Titolo
Questione di legittimita' costituzionale - Portata - Riferibilità alle situazioni anteriori all'entrata in vigore della nuova legge sulla cittadinanza (legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Testo
Una volta venuto meno ogni obbligo militare a carico di coloro che perdano la cittadinanza italiana - a seguito della nuova legge 5 febbraio 1992, n. 91 sulla cittadinanza -, la questione di costituzionalità avente ad oggetto la sottoposizione all'obbligo militare di leva di quanti abbiano perso la cittadinanza nella vigenza delle disposizioni anteriori, rimane circoscritta alla limitata ipotesi della persistenza degli obblighi militari nel periodo anteriore all'entrata in vigore della legge n. 91 del 1992.
Titolo
Servizio militare di leva - Esenzione dagli obblighi di leva - Omessa previsione per i soggetti già italiani che abbiano acquistato la cittadinanza di un altro stato - Contrasto con la norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta che vieta l'assoggettamento agli obblighi militari di cittadini di altri stati - Illegittimità costituzionale 'in parte qua' - Assorbimento di altro profilo.
Testo
Sono costituzionalmente illegittimi - in riferimento all'art. 10 della Costituzione - gli artt. 1, primo comma, lettera b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 e 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 nella parte in cui dette disposizioni non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato, a norma dell'art. 8, primo comma, numero 1), della legge n. 555 del 1912. Ciò in conseguenza del principio di conformazione dell'ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, principio sancito dall'art. 10, primo comma, della Costituzione, che vincola gli Stati a non assoggettare a obblighi militari i cittadini di altri Stati indipendentemente dal fatto che essi, secondo la legislazione di questi stessi Stati, siano o non siano tenuti alla prestazione del servizio militare.
- Per le precedenti dichiarazioni di illegittimità costituzionale della sottoposizione all'obbligo militare di leva a carico di chi abbia già prestato il servizio militare o fosse tenuto a prestare il servizio militare nello Stato in cui si acquisti la nuova cittadinanza, v. sentenze n. 974/1988 e n. 278/1992.
- Per il caso degli apolidi, v. sentenza n. 172/1999.
Atti oggetto del giudizio
decreto del Presidente della Repubblica
14/02/1964
n. 237
art. 1
co. 1
legge
13/06/1912
n. 555
art. 8
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 10
Costituzione
art. 3
N. 131
SENTENZA 7 - 15 maggio 2001.
Pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» n. 20 del 23 maggio 2001
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA,
Gustavo ZAGREBELSKY,Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI,
Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo
comma, lettera b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e
reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e
nell'Aeronautica), e 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912,
n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), promosso con ordinanza emessa
il 7 aprile 2000 dalla Corte militare di appello nel procedimento
penale a carico di A.P., iscritta al n. 361 del registro ordinanze
2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1a
serie speciale, dell'anno 2000.
Udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto in fatto
La Corte militare di appello solleva, con ordinanza del 7 aprile
2000, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo
comma, lettera b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e
reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e
nell'Aeronautica), e dell'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno
1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), per violazione degli
artt. 3 e 10 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che
siano esentati dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la
cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di un altro
Stato a norma dell'art. 8, primo comma, numero 1), della medesima
legge n. 555 del 1912, indipendentemente dalla circostanza che in
tale Stato siano tenuti o meno alla prestazione del servizio
militare.
La questione è sollevata dal giudice militare nell'ambito di un
procedimento di revisione, ai sensi degli artt. 630 e 633 cod. proc.
pen., di due sentenze di condanna emesse dal tribunale militare di
Padova (rispettivamente, in data 31 maggio 1994 e 8 luglio 1998) nei
confronti di un ex cittadino italiano - che dal 13 ottobre 1988 aveva
acquistato la cittadinanza canadese, con perdita di quella italiana -
per il reato di mancanza alla chiamata conseguente all'assenza dal
servizio militare, relativamente ai periodi - rispettivamente - dal
22 gennaio 1985 al 31 maggio 1994, per la prima sentenza, e poi fino
all'8 luglio 1998, per la seconda.
La Corte rimettente rileva che l'art. 22 della legge 5 febbraio
1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), stabilisce, per coloro
che, alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 91,
abbiano già perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 8
della precedente legge n. 555 del 1912, che cessi ogni obbligo
militare; ma, osserva il giudice a quo, l'acquisto della cittadinanza
straniera e la perdita di quella italiana avrebbero efficacia ai fini
della loro incidenza sulle fattispecie penali di mancanza alla
chiamata, che presuppongono l'obbligo della prestazione militare in
conseguenza dello status di cittadino, solo a decorrere dal
15 ottobre [recte: agosto] 1992, data di entrata in vigore della
nuova legge: pertanto non potrebbe dirsi esaurita, nel caso di
specie, la rilevanza penale dell'assenza protratta dal momento
iniziale di essa (22 gennaio 1985) al 15 agosto 1992, con conseguente
inammissibilità della richiesta di revisione. Né, secondo il
rimettente, possono ritenersi risolutive le pronunce (sentenze n. 974
del 1988 e n. 278 del 1992) con le quali la Corte costituzionale ha
dichiarato l'incostituzionalità delle disposizioni censurate, nella
parte in cui non prevedono l'esenzione dal servizio militare per
coloro che hanno perduto la cittadinanza italiana a seguito
dell'acquisto di quella di altro Stato "nel quale abbiano già
prestato servizio militare" (sentenza n. 974) o "nel quale siano
tenuti a prestare servizio militare" (sentenza n. 278), non emergendo
dagli atti né che l'imputato abbia prestato servizio militare in
Canada, né che sia tenuto a svolgerlo, non essendo previsto in
quello Stato il servizio militare obbligatorio.
La questione, secondo il rimettente, è pertanto rilevante, in
quanto la cessazione degli obblighi militari sin dal momento
dell'acquisto della cittadinanza straniera (e della perdita di quella
italiana) renderebbe applicabile nel caso concreto l'amnistia
concessa con il d.P.R. 12 ottobre 1990, n. 75, e l'istanza di
revisione, potendo condurre a una pronuncia di proscioglimento,
dovrebbe essere considerata ammissibile.
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione
sollevata, questa emergerebbe chiaramente dalla motivazione della
sentenza n. 278 del 1992, secondo la quale la normativa censurata non
solo sarebbe anacronistica, ma si porrebbe in contrasto con la norma
generale di diritto internazionale che obbliga gli Stati a non
assoggettare a obblighi militari persone che siano oramai - cittadini
stranieri.
Inoltre, la prestazione del servizio militare nello Stato di
origine si porrebbe in contrasto con l'obbligo di fedeltà che ogni
cittadino ha nei confronti dello Stato di (attuale) appartenenza,
senza che sia possibile una differenziazione in base al fatto che
nello Stato del quale si acquista la cittadinanza sia previsto o meno
il servizio militare obbligatorio, giacché tale differenziazione
sarebbe ininfluente ai fini della possibile giustificazione della
disciplina censurata. Del resto, la recente sentenza n. 172 del 1999
(che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità
relativa alle norme che impongono anche agli apolidi, residenti in
Italia, l'obbligo di prestare il servizio militare), secondo il
rimettente, confermerebbe tali argomentazioni, in quanto incentrata
sul legame concreto e attuale dell'apolide con la comunità
nazionale: un legame che non sussiste invece per il soggetto che,
già cittadino italiano, abbia successivamente acquistato la
cittadinanza di altro Stato, e che deve pertanto essere considerato,
a tutti gli effetti, come cittadino straniero.
Considerato in diritto
1. - La Corte militare di appello dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 1, primo comma, lettera b), del d.P.R.
14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio
nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), e dell'art. 8,
ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza
italiana). La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che sono
soggetti alla leva coloro che, sebbene abbiano perduto la
cittadinanza italiana, sono rimasti obbligati al servizio militare a
tenore delle leggi vigenti in materia di cittadinanza; dalla seconda
delle disposizioni impugnate (ora abrogata) risulta[va] che il
cittadino italiano che spontaneamente acquistasse una cittadinanza
straniera e avesse stabilito o stabilisse all'estero la propria
residenza perdeva la cittadinanza italiana [art. 8, primo comma,
numero 1), della legge n. 555 del 1912] ma che (art. 8 medesimo,
ultimo comma) la perdita della cittadinanza in questo caso non
esimeva dagli obblighi del servizio militare.
L'avvenuta modificazione intervenuta nella normativa richiamata
richiede che sia precisata preliminarmente la portata della questione
di cui questa Corte si trova a essere investita. L'abrogazione della
legge sulla cittadinanza del 1912 disposta dall'art. 26, comma 1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza),
e quindi anche l'abrogazione del citato art. 8, senza che la nuova
legge stabilisca a sua volta caso alcuno di obblighi militari
permanenti a carico di coloro che perdano la cittadinanza italiana,
comporta che il rinvio operato dall'art. 1, primo comma, lettera b),
del d.P.R. n. 237 del 1964 ai casi previsti dalle "leggi vigenti in
materia di cittadinanza" in cui la perdita della cittadinanza lasci
sussistere l'obbligo militare sia attualmente privo di oggetto: alla
stregua della legislazione vigente, perdita della cittadinanza
significa perciò eliminazione dell'obbligo militare. Quanto alle
situazioni determinatesi anteriormente, l'art. 22 della legge sulla
cittadinanza del 1992 - norma intertemporale dettata per accordare il
precedente regime al nuovo - ha previsto che, per coloro i quali,
alla data di entrata in vigore della legge stessa, avessero già
perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 8 della legge
sulla cittadinanza del 1912, cessi ogni obbligo militare. Data la sua
inequivoca formulazione, la disposizione citata vale esclusivamente
pro futuro, ma non elimina retroattivamente la soggezione all'obbligo
militare, per il periodo anteriore all'entrata in vigore della nuova
legge (15 agosto 1992), di quanti avessero perduto la cittadinanza
anteriormente a quella data, sotto la vigenza delle disposizioni
relativamente alle quali è stata sollevata la presente questione di
costituzionalità. La vicenda che ha dato luogo al giudizio presso la
Corte militare d'appello (parzialmente) cade per l'appunto - secondo
quanto ricordato nella esposizione dei fatti - sotto la previsione
della perdurante esistenza dell'obbligo militare. La questione che
questa Corte si trova quindi a esaminare riguarda esclusivamente la
limitata ipotesi della persistenza degli obblighi militari nel
periodo anteriore all'entrata in vigore della legge n. 91 del 1992,
obblighi gravanti su chi avesse perso la cittadinanza italiana;
mentre in tutti gli altri casi - i casi cioè della perdita della
cittadinanza italiana successivamente all'entrata in vigore di tale
legge, ovvero della perdita anteriore, con riguardo al periodo
successivo a tale data - il legislatore stesso ha già previsto il
venire meno dell'obbligo militare.
Data questa situazione normativa, il giudice rimettente ritiene
che la previsione dell'esistenza, per il periodo anteriore
all'entrata in vigore della legge n. 91 del 1992, degli obblighi di
leva a carico di coloro i quali abbiano perduto la cittadinanza
italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale
non siano tenuti a prestare il servizio militare, violi l'art. 3 e
l'art. 10, primo comma, della Costituzione: l'art. 3, in quanto essa
determinerebbe una disparità di trattamento tra coloro che hanno
perduto la cittadinanza italiana in favore di quella di uno Stato nel
quale sono tenuti a prestare il servizio militare - soggetti esentati
dal prestare il servizio militare in Italia (sentenza n. 278 del
1992) - e coloro i quali, come nel caso oggetto del giudizio della
Corte militare, hanno perduto la cittadinanza italiana per acquistare
quella di uno Stato nel quale non è previsto il servizio militare
obbligatorio - soggetti non esentati -; l'art. 10, primo comma, in
quanto la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con la norma
del diritto internazionale generalmente riconosciuta, richiamata
dalla disposizione costituzionale invocata, che vieta agli Stati di
assoggettare agli obblighi militari i cittadini di altri Stati.
2. - La questione è fondata in riferimento all'art. 10 della
Costituzione.
3. - Questa Corte, dopo aver riconosciuto (con la sentenza n. 974
del 1988) l'illegittimità costituzionale della sottoposizione agli
obblighi di leva di chi abbia perduto la cittadinanza italiana a
seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale abbia già
prestato il servizio militare, con la sentenza n. 278 del 1992 ha
esteso tale illegittimità al caso in cui il soggetto, che aveva
perduto la cittadinanza italiana, fosse divenuto cittadino di uno
Stato nel quale fosse tenuto a prestare il servizio militare. In tali
casi, si trattava di ipotesi, reali o potenziali, di doppia
imposizione dei doveri militari nei confronti di chi avesse perso la
cittadinanza italiana, avendone acquisita una di altro Stato. Nel
caso ora all'esame, invece, la questione sollevata riguarda l'ipotesi
di un'unica imposizione degli obblighi militari da parte
dell'ordinamento italiano, in quanto il soggetto già cittadino
italiano sia divenuto cittadino di uno Stato in cui non esiste il
servizio militare obbligatorio.
Nei precedenti ricordati, la decisione di incostituzionalità è
stata affermata in base al doppio argomento, variamente intrecciato,
dell'irragionevolezza della legge e dell'esistenza di norme di
diritto internazionale che, oltre a perseguire l'obbiettivo della
riduzione dei casi di doppia cittadinanza, escludono la doppia
imposizione dell'obbligo militare. Ma, nella sentenza n. 278 del 1992
citata, questa Corte ha riconosciuto l'esistenza di una norma del
diritto internazionale generalmente riconosciuta che,
indipendentemente dall'esistenza di una doppia imposizione, vincola
gli Stati a non assoggettare a obblighi militari i cittadini di altri
Stati (sul diverso caso degli apolidi, invece, v. la sentenza n. 172
del 1999) e ha concluso che, in conseguenza del principio di
conformazione dell'ordinamento giuridico italiano alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute, principio sancito
dall'art. 10, primo comma, della Costituzione, una normativa che
imponesse loro il servizio militare sarebbe incostituzionale.
Sebbene questa affermazione di principio abbia portata generale,
in quella circostanza la declaratoria d'incostituzionalità delle
disposizioni allora, come ora, sottoposte al controllo di
costituzionalità fu circoscritta al solo caso dell'imposizione
dell'obbligo militare a coloro che avessero perduto la cittadinanza
italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale
fossero tenuti a prestare il servizio militare. Ciò in ragione della
formulazione della questione alla stregua della rilevanza ch'essa
assumeva nel giudizio dal quale veniva proposta. Ma la medesima
affermazione di principio, della quale deve confermarsi la validità,
nella presente circostanza conduce all'accoglimento della questione
con riferimento a tutti i soggetti, già cittadini italiani, che
abbiano perduta l'originaria cittadinanza per averne acquisita una di
altro Stato a norma dell'art. 8, primo comma, numero 1), della legge
n. 555 del 1912, indipendentemente dal fatto che essi, secondo la
legislazione di quest'ultimo Stato, siano o non siano tenuti alla
prestazione del servizio militare.
4. - Nell'accoglimento della questione di costituzionalità sulla
base dell'evocato art. 10, primo comma, della Costituzione, si
intende assorbita la censura prospettata in riferimento all'art. 3
della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, primo
comma, lettera b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e
reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e
nell'Aeronautica), e 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912,
n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), nella parte in cui non
prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva coloro che
abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di
quella di altro Stato, a norma dell'art. 8, primo comma, numero 1),
della legge n. 555 del 1912.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 15 maggio 2001.
Il direttore della cancelleria: Di Paola