Roma

Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle carceri

26 settembre 2018

Un "Viaggio" per testimoniare che la Costituzione è di tutti

di Donatella Stasio - Responsabile della comunicazione della Corte costituzionale

Dopo le Scuole, le Carceri. L'8 maggio scorso, la Corte costituzionale ha deciso, all'unanimità, di estendere il "Viaggio in Italia" ad altre realtà sociali e di cominciare dal Carcere, luogo solitamente rimosso, se non cancellato, nell'immaginario collettivo sebbene rappresenti un pezzo di Paese, "popolato" da persone che, pur private della libertà (per lo più temporaneamente), hanno gli stessi diritti e doveri dei "liberi".
Come per le Scuole, anche il "Viaggio nelle carceri" è un fatto senza precedenti nella storia della Corte costituzionale.
E in continuità con il "Viaggio nelle scuole", risponde anzitutto all'esigenza di aprire sempre di più l'istituzione alla società e di incontrarla fisicamente per far conoscere la Costituzione e la Corte costituzionale (la cui esistenza è ignorata dall'85% degli italiani), contribuendo così a radicare, anche attraverso il confronto con gli interlocutori, una solida "cultura costituzionale", presupposto indispensabile del nostro "stare insieme" e di qualunque progetto per un futuro di equità e giustizia. Nella consapevolezza che la legalità costituzionale è, per chiunque, una straordinaria garanzia e al tempo stesso un ineludibile limite.
Inoltre, attraversando fisicamente i simboli della separazione, dell'esclusione, della marginalità, i giudici della Corte - come ha ribadito il Presidente Giorgio Lattanzi il 19 settembre nell'illustrare il progetto al Capo dello Stato - vogliono anche testimoniare che "la Costituzione appartiene a tutti", in particolare alle persone più vulnerabili.
La "cittadinanza costituzionale", quindi, non conosce muri né distinzioni tra italiani e stranieri.
"Mai più un carcere cimitero dei vivi", giurarono i padri costituenti, che durante il ventennio fascista avevano conosciuto la mortificazione del "carcere-cimitero": da quel giuramento è nato l'articolo 27 della Costituzione, che finalizza le pene alla "rieducazione" del condannato, anche mediante la progressiva apertura del Carcere all'esterno e il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti. Un Carcere "umano", dunque. Un "dentro" operoso che guarda continuamente al "fuori", e viceversa. Un "servizio" che lo Stato deve garantire ai detenuti e alla collettività, nel pieno rispetto della legalità costituzionale e dell'interesse alla sicurezza collettiva.
Non un luogo in cui si finisce, ma da cui si ricomincia.
Su queste premesse avrà luogo l'incontro dei giudici con i detenuti ospitati in alcuni istituti penitenziari italiani.
Il "Viaggio" parte il 4 ottobre dal carcere romano di Rebibbia-Nuovo complesso e prosegue fino al 16 novembre con altri cinque istituti di pena. Come per le scuole, si prosegue nel 2019 sempre grazie al supporto organizzativo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della Giustizia minorile e di comunità. Il ministero della Giustizia, prima con il ministro Andrea Orlando e poi con il ministro Alfonso Bonafede, ha dato pieno sostegno al progetto della Corte.
Prima tappa a Rebibbia, di fronte a circa 250 detenuti, con la lezione del presidente Giorgio Lattanzi, seguita dalle domande dei reclusi a tutti i giudici presenti, in un "faccia a faccia" sui temi della legalità costituzionale e, più in generale, sulla legalità. Come per le scuole, è questo il momento forse più significativo degli incontri. Perché il "Viaggio" è anzitutto uno "scambio", di esperienze e di conoscenze.

Il programma del 2018 prevede le seguenti tappe: - 15 ottobre, Milano San Vittore, Casa circondariale Francesco Di Cataldo, vicepresidente Marta Cartabia; - 19 ottobre, Nisida, istituto penale per minorenni, giudice Giuliano Amato; - 29 ottobre, Casa circondariale di Terni, giudice Giancarlo Coraggio; - 9 novembre, Casa Circondariale di Marassi a Genova, giudice Francesco Viganò; - 16 novembre, Casa circondariale di Lecce, sezione femminile, giudice Daria de Pretis.
La lezione di ciascun giudice si sviluppa a partire da "un frammento di Costituzione" e ciascun frammento ruota attorno al valore del libero sviluppo della personalità, valorizzato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 349 del 1993, dove si afferma che il detenuto, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, tanto più prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua personalità individuale.
Questi i frammenti scelti:

  • Pieno sviluppo della persona umana
  • Pari dignità sociale
  • Rimuovere gli ostacoli
  • Tendere alla rieducazione
  • Senza distinzione
  • Sia come singolo sia nelle formazioni sociali
  • Effettiva partecipazione
  • Solidarietà politica, economica e sociale
  • Fondata sul lavoro
  • Concorrere al progresso materiale o spirituale della società
  • Manifestare liberamente il proprio pensiero
Alla realizzazione in concreto del progetto hanno collaborato il Garante nazionale dei detenuti e, quale referente scientifico, il professor Marco Ruotolo, ordinario di diritto costituzionale all'Università di Roma Tre. Ma alla preparazione degli incontri hanno contribuito anche docenti universitari e cittadini volontari.
Per rendere possibile la più ampia partecipazione all'iniziativa è stata prevista una diretta streaming della prima tappa del "Viaggio" - a Rebibbia - visibile, oltre che sul sito della Corte costituzionale, in tutte le carceri attrezzate a riceverla (145 su 188).
Inoltre, in vista degli incontri con i detenuti - aperti alla stampa, a studenti esterni e a cittadini liberi - la Corte ha distribuito agli istituti penitenziari coinvolti nel progetto un numero di copie dell'opuscolo "Che cos'è la Corte costituzionale" corrispondente ai detenuti partecipanti agli incontri.
Ho detto prima che si tratta di un'iniziativa senza precedenti nella storia della Repubblica. Per questo, e per il suo alto valore culturale e sociale, Rai Cinema realizzerà un docu-film sul "Viaggio della Corte nelle carceri" con la regia di Fabio Cavalli, che con i fratelli Taviani ha diretto "Cesare deve morire", film interpretato da detenuti di Rebibbia.

A tutti i compagni di questo straordinario viaggio va un grande ringraziamento per l'impegno "a costruire una mentalità costituzionale", per dirla con il Presidente emerito Paolo Grossi, ovvero "una sensibilità e persino uno stile, orientati nel complesso, dentro e fuori le istituzioni, verso la convivenza più compatibile".

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