Roma

Festa del cinema di Roma - Rebibbia festival - Auditorium del MAXXI

Giuliano Amato - Fabio Cavalli
21 ottobre 2019

Diario di Viaggio

di Fabio Cavalli

Lo scorso 21 ottobre si è inaugurata la sesta edizione di Rebibbia Festival all'Auditorium del museo MAXXI, insieme all'Auditorium di Rebibbia, uno dei luoghi "satellite" della Festa del Cinema di Roma. L'obiettivo del Festival, come ogni anno, è quello di raccontare il rapporto tra cinema, teatro e carcere, soffermandosi su diverse prospettive. Quella che è stata scelta per questa edizione è Come il cinema ha raccontato il carcere dagli anni '50 ad oggi. All'incontro sono intervenuti Giuliano Amato, giudice costituzionale, Carmelo Cantone Provveditore delle carceri di Lazio, Abruzzo e Molise, Fabio Cavalli, regista. La discussione è stata coordinata da Mario Sesti, regista e giornalista. La conferenza è stata introdotta da Sesti focalizzando il tema del cosiddetto cinema penitenziario, un "genere" che cerca di portare lo sguardo della macchina da presa oltre le sbarre del carcere. Gli interventi sono stati intramezzati da clip dei diversi film presi in considerazione, appunto dagli anni Cinquanta ad oggi, come Accadde al penitenziario di Giorgio Bianchi, Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, Mary per sempre di Risi, Cesare deve morire dei Taviani (Orso d'oro a Berlino nel 2012), Come il vento di Marco Simon Puccioni, per arrivare a Viaggio in Italia - La Corte Costituzionale nelle Carceri di Fabio Cavalli (2019) cui ha partecipato il Giudice Amato, in un emozionante incontro con i detenuti minorenni del carcere di Nisida. Cantone ha aperto una riflessione sulla figura degli operatori penitenziari così come emerge nelle pellicole "di genere". Dai bonari personaggi alla Aldo Fabrizi, agente a Regina Coeli nel film di Bianchi, accanto ad Alberto Sordi, fino alla figura di Armida Miserere - al centro del drammatico biopic di Puccioni: direttrice di carcere negli anni della lotta dura fra il sistema penitenziario e la malavita organizzata. Cantone si è domandato se la "commedia" o tragedia umana che si rappresenta ogni giorno nel mondo concentrazionario del carcere, non sia specchio della più generale Comédie humaine che coinvolge tutti i contesti sociali. E quindi i film "penitenziari" potrebbero essere la rappresentazione miniaturizzata della realtà sociale di un paese. Giuliano Amato, passando in rassegna alcuni titoli celebri, ha obiettato che in realtà questo filone raramente

coglie il segno nella descrizione del mondo penitenziario, proprio per il tentativo che il cinema fa spesso di ambientare in carcere storie che potrebbero essere girate in qualunque altro contesto. In questo modo il set carcerario diventerebbe un semplice pretesto, spesso troppo ingombrante rispetto alla storia narrata. Cavalli ha provato a mettere uno spartiacque in questo percorso, collocandolo nel film di svolta di Nanni Loy Detenuto in attesa di giudizio (1971), dove Alberto Sordi entra nel girone infernale della giustizia, descritto con una crudezza impensabile fino a tutti gli anni '60. Come se il filone penitenziario passasse a propria volta dalla spensieratezza della commedia all'italiana del Dopoguerra, alla durezza della vita sociale e politica degli anni '70. Ha anche testimoniato del peso del cinema, nel percorso di riabilitazione dei detenuti: come co-autore di Cesare deve morire e di molti altri prodotti video ambientati in carcere (ultimo il Viaggio in Italia con i Giudici della Corte Costituzionale) ha espresso la certezza che recitare davanti alla macchina da presa possa realmente avere un potere catartico di liberazione e speranza per chi vive recluso. Amato ha tratto una conclusione che apre in realtà ad una più approfondita riflessione sulla funzione del cinema in rapporto alla pena: ha constatato che mentre in Italia la cinematografia racconta piccole storie "umane", ambientate nel contesto, il cinema americano ha saputo sfidare il luogo comune e il pregiudizio con coraggio e successi di ben altra portata. Da L'uomo di Alcatraz di Frankenheimer, a Brubaker, a Dead man walking di Robbins, passando per Fuga da Alcatraz, Le ali della Libertà fino al Miglio verde, Hollywwod ha raccontato la brutalità del sistema senza infingimenti, con pellicole da Oscar ed una comunicazione sociale potentemente anti-sistema. Amato si è infine domandato quale peso abbia la cultura, la visione religiosa (cattolicesimo / protestantesimo) e la situazione socio-economica di un popolo, rispetto alla visione dei registi che si cimentano con il genere penitenziario. Più che chiudersi, la riflessione su questi temi sembra essersi appena inaugurata il 21 ottobre.

L’incontro


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