Titolo
SENT. 346/89. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO - MENOMAZIONI CONCORRENTI AD INTEGRARE IL PRESCRITTO STATO DI TOTALE INABILITA' - CECITA' PARZIALE - ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
L'indennita' di accompagnamento, in quanto diretta a consentire ai soggetti non autosufficienti condizioni esistenziali compatibili con la dignita' della persona umana (artt. 2 e 38, comma primo, Cost.), costituisce una provvidenza specifica, funzionalmente diversa ed "aggiuntiva" rispetto alle prestazioni assistenziali connesse alle invalidita'; essa dunque non puo' essere negata per il fatto che, a determinare il richiesto stato di invalidita' civile assoluta, concorrano menomazioni - come la cecita' parziale - che danno diritto ad autonome prestazioni, in quanto contrasta con il principio di eguaglianza concedere o meno una prestazione assistenziale a soggetti che ne siano parimenti bisognevoli, a seconda che fruiscano o meno di provvidenze preordinate ad altri fini. Pertanto, e' costituzionalmente illegittimo - per contrasto con l'art. 3 Cost. - il combinato disposto degli artt. 1, comma primo, L. 11 febbraio 1980 n. 18, e 2, comma quarto, L. 30 marzo 1971 n. 118, nella parte in cui esclude che ad integrare lo stato di totale inabilita' con diritto all'indennita' di accompagnamento possa concorrere, con altre minorazioni, la cecita' parziale.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 2
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 38
co. 1
Riferimenti normativi
legge
11/02/1980
n. 18
art. 1
co. 1
legge
30/03/1971
n. 118
art. 2
co. 4
N. 346
SENTENZA 14-22 GIUGNO 1989
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, della legge
11 febbraio 1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi
civili totalmente inabili) e dell'art. 2 della legge 30 marzo 1971,
n. 118 (Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove
norme in favore di mutilati ed invalidi civili), promosso con
ordinanza emessa il 25 ottobre 1988 dal Pretore di Pisa nel
procedimento civile vertente tra Guerri Orfeo e il Ministero degli
Interni, iscritta al n. 25 del registro ordinanze 1989 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale,
dell'anno 1989;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Guerri Orfeo
nei confronti del Ministero degli Interni per vedersi riconosciuto il
diritto all'indennità di accompagnamento prevista per gli invalidi
civili assoluti dall'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18,
l'adito Pretore di Pisa rilevava che nella specie l'istante era
affetto:
a) da cecità parziale, per la quale fruiva di una modesta
pensione (L. 25.000 mensili);
b) da altre gravi patologie comportanti un'invalidità valutata
in sede amministrativa nella percentuale dell'80%, che non gli dava
però titolo ad alcuna provvidenza in ragione del superamento dei
limiti di reddito stabiliti al riguardo.
Dalla consulenza tecnica d'ufficio, e dall'iniziale valutazione
della stessa Amministrazione resistente, emergeva che sommando la
cecità alle altre patologie ne sarebbe risultata un'invalidità del
100%, che avrebbe dato titolo sia alla pensione d'invalidità che
all'indennità di accompagnamento, per un totale di circa L. 800.000
mensili.
Ciò premesso, il Pretore di Pisa, con ordinanza del 25 ottobre
1988, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 Cost., una
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 della citata
legge n. 18 del 1980 e 2 della legge 30 marzo 1971, n. 118 "nella
parte in cui non consentono la percezione dell'indennità di
accompagnamento prevista dalla legge n. 18/1980 al cieco parziale
titolare di pensione ed anche invalido civile all'80%, posto che la
complessiva invalidità lo rende del tutto inabile a compiere gli
atti quotidiani della vita".
La prima di tali norme, osserva il giudice a quo, rinvia, quanto
alla definizione dell'invalidità civile che dà titolo
all'indennità di accompagnamento, alla seconda; e questa esclude che
ai fini del riconoscimento dello status di invalido possano rilevare
ragioni di invalidità che - come nella specie - danno autonomamente
titolo ad una prestazione diversa (ciechi, invalidi per lavoro o per
servizio, ecc.). Ciò, però, a suo avviso, comporta, una manifesta
disparità di trattamento tra soggetti le cui affezioni siano nel
complesso tali da impedire loro di provvedere agli ordinari bisogni
della vita, a seconda che tra di essi ve ne sia o meno taluna che dà
titolo ad una prestazione autonoma, posto che la presenza di questa
si traduce, come nel caso di specie, in un trattamento assistenziale
deteriore.
2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel
giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, dopo aver
osservato che la cumulabilità delle provvidenze previste in favore
di categorie distinte - invalidi civili, ciechi civili e sordomuti si
risolverebbe in una duplice valutazione delle stesse minorazioni, ha,
peraltro, chiesto il rinvio degli atti al giudice a quo perché
riesamini la rilevanza della questione alla stregua della
sopravvenuta normativa di cui agli artt. 1 e 3 della legge 21
novembre 1988, n. 508 e 9 del decreto legislativo 23 novembre 1988,
n. 509.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Pretore di Pisa
dubita della legittimità costituzionale degli artt. 1 della legge 11
febbraio 1980, n. 18 e 2 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nella
parte in cui tali norme, nel loro combinato disposto, escludono che,
ai fini del riconoscimento dello stato di tale invalidità civile
assoluta che dà diritto all'indennità di accompagnamento, possano
essere computate le affezioni - come, nella specie, la cecità
parziale - che danno titolo ad un'autonoma prestazione assistenziale.
Nel definire le condizioni per l'attribuzione di tale indennità agli
invalidi civili totalmente inabili, infatti, la prima di tali
disposizioni richiama la seconda; e questa, nell'ultimo comma,
esclude dalle prestazioni di invalidità civile "gli invalidi per
cause di guerra, di lavoro, di servizio, nonché i ciechi e i
sordomuti per i quali provvedono altre leggi".
Nel caso oggetto del giudizio a quo, la congiunta considerazione
della cecità parziale e delle altre affezioni riscontrate al
ricorrente - comportanti un'invalidità valutata nell'80% - avrebbe
dato luogo al riconoscimento di un'invalidità totale con inabilità
a compiere gli atti quotidiani della vita, e quindi all'attribuzione
dell'indennità di accompagnamento; ma ciò ostava la preclusione,
discendente dalle norme impugnate, a considerare nel coacervo la
cecità parziale, per la quale egli fruiva di autonoma pensione.
Ad avviso del Pretore rimettente, le cennate disposizioni
contrastano con gli artt. 2, 3 e 38 Cost., in quanto comportano
un'irrazionale disparità di trattamento tra soggetti parimenti
abbisognevoli di assistenza continuativa perché non in grado di
compiere gli atti quotidiani della vita. Se infatti a determinare
tale condizione concorrono affezioni specificamente disciplinate come
la cecità ed il sordomutismo - che danno titolo ad autonoma
prestazione, il trattamento assistenziale complessivo risulta
deteriore rispetto a quello goduto da chi sia totalmente inabile a
causa di affezioni di altra natura.
Il descritto assetto normativo circa la spettanza dell'indennità
di accompagnamento in caso di pluriminorazione comprensiva della
cecità parziale non risulta modificato, nella prassi applicativa,
dalle sopravvenute disposizioni contenute nella legge 21 novembre
1988, n. 508 e nel decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509 (cfr.
circolare del Ministero dell'Interno n. 2/89 del 19 gennaio 1989):
sicché non può accogliersi la richiesta di restituzione degli atti
per riesame della rilevanza avanzata dall'Avvocatura dello Stato.
2. - La questione è fondata.
È d'uopo premettere che la normativa vigente non vieta, in caso
di pluriminorazione, il cumulo delle provvidenze previste per
l'invalidità civile e, rispettivamente, per la cecità (o il
sordomutismo) ove ricorrano i presupposti di ciascuna; prescrive,
però, che il riconoscimento di tali invalidità avvenga in base a
malattie o minorazioni diverse, e ciò al fine di evitare
l'attribuzione al soggetto di più prestazioni assistenziali per la
stessa causa (cfr. circolare cit. e parere del Consiglio di Stato,
Sez. I, n. 1973/80 del 18 dicembre 1981).
Tale regola, connessa all'apprestamento di specifiche discipline
per le sopradette cause di invalidità, è già di per sé
suscettibile di valutazioni critiche ove la separata considerazione
delle singole minorazioni conduca ad un'insufficiente individuazione
delle complessive esigenze di assistenza del soggetto che ne è
affetto. Ma essa risulta priva di razionalità se applicata nei
confronti dell'indennità di accompagnamento: la quale spetta, oltre
che ai ciechi assoluti, ai soggetti totalmente inabili per affezioni
fisiche o psichiche "che si trovino nella impossibilità di
deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non
essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita,
abbisognano di una assistenza continua" (cfr. art. 1 legge n. 18 del
1980 e, oggi, art. 1 legge n. 508 del 1988). La legge, infatti
considera qui una condizione specifica, quella dei soggetti non
deambulanti o non in grado di provvedere a se stessi per le esigenze
della vita quotidiana, che è ulteriore ed aggiuntiva rispetto allo
stato di totale inabilità al lavoro; e conseguentemente, appresta
una specifica provvidenza per porli in grado di far fronte alle
esigenze di accompagnamento e di assistenza che quella condizione
necessariamente comporta.
Tale carattere aggiuntivo dell'indennità in questione è
dimostrato, da un lato, dal fatto che essa non spetta ove il soggetto
non abbia da provvedere a tali esigenze perché ricoverato
gratuitamente in istituto (art. 1, terzo comma, legge n. 18 del
1980); dall'altro, dal fatto che essa si cumula con la pensione
d'invalidità totale, ove di questa ricorrano i requisiti reddituali,
e spetta anche agli invalidi totali minori di anni diciotto, che non
fruiscono di detta pensione (artt. 1 della legge n. 18 del 1980 e 12
della legge n. 118 del 1971).
La possibilità di cumulo delle prestazioni assistenziali connesse
alle invalidità con l'indennità di accompagnamento trova quindi
ragione nella diversa funzione di tali provvidenze: le quali tendono,
nell'un caso, a sopperire alla condizione di bisogno di chi a causa
dell'invalidità non è in grado di procacciarsi i necessari mezzi di
sostentamento; nell'altro, a consentire ai soggetti non
autosufficienti condizioni esistenziali compatibili con la dignità
della persona umana.
L'assicurare tali condizioni rientra tra i doveri inderogabili di
solidarietà additati dall'art. 2 Cost., ed ha preminente rilievo
nell'ambito dei compiti di assistenza posti allo Stato dall'art. 38,
primo comma; e per altro verso, data l'autonomia della situazione in
discorso, contrasta certamente col principio d'uguaglianza il
concedere o meno la relativa prestazione assistenziale a soggetti che
ne siano parimenti bisognevoli, a seconda che essi fruiscano o no di
provvidenze preordinate ad altri fini.
Le disposizioni impugnate vanno perciò, nel loro combinato
disposto, dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in
cui escludono che ai fini della valutazione dello stato di inabilità
totale che dà diritto all'indennità di accompagnamento possa essere
considerata la cecità parziale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto
degli artt. 1, primo comma, della legge 11 febbraio 1980, n. 18
(Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente
inabili) e 2, quarto comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118
(Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove
norme in favore di mutilati ed invalidi civili) nella parte in cui
esclude che ad integrare lo stato di totale inabilità con diritto
all'indennità di accompagnamento possa concorrere, con altre
minorazioni, la cecità parziale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 22 giugno 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI