Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Andrea Fini,
il Pretore di Velletri - Sezione distaccata di Anzio ha, con
ordinanza del 7 novembre 1989, sollevato, in riferimento all'art. 24
della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 1 della legge
30 aprile 1962, n. 283, nella parte in cui non prevede che, per i
casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari
deteriorabili, il laboratorio provinciale di igiene e profilassi, od
altro laboratorio all'uopo autorizzato, dia avviso, con almeno
ventiquattro ore di anticipo, dell'inizio delle operazioni alle
persone interessate, affinché queste possano presenziare,
eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico,
all'esecuzione delle operazioni stesse.
2. - L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23, prima serie speciale,
dell'anno 1990.
3. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
Secondo l'Avvocatura, dovendo "ritenersi irrilevante la
circostanza relativa alla deteriorabilità o meno del prodotto
sottoposto ad analisi" - e, dunque, alla possibilità o no di
procedere in concreto ad analisi di revisione - varrebbe, nel caso di
specie, la eadem ratio decidendi dell'ordinanza n. 461 del 1988, con
la quale questa Corte ha dichiarato non fondata un'identica questione
"sull'assunto che, essendo prevista dalla norma impugnata la
procedura della revisione delle analisi da espletarsi nel rispetto
delle garanzie previste dagli artt. 390, 304-bis, 304- ter e
304-quater" del codice di procedura penale del 1930, "sono in tal
modo salvaguardati i diritti della difesa".
Considerato in diritto
1. - Chiamato a pronunciarsi - nel corso di un dibattimento
instaurato prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura
penale, con conseguente applicazione delle norme vigenti
anteriormente a tale momento - su una contravvenzione accertata dal
laboratorio provinciale di igiene e profilassi attraverso l'analisi
di campioni prelevati da sostanze alimentari di natura deteriorabile
(nella specie, panna pastorizzata) e, quindi, tali da non consentire
alcuna revisione, il giudice a quo ritiene di cogliere "una palese
violazione del diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della
Costituzione" nella disciplina che l'art. 1 della legge 30 aprile
1962, n. 283, dedica ai meccanismi di vigilanza relativi alla
produzione ed al commercio delle sostanze destinate
all'alimentazione.
Più precisamente, stando al dispositivo dell'ordinanza di
rimessione, ad essere investito dal dubbio di legittimità
costituzionale è l'art. 1, "nella parte in cui non prevede che,
trattandosi di prodotti deteriorabili, per i quali non è possibile
la revisione, sia dato avviso alle persone interessate con almeno
ventiquattro ore di anticipo della data e ora di effettuazione delle
analisi, onde consentirne la partecipazione alla stesse".
2. - Prima di affrontare il merito della questione, occorre
puntualizzarne l'oggetto, dal momento che l'art. 1 della legge 30
aprile 1962, n. 283, si compone di cinque commi, via via dedicati,
secondo un iter di logica progressione, al prelievo dei campioni,
agli esami ed analisi di laboratorio, ai risultati eventualmente
sfavorevoli delle analisi, alla presentazione dell'istanza di
revisione, alle vicende di quest'ultima. Di fronte ad un succedersi
così lineare di fasi, la mancata previsione dell'avviso agli
interessati del giorno e dell'ora di effettuazione dell'analisi non
può essere ascritta se non al secondo comma, concernente, appunto,
gli esami e le analisi dei campioni prelevati.
Il rinvio che, nell'ultimo periodo della motivazione, l'ordinanza
in esame opera alla "fattispecie del tutto analoga" oggetto della
sentenza n. 248 del 1983 di questa Corte "in tema di scarichi
inquinanti" - rinvio da estendersi alla simmetrica decisione n. 469
del 1988 in tema di scarichi riguardanti il bacino sfociante nella
Laguna di Venezia - consente, a sua volta, di puntualizzare che a
trovarsi in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della
Costituzione sarebbe quella parte del secondo comma dell'art. 1 della
legge 30 aprile 1962, n. 283, ove non si prevede che, trattandosi di
prodotti deteriorabili, per i quali non è possibile la revisione,
sia dato avviso dell'inizio delle operazioni d'analisi alle persone
interessate affinché queste possano presenziare, eventualmente con
l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle
operazioni stesse.
L'ulteriore richiamo alle "almeno ventiquattro ore di anticipo",
con cui, come si legge nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione,
l'avviso per presenziare dovrebbe essere dato, appare, invece, sin
troppo apertamente ispirato alle prescrizioni dell'ordinanza del
Ministro della sanità 11 ottobre 1978 sui "Limiti di cariche
microbiche tollerabili in determinate sostanze alimentari e bevande"
- è, infatti, l'art. 4 di essa, espressamente ricordata dal giudice
a quo, ad avvalersi, in ordine a ben due incombenti (invitare
l'interessato a comunicare il nome e il recapito di un difensore di
fiducia; avvertire il difensore nominato perché possa presenziare
all'esecuzione delle analisi), delle "24 ore" come termine
rispettivamente ordinatorio ("entro 24 ore") e dilatorio ("con 24 ore
di preavviso") - per poter essere utilizzato da questa Corte
nell'eventualità di un accoglimento della questione in esame. Tanto
più che, pur non menzionato dal giudice a quo, in quanto di per sé
non immediatamente applicabile nel procedimento in corso per le
anzidette ragioni di diritto intertemporale, è ormai l'art. 223 del
testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
nuovo codice di procedura penale, testo approvato con il decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, a porsi, data la sua collocazione
nel suo titolo II (Norme di coordinamento), quale punto di
riferimento in tema di "analisi di campioni e garanzie per
l'interessato" da eseguire "nel corso di attività ispettive o di
vigilanza previste da leggi o decreti" speciali. E ciò con più
particolare riguardo, per quanto qui interessa, al primo comma,
dettato per le ipotesi in cui "si debba eseguire analisi di campioni
per le quali non è prevista la revisione".
3. - La questione così circoscritta è fondata.
Il rinvio al precedente rappresentato dalla declaratoria di
illegittimità contenuta nella sentenza n. 248 del 1989 di questa
Corte (e ribadita, come si è detto, dalla declaratoria di
illegittimità contenuta nella sentenza n. 469 del 1988), sia pur
relativo ad una fattispecie, come quella delle acque di scarico, del
tutto agli antipodi rispetto a quella delle sostanze destinate
all'alimentazione, risulta pienamente giustificato dalla comunanza
del requisito - rapida deteriorabilità dei campioni prelevati - che,
tanto nel caso delle acque di scarico quanto nel caso dei prodotti
alimentari non suscettibili di conservazione, rende non più
ripetibile l'analisi sulle cui risultanze di non corrispondenza ai
requisiti richiesti dalla legge l'autorità amministrativa è tenuta
a redigere la denuncia da trasmettere all'autorità giudiziaria.
La particolare efficacia probatoria riconosciuta nel sistema del
codice del 1930 alle analisi compiute dai laboratori provinciali di
igiene e profilassi o da altri laboratori autorizzati, tanto da farle
ritenere idonee a divenire fonte di convincimento del giudice penale,
ha dato luogo a non pochi interventi di questa Corte, proprio per la
necessità di verificare se a tale efficacia probatoria corrisponda
un'adeguata estrinsecazione del diritto di difesa, onde evitare il
determinarsi di pregiudizi irrimediabili senza la garanzia di un
tempestivo contraddittorio.
Come la stessa ordinanza di rimessione brevemente ricorda, appare
indispensabile distinguere a seconda che sia possibile o no la
revisione dell'analisi.
In ordine alla prima eventualità, questa Corte ha ripetutamente
ritenuto in contrasto con il diritto di difesa, nell'ambito del
codice di procedura penale del 1930, la mancata previsione
"dell'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice
di procedura penale" alle operazioni di "revisione delle analisi"
(sentenze n.149 del 1969 e n.15 del 1986; ordinanza n. 461 del 1988,
menzionata appunto dal giudice a quo), ma non anche la mancata
previsione dell'avviso concernente l'inizio delle operazioni di prima
analisi.
In ordine alla seconda eventualità, pienamente riscontrabile
nella fattispecie qui dedotta per la materiale impossibilità di una
reiterazione dell'analisi, questa Corte ha avuto modo di statuire,
proprio con i due precedenti sopra richiamati (sentenze n. 248 del
1983 e n. 469 del 1988), che il diritto di difesa deve, invece,
ritenersi compromesso dalla mancata previsione di un avviso che,
informando le persone interessate dell'inizio delle operazioni di
analisi, consenta loro di presenziare, eventualmente con l'assistenza
di un consulente tecnico, all'esecuzione di tali operazioni.
Del tutto diverso il quadro relativo ai momenti del prelievo e
della campionatura. In nessun caso (v. sentenze n. 248 del 1983, n.
469 del 1988 e n. 330 del 1990) si è potuto dire violato il diritto
di difesa per la mancata previsione del preavviso relativo a tali
operazioni, essendo più che "logico che l'Autorità amministrativa,
cui compete il diritto di effettuare i campionamenti..., non abbia
l'obbligo di preavvisare... circa il momento in cui verranno
effettuate le operazioni di prelievo, per evitare che possano essere
apportate modifiche..., e di conseguenza fatte sparire le tracce di
ogni irregolarità". Quanto al diritto del titolare dell'esercizio (o
di un suo rappresentante) di presenziare al prelievo ed alla
campionatura, è stato appena chiarito (sentenza n. 330 del 1990) che
una tale presenza, lungi dall'essere esclusa, inerisce alla
fisionomia stessa dell'istituto, caratterizzato com'è dall'accesso
dell'autorità amministrativa in luoghi di pertinenza altrui.
4. - Poiché la norma qui denunciata riguarda esclusivamente
l'esecuzione delle operazioni di prima (ed unica) analisi, senza
alcun riferimento alle fasi precedenti del prelievo e della
campionatura, se ne impone la declaratoria di illegittimità:
infatti, la mancata previsione dell'avviso circa l'inizio delle
operazioni di analisi alle persone interessate, non garantendo loro
la possibilità di presenziare all'unica analisi possibile, fa sì
che l'utilizzabilità delle risultanze dell'analisi da parte del
giudice in mancanza di tale avviso violi il diritto di difesa nel
procedimento penale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo
comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli
242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie,
approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e
delle bevande), nella parte in cui non prevede che, per i casi di
analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili,
il laboratorio provinciale di igiene e profilassi, od altro
laboratorio all'uopo autorizzato, dia avviso dell'inizio delle
operazioni alle persone interessate, affinché queste possano
presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico,
all'esecuzione delle operazioni stesse.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 settembre 1990.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CONSO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 10 ottobre 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI