Ritenuto in fatto
1. - Con tre distinti ricorsi le province autonome di Trento e di
Bolzano e la regione autonoma Valle d'Aosta hanno impugnato alcuni
articoli della legge 9 gennaio 1991 n. 9 (Norme per l'attuazione del
nuovo piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali
idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,
autoproduzione e disposizioni fiscali), assumendo la violazione di
diversi parametri costituzionali;
In particolare, la provincia autonoma di Trento - ricordata la
propria competenza legislativa primaria e le conseguenti attribuzioni
amministrative in materia di "miniere" (artt. 8, n. 14, e 16 dello
statuto speciale approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e
ricordato altresì che le miniere appartengono al proprio patrimonio
indisponibile (artt. 67 e 68 dello statuto), ai sensi, oltreché
delle citate disposizioni statutarie, anche delle norme di attuazione
nella specifica materia (d.P.R. 15 luglio 1988 n. 300 - art. 1) e che
inoltre detta materia è già stata disciplinata, nel proprio
territorio, dalla legge della regione Trentino Alto Adige 21 novembre
1958 n. 28 (Disciplina delle ricerche e delle coltivazioni di
idrocarburi liquidi e gassosi), ancora applicabile nell'ambito
provinciale per effetto dell'art. 106 dello statuto - denuncia gli
artt. 3, primo e terzo comma, 5, primo comma, e 6, primo comma, della
legge n.9 sopra richiamata che, con indebita avocazione,
attribuiscono alla competenza statale il rilascio dei permessi di
prospezione e di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, dettando
norme di procedura che riservano alla provincia autonoma, a fronte di
competenze costituzionalmente garantite, un ruolo meramente
consultivo, del tutto parificato a quello delle regioni a statuto
ordinario prive di attribuzioni costituzionali nel settore delle
miniere;
In via cautelativa, la medesima provincia autonoma impugna
altresì l'art. 9 della legge che, nulla precisando circa la
competenza al rilascio dei permessi di coltivazione degli
idrocarburi, ove debba interpretarsi nel senso di una analoga
attribuzione di funzioni all'autorità statale (ministero
dell'industria), lederebbe anch'esso le medesime competenze
provinciali costituzionalmente garantite;
2. - Avverso i medesimi articoli della legge n. 9 del 1991 si
appuntano le censure contenute nella prima parte del ricorso della
provincia autonoma di Bolzano la quale, svolgendo considerazioni
analoghe, lamenta la violazione delle proprie competenze statutarie
in materia di tutela del paesaggio, miniere, alpicoltura e parchi,
lavori pubblici (art. 8, nn. 6,14,16,17, dello statuto) e la
illegittima sovrapposizione delle norme impugnate alla disciplina
legislativa adottata con legge provinciale 10 novembre 1978, n. 67;
La stessa provincia autonoma impugna, poi, gli artt. 16 e 17,
secondo comma, lett b), della legge che, riservando al ministro
dell'industria i provvedimenti di concessione e di autorizzazione per
la costruzione e la gestione di stabilimenti ed opere varie
riguardanti la lavorazione e il deposito di oli minerali, consentono
alla ricorrente di esprimere soltanto un parere su tali provvedimenti
statali e demandano ad un regolamento governativo di fissare un
termine perentorio, trascorso il quale il parere si intenderà
comunque adottato dalla provincia in senso favorevole. Le norme
impugnate, ad avviso della ricorrente, inciderebbero sulle competenze
provinciali in materia di urbanistica e piani regolatori, di tutela
del paesaggio, di lavori pubblici (art. 8, nn. 5,6,17, dello statuto)
nonché di commercio e di incremento della produzione industriale
(art. 9, nn. 3 e 8, dello statuto);
In subordine la ricorrente osserva che, anche a voler riconoscere
allo Stato la competenza ad emanare i provvedimenti concessori ed
autorizzatori in questione, si avrebbe nella materia il concorso di
competenze provinciali, anche di tipo esclusivo, per la incidenza
delle concessioni di costruzione degli stabilimenti industriali de
quibus sulle scelte urbanistiche e di tutela del paesaggio. E tale
concorso, secondo il costante insegnamento del giudice delle leggi,
postula necessariamente la cooperazione tra i due enti da realizzarsi
esclusivamente attraverso lo strumento dell'intesa, il solo idoneo a
salvaguardare la competenza provinciale e non suscettibile di essere
sostituito da un semplice parere, obbligatorio ma non vincolante;
Ancora la provincia autonoma di Bolzano denuncia l'ottavo comma
dell'art. 20 della legge citata, che, stabilendo che il ministro dei
lavori pubblici, di concerto con quello dell'industria e sentito
l'ENEL, possa, su semplice istanza del concessionario, concedere la
proroga delle concessioni di grande derivazione idroelettrica nei
casi di rinuncia dell'ENEL alla facoltà di subentro ai concessionari
scaduti (ai sensi dell'art. 2, secondo comma, della legge 7 agosto
1982 n. 529), lederebbe le competenze provinciali in materia di
servizi pubblici (art. 8, n. 19, statuto), nonché di utilizzazione
di acque pubbliche (art. 9, n. 9, statuto) e sarebbe altresì
incompatibile con la disciplina stabilita in materia dagli artt. 12 e
13 dello statuto e dalle relative norme di attuazione (d.P.R. n. 381
del 1974 -art. 11, e d.P.R. n. 235 del 1977);
L'incostituzionalità rileverebbe sotto tre distinti e concorrenti
profili: in primo luogo perché la proroga sarebbe disposta in modo
pressoché automatico, in base alla sola istanza del titolare della
concessione; in secondo luogo perché non sarebbe previsto per gli
enti locali di poter subentrare ai concessionari; ed infine perché
la procedura dettata non prevederebbe la necessaria intesa con la
provincia ricorrente;
In proposito gli artt. 12 e 13 dello statuto e le relative norme
di attuazione sopra richiamate dettano una disciplina di particolare
favore per il subentro degli enti locali nelle preesistenti
concessioni e detto subentro risulterebbe precluso dalla previsione
della proroga delle concessioni;
In subordine la ricorrente sostiene che, anche ammesso che le
citate norme statutarie non precludano di per sé una proroga delle
concessioni, certamente esse impongono che alla scadenza delle stesse
gli enti locali possano almeno concorrere con gli autoproduttori e
con l'ENEL per poter subentrare nelle concessioni. Ma, ad avviso
della ricorrente, detto concorso verrebbe ora precluso dalla
procedura dettata dalla norma impugnata e comunque sulla domanda di
concessione, da un canto, non sarebbe prevista la necessaria intesa
con la provincia (come invece è stabilito dall'art. 13, ultimo
comma, dello statuto) e, dall'altro, non sarebbe salvaguardata la
possibilità per la provincia medesima di presentare "osservazioni ed
opposizioni", come disposto dall'art. 12, primo comma, dello statuto;
Da ultimo, la disciplina impugnata (art. 20, ottavo comma),
pretendendo di derogare alle previsioni sempre degli artt. 12 e 13
dello statuto, oltreché delle specifiche norme di attuazione, si
porrebbe altresì in contrasto sia con l'art. 104, primo comma, dello
statuto, che detta una procedura particolare per le modifiche del
citato art.13, da attuarsi con legge ordinaria dello Stato soltanto
"su concorde richiesta del governo e .. delle .. province", il che
nella specie non è avvenuto, sia con l'art. 107 del medesimo
statuto, ai sensi del quale alle modifiche delle norme di attuazione
si provvede previa consultazione obbligatoria della commissione
paritetica all'uopo prevista;
3. - La regione autonoma Valle d'Aosta ha chiesto nel suo ricorso
che siano dichiarati costituzionalmente illegittimi "l'art. 1; gli
artt. 3 e ss.; gli artt. 20-24" della legge n. 9 del 1991, per
violazione degli artt. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 dello statuto nonché
dell'art. 3 della Costituzione;
La ricorrente ricorda che l'art. 3, lett. d), dello statuto le
riconosce competenza legislativa "di carattere concorrente ed
attuativo" in tema di disciplina dell'utilizzazione delle acque
pubbliche ad uso idroelettrico", e che gli artt. 5 e seguenti del
medesimo statuto le assegnano una speciale posizione in materia di
acque pubbliche, disponendo l'acquisizione al demanio regionale di
tutte le "acque pubbliche ad uso di irrigazione e potabile (art. 5,
ultimo comma) e la concessione gratuita alla regione di tutte le
altre acque pubbliche, escluse solo quelle già oggetto di
provvedimento di utilizzazione anteriormente al 7 settembre 1945 e
fermo restando, anche per queste ultime, il subentro della regione
alla scadenza dei detti provvedimenti (art. 7). È altresì previsto
che le concessioni non utilizzate alla data predetta passino alla
regione che, pur non potendo cederle, ne può far oggetto di sub-concessione secondo una speciale procedura (art. 8);
Analoghe disposizioni sono dettate in materia di miniere dall'art.
11 delle medesime disposizioni statutarie);
Ciò premesso, la ricorrente denuncia che le norme impugnate,
oltre ad ignorare la speciale posizione riconosciutale dallo statuto,
avrebbero altresì violato l'art. 3 della Costituzione avendo solo in
determinate ipotesi previsto l'obbligo di assumere il parere della
regione, viceversa non previsto in un complesso di altre ipotesi (in
specie in materia di concessioni idroelettriche), nelle quali
egualmente necessario apparirebbe il suddetto parere;
In particolare la regione lamenta che l'art. 1 della legge, prevedendo l'emanazione di norme statali regolamentari in materia di procedure per le concessioni o le varianti di concessioni di
"derivazione d'acqua" per la produzione di energia elettrica,
oltreché in materia di procedure per l'autorizzazione di
elettrodotti, e pur facendo salvo "l'intervento", nelle procedure,
delle amministrazioni competenti per la legislazione vigente, omette
di dettare qualunque disposizione "per le acque pubbliche esistenti
nella regione" e di riconoscere "alcun intervento della regione"
nelle relative procedure, nonostante la posizione formale di sub-concessionaria delle acque pubbliche esistenti nel proprio
territorio, posizione attributaria di un complesso di poteri. Tra
l'altro, l'art. 8 dello statuto stabilisce che l'utilizzazione delle
acque della regione debba avvenire secondo un piano concordato in un
comitato misto, composto di rappresentanti statali e regionali;
Per quanto riguarda, poi, la materia degli idrocarburi e la
geotermia, le previsioni degli "artt. 3 ss." lederebbero, sempre ad
avviso della ricorrente, le competenze legislative regionali di tipo
esclusivo in tema di tutela del paesaggio (art. 2, lett. q), dello
statuto), necessariamente compromesse dall'attività, seppure
eventuale nel territorio regionale, di prospezione, ricerca e
coltivazione;
Infine, in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ad uso
idroelettrico, le disposizioni circa il prolungamento della durata
delle concessioni e il diritto di prelazione sulle concessioni
stesse, rispettivamente previste dagli artt. 20, ottavo comma, e 24
della legge impugnata, lederebbero le attribuzioni costituzionalmente
garantite alla regione dagli artt. 7 e 8 dello statuto e dall'art. 2
del d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142, e, mentre si preoccupano della
acquisizione di parere dell'ENEL, ignorano del tutto la posizione
regionale nella specifica materia;
4.1. - Si è costituito nei tre giudizi, opponendosi a tutte le
impugnative, il Presidente del consiglio dei ministri;
In via preliminare e con riferimento a tutti i ricorsi,
l'Avvocatura generale dello Stato ricorda che la legge n. 9 del 1991
è stata emanata per dare attuazione ad un piano di interesse
nazionale, qual'è il nuovo piano energetico, destinato a far fronte
alle note carenze di energia e all'esigenza di ridurre i consumi sia
a fini ambientali che a fini finanziari, mediante lo sviluppo delle
fonti nazionali esistenti e la creazione e lo sviluppo di fonti alternative;
A fronte di un siffatto intervento che contempla la realtà
nazionale, al di là ed oltre le situazioni locali e contingenti, le
competenze legislative delle provincie autonome e della regione Valle
d'Aosta, sia di tipo primario, che secondario, che integrativo (come
nel caso della Valle d'Aosta) nelle diverse materie distintamente
invocate (miniere, acque pubbliche ad uso idroelettrico, ed altre
ancora) o devono necessariamente cedere in vista di un superiore
interesse nazionale o non sono addirittura compromesse, sia perché
attinenti a materie diverse sia perché comunque lo Stato mantiene il
potere di legiferare per la tutela di interessi generali, dettando
norme di indirizzo a carattere programmatico cui anche le regioni a
statuto speciale e le province autonome devono attenersi;
4.2. - In particolare la difesa dello Stato contesta la fondatezza
del ricorso della provincia autonoma di Trento, osservando in primo
luogo che la materia dello sviluppo e della razionalizzazione
energetica non rientra tra quelle di competenza provinciale ed il
fatto che essa possa incidere in settori riservati alla provincia,
quale quello delle "miniere", invocato nella impugnativa e previsto
dagli artt. 8, n. 14, e 16, dello statuto, non significa che sia
stata invasa una competenza provinciale; in secondo luogo ricorda
che, comunque, la potestà legislativa primaria della provincia è
subordinata al rispetto degli interessi nazionali e delle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica e che
la legge statale in esame è, nel suo complesso, un atto di indirizzo
generale a valore programmatico che la provincia è tenuta a
rispettare;
Quanto all'impugnativa, riferita in via cautelativa all'art. 9
della legge, l'Avvocatura generale dello Stato ne sostiene la
inammissibilità per evidente carenza di interesse, non essendo stato
previsto nella norma il rilascio delle concessioni di coltivazione di
idrocarburi da parte di alcuna autorità statale;
4.3. - Difese analoghe vengono svolte nei confronti del ricorso
della provincia autonoma di Bolzano per quanto attiene
all'impugnativa degli artt. 3, primo e terzo comma, 5, primo comma,
6, primo comma, e 9, pur censurati per violazione di parametri
costituzionali in parte diversi da quelli invocati nel ricorso della
provincia autonoma di Trento (e cioè l'art. 8, nn. 6, 14, 16 e
17, dello statuto, nelle materie della tutela del paesaggio, delle
miniere, dell'alpicoltura e parchi, dei lavori pubblici);
In relazione, poi, alle censure riferite agli artt. 16 e 17,
secondo comma, lett. b), della legge, la difesa dello Stato precisa
che le disposizioni impugnate attengono alla materia delle fonti di
energia in senso stretto, certamente non di competenza provinciale,
disciplinando la lavorazione e il deposito di oli minerali con norme
meramente strumentali che non incidono direttamente sulle competenze
riservate alla provincia;
Quanto, infine, all'art. 20, ottavo comma, della legge, anch'esso
impugnato dalla provincia autonoma di Bolzano, l'Avvocatura generale
dello dello Stato sottolinea che la norma non solo riguarda la
materia delle concessioni di grande derivazione idroelettrica, non
compresa tra quelle riservate alla competenza provinciale dall'art.
9, n. 9, dello statuto, ma comunque dispone in tema di autoproduttori
di energia senza limitare le aspettative della provincia,
salvaguardate dall'ultima parte della norma;
4.4. - Con riferimento, poi, al ricorso della regione autonoma
Valle d'Aosta, la difesa dello Stato, oltre a rilevarne in via
implicita l'inammissibilità per la genericità di alcuni motivi, ne
sostiene comunque la infondatezza perché le competenze regionali che
si assumono violate, in tema di "disciplina dell'utilizzazione delle
acque pubbliche ad uso idroelettrico" (art. 3, lett. d), dello
statuto), e di "disciplina della utilizzazione delle miniere" (art.
3, lett. e), dello statuto), sono di tipo integrativo e di attuazione
delle leggi della Repubblica per adattarle alle condizioni regionali.
Lo Stato, in concreto, ha esercitato il potere di legiferare in sede
primaria e di prevedere norme regolamentari generali in tema di procedure in una materia che è rimasta nella sua sfera, senza alcuna
invasione di competenze regionali;
In particolare, poi, l'Avvocatura generale dello Stato osserva che
l'art. 3 della Costituzione è invocato in modo non pertinente,
perché la regione assume una parità di trattamento in relazione a
situazioni che comunque sono differenziate;
Infine, in riferimento alla parte del ricorso con cui si impugnano
le norme sugli autoproduttori e sulle imprese elettriche degli enti
locali (indicate dalla ricorrente come "artt. 20 e ss.) e
relativamente alle quali viene censurata la parte attinente la durata
delle concessioni idroelettriche e le prelazioni su di esse, la
difesa dello Stato ribadisce che i diritti e le spettanze
regionali, di cui agli artt. 7 e 8 dello statuto, cedono di fronte
all'intendimento dello Stato di far oggetto, le acque, di un piano di
interesse nazionale (cfr. art. 7, ultimo comma, dello statuto),
qual'è il nuovo piano energetico;
5.1. - In prossimità dell'udienza di discussione, hanno
presentato memorie la provincia autonoma di Bolzano e la regione
autonoma Valla d'Aosta nonché la difesa dello Stato, quest'ultima in
relazione a tutti e tre i ricorsi;
5.2. - La provincia autonoma di Bolzano contesta, in via
preliminare, l'affermazione dell'Avvocatura generale dello Stato
secondo cui la legge impugnata (n. 9 cit.) sarebbe un "atto di
indirizzo generale a valore programmatico" cui la provincia dovrebbe
attenersi, e nega la sussistenza nell'ordinamento di "leggi di
indirizzo" alla stregua della giurisprudenza costituzionale, per la
quale la funzione statale di indirizzo non costituisce un limite
"ulteriore" all'autonomia, bensì la "pura espressione" dei limiti
positivi fissati da norme costituzionali nei confronti delle potestà
legislative (esclusive o concorrenti) e amministrative, regionali e
provinciali. In concreto la normativa legislativa, in quanto
"attuativa" di un preesistente programma, non è riconducibile
nell'ambito dei limiti positivi di cui sopra;
In ordine alle singole norme impugnate, poi, la provincia autonoma
di Bolzano ribadisce, ampliandole, le tesi svolte nel ricorso;
5.3. - La regione Valle d'Aosta nella sua memoria contesta la tesi
avversaria secondo cui, a fronte della competenza spettantele, di
tipo "integrativo e di attuazione", nelle materie disciplinate dalla
legge impugnata (utilizzazione delle acque pubbliche ad uso
idroelettrico e delle miniere), lo Stato avrebbe legittimamente
esercitato il potere di legiferare in sede primaria, prevedendo norme
regolamentari disciplinanti le procedure in una materia che è
rimasta nella sua sfera. Viceversa, ad avviso della regione, è
proprio il tipo particolare di competenza attribuitale (di attuare e
integrare le leggi dello Stato) che non consente che tale potere
attuativo spetti anche allo Stato fino alla integrale compressione
delle competenze statutarie di quel tipo. Nemmeno è sostenibile la
tesi che l'espropriazione delle competenze regionali si fonderebbe
sulla previsione dell'ultimo comma dell'art. 7 statuto, che riserva
allo Stato ogni competenza in materia di acque quando queste siano
oggetto di un piano nazionale, perché tale rilievo non avrebbe
comunque senso per i diversi settori delle miniere (per il quale non
vi è analoga riserva), e dall'autoproduzione, che non può
concepirsi come oggetto di un piano di interesse nazionale a causa
della marginalità del fenomeno. Inoltre, pur in presenza di un piano
nazionale, non è incompatibile che le sue finalità siano perseguite
facendo salve le attribuzioni regionali, specie quando, come nel caso
dello statuto valdostano, è previsto un apposito comitato paritetico
(art. 8, terzo comma, statuto) cui compete l'elaborazione del piano
generale di utilizzazione delle acque nel territorio regionale.
5.4. - Nella sua memoria l'Avvocatura generale dello Stato amplia
ulteriormente le considerazioni espresse negli atti di costituzione;
6. - Sempre in prossimità dell'udienza di discussione, ma
comunque tardivamente, la Soc.Edison ha depositato due atti di
intervento, di analogo contenuto, nei giudizi promossi avverso la
legge n. 9 del 1991 con i ricorsi della provincia autonoma di Bolzano
e della regione Valle d'Aosta (reg. ric. nn. 5 e 8 del 1991) ed ha
chiesto, in via preliminare, che la Corte ne dichiari
l'ammissibilità invocando l'art. 24 della Costituzione e il rispetto
del principio del contraddittorio;
Negli atti di intervento si sostiene che la legge impugnata, in
quanto strumento attuativo del PEN, e per le finalità che le sono
proprie, risponde ad un preciso interesse nazionale che si pone come
limite all'esercizio di competenze legislative, regionali o
provinciali (di qualunque tipo), in quanto tale interesse è per sua
natura stringente e infrazionabile;
La normativa secondaria, a cui rinviano alcune norme della legge
impugnata, è anch'essa giustificata dall'imprescindibile esigenza
che gli interventi previsti rispondano a criteri di unitarietà, con
conseguente riconoscimento della competenza statale a porre i
principi e i criteri generali nonché le modalità tecniche,
affinché la concreta attuazione del PEN consenta il perseguimento
degli scopi che la politica energetica del paese si è prefissi e che
non possono essere raggiunti frazionando i momenti decisionali a
livello locale;
Considerato in diritto
1. - Le province autonome di Trento e di Bolzano e la regione
autonoma della Valle d'Aosta hanno impugnato varie disposizioni della
legge 9 gennaio 1991 n. 9, recante norme per l'attuazione del nuovo
piano energetico nazionale, reputandole lesive di proprie competenze
nelle varie materie oggetto della disciplina;
In particolare le due province autonome hanno denunciato gli
articoli 3, primo e terzo comma, 5, primo comma, 6, primo comma, e,
in via cautelativa, l'art. 9 della legge, che concernono interventi
nel settore degli idrocarburi, per contrasto con gli artt. 8, n. 14,
e 16 dello statuto speciale di autonomia, anche in relazione alle
norme di attuazione (art. 1 d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017, come
integrato dall'art. 1 d.P.R. 15 luglio 1988, n. 300), ed inoltre (la
sola provincia di Bolzano) per violazione dell'art. 8, nn. 6, 16 e
17, del medesimo statuto;
La provincia di Bolzano ha impugnato, altresì, gli artt. 16 e 17,
secondo comma, lett. b), della legge, che dettano norme in materia di
impianti di oli minerali, per contrasto con gli artt. 8, nn. 5, 6,
17, e 9, nn. 3, 8, dello statuto, nonché l'art. 20, ottavo comma,
della legge, in tema di concessioni idroelettriche, in riferimento
agli artt. 8, n. 19, 9, n.9, 12, 13, 104, primo comma, e 107 dello
statuto, e alle norme di attuazione dettate dall'art. 11 del d.P.R.
n. 381 del 1974 e dal d.P.R. n. 235 del 1977;
In relazione ad alcune di tali norme la ricorrente provincia di
Bolzano ha formulato sia censure in via principale che censure in via
subordinata, che verranno illustrate in prosieguo;
La regione autonoma della Valle d'Aosta, dal canto suo, ha
censurato, anzitutto, l'art. 1 della legge, per violazione degli
artt. 3, lett. d, 5, 7 e 8 dello statuto regionale e dell'art. 3
della Costituzione; ha denunciato poi gli artt. "3 e ss." (così
indicati nel ricorso) per contrasto con gli artt. 11 e 2, lett. q,
dello statuto, ed altresì gli art. 20, ottavo comma, e 24 della
legge, in riferimento agli artt. 7 e 8 dello statuto e all'art. 2 del
d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142;
2. - Poiché i ricorsi coinvolgono tutti questioni coincidenti o
connesse, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi
con unica pronuncia;
3.1. - Preliminarmente devono essere dichiarati inammissibili, in
quanto in ogni caso tardivi, gli "atti di intervento" depositati
nella cancelleria di questa Corte il 2 ottobre 1991 dalla Edison
s.p.a. in relazione ai giudizi promossi con i ricorsi della provincia
autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 5 del 1991) e della regione
autonoma Valle d'Aosta (reg. ric. n. 8 del 1991);
3.2. - Sempre in via preliminare deve, poi, essere esaminata
l'eccezione, formulata dall'Avvocatura generale dello Stato nei
confronti del ricorso della regione autonoma Valle d'Aosta, di cui ha
sostenuto l'inammissibilità per genericità delle censure proposte;
Osserva in proposito la Corte che l'eventuale fondatezza
dell'eccezione in relazione ad alcune delle censure, secondo quanto
potrebbe risultare in occasione dell'esame di ciascuna delle
questioni sollevate, non può dar luogo all'inammissibilità
dell'impugnativa nel suo complesso, dato che, come si rileverà in
prosieguo, per altre di esse è possibile individuare il contenuto e
gli specifici profili;
4. - Per un più completo inquadramento delle questioni da
esaminare, sembra opportuno premettere che la legge 9 gennaio 1991,
n. 9, come risulta dalla relazione illustrativa del disegno di legge
governativo e dai lavori parlamentari, è stata emanata per dare
attuazione al nuovo piano energetico nazionale (in seguito denominato
PEN), predisponendo una serie di strumenti tali da assicurare
interventi pubblici idonei e coerenti con gli indirizzi programmatici
e finalizzati non più a misure settoriali sulle singole materie
prime, bensì ad una gestione globale ed integrata delle risorse
energetiche sul territorio;
Nel riferirsi sia ai problemi di tutela ambientale, sia allo
sviluppo socio-economico del paese, sia infine ai nuovi indirizzi
comunitari di politica energetica, la legge in argomento ha dettato
norme relative alla semplificazione ed alla accelerazione delle procedure autorizzatorie per le centrali idroelettriche e gli
elettrodotti; alla regolamentazione della ricerca e della
coltivazione degli idrocarburi nazionali e della geotermia, definiti
settori di importanza strategica; alla lavorazione di oli minerali e
alle connesse procedure autorizzatorie e concessorie; alle scorte di
riserva di prodotti petroliferi; alla promozione dell'autoproduzione
di energia elettrica, in vista della utilizzazione di tutte le
potenzialità della fonte idrica per la produzione di energia; alla
produzione e alla circolazione di energia elettrica mediante fonti
rinnovabili ed assimilate; alla durata delle concessioni
idroelettriche e al diritto di prelazione sulle stesse. Sono infine
dettate disposizioni di natura fiscale e finanziaria nonché norme
finali in materia di tutela ambientale ed igienico-sanitaria per le
attività e gli impianti previsti nella legge stessa;
Una così articolata normativa si presenta nel suo complesso
diretta ad offrire una soluzione organica ai problemi relativi al
settore dell'energia, nelle sue varie componenti, di indubbia
rilevanza per lo sviluppo dell'economia nazionale a causa della
insufficienza dei rifornimenti e della dipendenza
dall'approvvigionamento estero;
La prima e generale constatazione che può formularsi, in
relazione alle questioni oggetto dei presenti giudizi, è perciò che
la legge n. 9 del 1991, della quale alcune disposizioni
interferiscono anche su materie di competenza regionale o
provinciale, è diretta a soddisfare un interesse nazionale, di
carattere generale, avente riflessi anche nei rapporti con l'estero,
la cui preminenza è stata ritenuta tale da richiedere una disciplina
di carattere unitario. Il che giustifica l'intervento del legislatore
statale idoneo a far sì che i numerosi aspetti del problema possano
adeguatamente essere considerati nella loro complessità, onde
pervenire a soluzioni idonee ad assicurare l'equilibrio dello
sviluppo economico e sociale del paese;
Pur dovendosi per tali ragioni giustificare che leggi dello Stato
interferiscano in materie spettanti alle regioni, tuttavia, in sede
di scrutinio di costituzionalità, l'indagine su leggi del genere
deve essere condotta in modo particolarmente accurato ( sent. n. 177
del 1988), dovendosi di volta in volta verificare se l'intervento del
legislatore statale risulti strettamente correlato all'esigenza di
soddisfare l'interesse nazionale ritenuto preminente e se le singole
disposizioni impugnate costituiscano strumenti necessari e non
esorbitanti in relazione agli scopi da perseguire (sent. n. 633 del
1988);
5.1. - La regione autonoma Valle d'Aosta ha impugnato l'art. 1
della legge, il quale prevede che, con successivo decreto del
Presidente della Repubblica, siano emanate norme dirette a
disciplinare le procedure per le concessioni di derivazioni di acqua
destinate alla produzione di energia elettrica e per l'autorizzazione
alla costruzione di elettrodotti. Ad avviso della ricorrente, tale
disposizione, omettendo di riconoscere la speciale posizione della
regione, quale sub-concessionaria delle acque pubbliche esistenti nel
proprio territorio, lederebbe la competenza di tipo "concorrente"
della regione riconosciuta dallo statuto in materia di "utilizzazione
delle acque pubbliche ad uso idroelettrico" (art. 3, lett. d) e
violerebbe altresì le altre previsioni statutarie che prevedono: il
trasferimento al demanio regionale delle "acque pubbliche in uso di
irrigazione e potabile" (art. 5, ultimo comma); la concessione alla
regione delle altre acque pubbliche, escluse quelle già oggetto di
uso o di concessione ad una certa data; il subentro della regione
medesima alle concessioni esistenti, una volta scadute (art. 7) o non
utilizzate; il divieto per la regione di cedere dette ultime
concessioni e la facoltà invece di sub-concederle, secondo un piano
generale da stabilirsi da un comitato misto composto di
rappresentanti statali e regionali (art. 8);
5.2. - La questione non è fondata in riferimento a nessuno dei
parametri statutari invocati;
In primo luogo non è ravvisabile il dedotto contrasto tra la
norma impugnata e l'art. 3, lett. d), dello statuto regionale,
perché, qualunque sia il tipo di competenza di cui la regione è
titolare in materia di "disciplina dell'utilizzazione delle acque
pubbliche ad uso idroelettrico", la previsione contenuta nell'art. 1
della legge è fondata sull'interesse nazionale connesso
all'attuazione del PEN, da realizzarsi in modo unitario attraverso
interventi coordinati in tutto il territorio del paese; rispondendo
così la norma impugnata ad un siffatto interesse, essa si pone come
limite legittimo all'esercizio delle competenze regionali e, nella
specie, ai diritti e ai poteri vantati dalla regione Valla d'Aosta
(sentenza n. 13 del 1964);
Nell'ipotesi in esame nessun dubbio può esservi che si sia in
presenza di un piano di interesse nazionale: il piano energetico
nazionale, appunto, per l'attuazione del quale la norma impugnata
assolve una funzione strumentale, là dove dispone che nell'emanando
regolamento si preveda che il ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato autorizzi la costruzione dell'impianto
idroelettrico solo dopo averne verificato la potenzialità, ovverosia
la necessità di energia elettrica che l'impianto da realizzare è
destinato a soddisfare, nonché la compatibilità con le previsioni
del piano energetico nazionale ed altresì dei piani di bacino
previsti dalla legge per la difesa del suolo (legge 18 maggio 1989,
n. 183) predisposti dagli appositi comitati;
La stessa norma censurata, poi, oltre a recare altre disposizioni
dirette allo snellimento e alla semplificazione delle procedure,
affida al regolamento di prevedere altresì che il ministro
responsabile sia tenuto a redigere la mappa degli impianti per la
produzione di energia idroelettrica e del relativo bacino di utenza e
ad aggiornarla annualmente. E tali puntuali adempimenti, concernenti
specificamente il settore delle acque, sono direttamente finalizzati
alla concreta realizzazione della politica energetica nazionale,
ossia del sistema degli interventi preordinati al reperimento,
all'approvvigionamento e alla gestione delle risorse energetiche
(sent. 183 del 1987), tra le quali va annoverata l'energia
idroelettrica, mediante le previsioni di un piano che, per le
finalità che intende perseguire, deve rispondere all'interesse
nazionale e, quindi, suppone una prospettiva unitaria;
5.3. - Privo di fondamento, poi, è il riferimento all'art. 5,
ultimo comma, dello statuto, che disciplina il trasferimento al
demanio regionale delle "acque pubbliche in uso di irrigazione e
potabile", poiché quelle oggetto della normativa impugnata sono le
acque destinate alla produzione di energia elettrica. In relazione ad
esse, già questa Corte ha avuto modo di chiarire che, in seguito
alla riforma del settore dell'energia elettrica realizzata dalla
legge di nazionalizzazione delle imprese produttrici di energia
elettrica (legge 6 dicembre 1962, n. 1643), le acque, a quel fine
destinate e nei limiti di tale uso, si sottraggono all'esercizio di
diritti o poteri incompatibili da parte della regione (sent. n. 13
del 1964 cit.), con la conseguenza che quelle acque sono state
disciplinate con un regime speciale ad opera dell'avvenuta
nazionalizzazione, che ha operato come condizione derogatoria alla
concessione delle acque alla regione a norma dell'ultimo comma
dell'art. 7 dello statuto, regime che deve intendersi vigente fino a
che permanga la destinazione delle acque alla produzione di energia
elettrica;
In tale contesto la norma impugnata, in quanto volta a
disciplinare le concessioni di derivazione di acqua per la produzione
di energia elettrica, assume a proprio presupposto appunto la
permanenza di quella destinazione e ciò porta ad escludere la
competenza regionale;
5.4. - L'articolata censura della ricorrente, in conclusione, cede
di fronte all'ultimo comma dell'art. 7 dello statuto regionale, a
termini del quale la concessione delle acque pubbliche esistenti
nella regione è "subordinata, in ogni caso, alla condizione che lo
Stato non intenda fare oggetto le acque di un piano di interesse
nazionale";
Tale essendo il piano energetico, deve escludersi che le acque
interessate dagli impianti idroelettrici, disciplinati nell'art. 1
impugnato, possano ricadere nell'ambito di concessioni alla regione,
con conseguente impossibilità di riconoscerle i poteri e le
competenze rivendicati;
Non è quindi conferente il riferimento al comitato misto, di cui
all'art. 8 delle norme statutarie, poiché i compiti di quell'organo
- che nel ricorso si assume essere compromessi o disattesi dalla
previsione impugnata - attengono esclusivamente all'utilizzazione
delle acque date in concessione alla regione, il che nella specie non
può avvenire per effetto, come già detto, della deroga di cui
all'ultimo comma dell'art. 7 del medesimo statuto;
L'art. 1 della legge in esame si sottrae, quindi, a tutte le
censure formulate in riferimento alle norme dello statuto regionale,
per essere la materia oggetto della disciplina esclusa dalla
competenza regionale; fatta salva, ovviamente, la possibilità per la
regione di far valere le proprie ragioni nei confronti delle norme
regolamentari in concreto emanate, ove da esse possano ipotizzarsi
eventuali lesioni di competenze regionali;
6. - L'art. 1 citato è denunciato dalla regione Valle d'Aosta
anche per violazione dell'art. 3 della Costituzione, perché, ad
avviso della ricorrente, mentre altre norme della legge impugnata (e
precisamente quelle in materia di idrocarburi) prevedono che i
provvedimenti da esse indicati siano adottati "sentita la regione ..
territorialmente competente", ciò non è stato previsto per la
materia degli impianti idroelettrici;
La censura è inammissibile: impugnando, difatti, la norma per la
mancata previsione della consultazione della regione in vista
dell'adozione del provvedimento da essa disciplinato, consultazione
invece prevista relativamente ad altre situazioni regolate dalla
legge, la ricorrente non lamenta l'invasione di proprie competenze,
non essendo possibile sostenere che la legge dello Stato, una volta
che abbia previsto di acquisire il parere della regione per alcuni
procedimenti, sia tenuta solo per tale ragione ad estendere la
previsione a tutti i procedimenti disciplinati dalla legge stessa se
ciò non sia imposto da precisi parametri statutari;
7.1. - Le questioni di legittimità costituzionale, che le province autonome di Trento e di Bolzano hanno, ciascuna per proprio
conto, sollevato nei confronti degli artt. 3, primo e terzo comma, 5,
primo comma, 6, primo comma, e, in via cautelativa, dell'art. 9 della
legge impugnata, sono in larga parte simili e quindi possono essere
trattate congiuntamente;
Le norme contenute nei primi tre articoli indicati prevedono che i
permessi di prospezione e ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi
siano rilasciati dal "ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentiti il comitato tecnico per gli idrocarburi e
la geotermia e la regione e la provincia autonoma di Trento e di
Bolzano, territorialmente interessata", di concerto anche con altri
ministri di settore. L'art. 9 disciplina invece il rilascio della
concessione di coltivazione del giacimento una volta scoperto, senza
peraltro indicare l'autorità competente, il che ha indotto le
ricorrenti a formulare la censure nei confronti di tale articolo in
via cautelativa, nell'ipotesi in cui la disposizione vada
interpretata nel senso di attribuire potestà all'autorità statale;
Entrambe le ricorrenti sostengono che le norme impugnate
riguardino materie provinciali e che la prevista attribuzione di
competenza statale, con il riconoscimento alle province autonome di
un ruolo meramente consultivo, contrasti con le norme statutarie che
attribuiscono alle province autonome competenze di tipo esclusivo in
materia di "miniere" (art. 8, n. 14) e (come si sostiene nel ricorso
della provincia di Trento) comporti l'invasione delle corrispondenti
funzioni amministrative (art. 16) nonché (come sostiene la provincia
di Bolzano) la lesione di competenze, sempre di tipo esclusivo, in
materia di tutela del paesaggio (art. 8, n. 6), di alpicoltura e
parchi per la protezione della flora e della fauna (art. 8, n. 16) e
di lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, n. 17);
Analoghe sono le censure proposte dalla regione autonoma della
Valle d'Aosta nei confronti delle medesime norme, le quali
ignorerebbero la posizione e le attribuzioni regionali, spettanti in
base all'art. 11 dello statuto, in materia di miniere e comunque
interferirebbero con la competenza legislativa regionale in materia
di tutela del paesaggio (art. 2 lett. q);
7.2 - In relazione alle eccezioni formulate dall'Avvocatura
generale dello Stato in ordine alle censure della Valle d'Aosta, illustrate nel punto precedente, devesi osservare che, se è vero che
nel ricorso manca un puntuale riferimento alle norme impugnate,
essendo esse indicate negli "artt. 3 e seguenti", tuttavia dal
contenuto della censura è possibile individuarle in quelle "in
materia di ricerca e coltivazione degli idrocarburi". Quindi
l'eccezione di inammissibilità deve essere disattesa;
Quanto poi ad analoga eccezione sollevata nei confronti di tutti e
tre i ricorsi, per la parte in cui essi, proponendo l'impugnativa nei
confronti dell'art. 9 della legge (anch'esso oggetto delle censure
illustrate nel punto precedente), dichiarano di farlo in via
"cautelativa", cioè solo per l'eventualità che tale articolo sia
attributivo di competenze allo Stato, devesi ritenere che, una volta
che dalla sua interpretazione sia possibile pervenire alla
conclusione che esso attribuisca competenza allo Stato - indagine che
deve essere appunto compiuta in questa sede - viene meno il dubbio
interpretativo e, quindi, la censura diviene effettiva dovendo essere
esaminata muovendo da questo presupposto;
Orbene, in base ai richiami contenuti nell'art. 9 citato ad altre
fonti legislative, (artt. 18, 27, commi quarto, quinto e sesto, e 29
della legge 21 luglio 1967, n. 613 e art. 12 della legge 30 luglio
1990, n. 221) si deve ritenere che esso abbia inteso conferire il
potere di rilascio della concessione di coltivazione del giacimento
al ministro dell'industria;
Le disposizioni legislative richiamate, infatti, contengono varie
norme che riconoscono al ministro in questione la competenza ad
adottare provvedimenti in materia, quali l'autorizzazione alla
cessione della quota di uno dei contitolari della concessione, il
rilascio del permesso di coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, la
proroga di dette concessioni, ed inoltre la verifica del possesso di
determinati requisiti in capo al soggetto rappresentante nonché
l'autorizzazione alla cessione di quote e la dichiarazione di
decadenza nel caso di contitolarità del permesso di ricerca e di
coltivazione di miniere);
Una volta che l'art. 9 è interpretato nei sensi anzidetti, devono
essere respinte le eccezioni di inammissibilità formulate
dall'Avvocatura generale dello Stato: dovendosi difatti riconoscere
la sussistenza del presupposto da cui muovono le censure, esse
possono essere prese in esame sotto il denunciato profilo di
invasività di competenze regionali o provinciali;
7.3. - Il nucleo essenziale delle censure delle province autonome,
riferite agli artt. 3, 5, 6 e 9 della legge, sta nella denunciata
compressione di competenze esclusive provinciali derivante dalla
prevista attribuzione di poteri all'autorità centrale in tema di
rilascio dei permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi, a fronte dei quali le province autonome sarebbero relegate ad un ruolo meramente consultivo - del tutto parificato a quello
riconosciuto alle regioni a statuto ordinario, prive di competenza
costituzionalmente garantita nel campo delle miniere - tale da non
compensarle della sottrazione delle competenze costituzionalmente
garantite, posto che il "parere" non può ritenersi "strumento
idoneo" a giustificare tale sottrazione;
Le questioni così riassunte sono fondate;
Le ricorrenti, pur riconoscendo la potestà primaria dello Stato
nella pianificazione dell'energia e quindi non contestando che la
legge dello Stato abbia dettato la normativa necessaria per rendere
attuabili le previsioni programmatorie del piano energetico,
lamentano tuttavia l'insufficienza della previsione del solo loro
parere per compensare la sottrazione di competenze amministrative di
tipo gestionale ed attuativo;
Al riguardo devesi considerare che nella previsione normativa la
valutazione degli interessi e delle esigenze delle autonomie
provinciali e regionali non è stata del tutto omessa, essendosi
riconosciuto (anche) alle province autonome il potere di esprimersi
in ordine agli adottandi provvedimenti abilitativi, il cui rilascio
è stato comunque riservato all'autorità centrale. Tale disciplina,
per come formulata, si presta però alle censure delle ricorrenti,
rivelandosi inadeguata alla considerazione del ruolo delle autonomie
speciali, là dove non riserva un maggior peso alle province autonome
titolari della competenza legislativa esclusiva e delle connesse
funzioni amministrative, in particolare nel settore delle miniere,
nel cui ambito gli idrocarburi sono ricompresi quali una delle
materie prime energetiche;
È infatti pacifico che l'attribuzione comporta anche la potestà
di dettare una disciplina pubblicistica della ricerca e della
coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi e tale potestà deve
essere adeguatamente considerata quando, in vista del preminente
interesse nazionale, lo Stato vada ad incidere su di essa;
Non può perciò in questi casi riconoscersi alle autonomie
speciali soltanto un ruolo consultivo, di per sé insufficiente alla
tutela dell'autonomia differenziata di cui le Province sono
espressione, bensì un ruolo di maggiore intensità, del che del
resto ci si è resi conto anche nel corso dei lavori parlamentari, e
che la Corte ha più volte (sentt. nn. 351 e 21 del 1991, 337 del
1989, 747 del 1988) indicato come necessario, nell'ambito della leale
collaborazione che deve presiedere ai rapporti tra livelli diversi di
governo, quando gli interventi ipotizzati coinvolgano interessi
comuni;
La normativa impugnata è pertanto illegittima in quanto non
prevede che le funzioni statali si esplichino previa intesa con le
province autonome. Detta intesa, peraltro, non può essere concepita
nel senso "che il mancato raggiungimento di essa sia di ostacolo
insuperabile alla conclusione" dei procedimenti amministrativi,
proprio in considerazione della necessità di soddisfare i preminenti
interessi connessi all'attuazione del PEN e quindi alla ricerca e
allo sfruttamento ottimale di una materia prima energetica, quale gli
idrocarburi;
Come già affermato da questa Corte in casi analoghi (sent. n. 21
del 1991 cit.) è pertanto necessario che in sede di rilascio dei
ricordati provvedimenti, l'autorità statale si attivi per promuovere
la necessaria fase di contatto con le autonomie, nel rispetto delle
loro esigenze da valutarsi proprio nel quadro di una leale
collaborazione, "fermo restando, in caso di mancato raggiungimento
dell'intesa, l'ulteriore corso del procedimento";
Una volta pervenuti a queste conclusioni per quel che riguarda le
competenze in materia di miniere, discende come naturale conseguenza
che, nelle ipotesi in cui le attività degli organi dello Stato
dovessero interferire con altre materie di spettanza regionale, relative cioè agli altri parametri statutari invocati, l'intesa nei
sensi anzidetti dovrà riguardare anche gli interessi connessi a tali
materie;
7.4. - Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche per quel
che concerne il ricorso della regione Valle d'Aosta, nella parte in
cui si rivolge agli stessi articoli indicati nel punto precedente; In
proposito, difatti, le censure della ricorrente, che contesta in
radice l'attribuzione allo Stato delle specifiche competenze previste
dalle norme indicate, non possono accogliersi nella loro portata
radicale, perché le contestate funzioni statali sono attribuite,
come si è rilevato in precedenza, in ragione dell'interesse
nazionale connesso all'attuazione del PEN. Esse possono, tuttavia,
essere condivise in senso più riduttivo, in quanto cioè la
ricorrente implicitamente si duole comunque della mancata
considerazione in modo adeguato delle proprie competenze. In questo
senso la censura è fondata, essendo le norme impugnate illegittime
in quanto non prevedono lo strumento dell'intesa, sia pur concepita
nei sensi innanzi precisati (v. punto 7.3) relativamente alle province autonome;
8.1. - La sola provincia di Bolzano impugna gli artt. 16 e 17,
secondo comma, lett. b), della legge, sostenendo che avrebbero inciso
sulle competenze provinciali in materia di urbanistica, tutela del
paesaggio, lavori pubblici (art. 8, nn. 5, 6 e 17 dello statuto),
commercio e incremento della produzione industriale (art. 9, nn. 3 e
8 dello statuto); La prima delle norme impugnate stabilisce che sono
soggette a concessione da parte del ministro dell'industria, "sentita
la regione interessata", la costruzione e la gestione di stabilimenti
e impianti per la lavorazione di oli minerali, di installazioni di
gas naturale liquefatto, di depositi di oli minerali o di gas
naturale liquefatto che raggiungano determinate dimensioni, nonché
di opere connesse allo stoccaggio di detti prodotti; stabilisce,
altresì, che sono soggette ad autorizzazione ministeriale la
costruzione e la gestione di nuovi impianti che non amplino la
capacità di lavorazione di oli minerali, di nuovi serbatoi di
stoccaggio di oli minerali annessi agli stabilimenti, nonché di
opere connesse; L'art. 17 (di cui è impugnata solo la lett. b del
secondo comma), prevede l'emanazione, nelle materie oggetto del
precedente art. 16, di un regolamento governativo ai sensi dell'art.
17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, e detta, nel contempo,
principi e criteri cui dovrà attenersi l'emanando atto normativo,
tra cui, in particolare quello di "fissare termini perentori, entro i
quali ciascuna autorità, compresa la regione interessata, dovrà
adottare gli atti procedimentali di propria competenza, trascorsi i
quali gli atti stessi si intendono adottati in senso favorevole"
(secondo comma, lettera b); La provincia ricorrente sostiene
l'invasione in tal modo delle proprie competenze, specie per quanto
concerne le concessioni edilizie relative alla costruzione degli
stabilimenti, e, in subordine, riconoscendo che nella materia possono
concorrere competenze statali e competenze provinciali, afferma la
necessità di cooperazione tra i due enti attraverso lo strumento
dell'intesa, il solo che sia idoneo a salvaguardare la competenza
provinciale; 8.2. - Le censure sono inammissibili per carenza di
interesse della ricorrente, perché nei due articoli indicati si fa
espresso riferimento alla "regione interessata", senza fare menzione
delle province autonome, diversamente da altri articoli della stessa
legge in cui queste sono, di volta in volta, espressamente contemplate. Ciò, nel contesto normativo in cui gli articoli suddetti
sono collocati, induce ad escludere le province stesse dal loro
ambito di applicazione. Non vi è quindi alcuna interferenza nelle
materie di spettanza della provincia ricorrente, che rimangono
pertanto soggette alla disciplina provinciale, se prevista dallo
statuto; In ogni caso rimane fermo che, qualora la potestà
regolamentare fosse esercitata da parte dello Stato in modo da
invadere le competenze della provincia autonoma di Bolzano, questa
potrà avvalersi dei normali mezzi di difesa delle proprie
attribuzioni; 9.1. - La questione relativa all'art. 20, ottavo comma,
della legge è stata sollevata dalla provincia autonoma di Bolzano,
oltre che dalla regione autonoma della Valle d'Aosta di cui si
tratterà in seguito; In ordine ad essa va preliminarmente osservato
che la norma impugnata è stata abrogata dall'art. 24, primo comma,
della legge 25 agosto 1991 n. 282 (Riforma dell'ENEA), ma nel
contempo è stata riformulata dal secondo comma dello stesso articolo
24, con un contenuto sostanzialmente identico, che sostituisce la
disposizione impugnata con i ricorsi in epigrafe; ciò consente di
esaminare le censure nel merito, pur se formalmente proposte nei
confronti della disposizione sostituita; La norma impugnata prevede
che la durata delle concessioni idroelettriche in atto, nei casi in
cui l'ENEL rinunci alla facoltà di subentro alla loro scadenza, sia
prolungata, su istanza del concessionario e sentito l'ENEL, con
provvedimento dell'autorità statale; Ad avviso della provincia
autonoma di Bolzano, siffatta disciplina sarebbe lesiva delle
competenze provinciali in materia di servizi pubblici (art. 8, n. 19,
dello statuto) e di utilizzazione di acque pubbliche (art. 9, n. 9
dello statuto), ma soprattutto si porrebbe in contrasto con gli artt.
12 e 13 delle norme statutarie e le relative norme di attuazione
(d.P.R. n. 381 del 1974 - art. 11; d.P.R. n. 235 del 1977) sotto vari
profili: a) innanzi tutto essa disporrebbe una proroga delle
concessioni pressoché automatica, sulla base di una semplice istanza
dei concessionari, là dove gli artt. 12 e 13 dello statuto
disporrebbero una disciplina di particolare favore per il subentro
degli enti locali esistenti nell'ambito provinciale nelle
preesistenti concessioni, che verrebbe compromesso e addirittura
precluso "dalla previsione della proroga delle concessioni (anche
delle imprese autoproduttrici); b) pur non escludendosi la
possibilità di concedere proroghe, certamente alla scadenza gli enti
locali dovrebbero poter concorrere con gli autoproduttori ( e con
l'ENEL), il che è precluso dalla norma impugnata; c) non sarebbe
comunque garantito il rispetto del ruolo della provincia autonoma,
tramite il necessario strumento dell'intesa, in contrasto con
l'esplicita previsione dell'art. 13, ultimo comma, dello statuto che
fa obbligo allo Stato di procedere alla prevista intesa con la
provincia territorialmente interessata; Inoltre, derogando all'art.
13 dello statuto e alle relative norme di attuazione (d.P.R. nn. 381
del 1974 e 235 del 1977), la disposizione violerebbe altresì gli
artt. 104, primo comma, e 107 dello statuto stesso che dettano norme
specifiche e diverse per la modifica del citato art. 13 e per
l'adozione delle norme di attuazione, previa la consultazione
obbligatoria della commissione paritetica all'uopo prevista; 9.2. -
Le questioni non sono fondate; Per quanto riguarda i parametri che la
provincia autonoma di Bolzano invoca a sostegno della censura va,
anzitutto, precisato che l'art. 13 dello statuto non è conferente
alla fattispecie disciplinata dalla norma impugnata, venendo invece
in evidenza l'art. 12; Difatti in virtù del richiamo contenuto
nella norma impugnata ad altra fonte legislativa (artt. 1 e 2, comma
2, l. 7 agosto 1982 n. 529), si è in presenza, nella materia da
essa disciplinata, dell'ipotesi delle grandi derivazioni
idroelettriche. Ebbene, come è stato già precisato da questa Corte
(sentenza n. 182 del 1987), le province di Trento e di Bolzano si
giovano nella materia de qua di una disciplina speciale formata dal
concorso degli artt. 12 e 13 dello statuto, che hanno carattere
prevalentemente procedimentale, in quanto stabiliscono due
procedimenti che si differenziano per il diseguale rilievo che in
essi assume la partecipazione della provincia interessata. Infatti
come chiarisce la richiamata sentenza, nell'ipotesi di domande di
concessione presentate in concorrenza dagli enti locali e dall'ENEL,
ovverosia da enti pubblici, si applica l'art. 13, ultimo comma, e
quindi la procedura dell'intesa ivi prevista. Si applica invece
l'art. 12, che deve "considerarsi regola generale nell'ambito della
disciplina speciale" - e quindi il parere, le osservazioni e le
opposizioni prendono il posto dell'intesa - nel caso di concorso di
domande tra enti pubblici e soggetti privati autoproduttori, nonché
in caso di proroga di concessioni in atto di grandi derivazioni;
Applicando tale sistematica ricostruzione normativa, operata dalla
richiamata giurisprudenza, alla fattispecie oggetto della norma
impugnata, si ricava che, in presenza di specifiche norme statutarie
che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le province autonome nel
settore delle grandi derivazioni idroelettriche (art. 12 e 13 dello
statuto), inconferente è il richiamo, a sostegno della censura, ad
altre disposizioni statutarie che regolano diverse materie (artt. 8,
n. 19, e 9, n. 9), ovvero dispongono in tema di procedimenti diretti
alla modifica di norme dello stesso statuto (art. 104, primo comma,
in riferimento all'art. 13) non applicabili al caso specifico, o
all'adozione delle occorrenti norme di attuazione (art. 107 dello
statuto); Quanto infine all'indicazione di queste ultime norme, quali
ulteriore ed autonomo parametro di riferimento, a prescindere da ogni
valutazione sulla loro idoneità ad essere collocabili, nel sistema
delle fonti, sullo stesso piano del corpo normativo di cui sono
diretta attuazione (sent. n. 182 del 1987 cit.), va precisato che in
ogni caso esse non hanno la forza di innovare alle norme dello
statuto; nella specie, l'art. 11 del d.P.R. n. 381 del 1974, pur
esplicitando le ipotesi di scadenza, decadenza e rinuncia delle
concessioni (ultra e non contra lo statuto), è in sostanza una
riproduzione della norma statutaria (art. 13, ult. comma) che,
ripetesi, nella specie non è invocabile, e il d.P.R. n. 235 del
1977, richiamato nell'intero testo normativo, non reca disposizioni
conferenti con l'oggetto della norma impugnata, che ha riguardo alla
proroga delle concessioni di grandi derivazioni; Per quanto detto,
non può accogliersi nemmeno la questione proposta in via
subordinata, circa la necessità di una previa intesa, poiché questa
è richiesta dallo statuto solo per l'ipotesi disciplinata nell'art.
13, ultimo comma, e non invece nell'art. 12, che è la sola norma
parametro di riferimento e che, però, non è nella specie violata,
potendo la provincia autonoma esprimere sempre i pareri e formulare
le osservazioni e le opposizioni ivi previste; 10.1. - Parimenti
infondate sono le questioni proposte dalla regione Valle d'Aosta
avverso lo stesso art. 20, ottavo comma, nonché nei confronti
dell'art. 24 della legge, che disciplina il diritto di prelazione
sulle concessioni idroelettriche, assumendosi, in relazione ad
entrambe le norme impugnate, la lesione "dei diritti e attribuzioni
spettanti alla regione in forza degli artt. 7 e 8 del relativo
statuto" e la violazione dell'art. 2 delle norme di attuazione
adottate con il d.P.R. 27 dicembre 1985 n. 1142; Nessuno dei
parametri invocati può sostenere le censure. Infatti, come già
ricordato in precedenza, gli artt. 7 e 8 dello statuto disciplinano
il regime delle acque pubbliche esistenti nella regione, prevedendo
nel contempo esplicita deroga per l'ipotesi che dette acque siano
oggetto di un piano di interesse nazionale (art. 7, ultimo comma);
tale è il caso in esame, di fronte al quale la regione non ha titolo
per invocare eventuali lesioni del diritto all'uso di acque considerate dal piano energetico nazionale; La norma di attuazione richiamata
(art. 2 d.P.R. n. 1142 del 1985), poi, si limita a precisare che,
nell'ambito del trasferimento delle funzioni amministrative alla
regione, sono ricomprese quelle concernenti determinate attività nel
settore dell'energia, ovviamente esercitabili nei limiti delle norme
statutarie e salve le deroghe ivi previste; 10.2. - Sono invece
inammissibili gli ulteriori profili di censura, proposti sempre dalla
regione Valle d'Aosta avverso gli stessi articoli 20, ottavo comma, e
24, sesto comma, della legge, nell'assunto che le norme impugnate,
mentre prevedono l'acquisizione di un parere dell'ENEL, ignorerebbero
"la posizione della regione"; Nessun parametro costituzionale è
infatti invocato a sostegno della doglianza che, nella sua
genericità, non consente alla Corte la percezione degli esatti
termini delle questioni; 10.3. - Egualmente inammissibile è la
ulteriore censura riferita all'art. 24, secondo comma, della legge,
sostenendosi che la norma "si preoccupa di salvaguardare le
competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano" e non
conterrebbe invece nessuna "previsione per quanto riguarda la regione
ricorrente". Va in proposito ricordato che le regioni ad autonomia
speciale possono dolersi della lesione di proprie competenze in
relazione alle norme statutarie che fissano i modi e i limiti delle
rispettive autonomie, ma non possono invocare regimi di autonomia
speciale dettati per altre regioni o per le province autonome.