Titolo
SENT. 123/90 A. PENSIONI - PENSIONATO DELLO STATO - MATRIMONIO CONTRATTO DOPO IL SESSANTACINQUESIMO ANNO DI ETA' - TRATTAMENTO DI RIVERSIBILITA' - DIRITTO DEL CONIUGE - CONDIZIONE - DURATA ALMENO BIENNALE DEL RAPPORTO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
La norma che, in caso di matrimonio del pensionato statale ultrasessantacinquenne, subordina il trattamento di riversibilita' del coniuge alla durata almeno biennale del rapporto, e' irrazionale in quanto presuppone che il coniugio in eta' avanzata abbia normalmente fini abnormi o fraudolenti, laddove - nella societa' attuale - esso tende alla dimensione di rimedio alla solitudine individuale e fonte di reciproco conforto. E' percio' incostituzionale - per violazione dell'art. 3 Cost. (assorbita ogni altra censura) - l'art. 81, comma terzo, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, limitatamente alle parole "a condizione che il matrimonio sia durato almeno due anni".
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
decreto del Presidente della Repubblica
29/12/1973
n. 1092
art. 81
co. 3
Titolo
SENT. 123/90 B. PENSIONI - PENSIONATO DELLE CASSE PER I DIPENDENTI DI ENTI LOCALI - MATRIMONIO CONTRATTO DOPO IL SESSANTACINQUESIMO ANNO DI ETA' - TRATTAMENTO DI RIVERSIBILITA' - DIRITTO DEL CONIUGE - CONDIZIONE - DURATA ALMENO BIENNALE DEL RAPPORTO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE CONSEGUENZIALE.
Testo
Poiche' le limitazioni alla riversibilita' delle pensioni non possono essere variamente rapportate a questo o quel sistema pensionistico dettato per i pubblici dipendenti, la declaratoria di incostituzionalita' concernente l'ipotesi di matrimonio contratto con pensionato statale ultrasessantacinquenne va estesa a quella di matrimonio con pensionato ultrasessantacinquenne degli enti locali, dichiarando d'ufficio - ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - l'incostituzionalita' dell'art. 6, comma secondo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, limitatamente alle parole "sia durato almeno due anni". - v. massima precedente, nonche' S. nn. 15/1980 e 587/1988. ____________ N.B.: Massima redatta con riferimento al testo della decisione cosi' come modificato dalla ordinanza di correzione n. 219 del 1992.
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 27
Riferimenti normativi
legge
22/11/1962
n. 1646
art. 6
co. 2
Titolo
SENT. 123/90 C. PENSIONI - PENSIONATO DEL FONDO DI QUIESCENZA PER IL PERSONALE DEL LOTTO - MATRIMONIO CONTRATTO DOPO IL SESSANTACINQUESIMO ANNO DI ETA' - TRATTAMENTO DI RIVERSIBILITA' - DIRITTO DEL CONIUGE - CONDIZIONE - DURATA ALMENO BIENNALE DEL RAPPORTO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE CONSEGUENZIALE.
Testo
Poiche' le limitazioni alla riversibilita' delle pensioni non possono essere variamente rapportate a questo o quel sistema pensionistico dettato per i pubblici dipendenti, la declaratoria di incostituzionalita' concernente l'ipotesi di matrimonio contratto con pensionato statale ultrasessantacinquenne va estesa a quella di matrimonio con pensionato ultrasessantacinquenne del fondo per il personale del lotto, dichiarando d'ufficio - ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - l'incostituzionalita' dell'art. 10, comma settimo, della legge 6 agosto 1967, n. 699, limitatamente alle parole "e sia durato almeno due anni". - v. massima precedente, nonche' S. nn. 15/1980 e 587/1988.
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 27
Riferimenti normativi
legge
06/08/1967
n. 699
art. 10
co. 7
N. 123
SENTENZA 7-16 MARZO 1990
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.81, terzo
comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e militari dello Stato), in relazione all'art. 24, secondo comma,
della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Disciplina del trattamento di
riversibilità delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per
l'invalidità e la vecchiaia), promosso con ordinanza emessa il 24
ottobre 1988 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Anna
Giulia Fedeli ved.Modolo contro il Direttore Provinciale del Tesoro
di Bolzano, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1989 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima
serie speciale, dell'anno 1989;
Visto l'atto di costituzione di Anna Giulia Fedeli nonché l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1990 il Giudice
relatore Giuseppe Borzellino;
Uditi l'avv.Umberto Coronas per Anna Giulia Fedeli e l'Avvocato
dello Stato Mario Cevaro per il Presidente del Consiglio dei
ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 24 ottobre 1988 (R.O. n. 537 del
1989) la Corte dei conti, nel ricorso proposto da Anna Giulia Fedeli
ved. Modolo contro il Direttore Provinciale del Tesoro di Bolzano, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 81,
terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Approvazione del
testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti
civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3, 29, 31 e
36 della Costituzione e del medesimo art. 81, terzo comma, in
rapporto all'art.24, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n.
153, in relazione all'art. 3 della Costituzione.
Alla Sig.ra Anna Giulia Fedeli era stata negata la pensione di
riversibilità quale vedova dell'ex direttore della C.C.I.A. di
Bolzano Alberto Modolo, per mancanza del requisito di durata biennale
del matrimonio prescritto dall'art. 81 citato.
Il Modolo, nato il 17 marzo 1908, aveva contratto matrimonio,
infatti, il 16 aprile 1979 ed era deceduto il 14 aprile 1981 due soli
giorni prima, cioè, del compimento del biennio.
Premette il giudice rimettente che il menzionato art.81 richiede
ancora "alla vedova del pensionato che ha contratto matrimonio dopo
la cessazione dal servizio e dopo il compimento del
sessantacinquesimo anno di età" la condizione "che il matrimonio sia
durato almeno due anni".
La limitazione suindicata violerebbe innanzitutto il principio di
uguaglianza (art. 3) in quanto discrimina le vedove (o i vedovi) il
cui coniugio sia durato "almeno due anni" e le vedove (o i vedovi)
con durata di matrimonio inferiore, affidando il riconoscimento del
diritto a una circostanza futura, incerta ed imprevedibile.
Sarebbero lesi, così, i fondamentali diritti della famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), mentre
resterebbe pure compresso il diritto del pensionato alla formazione
della famiglia (art. 31 Cost.), incidendosi negativamente anche sulle
garanzie retributive (art. 36 Cost.).
2. - Il Collegio a quo prospetta, in subordine, altro profilo di
incostituzionalità e cioè - senza mettersi in discussione il
requisito del biennio - la disparità di trattamento con la analoga
disciplina I.N.P.S. (art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153) che
pone l'età del pensionato contraente le nozze, ai fini del diritto a
pensione di riversibilità per il coniuge superstite dopo il
trascorso biennio, in anni 72, e l'art. 81 in esame, invece, che pone
il limite d'età a 65 anni.
3. - Con memoria depositata il 13 dicembre 1989 si è costituita
la sig.ra Anna Giulia Fedeli vedova Modolo, rappresentata e difesa
dall'Avv. Umberto Coronas, chiedendo che siano dichiarate fondate le
sollevate questioni di costituzionalità, così come contenuto
nell'ordinanza di rimessione. Con atto depositato il 19 dicembre 1989
è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con
richiesta di infondatezza della questione, poiché la disposizione in
argomento sarebbe posta a tutela, ragionevolmente, non solo
dell'erario ma soprattutto del pensionato.
Considerato in diritto
1.1. - L'art. 81, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.
1092 recante le norme sul trattamento di quiescenza del personale
statale subordina il diritto alla pensione di riversibilità per il
coniuge, il quale abbia contratto matrimonio dopo la cessazione dal
servizio e dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età,
alla condizione che il matrimonio sia durato almeno due anni.
1.2. - Il Collegio rimettente dubita della legittimità del
disposto, assumendo discriminatorio - ex art. 3 Cost. - il mero
decorso del tempo, (fissato in un biennio), per i fini del
riconoscimento della riversibilità, con un irrazionale collegamento
unicamente ad accadimenti futuri ed imprevedibili; talché la
negativa incidenza verrebbe, così, a proiettarsi sui valori
costituzionali inerenti alla compagine familiare (artt. 29 e 31),
nonché sulle garanzie della conseguente tutela retributiva (art.
36).
Sotto il più limitato profilo di un confronto con la
legislazione concernente l'assicurazione obbligatoria per
l'invalidità e la vecchiaia gestita dall'I.N.P.S. (art. 1 del
decreto legislativo luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39, come
sostituito dall'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153) ove mai
restasse ferma la legittimità del trascorso biennio, sussisterebbe
evidente disparità con riferimento alla diversa età di anni 72, ivi
contemplata per il decorso del detto termine.
2. - La questione è fondata. Oppone l'Avvocatura dello Stato che
la norma in esame, col prescrivere almeno un biennio nella durata del
rapporto di coniugio per l'insorgere del trattamento riversibile, si
prospetterebbe razionale e coerente, poiché intesa a difendere da
iniziative "maliziose e fraudolente" non soltanto l'erario, ma
soprattutto il pensionato propenso alle nozze: costui, in altri
termini, dall'applicazione di norma siffatta riceverebbe una certa
protezione nei confronti di pretestuose iniziative ex altera parte,
delle quali potrebbe altrimenti restare vittima.
L'assunto riecheggia quei precedenti parlamentari che portarono
all'adozione della norma nei sensi di cui in fattispecie.
Tuttavia dai medesimi atti esso appare già vivacemente
contrastato, in quanto emerge dalla discussione del tempo che la
legge avrebbe meglio dovuto disciplinare, in astratto, la normalità
dei casi "rappresentati dai regolari vincoli matrimoniali contratti
col consapevole assenso di entrambi i coniugi", non già, invece,
venir predisposta sol tenendosi conto di pur possibili
situazioni-limite, per le quali altra dovrebbe essere la remora
positiva (Atti Camera - prima Commissione - seduta del 19 luglio
1957: discussione delle proposte in origine trasfuse nella legge 15
febbraio 1958, n. 46). Queste asserzioni si pongono oggi tanto più
valide ove si considerino talune connotazioni del rapporto coniugale
che nella società attuale, con ovvia rilevanza sul piano giuridico,
affiorano e sono vivamente avvertite: con il crescere dell'età media
sempre più si manifesta propensione, da parte di soggetti in età
meno giovanile, per un rapporto tendenziale alle dimensioni di
rimedio alla solitudine individuale, fenomeno questo che maggiormente
è dato rilevare nel tempo odierno, in cui prevalgono sovente, o
cercano comunque di prevalere sui singoli, interessi largamente di
massa. Il rapporto di coppia è ricercato e contratto, quindi, da
persone in età avanzata, quale fonte di reciproco conforto
nell'attuazione di una unione volta ad affrontare, nelle migliori
reciproche condizioni di vita, le quotidiane esigenze.
È di chiara evidenza, dunque, come tale contesto di realtà
assolutamente contraddica ad una presunta genesi del coniugio
tardivo, che si vorrebbe altrimenti ristretta a fini abnormi o
fraudolenti per i quali, là dove in effetti posti in essere,
diversamente dovrebbero ritrovarsi le remore opportune.
3. - La normativa qui largamente descritta nei suoi effettivi
presupposti si pone, perciò, irrazionale, per la generalità dei
casi, in quanto collegata alla mera durata del matrimonio. La qui
affermata ingiustificata assenza di ragionevolezza nei termini
suddetti comporta conseguente declaratoria di illegittimità ex art.
3 Cost., restando assorbita ogni altra prospettazione. D'ufficio, ex
art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, la declaratoria va estesa alle
altre disposizioni identicamente limitative, poiché va escluso, come
dalla Corte è già stato fatto recentemente, che esse possano essere
variamente rapportate ad elementi specifici di questo o quel sistema
pensionistico dettato per i pubblici dipendenti (cfr. sentenze n. 15
del 1980 e n. 587 del 1988): art. 6, secondo comma, legge 22 novembre
1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di
previdenza presso il Ministero del tesoro); art. 10, settimo comma,
legge 6 agosto 1967, n. 699 (Disciplina dell'Ente "Fondo trattamento
quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto").
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 81, terzo comma,
del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico
delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e
militari dello Stato) limitatamente alle parole "a condizione che il
matrimonio sia durato almeno due anni";
Dichiara d'ufficio - a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87 - l'illegittimità costituzionale:
a) dell'art. 6, sesto comma, della legge 22 novembre 1962, n.
1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso
il Ministero del tesoro) limitatamente alle parole "sia durato almeno
due anni";
b) dell'art. 10, settimo comma, della legge 6 agosto 1967, n.
699 (Disciplina dell'Ente "Fondo trattamento quiescenza e assegni
straordinari al personale del lotto") limitatamente alle parole "e
sia durato almeno due anni".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1990.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: BORZELLINO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 16 marzo 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI