Sentenza 151/2017 (ECLI:IT:COST:2017:151)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: GROSSI - Redattore: CORAGGIO
Udienza Pubblica del 10/05/2017;    Decisione  del 10/05/2017
Deposito del 27/06/2017;   Pubblicazione in G. U. 05/07/2017  n. 27
Norme impugnate: Art. 1, c. 685°, 688° e 689° della legge 28/12/2015, n. 208.
Massime:  41348  41349  41350  41351  41352  41353 
Massime:  41348  41349  41350  41351  41352  41353 
Atti decisi: ric. 15/2016

Massima n. 41348 Massima successiva
Titolo
Ricorso in via principale - Evocazione dei parametri - Generico richiamo a "correlate norme di attuazione" di uno statuto speciale - Inidoneità.

Testo
Il generico richiamo a "correlate norme di attuazione" di uno statuto speciale (in specie, della Regione siciliana) non è idoneo a integrare il relativo parametro.
Titolo
Bilancio e contabilità pubblica - Legge di stabilità 2016 - Clausola di salvaguardia delle autonomie speciali - Portata e limiti.

Testo
Secondo la giurisprudenza costituzionale, la cosiddetta clausola di salvaguardia, di cui al comma 992 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, non esclude i vizi di costituzionalità allorché detta clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome. (Precedente citato: sentenza n. 40 del 2016).
Titolo
Bilancio e contabilità pubblica - Legge di stabilità 2016 - Assegnazione alla Regione Siciliana dell'importo di 900 milioni di euro per l'anno 2016, nelle more dell'adeguamento delle norme di attuazione dello statuto speciale alle modifiche della legislazione tributaria - Omesso richiamo espresso alla procedura paritaria di determinazione delle norme di attuazione statutaria - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata lesione dell'autonomia differenziata riconosciuta dallo statuto speciale - Erroneità del presupposto interpretativo - Non fondatezza della questione.

Testo
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, impugnato dalla Regione Siciliana - in riferimento all'art. 43 dello statuto speciale - nella parte in cui, nell'assegnare alla medesima Regione l'importo di 900 milioni di euro per l'anno 2016 nelle more dell'adeguamento delle norme di attuazione dello statuto speciale alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, non prevede in modo espresso che il disposto adeguamento debba essere effettuato secondo la procedura paritaria prescritta dall'evocato art. 43 dello statuto. Contrariamente all'erroneo presupposto interpretativo su cui è basato il ricorso regionale, la mancanza di un esplicito richiamo della norma statutaria non può essere in alcun modo intesa come volontà di fare eccezione ad una disciplina di rango costituzionale, qual è lo statuto siciliano per effetto della legge costituzionale n. 2 del 1948.
Atti oggetto del giudizio
legge  28/12/2015  n. 208  art. 1  co. 685

Parametri costituzionali
statuto regione Sicilia  art. 43

Titolo
Bilancio e contabilità pubblica - Legge di stabilità 2016 - Versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte di ciascuna Regione della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per l'anno 2016, di 9,8 milioni di euro per l'anno 2017, di 12,1 milioni di euro per l'anno 2018, e di 14,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciato aggravio per il bilancio della Regione e violazione dell'autonomia finanziaria della ricorrente, della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni, dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni - Non riferibilità della disposizione censurata alle Regioni ad autonomia differenziata - Conseguente carenza di interesse all'impugnazione - Inammissibilità della questione.

Testo
È dichiarata inammissibile - per carenza di interesse - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 688, della legge n. 208 del 2015, promossa in via ipotetica dalla Regione Siciliana in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto speciale, e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., nonché in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. La disposizione impugnata - che dispone il versamento al bilancio dello Stato, da parte di ciascuna Regione, della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per il 2016, di 9,8 milioni di euro per il 2017, di 12,1 milioni di euro per il 2018 e di 14,2 milioni di euro a decorrere dal 2019 - evidentemente non è riferibile alle Regioni ad autonomia differenziata, quale è la Regione siciliana.
Atti oggetto del giudizio
legge  28/12/2015  n. 208  art. 1  co. 688

Parametri costituzionali
Costituzione  art. 81
Costituzione  art. 97  co. 1
Costituzione  art. 119  co. 1
Costituzione  art. 119  co. 6
statuto regione Sicilia  art. 36
statuto regione Sicilia  art. 43

Titolo
Bilancio e contabilità pubblica - Legge di stabilità 2016 - Recupero all'erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, degli importi di 9,9 milioni di euro per il 2016; di 14,8 milioni di euro per il 2017; di 18,2 milioni di euro per il 2018; e di 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019 - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata lesione dell'autonomia finanziaria della ricorrente, della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni, dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni - Difetto di motivazione sulla ridondanza e sulle ragioni di censura - Inammissibilità della questione.

Testo

È dichiarata inammissibile, per difetto di motivazione sulla ridondanza e sulle ragioni di censura, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, impugnato dalla Regione Siciliana - in riferimento agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost. e all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 - in quanto stabilisce il recupero all'erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, degli importi di 9,9 milioni di euro per il 2016; di 14,8 milioni di euro per il 2017; di 18,2 milioni di euro per il 2018; e di 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019. La prospettata lesione dell'art. 97, primo comma, Cost. (per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni) è priva di ogni considerazione che ne dimostri la possibile ridondanza su una specifica competenza regionale. Quanto alla censura di violazione dell'art. 81, ultimo comma, Cost., la lesione dell'autonomia finanziaria e la compromissione delle funzioni regionali non sono argomentate né tantomeno provate dalla ricorrente, e tale carenza non è colmata dal riferimento alla relazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto, in cui si rappresenta solo lo sviluppo dell'indebitamento regionale. Lo stesso dicasi per la censura di violazione dell'art. 119, primo e sesto comma, Cost. - principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni - in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, peraltro prospettata senza indicare le ragioni per le quali il parametro costituzionale garantirebbe una maggiore autonomia e sarebbe, perciò, applicabile in luogo di quelli statutari. (Precedente citato: sentenza n. 127 del 2016; sentenza n. 250 del 2007).

Secondo la giurisprudenza costituzionale, le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle loro attribuzioni costituzionali, e le Regioni stesse abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della violazione dei parametri in questione sul riparto di competenze, assolvendo all'onere di indicare la specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, grava sulla Regione ricorrente l'onere di dimostrare, anche attraverso dati quantitativi, l'incidenza delle riduzioni di provvista finanziaria sull'esercizio delle proprie funzioni. (Precedenti citati: sentenze n. 239 del 2015, n. 26 del 2014 e n. 23 del 2014).

Atti oggetto del giudizio
legge  28/12/2015  n. 208  art. 1  co. 689

Parametri costituzionali
Costituzione  art. 81
Costituzione  art. 97  co. 1
Costituzione  art. 119  co. 1
Costituzione  art. 119  co. 6
legge costituzionale  18/10/2001  n. 3  art. 10

Massima n. 41353 Massima precedente
Titolo
Bilancio e contabilità pubblica - Legge di stabilità 2016 - Recupero all'erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione Siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, degli importi di 9,9 milioni di euro per il 2016; di 14,8 milioni di euro per il 2017; di 18,2 milioni di euro per il 2018; e di 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019 - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciato aggravio dell'onere finanziario della Regione mediante un meccanismo alla stessa non applicabile e violazione del principio della spettanza ad essa del gettito dei tributi riscossi sul proprio territorio - Insussistenza - Applicabilità dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica agli enti ad autonomia speciale e conseguente legittimità dell'istituto dell'accantonamento nei loro confronti - Non fondatezza della questione.

Testo

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, impugnato dalla Regione Siciliana - in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto speciale e all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 - in quanto stabilisce il recupero all'erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, degli importi di 9,9 milioni di euro per il 2016; di 14,8 milioni di euro per il 2017; di 18,2 milioni di euro per il 2018; e di 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019. La previsione dell'accantonamento di quote del gettito tributario destinato alla Regione Siciliana è in sé legittima, poiché - mentre attraverso la riserva lo Stato sottrae definitivamente all'ente territoriale una quota di compartecipazione ai tributi erariali che ad esso sarebbe spettata, e se ne appropria a tutti gli effetti allo scopo di soddisfare specifiche finalità - al contrario, per mezzo dell'accantonamento le poste attive che spettano alla Regione, in forza degli statuti e della normativa di attuazione, permangono nella titolarità della stessa, ma sono temporaneamente sottratte alla sua disponibilità. Nel caso di specie, le somme oggetto dell'accantonamento attengono agli interessi passivi sul contributo di 900 milioni di euro destinato alla Regione dal comma 685 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015. Una volta ritenuta la legittimità della pretesa dello Stato, l'istituto dell'accantonamento costituisce il mezzo procedurale per anticipare l'adempimento in attesa che sopraggiungano le norme di attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, mezzo che non presenta i profili di illegittimità costituzionale lamentati, né in via generale, né in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto speciale. Quanto alla durata dell'accantonamento dopo il 2019, essa non può ritenersi indeterminata, poiché la natura stessa del debito comporta un termine implicito, collegato alla scadenza dei titoli emessi per la provvista finanziaria della somma di 900 milioni di euro anticipata alla Regione. (Precedenti citati: sentenze n. 188 del 2016, n. 127 del 2016, n. 82 del 2015 e n. 77 del 2015).

Di regola, i principi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato nell'esercizio della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale, in quanto sono funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l'unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. (Precedenti citati: sentenze n. 62 del 2017 e n. 82 del 2015).

Atti oggetto del giudizio
legge  28/12/2015  n. 208  art. 1  co. 689

Parametri costituzionali
statuto regione Sicilia  art. 36
statuto regione Sicilia  art. 43

Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica  26/07/1965  n. false  art. 2


Pronuncia

SENTENZA N. 151

ANNO 2017


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 685, 688 e 689, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 29 febbraio 2016, depositato in cancelleria l’8 marzo 2016 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2016.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 10 maggio 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto

1.− La Regione siciliana, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 8 marzo, ha impugnato numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», tra cui l’art. 1, commi 685, 688 e 689, in riferimento, nel complesso, agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), «e correlate norme di attuazione», all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

2.− La Regione siciliana premette che le norme impugnate danno luogo a insostenibili riduzioni di risorse, incidendo sulla propria finanza già gravemente compromessa, come si rileva anche dai dati richiamati dalla Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto per l’esercizio finanziario dell’anno 2014 e per l’esercizio finanziario dell’anno 2015.

3.− L’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, nell’attribuire alla Regione siciliana l’importo di 900 milioni di euro per l’anno 2016, stabilisce «Nelle more dell’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali, in modo da addivenire, tra l’altro, a un chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al gettito tributario […]».

La norma è sospettata di illegittimità costituzionale, per la violazione dell’art. 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, nella parte in cui non prevede in modo espresso che il disposto «adeguamento delle norme di attuazione dello Statuto» debba essere effettuato secondo la procedura prescritta dal medesimo art. 43 dello statuto siciliano.

4.− L’art. 1, comma 688, della legge n. 208 del 2015, è impugnato in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e correlate norme di attuazione, e agli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., anche in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

5.− La norma stabilisce il versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte di ciascuna Regione e, in caso di mancato versamento, attraverso corrispondente riduzione dei trasferimenti a qualunque titolo dovuti alle Regioni interessate, della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per l’anno 2016, di 9,8 milioni di euro per l’anno 2017, di 12,1 milioni di euro per l’anno 2018, e di 14,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.

Deduce la Regione siciliana che, in assenza di indicazioni sulle ragioni dei suddetti versamenti, potrebbe ad un primo esame ipotizzarsi che gli stessi possano essere ricondotti alla erogazione complessiva dell’importo di 1.550 milioni di euro «disposta dalla modifica al comma 683 e dai commi 685 e 686 nei confronti, rispettivamente, delle regioni a statuto ordinario, della Regione Sicilia e della Regione Valle d’Aosta. Tale erogazione corrisponde alla somma versata all’entrata dal comma 687 e, qualora ciò comportasse la necessità di nuove emissioni di titoli di Stato, i versamenti in esame – come pure quelli di cui al comma 689 – potrebbero correlarsi agli oneri per interessi, ma su tale ipotesi appare opportuna una conferma da parte del Governo».

La disposizione, prospetta la difesa regionale, comporta un ulteriore aggravio per il bilancio della Regione e, in quanto ad essa applicabile, risulterebbe lesiva dei parametri sopra indicati.

In ogni caso l’art. 1, comma 688, della legge n. 208 del 2015, sarebbe illegittimo laddove quantifica il recupero per anni successivi, e ne aumenta l’importo a decorrere dal 2019, senza apporre un termine finale a tale recupero.

6.− L’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, analogamente, è censurato per la violazione degli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e correlate norme di attuazione, dell’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, e degli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − anche in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

La norma stabilisce il recupero all’erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, dei seguenti importi: 9,9 milioni di euro per il 2016; 14,8 milioni di euro per il 2017; 18,2 milioni di euro per il 2018; 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019.

7.− La Regione siciliana prospetta l’illegittimità della norma sia in relazione al previsto recupero tramite accantonamento, sia con riguardo alla decorrenza dell’accantonamento dal 2019, senza la previsione di un termine finale.

8.− A fondamento della censura sono poste le stesse argomentazioni illustrate in relazione all’impugnazione del comma 688.

9.− La previsione sottrae somme all’economia della Regione siciliana e mina in modo grave il bilancio di quest’ultima.

La norma prevede un aggravio dell’onere finanziario della Regione mediante un meccanismo alla stessa non applicabile (quote di compartecipazione ai tributi erariali).

In assenza dei presupposti previsti dall’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, stabilisce una deroga al principio della spettanza alla Regione del gettito dei tributi riscossi sul proprio territorio, sottraendo entrate che potrebbero essere destinate alle spese di competenza della medesima.

10.− Seppure le pubbliche amministrazioni debbano concorrere all’equilibrio finanziario del bilancio dello Stato ed alla sostenibilità del debito pubblico, le stesse sono tenute (art. 119 Cost.) anche a garantire l’equilibrio del proprio bilancio, con la conseguenza che la norma impugnata, incidendo su tale profilo, lederebbe gli artt. 81, ultimo comma, 97, primo comma e 119, primo e sesto comma, Cost., nonché, l’art. 43 dello statuto.

11.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

12.− In relazione all’impugnazione dell’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, osserva la difesa dello Stato che le doglianze della Regione siciliana sono pretestuose perché è la stessa natura della disposizione statutaria che impone che venga adottata la procedura ivi prevista.

13.− Con riguardo all’impugnazione dell’art. 1, commi 688 e 689, della legge n. 208 del 2015, rileva il Presidente del Consiglio dei ministri che le relative censure sono prive di fondamento.

La previsione di cui al comma 688 dell’art. 1 riguarda le sole Regioni a statuto ordinario.

Quanto previsto dal comma 689, poiché attiene ad un contributo stabilito in ragione della erogazione della somma di 900 milioni di euro a favore della Regione siciliana, costituisce un legittimo ristoro a favore del bilancio statale per compensare i maggiori oneri per interessi passivi derivanti dall’erogazione della predetta somma.

14.− Infine, l’Avvocatura dello Stato ricorda che ai sensi dell’art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015 «Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».

15.− La difesa dello Stato in data 18 aprile 2017 ha depositato memoria con la quale ha ribadito le argomentazioni svolte.


Considerato in diritto

1.− La Regione siciliana, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 8 marzo, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 1, commi 685, 688 e 689, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», in riferimento, nel complesso, agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), «e correlate norme di attuazione», all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

2.− Devono essere riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte con lo stesso ricorso.

3.− In via preliminare, va rilevato che il generico richiamo a «correlate norme di attuazione», non è idoneo ad integrare il relativo parametro.

4.− Sempre in via preliminare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la cosiddetta clausola di salvaguardia, di cui al comma 992 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, richiamata dallo Stato a sostegno della non lesività delle norme impugnate, non esclude i vizi di costituzionalità allorché «tale clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome» (ex multis, sentenza n. 40 del 2016), ciò che si verifica nella specie.

5.− Il comma 685 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 attribuisce alla Regione siciliana l’importo di 900 milioni di euro per l’anno 2016, nelle more anche dell’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto regionale alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali, in modo da addivenire, tra l’altro, a un chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al gettito tributario.

5.1.− La doglianza della Regione verte sulla circostanza che per l’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto siciliano non sia richiamato l’art. 43 dello stesso statuto, secondo cui «Una Commissione paritetica di quattro membri nominati dall’Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato, determinerà le norme transitorie relative al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, nonché le norme per l’attuazione del presente Statuto».

5.2.− La questione non è fondata per erroneità del presupposto interpretativo.

La mancanza di un espresso richiamo della norma statutaria non può essere in alcun modo intesa come espressione della volontà di fare eccezione ad una disciplina di rango costituzionale (art. 1, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, recante «Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455».

Non esiste, dunque, la lamentata lesione dell’autonomia differenziata riconosciuta dallo statuto speciale.

6.− Il comma 688 dispone il versamento al bilancio dello Stato, da parte di ciascuna Regione, della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per il 2016, di 9,8 milioni di euro per il 2017, di 12,1 milioni di euro per il 2018 e di 14,2 milioni di euro a decorrere dal 2019.

6.1.− La questione, peraltro prospettata in chiave ipotetica, è inammissibile, per carenza di interesse, attesa la evidente non riferibilità della disposizione censurata alle Regioni ad autonomia differenziata, quale è la Regione siciliana, come eccepito dall’Avvocatura dello Stato.

7.− Il comma 689 stabilisce che «L’importo di 9,9 milioni di euro per l’anno 2016, di 14,8 milioni di euro per l’anno 2017, di 18,2 milioni di euro per l’anno 2018 e di 21,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 è recuperato all’erario attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ed è corrispondentemente migliorato per ciascun anno l’obiettivo di finanza pubblica della Regione siciliana».

7.1.− La Regione, sollevando preliminarmente dubbi sulla natura e sul fondamento della pretesa, deduce la violazione degli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, dell’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, degli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, sia con riguardo al previsto recupero mediante accantonamento, sia con riguardo alla stabilita indeterminata decorrenza dall’anno 2019.

8.− La questione prospettata con riguardo alla lesione dell’art. 97, primo comma, Cost. (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, e queste ultime abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della violazione dei parametri in questione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di indicare la specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione.

Nella specie, queste condizioni di ammissibilità non sono soddisfatte, mancando ogni considerazione al riguardo.

8.1.− Anche la censura di violazione dell’art. 81, ultimo comma, Cost., è inammissibile, atteso che la Regione omette di spiegare in che modo si verificherebbe la lesione della propria autonomia finanziaria.

In particolare la giurisprudenza costituzionale ha precisato che grava sulla Regione l’onere probatorio circa il pregiudizio lamentato, onere da soddisfarsi mediante la dimostrazione, anche attraverso dati quantitativi, dell’incidenza delle riduzioni di provvista finanziaria sull’esercizio delle funzioni (ex plurimis, sentenze n. 239 del 2015, n. 26 e n. 23 del 2014).

Nel caso di specie, l’asserito squilibrio e la compromissione delle proprie funzioni non sono né argomentati, né tantomeno provati, e tale carenza non è colmata dal riferimento alla relazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto, in cui si rappresenta solo lo sviluppo dell’indebitamento regionale, come si precisa puntualmente nella sentenza n. 127 del 2016.

8.2.− Per le stesse ragioni è inammissibile la censura di violazione dell’art. 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, senza peraltro che siano indicate le ragioni per le quali il parametro invocato garantirebbe una maggiore autonomia della Regione e sarebbe, perciò, applicabile in luogo di quelli statutari (sentenza n. 250 del 2007).

9.− Non è fondata, invece, la questione di legittimità costituzionale del comma 689 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, prospettata in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, con riguardo alla previsione dell’accantonamento in sé.

9.1.− La legittimità dell’istituto è stata più volte ritenuta da questa Corte (sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015), che ha anche «costantemente affermato che di regola i princìpi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato nell’esercizio della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale […], in quanto essi sono funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 82 del 2015, nonché, ex multis, sentenza n. 62 del 2017).

In particolare, nel vagliare l’accantonamento di quote del gettito tributario destinato alla Regione siciliana, con le citate sentenze n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015, la Corte ha precisato la distinzione tra gli istituti della riserva e dell’accantonamento, affermando la legittimità di quest’ultimo, poiché, mentre attraverso la riserva, lo Stato sottrae definitivamente all’ente territoriale una quota di compartecipazione ai tributi erariali che ad esso sarebbe spettata, e se ne appropria a tutti gli effetti allo scopo di soddisfare specifiche finalità, per mezzo dell’accantonamento le poste attive che spettano alla Regione, in forza degli statuti e della normativa di attuazione, permangono nella titolarità della stessa, ma sono temporaneamente sottratte alla sua disponibilità.

9.2.− Nel fare applicazione di tali princìpi al caso in esame, va premesso che, come chiarito dalla difesa dello Stato, il dubbio della ricorrente, circa la natura e il fondamento della pretesa alla somma oggetto dell’accantonamento, va sciolto nel senso che le somme attengono agli interessi passivi sul contributo destinato alla Regione, ai sensi del comma 685 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015.

9.3.− Una volta ritenuta la legittimità della pretesa dello Stato, l’istituto dell’accantonamento costituisce il mezzo procedurale per anticipare l’adempimento in attesa che sopraggiungano le norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 169 della Costituzione), mezzo che, come si è visto, non presenta i profili di illegittimità costituzionale lamentati, né in via generale, né in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto speciale.

10.− È egualmente non fondata la censura relativa alla durata indeterminata dell’accantonamento dopo il 2019 e alla sua conseguente illegittimità alla stregua della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015). Difatti, tale durata non può ritenersi indeterminata, poiché la natura stessa del debito comporta un termine implicito, collegato alla scadenza dei titoli emessi per la provvista finanziaria della somma di 900 milioni di euro anticipata alla Regione.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservate a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 688, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promossa, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, 119, primo e sesto comma, Cost., anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 36 e 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, e all’art. 2, del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2017.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA