Titolo
SENT. 240/94 A. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - CONCORSO DI DUE O PIU' PENSIONI INTEGRATE O INTEGRABILI AL TRATTAMENTO MINIMO - SOGGETTI CON REDDITI INFERIORI AI LIMITI FISSATI DALLA LEGGE AL 30 SETTEMBRE 1983 - CONSERVAZIONE DEL DIRITTO ALL'INTEGRAZIONE PER UNA SOLA PENSIONE - RICONDUZIONE ALL'IMPORTO A CALCOLO DELL'ALTRA O DELLE ALTRE PENSIONI NON PIU' INTEGRABILI, IN LUOGO DEL MANTENIMENTO DI ESSE NELL'IMPORTO SPETTANTE (AL 30 SETTEMBRE 1983) FINO AD ASSORBIMENTO NEGLI AUMENTI DELLA PENSIONE BASE - QUESTIONI DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE SOLLEVATE, PER ASSERITA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DELL'ADEGUATEZZA DEI TRATTAMENTI PREVIDENZIALI E DELLA RAZIONALITA' ED EGUAGLIANZA, NONCHE' PER LAMENTATA INCIDENZA SULL'ESERCIZIO DELLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE, NEI CONFRONTI DEL COMBINATO DISPOSTO DI NORME DEL DECRETO-LEGGE N. 463 DEL 1983 (ART. 6, COMMI 5, 6 E 7) E DELLA LEGGE N. 537 DEL 1993 (ART. 11, COMMA 22, INTERPRETATIVO, IN SENSO CONTRARIO ALLA GIURISPRUDENZA ORDINARIA E COSTITUZIONALE, DELLE NORME DEL DECRETO-LEGGE N. 463) - EFFETTIVA VERTENZA DELL'INCIDENTE DI COSTITUZIONALITA' SUL SOLO ART. 11, COMMA 22, DELLA LEGGE N. 537 DEL 1993, COME NORMA A SE STANTE - IMPLICAZIONI.
Testo
Nel giudizio promosso, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, 101, 102 e 104 Cost., nei confronti del combinato disposto dell'art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638) e dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (autoqualificato come norma interpretativa delle suddette disposizioni del decreto-legge n. 463 del 1983) per essersi in esso previsto, riguardo alle integrazioni al minimo delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale -nel caso di concorso di due o piu' pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore al 1^ ottobre 1983, delle quali una sola (individuata ai sensi dell'art. 6, comma 3, del citato decreto-legge) conserva il diritto all'integrazione- la riconduzione all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non piu' integrabili, anziche' il mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata, fino ad assorbimento negli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica (c.d. "cristallizzazione"), l'incidente di costituzionalita' investe il citato comma 22 non semplicemente sotto il profilo dell'efficacia retroattiva, ma per se stesso, in quanto regola una fattispecie non prevista originariamente dalla legge del 1983 con una norma contraria a quella nel frattempo elaborata dalla giurisprudenza. Cosicche' il punto da decidere e' se la norma contenuta nel comma 22 sia o no conforme ai principi costituzionali, mentre non rileva se essa possa o no integrarsi con l'art. 6 del decreto-legge n. 463 in un'unica struttura normativa, ne' ha quindi importanza l'alternativa tra le diverse valutazioni prospettate, tra i giudici 'a quibus', dalla Cassazione e dal Pretore di Parma, sulla qualifica del citato comma 22 come norma realmente interpretativa o invece, anche se dichiarata interpretativa, innovativa. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 38
co. 2
Costituzione
art. 101
Costituzione
art. 102
Costituzione
art. 104
Riferimenti normativi
decreto-legge
12/09/1983
n. 463
art. 0
co. 0
legge
11/11/1983
n. 638
art. 6
co. 5
legge
11/11/1983
n. 638
art. 6
co. 6
legge
11/11/1983
n. 638
art. 6
co. 7
legge
24/12/1993
n. 537
art. 11
co. 22
Titolo
SENT. 240/94 B. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE - INTEGRAZIONE AL MINIMO - ISTITUTO FONDATO SUL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA' - NATURA PREVIDENZIALE.
Testo
L'integrazione al minimo delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale di previdenza sociale ha la funzione di integrare la pensione quando dal calcolo in base ai contributi accreditati al lavoratore risulti un importo inferiore ad un minimo ritenuto necessario, in mancanza di altri redditi di una certa consistenza, ad assicurargli mezzi adeguati alle esigenze di vita, giusta il precetto dell'art. 38, secondo comma, Cost.. Tale funzione, percio', -nonostante l'argomento contrario desumibile dall'art. 37, comma 3, lett. b), della legge 9 marzo 1989, n. 88, che gli attribuisce natura assistenziale- qualifica l'integrazione al minimo come istituto previdenziale fondato sul principio di solidarieta'. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 38
co. 2
Titolo
SENT. 240/94 C. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INTEGRAZIONE AL MINIMO - DISCIPLINA ADOTTATA CON IL DECRETO-LEGGE N. 463 DEL 1983 - LIMITI POSTI, A FINI DI CONTENIMENTO DEL 'DEFICIT' PUBBLICO, ALL'ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA'.
Testo
Nella disciplina dell'integrazione al minimo delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, adottata con il decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (conv. con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638), si sono posti, a fini di contenimento del 'deficit' pubblico, due limiti all'attuazione del principio di solidarieta' su cui l'istituto si fonda: un limite per cosi' dire esterno, ostativo all'integrazione quando il titolare disponga di altri redditi superiori ad un certo ammontare, e un limite interno, che nel concorso di piu' pensioni consente l'integrazione una sola volta fino a concorrenza col limite reddituale. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 38
co. 2
Riferimenti normativi
decreto-legge
12/09/1983
n. 463
art. 6
co. 0
legge
11/11/1983
n. 638
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 240/94 D. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI - RIDUZIONE - POSSIBILITA' - BILANCIAMENTO DELLA TUTELA PREVIDENZIALE CON LA DISPONIBILITA' DELLE RISORSE FINANZIARIE NECESSARIE PER FAR FRONTE AGLI IMPEGNI DI SPESA - DISCIPLINA TRANSITORIA PER IL PASSAGGIO GRADUALE AL TRATTAMENTO MENO FAVOREVOLE - NECESSITA' - APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO RIGUARDO ALLA DISCIPLINA DELLE INTEGRAZIONI AL MINIMO DELLE PENSIONI PREVIDENZIALI.
Testo
Anche riguardo alla disciplina delle integrazioni al minimo delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, l'art. 38 Cost. non esclude la possibilita' di un intervento legislativo che, per una inderogabile esigenza di contenimento della spesa pubblica, riduca <>. L'attuazione del precetto costituzionale richiede un bilanciamento, modificabile nel tempo a seconda delle circostanze, tra i valori personali inerenti alla tutela previdenziale e <>. Ma quando l'intervento legislativo incide sul trattamento di soggetti i quali, sebbene titolari di due o piu' pensioni, hanno un reddito complessivo inferiore al limite fissato dal d.l. n. 463 del 1983, cosi' che per essi la modifica legislativa comporta una compressione delle esigenze di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione previdenziale, il principio di solidarieta' (sotteso all'art. 38 Cost.), impone una disciplina transitoria che assicuri un passaggio graduale al trattamento meno favorevole. - Sul necessario bilanciamento tra le opposte esigenze di contenimento della spesa pubblica e di tutela previdenziale v. S. nn. 822/1988 e 119/1991. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 38
Titolo
SENT. 240/94 E. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - CONCORSO DI DUE O PIU' PENSIONI INTEGRATE O INTEGRABILI AL TRATTAMENTO MINIMO - SOGGETTI CON REDDITI INFERIORI AI LIMITI FISSATI DALLA LEGGE AL 30 SETTEMBRE 1983 - CONSERVAZIONE DEL DIRITTO ALL'INTEGRAZIONE PER UNA SOLA PENSIONE - RICONDUZIONE ALL'IMPORTO A CALCOLO DELL'ALTRA O DELLE ALTRE PENSIONI NON PIU' INTEGRABILI, IN LUOGO DEL MANTENIMENTO DI ESSE NELL'IMPORTO SPETTANTE (AL 30 SETTEMBRE 1983) FINO AD ASSORBIMENTO NEGLI AUMENTI DELLA PENSIONE-BASE - VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DELL'ADEGUATEZZA DELLA TUTELA PREVIDENZIALE E DELLA RAZIONALITA' ED EQUITA' - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
L'art. 11, ventiduesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nella parte in cui prevede, riguardo alle pensioni a carico dell'Istituto nazionale di previdenza sociale - nel caso di concorso di due o piu' pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore al 1^ ottobre 1983, delle quali una sola - individuata ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto-legge n. 463 del 1983 - conservi il diritto all'integrazione, non risultando superati i limiti di reddito fissati nei commi precedenti - la riconduzione all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non piu' integrabili, anziche' il mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata fino ad assorbimento negli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica (c.d. "cristallizzazione"), si pone in contrasto con i principi costituzionali della adeguatezza dei trattamenti previdenziali e della razionalita' - equita'. Esso e' infatti fonte di discriminazione e di limitazione del giusto trattamento previdenziale in danno dei pensionati che, pur col concorso di piu' pensioni, non superino i suddetti limiti reddituali, rispetto ai titolari di un'unica pensione, ai quali, invece, nell'ipotesi prevista dall'art. 6, comma 7, del decreto-legge n. 463, pur avendo essi perduto il diritto all'integrazione per superamento dei limiti di reddito, e pur difettando, di conseguenza, nei loro confronti, le ragioni del ricorso alla solidarieta' sociale, e' stato attribuito -nell'esercizio della discrezionalita' spettante al riguardo al legislatore- il beneficio della "cristallizzazione". Il predetto art. 11, comma 22, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost.. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 38
co. 2
Riferimenti normativi
legge
24/12/1993
n. 537
art. 11
co. 22
Titolo
SENT. 240/94 F. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - CONCORSO DI DUE O PIU' PENSIONI INTEGRATE O INTEGRABILI AL TRATTAMENTO MINIMO - SOGGETTI CON REDDITI INFERIORI AI LIMITI FISSATI DALLA LEGGE AL 30 SETTEMBRE 1983 - CONSERVAZIONE DEL DIRITTO ALL'INTEGRAZIONE PER UNA SOLA PENSIONE - RICONDUZIONE (CON NORMA DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA IN SENSO CONTRARIO A QUELLA SEGUITA DALLA PREVALENTE GIURISPRUDENZA ORDINARIA E DA QUELLA DELLA CORTE COSTITUZIONALE) ALL'IMPORTO A CALCOLO DELL'ALTRA O DELLE ALTRE PENSIONI NON PIU' INTEGRABILI, IN LUOGO DEL MANTENIMENTO DI ESSE NELL'IMPORTO SPETTANTE (AL 30 SETTEMBRE 1983) FINO AD ASSORBIMENTO NEGLI AUMENTI DELLA PENSIONE BASE - ASSERITA INCIDENZA SULL'ESERCIZIO DELLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE - ESCLUSIONE.
Testo
Contrariamente a quanto si e' prospettato dai giudici 'a quibus', e' da escludere che la previsione, con la norma -di interpretazione autentica (in senso opposto a quella accolta dalla prevalente giurisprudenza ordinaria e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale) dell'art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638) - contenuta nell'art. 11, comma 22, della legge 24 novembre 1983, n. 638 - nel caso di concorso di due o piu' pensioni previdenziali integrate o integrabili al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore al 1^ ottobre 1983, delle quali una sola (individuata ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto-legge n. 463) conservi il diritto all'integrazione - della riconduzione, anche quando non risultino superati i previsti limiti di reddito, all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non piu' integrabili, anziche' del mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata fino ad assorbimento negli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica (c.d. "cristallizzazione"), dia luogo ad una indebita incidenza sull'esercizio della funzione giurisdizionale. La disposizione impugnata, infatti, non mira a influire su concrete fattispecie 'sub iudice', e nonostante la retroattivita' di cui e' dotata, non pregiudica la 'potestas iudicandi' ma modifica soltanto il modello di decisione cui l'esercizio di tale potesta' deve attenersi in ordine a rapporti insorti anteriormente al 30 settembre 1983 e non ancora definiti. (Pronuncia espressa nella motivazione ma non emergente nel dispositivo della sentenza). - Cfr., da ultimo, S. n. 402/1993. red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 101
Costituzione
art. 102
Costituzione
art. 104
Riferimenti normativi
legge
24/12/1993
n. 537
art. 11
co. 22
Titolo
SENT. 240/94 G. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - PENSIONI A CARICO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - CONCORSO DI DUE O PIU' PENSIONI INTEGRATE O INTEGRABILI AL TRATTAMENTO MINIMO - SOGGETTI CON REDDITI INFERIORI AI LIMITI FISSATI DALLA LEGGE AL 30 SETTEMBRE 1983 - CONSERVAZIONE DEL DIRITTO ALL'INTEGRAZIONE PER UNA SOLA PENSIONE - RICONDUZIONE ALL'IMPORTO A CALCOLO DELL'ALTRA O DELLE ALTRE PENSIONI NON PIU' INTEGRABILI, IN LUOGO DEL MANTENIMENTO DI ESSE NELL'IMPORTO SPETTANTE (AL 30 SETTEMBRE 1983) FINO AD ASSORBIMENTO NEGLI AUMENTI DELLA PENSIONE-BASE - LAMENTATA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI DELL'ADEGUATEZZA DEI TRATTAMENTI PREVIDENZIALI E DELLA RAZIONALITA' ED EGUAGLIANZA - LAMENTATA INCIDENZA, ALTRESI', SULL'ESERCIZIO DELLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE - NON CONFIGURABILITA', NELLA FATTISPECIE OGGETTO DEL GIUDIZIO 'A QUO', DELL'IPOTESI (DELLA DOPPIA INTEGRAZIONE) DISCIPLINATA DALLA NORMA IMPUGNATA - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE PER DIFETTO DI RILEVANZA.
Testo
La questione di legittimita' costituzionale sollevata con ordinanza del Pretore di Parma iscritta in R.O. n. 79/1994, per sospetta violazione dei principi costituzionali dell'adeguatezza dei trattamenti previdenziali e dell'eguaglianza, e per lamentata indebita incidenza sull'esercizio della funzione giurisdizionale, nei confronti della vigente disciplina delle integrazioni al minimo delle pensioni a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, e' priva di rilevanza nel giudizio di provenienza. Nella specie, infatti, la ricorrente e' titolare di una pensione diretta a carico dello Stato e di una pensione di riversibilita' a carico dell'INPS, e pertanto, dato che nell'ordinamento pensionistico dei dipendenti statali e' ignoto l'istituto dell'integrazione al minimo, l'ipotesi della doppia integrazione -disciplinata dalla norma impugnata- non e' configurabile. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, comma 7, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, e 101 Cost., con la su indicata ordinanza). red.: S.E. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 38
co. 2
Costituzione
art. 101
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 23
Riferimenti normativi
decreto-legge
12/09/1983
n. 463
art. 0
co. 0
legge
11/11/1983
n. 638
art. 6
co. 7
legge
24/12/1993
n. 537
art. 11
co. 22
N. 240
SENTENZA 8-10 GIUGNO 1994
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto
degli artt. 6, commi, 5, 6 e 7, del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463
(Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il
contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori
della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini),
convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, e 11, comma 22, della
legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza
pubblica), promossi con ordinanze emesse dal Pretore di Parma il 22
gennaio 1994, il 20 gennaio 1994 (n. 3 ordinanze), il 14 gennaio
1994, dalla Corte di cassazione il 18 gennaio 1994, dal Pretore di
Parma il 16 febbraio 1994 (n. 2 ordinanze), iscritte,
rispettivamente, ai nn. 77, 78, 79, 80, 81, 107, 116 e 117 del
registro ordinanze del 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 11 e 12 del 1994;
Visti gli atti di costituzione di Boschi Maria, Corradi Ines,
Cavazzini Maria, Concari Angela, Gazzillo Angela, Alebardi Valdemina
e dell'I.N.P.S. nonché gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1994 il Giudice relatore
Luigi Mengoni;
Uditi gli avv.ti Felice Assennato per Boschi Maria, Salvatore
Cabibbo per Corradi Ines, Cavazzini Maria e Concari Angela, Franco
Agostini per Gazzillo Angela e Alebardi Valdemina, Carlo De Angelis e
Andrea Barbuto per l'I.N.P.S. e l'Avvocato Giuseppe Stipo per il
Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1.1. - Nel corso del procedimento sui ricorsi proposti contro una
sentenza del Tribunale di Trani, che ha riconosciuto ad Angela
Gazzillo, titolare di più pensioni integrate al minimo a carico
dell'I.N.P.S., il diritto, dal 1° ottobre 1993, all'integrazione al
trattamento minimo soltanto su una pensione, conservando tuttavia
l'importo dell'altra a questa data fino al suo riassorbimento negli
aumenti derivanti dalla perequazione automatica, la Corte di
cassazione, con ordinanza del 18 gennaio 1994, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, 101, 102 e 104 Cost.,
questione di legittimità costituzionale del combinato disposto
dell'art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463,
convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 11,
comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Il giudice remittente rammenta preliminarmente che, secondo la
giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, sostanzialmente
condivisa dalla Corte costituzionale, l'art. 6, comma 7, del d.-l. n.
463 del 1983, nel garantire la conservazione del trattamento
pensionistico nell'importo spettante alla data del 30 settembre 1983
(c.d. cristallizzazione), si riferisce sia all'ipotesi di titolarità
di una sola pensione non più integrabile per superamento del
previsto limite di reddito, sia all'ipotesi di titolarità di due o
più pensioni, tutte integrate al minimo. Anche nella seconda ipotesi
si ritiene ricorra la ratio della norma, che è quella di assicurare
la gradualità del passaggio dal precedente al nuovo, meno
favorevole, trattamento pensionistico.
In contrasto con questa giurisprudenza, l'art. 11, comma 22, della
legge n. 537 del 1993, collegata alla legge finanziaria per il 1994,
con norma definita di interpretazione autentica e come tale munita di
efficacia retroattiva, ha attribuito all'art. 6, commi 5, 6 e 7, del
d.-l. del 1983 un significato restrittivo, escludente l'ipotesi di
concorso di una pluralità di pensioni. In questa ipotesi il
trattamento minimo è conservato su una sola pensione, individuata
secondo i criteri di cui al comma 3, "mentre l'altra o le altre
pensioni spettano nell'importo a calcolo senza alcuna integrazione".
Con ciò viene negato il diritto di conservare la seconda pensione
nell'importo erogato al 30 settembre 1983, con conseguente riduzione
immediata del trattamento complessivo rispetto a quello spettante a
tale data.
La norma interpretativa è ritenuta contrastante: a) col principio
di ragionevolezza (art. 3 Cost.), perché ascrive all'art. 6 del
d.-l. n. 463 del 1983 un significato che non poteva essergli
ragionevolmente attribuito, stante la contraria interpretazione
prevalsa nella giurisprudenza; b) con l'art. 38, secondo comma,
Cost., perché, avendo il trattamento pensionistico minimo natura
essenzialmente previdenziale, e non semplicemente assistenziale, esso
concorre a determinare il rapporto di congruenza tra esigenze di vita
e predisposizione di mezzi idonei a soddisfarle; c) con gli artt.
101, 102 e 104 Cost. per la medesima ragione indicate sub a).
1.2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituita l'assicurata, chiedendo che la norma denunciata sia
dichiarata costituzionalmente illegittima con argomentazioni adesive
all'ordinanza di rimessione.
1.3. - Si è costituito anche l'I.N.P.S. chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata.
Secondo l'Istituto, l'integrazione al minimo, non avendo a fronte
alcuna contribuzione ed essendo posta a carico del bilancio dello
Stato, ha natura puramente assistenziale, e quindi è "condizionata
dal momento storico e dai problemi del bilancio statale". La norma
impugnata ha una funzione perequatrice che consiste nel riportare le
pensioni plurime sotto il principio di proporzione del trattamento
dovuto ai contributi versati, almeno per le prestazioni
pensionistiche ulteriori rispetto a quella principale, conservando
una sola integrazione.
Quanto alla pretesa violazione dell'art. 38 Cost., l'I.N.P.S.
obietta che se fosse vero che la doppia integrazione al minimo
esprime il minimo indispensabile per garantire al pensionato mezzi
adeguati alle sue esigenze di vita, si dovrebbero allora ritenere
inadeguati tutti i trattamenti pensionistici costituiti da una sola
pensione di importo pari a quella individuata ai sensi dell'art. 6,
comma 3, del d.-l. n. 463 del 1983.
1.4. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata manifestamente infondata.
Ad avviso dell'interveniente, negare la validità di una legge
interpretativa che si discosta da un orientamento giurisprudenziale
uniforme significa censurare il merito della scelta legislativa
sostituendo l'interprete al legislatore. Non è perciò pertinente
invocare né il principio di ragionevolezza, né l'art. 101 Cost.
Nemmeno può ritenersi violato l'art. 38 Cost., in quanto
l'integrazione al minimo di uno dei trattamenti pensionistici goduti
dall'interessato è sufficiente per adempiere il requisito di
adeguatezza dei mezzi alle esigenze di vita.
2.1. - Analoga questione, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo
comma, e 101 Cost., è stata sollevata dal Pretore di Parma con sette
ordinanze datate tra il 14 gennaio e il 16 febbraio 1994.
La linea argomentativa è analoga a quella dell'ordinanza della
Corte di cassazione, dalla quale però si discosta sul punto della
natura della norma impugnata. Mentre la Corte di cassazione ritiene
"non revocabile in dubbio la natura di norma di interpretazione
autentica" dell'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993,
invece per il pretore si tratta di norma "sostanzialmente innovativa"
sotto "una falsa veste interpretativa", che le conferisce efficacia
retroattiva frustrando le aspettative fondate sulla disciplina
precedente.
2.2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono
costituite, con atti difensivi separati, alcune delle ricorrenti, le
quali condividono le argomentazioni del giudice rimettente e
concludono per una dichiarazione di illegittimità costituzionale
della norma impugnata.
Nell'imminenza dell'udienza di discussione uno dei difensori ha
depositato un'ampia memoria integrativa in cui si sostiene, in
particolare, che l'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993
costituisce una norma nuova, introdotta con un'"operazione di
chirurgia normativa, sostitutiva e additiva, di tale rilevanza
tecnica da escludere che il comma 22 possa considerarsi di
interpretazione autentica": "si tratta di una nuova disciplina che
rientra nell'ipotesi di autodefinizione arbitraria come norma di
interpretazione autentica".
Ad avviso della parte privata, la retroattività non solo viola il
principio di ragionevolezza, essendo destinata a contrastare
l'interpretazione dell'art. 6 del d.-l. n. 463 del 1983 da tempo
divenuta "diritto vivente", ma lede anche il principio di eguaglianza
determinando una disparità di trattamento tra i pensionati che hanno
già ottenuto il riconoscimento del diritto alla doppia integrazione
al minimo con sentenza passata in giudicato e coloro per i quali il
giudizio è ancora in corso o che non hanno ancora sperimentato
l'azione giudiziaria contro l'I.N.P.S.
2.3. - Si è pure costituito l'I.N.P.S. ed è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura
dello Stato, con memorie e conclusioni identiche a quelle dedotte
nell'altro giudizio di costituzionalità promosso dall'ordinanza
della Corte di cassazione, salvo che per la questione sollevata con
l'ordinanza iscritta nel R.O. n. 79/93, della quale è eccepita
dall'I.N.P.S. l'inammissibilità, non essendo configurabile una
doppia integrazione al minimo quando si tratti di una pensione a
carico dello Stato e di una a carico dell'Istituto.
Considerato in diritto
1. - La Corte di cassazione, con ordinanza iscritta in R.O. n.
107/1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo
comma, 101, 102 e 104 Cost., questione di legittimità costituzionale
del "combinato disposto dell'art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.-l. 12
settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n.
638, e dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537".
Analoga questione di legittimità costituzionale del "combinato
disposto dell'art. 6, comma 7, del d.-l. n. 463 del 1983 e dell'art.
11, comma 22, della legge n. 537 del 1993" è stata sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, e 101 Cost., dal Pretore
di Parma con sette ordinanze iscritte in R.O. nn. 77-81, 116 e
117/1994.
L'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993 dispone:
"L'articolo 6, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge 12 settembre 1983,
n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983,
n. 638, si interpreta nel senso che nel caso di concorso di due o
più pensioni integrate al trattamento minimo, liquidate con
decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto
decreto-legge, il trattamento minimo spetta su una sola delle
pensioni, come individuata secondo i criteri previsti al comma 3
dello stesso articolo, mentre l'altra o le altre pensioni spettano
nell'importo a calcolo senza alcuna integrazione". Nel dispositivo
dell'ordinanza della Corte di cassazione l'allargamento della
questione al "combinato disposto" degli articoli e dei commi citati
delle due leggi si spiega in ragione della premessa che attribuisce
natura di legge interpretativa (destinata a saldarsi con la legge
interpretata) all'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993,
mentre la ripetizione del medesimo dispositivo nelle ordinanze del
Pretore di Parma non è coerente con l'opposta premessa di questo
giudice, secondo cui si tratta, invece, di una norma innnovativa,
dotata di retroattività con l'artificio dell'autodefinizione come
legge di interpretazione autentica. In realtà l'alternativa tra le
due valutazioni non ha qui importanza. L'incidente di
costituzionalità investe il citato comma 22 non semplicemente sotto
il profilo dell'efficacia retroattiva, ma per se stesso, in quanto
regola una fattispecie non prevista originariamente dalla legge del
1983 con una norma contraria a quella elaborata nel frattempo dalla
giurisprudenza. Perciò il punto da decidere è se la norma contenuta
nel comma 22 sia o no conforme ai principi costituzionali, mentre non
rileva il punto se essa possa o no integrarsi con l'art. 6 del d.-l.
n. 463 del 1983 in un'unica struttura normativa.
2. - I giudizi introdotti dalle otto ordinanze vertono su
questioni analoghe e quindi se ne dispone la riunione affinché siano
decisi con unica sentenza.
3. - In conformità dell'eccezione formulata dall'I.N.P.S., deve
essere dichiarata inammissibile la questione sollevata nel giudizio
che ha dato luogo all'ordinanza del Pretore di Parma iscritta in R.O.
n. 79/1994. La norma impugnata regola il caso di concorso di due o
più pensioni tutte integrate al trattamento minimo con decorrenza
anteriore all'entrata in vigore del d.-l. n. 463 del 1983, mentre
nella specie la ricorrente è titolare di una pensione diretta a
carico dello Stato, al cui ordinamento pensionistico è ignoto
l'istituto dell'integrazione al minimo, e di una pensione di
riversibilità a carico dell'I.N.P.S.
4. - La questione è parzialmente fondata.
In risposta alla sollecitazione rivolta al legislatore da questa
Corte nella sentenza n. 102 del 1982, è intervenuto il d.-l. n. 463
del 1983 dettando una disciplina generale dell'integrazione delle
pensioni al trattamento minimo, fondata su due principi: a)
esclusione del diritto all'integrazione nel caso di superamento, da
parte del titolare, di certi limiti di reddito indicati nell'art. 6,
comma 1; b) nel caso di concorso di due o più pensioni, sempre che
non risultino superati i predetti limiti di reddito, integrabilità
di una sola pensione individuata secondo i criteri indicati dal comma
3. Il comma 7, infine, dispone che l'importo della pensione non più
integrabile, erogato alla data della cessazione del diritto
all'integrazione (30 settembre 1983), viene conservato (c.d.
cristallizzazione) fino ad assorbimento negli aumenti della
pensione-base determinata ai sensi del comma 6 (c.d. importo a
calcolo), derivanti dalla disciplina della perequazione automatica
richiamata nel comma 5. In quanto rinvia al comma precedente, la
disposizione del comma 7 è stata interpretata da una parte della
giurisprudenza di merito (in adesione alla posizione assunta
dall'I.N.P.S.) come riferibile esclusivamente all'ipotesi di
cessazione del diritto all'integrazione di una sola pensione per
effetto del superamento dei limiti di reddito. Secondo questa
interpretazione, nell'ipotesi di concorso di due o più pensioni,
tutte integrate o integrabili al minimo in conseguenza di numerose
sentenze di questa Corte (e in particolare della sentenza n. 314 del
1985), la cessazione del diritto all'integrazione per effetto del
superamento del limite di reddito o la restrizione di esso a una sola
pensione per effetto del divieto di integrazione plurima non
comportano la cristallizzazione delle pensioni ulteriori a quella
principale, individuata a norma dell'art. 6, comma 3, del d.-l. n.
463 e, rispettivamente, cristallizzata ai sensi del comma 7 o
ammessa, essa sola, all'integrazione ai sensi dello stesso comma 3.
L'altra o le altre pensioni devono essere ricondotte all'importo a
calcolo. La giurisprudenza unanime della Corte di cassazione,
seguita dalla maggioranza dei giudici di merito, ha invece ritenuto
applicabile il comma 7 anche all'ipotesi di cumulo di due o più
pensioni con conseguente cristallizzazione di tutte nell'un caso, di
quelle non più integrabili nell'altro. Un orientamento
"sostanzialmente" analogo è stato espresso dalla giurisprudenza
costituzionale, ma modulato su una linea ermeneutica diversa e con
riferimento solo al secondo dei casi in cui questa ipotesi si
suddistingue. Mentre la Corte di cassazione afferma l'applicabilità
diretta, sul riflesso che la lettera del comma 7 "non distingue tra
le due ipotesi", la sentenza n. 418 del 1991 di questa Corte
riconosce che "non si può rintracciare nelle disposizioni letterali
dell'art. 6 della legge n. 638 del 1983 la fattispecie, a quella
data vietata, del cumulo di due pensioni integrate al minimo e di
conseguenza nel comma settimo l'ipotesi di cristallizzazione di una
di esse". L'applicabilità del comma 7 viene così ammessa in via di
analogia, fondata su un giudizio di ricorrenza di una ratio decidendi
"non dissimile", riferito al caso di titolarità di due pensioni per
una delle quali cessa il diritto all'integrazione in forza del
principio di unicità dell'integrazione.
5. - Sebbene enunciata con una formula unitaria, la fattispecie
dell'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993 è articolabile
in funzione di entrambi i casi: a) cessazione del diritto
all'integrazione per effetto del superamento dei limiti di reddito
fissati dall'art. 6, comma 1, del d.-l. n. 463 del 1983; b)
cessazione del diritto all'integrazione per effetto del principio di
unicità dell'integrazione sancito dal medesimo art. 6, comma 3.
Riferita al caso sub a), la frase "il trattamento minimo spetta su
una sola delle pensioni, come individuata secondo i criteri previsti
al comma 3 dell'art. 6 del d.-l. n. 463 del 1983" significa
mantenimento solo su questa pensione del trattamento minimo
"cristallizzato" nell'importo spettante al 30 settembre 1983;
riferita al caso sub b) significa mantenimento del diritto
all'integrazione al trattamento minimo solo per questa pensione.
Ciò premesso, ai fini della decisione della questione in esame
occorre definire la natura dell'integrazione al minimo. I giudici
rimettenti disattendono giustamente la tesi - sostenuta nella
relazione al disegno di legge n. 1508 (Senato della Repubblica, XI
leg., p. 1508), nonostante l'argomento contrario desumibile dall'art.
37, comma 3, lett. b), della legge 9 marzo 1989, n. 88 - che
attribuisce natura assistenziale a questo istituto. Esso ha la
funzione di integrare la pensione quando dal calcolo in base ai
contributi accreditati al lavoratore risulti un importo inferiore a
un minimo ritenuto necessario, in mancanza di altri redditi di una
certa consistenza, ad assicurargli mezzi adeguati alle esigenze di
vita, giusta il precetto dell'art. 38, secondo comma, Cost. Tale
funzione qualifica l'integrazione al trattamento minimo come istituto
previdenziale fondato sul principio di solidarietà.
Il d.-l. n. 463 del 1983, finalizzato a un'azione di contenimento
del deficit pubblico, ha segnato due limiti all'intervento di questo
principio: un limite esterno, ostativo dell'integrazione quando il
titolare disponga di altri redditi superiori a un certo ammontare, e
un limite interno, che nel concorso di più pensioni consente
l'integrazione una sola volta fino a concorrenza col limite
reddituale. Retrospettivamente, secondo una "lettura storica" della
legge del 1983, il limite interno ha assunto il significato di
esclusione, con effetto dal 1° ottobre 1983, del cumulo di più
pensioni integrate al minimo, ammesso dalla giurisprudenza di questa
Corte in favore dei titolari di una pluralità di pensioni aventi
decorrenza anteriore al 30 settembre 1983.
6. - Ora l'art. 38 Cost. non esclude la possibilità di un
intervento legislativo che, per una inderogabile esigenza di
contenimento della spesa pubblica, riduca "in maniera definitiva un
trattamento pensionistico in precedenza spettante" (cfr. sentenza n.
822 del 1988). L'attuazione del precetto costituzionale richiede un
bilanciamento, modificabile nel tempo a seconda delle circostanze,
tra i valori personali inerenti alla tutela previdenziale e "i
principi connessi alla concreta e attuale disponibilità delle
risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi
impegni di spesa" (sentenza n. 119 del 1991). Ma quando l'intervento
legislativo incide sul trattamento di soggetti i quali, sebbene
titolari di due o più pensioni, hanno un reddito complessivo
inferiore al limite fissato dal d.-l. n. 463 del 1983, così che per
essi la modifica legislativa comporta una compressione delle esigenze
di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione
previdenziale, il principio di solidarietà (sotteso all'art. 38
Cost.) coordinato col principio di razionalità- equità (art. 3
Cost.), impone una disciplina transitoria che assicuri un passaggio
graduale al trattamento meno favorevole.
Alla stregua di tali considerazioni la norma denunziata appare
lesiva degli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., nel caso sopra
distinto sub b). Quando il pensionato, pur con l'apporto di una
seconda pensione, risulta in possesso di un reddito complessivamente
inferiore al limite legale, la regola della cristallizzazione della
seconda pensione, non più integrabile, si impone a maggior ragione
rispetto all'ipotesi, prevista dall'art. 6, comma 7, del d.-l. n. 463
del 1983, di titolarità di una sola pensione non più integrabile a
causa del superamento del limite reddituale.
7. - Nel caso sopra indicato sub a) la diminuzione del trattamento
pensionistico è giustificata - e compensata ai fini
dell'apprestamento di mezzi adeguati alle esigenze di vita -
dall'incremento dei redditi del pensionato oltre il limite fissato
dalla legge all'operatività del principio di solidarietà nella
forma dell'integrazione al trattamento minimo. Perciò l'applicazione
del criterio di gradualità mediante la tecnica della
cristallizzazione è qui rimessa ad una discrezionalità più ampia
del legislatore, salvo il principio di razionalità. La limitazione
della cristallizzazione alla pensione principale, individuata
dall'art. 6, comma 3, del d.-l. n. 463 del 1983, risponde a un
ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, tenuto conto
dell'urgenza dell'interesse pubblico alla riduzione della spesa
pensionistica. Nemmeno possono ritenersi violati gli artt. 101, 102
e 104 Cost. per ragioni analoghe a quelle ripetutamente enunciate
dalla giurisprudenza di questa Corte. La legge impugnata non mira a
influire su concrete fattispecie sub iudice, bensì a stabilire una
regola generale di giudizio, di cui si constata, sotto questo
aspetto, la non contrarietà a parametri costituzionali sostanziali;
la retroattività di cui è dotata non pregiudica la potestas
iudicandi, bensì modifica il modello di decisione cui l'esercizio
della potestà deve attenersi in ordine a rapporti insorti
anteriormente al 30 settembre 1983 e non ancora definiti (cfr., da
ultimo, sentenza n. 402 del 1993).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma 22,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza pubblica), nella parte in cui - nel caso di concorso di due o
più pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, delle
quali una sola conserva il diritto all'integrazione ai sensi
dell'art. 6, comma 3, del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (Misure
urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento
della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini), convertito nella legge
11 novembre 1983, n. 638, non risultando superati al 30 settembre
1983 i limiti di reddito fissati nei commi precedenti - prevede la
riconduzione all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni
non più integrabili, anziché il mantenimento di esse nell'importo
spettante alla data indicata, fino ad assorbimento negli aumenti
della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, comma 7, del
citato d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, e dell'art. 11, comma 22,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38,
secondo comma, e 101 della Costituzione, dal Pretore di Parma con
l'ordinanza in epigrafe iscritta nel R.O. n. 79 del 1994.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 10 giugno 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA