Governo nella Regione Trentino-Alto Adige, non sono
stati rintracciati; come pure non sono stati rintracciati i fascicoli
relativi ai candidati la cui domanda di ammissione fu respinta. Sono
stati depositati i fascicoli dei documenti relativi ai candidati che
superarono il corso. È in atti un elenco generale degli aspiranti che
presentarono domanda per l'ammissione al corso e da tale elenco risulta
il motivo del mancato accoglimento per quei candidati che non furono
ammessi. Esiste un altro elenco degli aspiranti di cui fu respinta la
domanda ed anche da tale elenco risultano gli stessi motivi indicati
nell'altro elenco ora citato.
Da tali atti non si rileva che alcun candidato sia stato escluso
per mancanza del requisito di "oriundo". Si rileva, altresì, che, tra
gli aspiranti ammessi al corso, quelli con cognome italiano sono quasi
la metà di fronte a quelli con cognome tedesco. Negli elenchi è
indicato il Comune di residenza degli aspiranti, non quello di nascita;
ma il Comune di nascita risulta dai documenti relativi agli aspiranti
che conseguirono la nomina. Dai certificati dei sindaci non è dato
rilevare alcun elemento da cui l'attestazione del carattere di
"oriundo" fu ricavata.
Dall'insieme di queste risultanze si può evincere che
l'interpretazione data al termine "oriundo" nell'unica applicazione che
fu fatta dal decreto del 1946 fu la più larga e, nello stesso tempo,
la più semplice che fosse possibile. Oriundo dovette essere
considerato il cittadino nato nei Comuni di quel territorio o nato da
famiglia residente nei comuni stessi.
E la Corte ritiene che tale interpretazione sia quella esatta.
In mancanza di altre indicazioni, dalle quali si possa trarre un
significato più specifico, non è possibile, in questo caso, dare al
termine "oriundo" un senso diverso da quello letterale e corrente.
Sarebbe, infatti, arbitrario pretendere che la famiglia dalla quale sia
nato l'"oriundo" risieda nel territorio da una o due o più
generazioni. Ancora più arbitrarie appariscono le ipotesi avanzate
dalla difesa delle parti private, come, per esempio, quella che
dovrebbe trattarsi di discendenti da famiglie i cui membri erano stati
pertinenti dei Comuni della Provincia di Bolzano secondo le leggi
austriache sul diritto di incolato e che avevano acquistato di pieno
diritto la cittadinanza italiana in base al trattato di S. Germano.
Anche l'interpretazione logica conduce al risultato già enunciato.
È chiaro che la legge ha voluto assicurare ai Comuni di una certa zona
un segretario che conoscesse adeguatamente le lingue italiana e tedesca
e conoscesse l'ambiente locale. Ora, per corrispondere a tali
requisiti, non è affatto necessario appartenere a famiglie di vecchio
ceppo in un determinato luogo: basta essere nati in quel luogo o essere
nati da famiglia che in quel luogo aveva residenza.
Il richiedere qualche cosa in aggiunta tenderebbe non a reclutare
un personale esperto ma a favorire determinati gruppi di popolazione:
con che si andrebbe al di là dei fini che la legge in esame si propose
di raggiungere.
3. - Se questa è la più corretta interpretazione dell'art. 1 dal
decreto legislativo 13 dicembre 1946, richiamato dall'art. 21 della
legge 9 agosto 1954, deve dirsi che la norma denunziata non appare in
contrasto con la Costituzione.
Non è in contrasto con l'art. 3. Richiedendo che l'aspirante sia
nato nei Comuni di un determinato territorio o sia nato da famiglia ivi
residente, la legge non ha fatto alcuna distinzione di razza o di
lingua. Chiunque sia nato nei Comuni indicati dalla legge in questione
o sia nato da famiglia ivi residente può aspirare ad essere ammesso al
corso, qualunque sia l'origine della sua famiglia. È quindi da
escludere che si possa parlare di una discriminazione di razza. La
nascita in un certo luogo o da famiglia che risiede nel luogo stesso è
considerata dalla legge non perché si presuma l'appartenenza ad una
determinata razza ma perché si presume che il cittadino abbia, per
questo solo fatto della nascita in quel luogo o della appartenenza a
quella famiglia, particolari attitudini in relazione agli scopi che la
legge vuole conseguire.
Né il fatto che la legge richieda la conoscenza della lingua
italiana e della lingua tedesca può costituire una "distinzione di
lingua". È chiaro che la conoscenza delle due lingue è voluta come
requisito attitudinale e non come indice di appartenenza a gruppi
linguistici a favore dei quali si intendono creare privilegi; tanto
più che la legge richiede la conoscenza non della sola lingua tedesca
ma la conoscenza, con pari importanza, della lingua italiana e della
lingua tedesca.
Non basta accertare che la norma in esame non sia in contrasto con
i precetti inderogabili posti nel primo comma dell'art. 3. La
giurisprudenza di questa Corte è costante nel senso che il principio
di eguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole
motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in
eguali situazioni. Ma, pure sotto questo aspetto più generale, non
può dirsi che, nel caso attuale, il principio di eguaglianza sia stato
violato, giacché la particolare disciplina data dal legislatore
all'assunzione di una determinata categoria di impiegati pubblici
risponde alle esigenze del pubblico servizio in un settore ben
delimitato: le segreterie dei Comuni in una zona di confine, in cui il
funzionario meglio esplica il suo mandato se più a fondo conosce
l'ambiente locale. Si aggiunga che non trattasi di funzionari addetti
ad uffici statali né di funzionari con attribuzioni nelle quali è e
deve essere preminente il carattere unitario delle funzioni statali, ma
trattasi di funzionari che devono essere preposti alle segreterie di
piccoli Comuni, in gran parte alpestri, con una popolazione a contatto
della quale non è irragionevole che sia posto un funzionario bene
edotto dalle particolari esigenze ambientali.
E, pertanto, mentre per altre zone del territorio nazionale o per
altri uffici della stessa Provincia di Bolzano una norma di questo
genere non sarebbe o potrebbe non essere giustificata, la norma stessa,
tenuta presente la sua portata ed i fini ai quali si ispira, non può
dirsi contrastante con il principio di eguaglianza.
Sotto lo stesso profilo della violazione del principio di
eguaglianza, debbono essere esaminate le altre deduzioni prospettate
dalla difesa delle parti private. Tali deduzioni mettono in luce come
il sistema adottato per il reclutamento e per la carriera dei segretari
comunali nella Provincia di Bolzano sia diverso da quello stabilito per
il restante territorio. Ai fini del decidere, la Corte non ha bisogno
di esaminare se e fino a che punto quelle deduzioni siano esatte. Per
esempio, non sembra esatto che il territorio della Provincia di Bolzano
sia inaccessibile, anche nei gradi alti, ai segretari comunali delle
altre Provincie, essendo fuori dubbio che le disposizioni denunziate
non si riferiscono al ruolo nazionale.
Ad ogni modo, anche se non tutte le deduzioni della difesa delle
parti private siano accettabili, è innegabile che il sistema di
reclutamento e di carriera dei segretari comunali del ruolo provinciale
di Bolzano differisce notevolmente da quello comune, determinando
disparità tra gli iscritti in detto ruolo e gli iscritti in tutti gli
altri ruoli provinciali. Ma, come si è detto sopra, non sempre la
disparità importa violazione del principio di eguaglianza, quando, da
un lato, non ci sia contrasto con le disposizioni contenute nel primo
comma dell'art. 3 della Costituzione, e, dall'altro lato, la disparità
di trattamento corrisponda alle esigenze di una situazione
differenziata, che richieda una particolare disciplina.
Le esposte considerazioni valgano anche per dissipare il dubbio
avanzato dalla stessa difesa delle parti private circa una pretesa
violazione di obblighi assunti dall'Italia in sede internazionale. È
manifesto che il sistema adottato con la norma denunziata è il più
consono allo spirito degli accordi ai quali quella difesa si riferisce.
4. - Ciò che si è detto a proposito dell'art. 3 della
Costituzione si estende, ed a maggior ragione, anche all'art. 51.
Certo, il legislatore ordinario non potrebbe, in linea generale,
disporre che ai pubblici uffici siano ammessi o ne siano esclusi i
residenti in determinate zone del territorio nazionale o i cittadini
che siano in determinate condizioni. Ma la norma in esame non ha
inteso, come più volte si è notato, avvantaggiare un gruppo di
cittadini, bensì ha inteso adottare un sistema di scelta fondato sopra
criteri attitudinali. Se fosse lecito fare un paragone tra situazioni
tanto diverse, si potrebbe dire che il criterio di scelta adottato in
questo caso è analogo a quello per l'arruolamento nella Marina
militare, che si effettua su liste di giovani che vivono in determinate
zone del territorio: anche in questo caso da un fatto (per esempio, la
nascita in un luogo) si ricava l'indice di una migliore attitudine per
un determinato ufficio o servizio.
5. - Le stesse considerazioni valgono a dimostrare come la norma in
esame non sia neppure in contrasto con l'art. 120 della Costituzione.
È fuori dubbio che questa norma sia una applicazione, nel quadro
dell'unità dello Stato, del principio generale di eguaglianza, sancito
nell'art. 3 della Costituzione e ripetuto, nei riguardi del
l'ammissione ai pubblici uffici, nell'art. 51: in quanto espressione di
un principio, i divieti posti dall'art. 120 vincolano anche il
legislatore statale. Ma, mentre per il legislatore regionale tali
divieti sono assoluti ed inderogabili, lo stesso non è per il
legislatore statale.
Il presupposto dell'art. 120 è che la legge regionale non può mai
porre limiti ai diritti dei cittadini garantiti da quella norma, non
essendo riconosciuto al legislatore regionale alcun potere in materia.
Al legislatore statale, invece, al quale spetta di valutare i rapporti
e gli interessi di tutta la collettività nazionale sotto l'aspetto
dell'interesse generale, è permesso di identificare particolari
settori di territorio o di popolazione al fine di dettare particolari
discipline ispirate all'unico scopo di dare una più adeguata
organizzazione ai pubblici servizi. È ovvio che l'apprezzamento
discrezionale che il legislatore compie per enucleare le situazioni che
richiedono particolare disciplina e per determinare la sfera e le
modalità della disciplina stessa non può toccare l'ambito segnato dal
primo comma dell'art. 3 della Costituzione e non può trascendere dai
giusti limiti derivanti dal principio di eguaglianza:
il che, come si è dimostrato, è da escludere che sia avvenuto nel
caso attuale.